Ortona festeggia il suo santo patrono

Un legame che dura da trecento anni

 

Anno Domini 1756, da un manoscritto dell'epoca si legge: "…un santo Martire col nome di San Generoso …posto in una superba e ben lavorata Urna di legno,…la quale… fu processionalmente portata in questa Terra di Ortona verso la fine del mese di maggio con somma pompa e venerazione: a qual pompa si unì il giubilo e l'allegrezza di tutti i cittadini".

Trecento anni di storia non toccano questo legame: 19 Maggio 2001, la "Prima Pagina" del nostro sito apriva scrivendo ai moderni viaggiatori: "Gli ortonesi si stringono intorno al suo Santo Patrono: S. Generoso Martire". Generoso, continua, anno dopo anno, ad essere portato in processione trionfalmente al suono della banda, tra i cori e le preghiere. Generoso, dalla statua pesante che obbliga gli uomini a fare un'unica squadra per portarlo tra le vie del paese: indosso i paramenti di un guerriero, il volto di un giovane bello, in mano la palma simbolo di pace. A guardarlo bene attraverso la teca, la stessa di quando una lenta processione lo mosse dalla Roma giubilare di Benedetto XIV, i resti di un uomo imbrigliati in un'armatura ci interrogano sulla caducità della vita, ma ci inducono anche a pensare a l'ideale cristiano che rappresenta: il coraggio di chi, affrontando la prova delle persecuzioni e difendendosi con forza dall'infondatezza delle accuse della Roma pagana dei primi secoli, non ha bisogno di grandezza ma di piccole mani, piedi, gesti, purché coerenti.

Racconta ancora il cronista Ortonese del XVIII secolo, di "una fertilissima raccolta tanto di, frumento quanto di tutti gli altri generi di vettovaglie" che accompagnò Ortona in quell'anno di giubilo, illuminando, insieme ai bagliori di quella festa quasi cittadina, il buio susseguirsi di annate fatte di guerre e delitti, febbri malariche e carestie: alle preghiere, dunque, il Santo Patrono, generosamente donò la sua intercessione.

Generoso, cresce negli anni nell'affetto degli Ortonesi, e poco importa se l'Apologia dei martiri rimane ai più sconosciuta: il "chi siamo" e in "che cosa crediamo" pacatamente gridato dai primi cristiani diventa un tutto unico con ciò che questo guerriero ha in comune con questo popolo: il coraggio di quei piccoli uomini che la montagna affrontano e che dalla montagna spesso sono costretti a fuggire.

2001: un anno giubilare alle spalle, una chiesa chiusa riaperta a fatica, un furto sacrilego, le stesse invalicabili difese nei modi degli Ortonesi, quasi che la chiusura e lo scetticismo sia un'armatura di protezione indossata nei secoli; non più la terra avara ma il tempo, e allora la fuga diventa verso un dove che ci faccia vivere meglio quel poco tempo che abbiamo.

2001: trecento anni dopo, Internet, globalizzazione, distanze abbattute e le strade e la piazza illuminate sempre come il "chiaror di mezzoggiorno". Ma l'urna di S. Generoso la Statua le luminarie i canti la processione tutto ancora come trecento anni prima ad esorcizzare quel male, quel qualcosa di avaro negli uomini e nella natura.

E Generoso, come allora intercede, regalandoci una fertilissima estate di impegno, di collaborazione, una scoperta di quanto sia più utile insistere sulle somiglianze più che sulle differenze.

E se nel lontano 1756 in ognuno c'era la speranza che con il Santo Patrono "sarebbe in Ortona venuto quello che delle calamità era il Riparatore, delle disgrazie il Protettore, e di tutti i mali l'oppressore." oggi la speranza è che "il chi siamo" e in "che cosa crediamo" memoria dei primi Cristiani sia l'interrogativo che ci spinga, con un impegno coerente, a rendere meno bui gli anni a venire.

 

 

Angela Maggi