L'Angolo della Poesia
- Tonino Sgammone -
T’entrava nel cervello come un tamburo indiano che annuncia la guerra. Ripeteva un ritornello, ossessivo e strano, che ti stendeva a terra. “Se te ne vuoi andare a casa, vattene a casa!” Sempre uguale, sempre lo stesso; pareva sordo alle preghiere di chi lo voleva muto. Sembra di sentirlo ancora adesso e lontane sono le sere che insieme abbiam vissuto. “Se te ne vuoi andare a casa, vattene a casa!” Una, cento, mille volte e poi di nuovo ancora. Sempre uguale, sempre quella. E le nostre orecchie, così sconvolte, non vedevano ormai l’ora di far tacere la tavella. “Se te ne vuoi andare a casa, vattene a casa!” Ma non c’era verso, era sordo come il tufo delle cave a nord di Roma! Monocorde, mai diverso; di sentirlo eri stufo e chi ricorda ancora trema. “Se te ne vuoi andare a casa, vattene a casa!” Chi non resisteva lasciava il campo e andava a letto, schiodato da quella leva che non dava scampo e che, incalzante, t’aveva sconfitto. “Se te ne vuoi andare a casa, vattene a casa!” Non dava pace il ritornello, t’ossessionava il tormentone e come su un chiodo picchia il martello così su di noi s’accaniva Sgammone. |
marzo 2003 |
Vincenzo Buccella |