L'Angolo della Poesia

- Cronaca di una notte ortonese -

 

Modestissimamente ma con un grandissimo abbraccio, dedico questa storia in rima a tutti i miei amici di Ortona.

Ortonesi tutti: chi per nascita, chi, come chi scrive, per sangue e cultura e chi solamente per adozione.

E’ dedicata ai ragazzi e ragazze di qualche anno fa, a chi è presente e a chi, purtroppo non c’è più: ciao Gloria, ciao Marilena, ciao Anna Lisa.

Ma non solo!

Questa storia è per Ortona e per gli ortonesi giovani e meno giovani. Sono sicuro, infatti, che ogni ortonese che leggerà questa storia potrà in essa rivedersi, protagonista o meno, adesso o cinquant’anni fa.

Perché questa storia è parte della mia vita, ma anche di quella di mio nonno, di mio padre e, spero, lo sarà anche di mio figlio.

Come un soldato

Qualcuno di noi,

per vicende amorose,

è stato costretto

a strade tortuose

che da Ortona,

con infiniti tornanti,

smorzan le voglie

di spose ed amanti.

Ma quest’amico

non si dava per vinto

ed ogni sera,

con fare convinto,

partiva alla volta

di quel paese

che per ognuno di noi,

nato ortonese,

è ciò che per la Spagna

sono i poveri Baschi:

uguali dissidi

con la piccola Aschi.

Il nostro eroe

poi faceva ritorno

quando poche ore

mancavano al giorno

ed agli amici

rimasti su in piazza

qualcosa diceva

di quella ragazza.

Parlava poi,

a noi muti e commossi,

di lepri enormi

sbucate dai fossi

 che ogni notte

col faro abbagliante

per un peletto

non stecchiva all’istante.

A quel punto,

sarà per le mosse

o perché come sempre

le sparava un po’ grosse,

finivamo la notte

in qualche cantina

seduti alla meglio

ma con la botte vicina.

E qui con salami e prosciutti

appesi al soffitto

come penduli frutti,

gli argomenti trattati

eran sempre gli stessi:

donne, pallone

e i conoscenti più fessi.

“A quella piaccio,

ne sono sicuro!”

Diceva serioso

l’amico un po’ scuro.

Ma gli risposero

da sopra un paiolo

“Povero scemo,

non sei mica il solo.”

Oppure all’amico

goffo e ciccione

che dopo due passi

aveva il fiatone:

“Hei amico, sei un obeso!”

 e quello non capendo

ma facendo l’offeso:

“dici bene tu,

fresco di scuola,

ma io, guarda qua,

ho le scarpe di suola!”

E poi ancora:

“E’ più forte la Juve!”

“No ,è meglio la Roma!”

Questo e tant’altro

succedeva ad Ortona.

E così, dopo un altro sbadiglio

c’era qualcuno

che non stava più sveglio;

era questo il segnale

che chiudeva la notte

e tappata per bene

la solita botte

ognuno di casa

prendeva la strada

dirigendosi in questa

o in quella contrada.

Quindi scambiato

l’ultimo cenno di mano

si ritornava

verso Via Piano

verso Via Roma oppure la Torre

che per raggiungerla

di tempo ne occorre.

25 novembre 2001

Vincenzo Buccella