L'origine di Ortona

 

Quando i profeti giravano il mondo e predicavano l’avvento di colui che, generato da Dio, avrebbe redento gli uomini dal peccato originale ed avviata l’umanità a forme migliori di vita, Isaia capitò nella città di Marsia.

Era questo un popoloso centro agricolo e industriale che contava oltre centomila abitanti.

Costoro, atei e peccatori, non facevano buon viso ai sermoni del profeta il quale ammoniva essere peccato preferire l’interesse personale al bene collettivo, insidiar le altrui donne, frodar nel commercio; dettava, insomma, quelle norme etiche in cui l’umanità, dopo l’avvento di Gesù, doveva trovare un ubi consistam  necessario al trionfo della vita spirituale.

Isaia non viveva che di elemosina. E da che esercitava il suo mestiere di predicatore di anni ed anni ne erano trascorsi se era tutto bianco il suo capo ed una lunghissima barba gli scendeva dal mento fin sopra i ginocchi; e non gli era mai stata negata una scodella di minestra, né un letto o un giaciglio.

I signori, anzi, in alcune città si disputavano l’onore di averlo con loro, ma egli preferiva sempre di accettar l’ospitalità degli umili, che gli pareva più schietta, più cordiale, più disinteressata.

Nella città di Marsia ebbe prove manifeste di ostilità.

Non ci fu casa in cui bussasse dove non ricevesse un affronto, un rifiuto, un dileggio.

“ Oh oh, ecco il messaggero di Dio: E perché Dio non ti manda anche la bisaccia del vitto, non ti fa sorgere innanzi istantaneamente un ricovero?”

“ Ah ah profeta di malaugurio perché vieni a turbare i nostri interessi, ad immischiarti nei nostri affari a forviare le nostre mire?”

“ Ah ah ci bolli come peccatori e poi perché solleciti da noi l’elemosina, profetaccio del diavolo?...

Invano questuò un tozzo di pane, invano chiese di poter riposare sullo stesso giaciglio delle bestie in una stalla fetida e buia. Il pane, gli fu, da tutti, ricchi o agiati, negato, e l’ombre della notte erano già scese senza che egli trovasse un riposo dove attendere l’alba.

Uscì fuori dalle porte della città. E prima di uscirne si scosse la polvere dai calzari perché della città nemica non portasse seco neppure un bricciolo di sabbia.

Nell’ombra fuor dell’abitato, nell’aperta campagna vide ardere un lumicino.

 

Forse un umile, un appartato dalla vita della città sarà più misericordioso; il suo cuore non sarà impietrito.

S’avviò a quella volta. Bussò, si affacciò all’uscio una vecchietta che tutti chiamavano nonna Ortona e che viveva in perfetta solitudine da quando aveva perduto il marito.

Come vide il viandante stanco e malinconico gli cedette subito il passo, l’accolse con segni di premurosa gentilezza, lo invitò a sedersi e gli allestì qualche immediato ristoro mentre imbandiva il desco per l’ospite.

“ la vostra cortesia, buona donna, disse il viandante, mi ripaga di tutte le cattiverie di quanti amano quella città, dove il male si è irrimediabilmente annidato nel fondo di ogni anima e di ogni cuore; ma poiché l’attuale generazione metterebbe al mondo gigli che avrebbero gli stessi sentimenti di nequizia, Marsia subirà la maledizione del Signore…

Quando sorse l’alba il profeta si levò da un lungo e sereno sonno ristoratore.

“ Vieni meco, disse alla donna, e non portare con te nulla perché quanto tu di meglio possegga lo hai dentro di te, non intorno a te!

Si mossero insieme.

L’alba luceva nel cielo terso. Veniva dalla città lontano brusio di quanti si destavan per riprendere i loro lavori; smaniosi solo di arricchire sempre più, indifferenti se alla ricchezza di uno corrispondesse la miseria di altri.

Lasciarono Marsia e presero su per i colli: la via saliva fra campi e vigne. I rari passanti, contadini e pastori, vedendo il vecchio salutavan rispettosi, chè dal suo volto traspariva luce e maestà.

Come furon assai lontani, sì che la città di Marsia pareva ormai un presepio per fanciulloni, il profeta invitò nonna Ortona a fermarsi ed a voltarsi.

Il profeta s’inginocchiò. Si raccolse in sé, mormorò una preghiera, si segnò.

Ed appena si fu segnato si udì un gran rombo, si levò lontanissimo un lembo di polvere e là dove era la città di Marsia, orgogliosa della sua grandezza e della sua floridezza, or lucevano le acque  di un lago.

Nonna Ortona guardò allibita e poi fu in ginocchio dinanzi al Profeta.

“Non temere buona donna: l’ira del Signore non s’abbatterà mai su di te perché tu giusta sei e nel cuor tuo albergano la bontà, il timor di Dio, la misericordia.

Tu qui abiterai, qualcuno salirà fin quassù: saranno giovani e giovanette che avranno in odio la vita materiale e cercheranno le alture per essere più vicini al cielo, alle stelle ed al Signore: accoglili maternamente: benedici essi ed ai figlioli che avranno.

Questa è la leggenda della nascita di Ortona da me raccolta dalla voce viva di qualche vecchio pastore che ancora narra con accenti commoventi di fede e di convinzione. 

 

 

Delicato e tenero racconto, in cui l’animo buono della vecchina ben s’identifica con lo spirito d’Ortona, umile nella figura ma generoso nell’essenza. Bella e significativa è la figura del profeta Isaia, il più grande dei profeti messianici, annunciatore della trascendenza di Dio e dell’indegnità dell’uomo, al quale viene dato il compito di indicare il luogo della fondazione di Ortona come un volere di Dio, profetizzando la genesi di un luogo benedetto.