Ciò che è realmente accaduto con il recente ‘restauro’

Dal gennaio 1997 numerosi quotidiani e riviste in tutto il mondo hanno parlato di una grande operazione di restauro dell’Orologio della Torre, finanziata dalla Piaget.
Nel febbraio 1999 molti di questi hanno ripreso l’argomento salutando il ritorno del prezioso meccanismo restaurato, sebbene ancora inattivo, a Palazzo Ducale, alcuni equivocando sul restauro come se si fosse trattato di una ‘riparazione’ di qualcosa di semplicemente rotto.
Ma che cosa è accaduto realmente?
L’Orologio non è stato restaurato, ma radicalmente trasformato nelle sue parti più importanti e vitali: a) il pendolo, lungo oltre 4 metri, è stato sostituito con uno più corto della metà ed è stato cambiato di posto nel contesto del meccanismo; b) lo scappamento è stato interamente ricostruito; c) altre trasformazioni, sostituzioni, rimozioni di antiche componenti, danneggiamenti e perforazioni di parti originali, variazioni, applicazioni di parti nuove e non necessarie sono state compiute con la massima libertà e disinvoltura; d) il tutto è stato condotto con criteri costruttivi e materiali di gran lunga inadeguati ad una meccanica antica e di pregio; e) le cariche sarebbero state motorizzate e la caduta dei pesi spostata dalla loro posizione originaria, ma di questo punto non si sa molto, perché il risultato non fa parte dei materiali esposti a Palazzo Ducale.
Tutto questo è avvenuto in sfregio di una meccanica antica e dalla tipologia unica al mondo, ed è avvenuto a dispetto delle ben note rigidità della Soprintendenza, che di norma impone limiti ben più severi e invalicabili per oggetti di minuscola entità e valore.

Di un tale intervento si è reso responsabile in primis il Direttore dei Musei Civici Veneziani, Giandomenico Romanelli, committente del restauro, che ha affidato a Giuseppe Brusa, storico dell’orologeria, e Alberto Gorla, fabbro mantovano noto per aver condotto altri lavori su orologi di grandi dimensioni. Non sono stati consultati altri specialisti, né sono state chieste ad altri valutazioni alternative: nessun altro potenziale restauratore è mai entrato nella Torre per visitare l’orologio nel periodo che precedette il restauro per valutarne l’opportunità e le modalità. Soltanto Brusa e Gorla, scelti senza alcun vaglio critico di ciò che realmente andavano proponendo, in virtù di una loro presunta autorevolezza senza pari in Italia, per esplicita ammissione di Romanelli.

Per contro, l’opposizione agli intenti sommariamente trasformativi da parte di Alberto Peratoner, gli valsero la completa quanto silenziosa esclusione dall’operazione. Poco importa che egli fosse la persona che aveva seguito, curato, e con ciò conosciuto in dettaglio più di chiunque altro l’Orologio stesso, per oltre dieci anni. Poco importa che egli godesse del patrimonio di esperienza su quell’Orologio accumulato dalla sua famiglia in ottantadue anni complessivi. Poco importa che quella competenza avesse ricevuto, negli anni precedenti, l’apprezzamento dello stesso Romanelli. Poco importa, infine, che con ciò si commettesse una colossale assurdità: Peratoner andava ignorato, la sua competenza vanificata, e l’unica cosa che premeva soltanto era la sua uscita dalla Torre, uscita che non mancò, e che fu per lui, a quel punto, una vera liberazione.

Era il 30 marzo 1998.

Ne è passato del tempo, e Peratoner nel frattempo ha scritto un libro sull’Orologio, il primo dopo centoquarant’anni, col quale ha ampiamente dimostrato non solo la propria competenza scientifica sull’oggetto, ma anche - senza parlarne direttamente per non imbrattare il libro - l’inconsistenza e l’assurdità di quanto era avvenuto col restauro.

Recentemente, specialisti di alto livello e organismi di levatura internazionale come il British Horological Institute hanno raccolto le osservazioni e le critiche mosse dallo stesso contro il restauro come del tutto pertinenti e sostenuto a loro volta l’erroneità dell’operazione.

Ora Peratoner è qui a scriverVi, ad informarVi dell’accaduto, affinché si sappia quale grado di incoerenza si sia riusciti a raggiungere nella strategia di conservazione dei beni artistici e storici. Egli vi offre la sua testimonianza diretta e competenza, ma non Vi chiede, tuttavia, di essere creduto sulla fiducia o su un principio di autorevolezza che non intende neppure accampare, ma sulla base della sensatezza e dell’attinenza alla realtà di quanto sostenuto; sui contenuti, in altre parole, inequivocabili e oggettivi, contenuti che non dipendono da lui più che da altri, se non per il modo col quale ve li esporrà.

L’Orologio può e deve tornare tale e quale era prima delle ultime indebite trasformazioni.

Auguro a tutti una buona lettura

Dott. Alberto Peratoner

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