antico.egitto
SCRITTURA

1.Le lingue dell'Egitto
2.Il dio Thot e l'alfabeto
3.I geroglifici
4.La stele di Rosetta
5.L'arte dei papiri
6.I cartigli più famosi
7.La letteratura
8.I papiri ritrovati
9.Le liste dei re


 

fine paginainizio paginaintroduzioneLE LINGUE DELL'EGITTO

La scrittura egiziana nacque presumibilmente nella regione del Delta del Nilo, in un’epoca probabilmente precedente a quella in cui si affermò la scrittura cuneiforme in Mesopotamia. I primi esempi di scrittura geroglifica, grazie al ritrovamento di alcune tavolette ad Abido che testimoniano il pagamento di tasse, risalgono al periodo anteriore all’unificazione del Paese sotto il primo faraone Narmer, mentre gli ultimi appartengono al terzo secolo quando progressivamente la scrittura geroglifica fu sostituita da quella copta, il cui alfabeto era derivato da quello greco.
Originariamente, quando nacque la scrittura, ad ogni simbolo corrispondeva un significato preciso, mentre poi vennere aggiunti simboli capaci di esprimere concetti. Così il geroglifico divenne un insieme di pittogrammi, ideogrammi e fonogrammi. La base della scrittura geroglifica non cambierà per tutto il corso dell'Egitto faraonico. Le sole differenze riscontrabili tra un periodo e l'altro si limitano allo stile di scrittura e alla ricerca del particolare per rappresentare meglio un simbolo.
Il linguaggio parlato e quello letterario erano nell'antico Egitto notevolmente diversi. La maggior parte delle iscrizioni su tombe, templi, colonne e statue era scritta in stile arcaico, mentre al linguaggio parlato si avvicinavano solo alcuni documenti, come registrazioni di transazioni e lettere. Sulla base della lingua letteraria prevalente, la lingua egiziana è stata suddivisa in cinque periodi. L'antico egiziano (da prima del 3000 al 2200 a.C. circa) è la lingua scritta del Periodo Predinastico e dell'Antico Regno (I-VI dinastia). Il medio egiziano (dal 2200 al 1600 a.C.) è la lingua letteraria classica, che si ritiene rispecchi la lingua parlata intorno al 2200 a.C.: il suo periodo di massimo splendore coincise con il Medio Regno e i periodi di transizione che lo precedettero e seguirono (VII-XVII dinastia); inoltre, essa continuò a esistere come lingua letteraria (come avvenne molto più tardi per il latino in Europa) fino verso il 500 a.C. Intorno al 1380 a.C., all'inizio del Nuovo Regno (XVIII-XXVI dinastia), il faraone Akhenaton oltre alle innovazioni religiose introdusse il tardo egiziano o neo egiziano (dal 1550 al 700 a.C. circa) come nuovo modello per la lingua letteraria. Probabilmente basato sulla lingua parlata intorno al 1550 a.C., esso mostra notevoli cambiamenti grammaticali e fonetici rispetto alla lingua precedente. Poco prima che il Nuovo Regno cedesse alla dominazione persiana, l'egiziano demotico, così erroneamente definito dai Greci perchè "popolare" (dal 700 a.C. al 400 d.C. circa), divenne la lingua letteraria in uso. Con la dominazione greca e romana prenderà piede il copto che non è altro che l'alfabeto greco con l'aggiunta di 7 lettere. Questa lingua letteraria aveva una particolare forma di scrittura, detta anch'essa demotica, e sembra rappresentare la lingua parlata intorno al 700 a.C. Gli Egizi svilupparono due forme di scrittura: i geroglifici (usati per le iscrizioni formali su colonne e pareti) e la derivazione corsiva, la scrittura ieratica (fino al 650 a.C. circa ultilizzata per la documentazione amministrativa, giuridica e contabile) che poi si evolse in quella demotica (dal 650 a.C. al 450 d.C. circa) e in quella ieratica anormale (V secolo a.C.). In tutti e due i sistemi, i segni potevano rappresentare ideogrammi, sillabe (solo consonanti), lettere singole, e determinativi (ausili interpretativi per segni dotati di più di un significato). La scrittura non rappresentava le vocali, e pertanto (tranne che per il copto) gli studiosi possono ricostruire l'evoluzione fonetica della lingua solo attraverso le consonanti.

fine paginainizio paginaintroduzioneIL DIO THOT E L'ALFABETO

L’autore di questo mito è Platone, un filosofo greco del IV secolo a.C. Il mito esprime la realtà sociale dell’antico Egitto, dove i potenti ostacolarono la diffusione dell’alfabeto. Infatti, la scrittura alfabetica è semplice: se tutti l’avessero imparata, non sarebbe più rimasta una conoscenza riservata ai sacerdoti a agli scribi, come al tempo dei geroglifici.
Udii che presso Naucrati, in Egitto, visse un tempo uno dei loro vecchi dei, a cui è sacro l’uccello che chiamano ibis; questo dio aveva nome Thot. E aggiungono che egli inventò i numeri, il calcolo, la geometria, l’astronomia e anche i giochi del tavoliere e dei dadi e per di più la scrittura. faraone dell’Egitto era allora Thamus. Thot venne a trovare costui, gli mostrò le arti e disse che conveniva farne dono agli altri Egiziani. Il sovrano s’informò dell’utilità di ciascuna arte, e mentre l’altro gliene faceva l’esposizione, egli approvava ciò che gli pareva ben detto e disapprovava ciò che gli pareva negativo. Così Thamus fece a Thot, per quel che si narra, pro e contro ciascun’arte molte osservazioni che sarebbe troppo lungo ripetere. Ma quando si venne alla scrittura: "Questa scienza, o re", disse Thot, "renderà gli Egiziani più sapienti e più adatti a ricordare, perché questo è un rimedio giovevole e alla memoria e alla dottrina". E il faraone disse: "O ingegnoso Thot, altri è abile a generare le arti, altri a giudicare qual vantaggio o qual danno può derivare a chi sarà per servirsene. Ed ora tu, come padre delle lettere, nella tua benevolenza per loro hai affermato il contrario di ciò che possono. Esse infatti, col dispensare dall’esercizio della memoria, produrranno l’oblio nell’anima di coloro che le abbiano apprese, come quelli che, confidando nello scritto, ricorderanno per via di questi segni esteriori, non da sé, per un loro sforzo interiore. Tu dunque hai trovato un rimedio giovevole non già per la memoria, ma per richiamare alla mente. Agli uomini che imparano tu offri l’apparenza, non la verità della sapienza, perché quando essi avranno letto tante cose senz’alcun insegnamento, si crederanno in possesso di molte conoscenze pure avendo un gran fondo d’ignoranza, e saranno insopportabili nei rapporti sociali, perché possederanno non la sapienza, ma la presunzione della sapienza".
Il dio Thot scriveva i nomi dei faraoni sulle foglie dell'albero sacro e ne determinava la durata del regno.
Thot fu anche un dio creatore. La leggenda dice che sotto forma di babbuino, stava originariamente seduto su uno sperone di roccia che emergeva dalle acque primordiali. Le lacrime che scendevano dai suoi occhi caddero ai quattro angoli del mondo e formarono quattro coppie di divinità che aiutarono a popolare la Terra.
Era venerato come protettore dei sofferenti in quanto una leggenda riporta come fece a guarire Horo dalla puntura di uno scorpione.

fine paginainizio paginaintroduzioneI GEROGLIFICI

Gli antichi Egizi chiamavano i segni per la scrittura medunedjer. Fu il greco Clemente Alessandrino a coniare la parola 'geroglifico' da "grammata ieroglifica", cioè lettere sacre incise; ma è un nome al quanto improprio poichè i geroglifici, in realtà, non avevano nulla di sacro infatti erano impiegati per qualunque argomento e non solo per il linguaggio religioso. Questo tipo di scrittura, al pari con la lingua, fece la sua apparizione intorno al 3200 a.C. (è una delle più antiche scritture della Terra) e l'ultima nel 300 d.C. sull'isola di File. Durante questo lungo periodo, la scrittura conobbe 4 tipi di grafie:

  • scrittura geroglifica: è la scrittura dell'antico Egitto più classica, quella che tutti conoscono e immaginano pensando agli antichi Egizi. Durante il periodo tolemaico venne chiamata "scrittura della casa della vita" (la casa della vita era il nome della scuola degli scriba) o "scrittura delle parole del dio" (con chiaro riferimento al dio Thot, considerato l'inventore della scrittura).
  • scrittura ieratica: era un geroglifico corsivo e più sbrigativo utilizzato per tutto ciò che non dovesse esser inciso su pietra, né avere carattere ufficiale. Contrariamente a quanto si possa pensare, era questa la grafia ordinariamente impiegata dalle persone colte in epoca tolemaica romana.
  • scrittura demotica: con successive semplificazioni la scrittura ieratica sfocerà in quella che i Greci chiamarono erroneamente "demotica", cioè "popolare" in uso dal VII secolo a.C., fino alla fine dell’Impero Romano. Questo tipo di scrittura era così detta per distinguerla dalla scrittura ieratica, propria della casta sacerdotale.
  • scrittura copta:il copto, introdotto verso il III secolo a.C., era invece un insieme di dialetti, con aggiunte di grecismi e di parole orientali, scritti con i caratteri greci, con l’aggiunta di sette segni in demotico per indicare suoni che il greco non aveva. Era la lingua tardo-egizia adottata dai cristiani indigeni che non amavano usare il greco perché "lingua dei pagani" e nella quale si conservano moltissime traduzioni di testi sacri. In ogni caso è una lingua che presenta legami abbastanza stretti con l’antico egizio per la facilità di comprensione grazie alla presenza di vocali.

Della scrittura geroglifica si conoscono circa 3000 caratteri in uso nell'antico Egitto. Se ne trovano impressi sui muri dei templi o sullo zoccolo delle statue, oppure possono essere scritti con l'inchiostro sui papiri. La chiave per decifrare i geroglifici fu trovata dal francese J-F Champollion nel XIX secolo in seguito alla scoperta di una iscrizione (Stele di Rosetta) redatta in tre alfabeti: geroglifico, demotico e greco.
I geroglifici possono essere letti in più direzioni. Ma come fare a riconoscere il senso di lettura? Semplice: basta individuare le immagini di oggetti animati (persone o animali) e osservarne la posizione. Se questi oggetti sono rivolti verso destra la lettura dovrà essere effettuata da destra verso sinistra, mentre se le immagini "guardano" a sinistra la direzione di lettura andrà da sinistra a destra. Ma non è tutto: infatti i geroglifici possono essere scritti sia in orizzontale (a partire dal Medio Regno) che in verticale (vedi i testi delle piramidi dell'Antico Regno), ma in questo caso si parte sempre dall'alto. A complicare tutto il quadro vi sono alcune eccezioni di scrittura retrograda dove gli oggetti animati sono voltati nello stesso senso di lettura. In questo caso solo durante la traduzione ci si può accorgere della giustezza della lettura.
I geroglifici venivano scritti dagli scriba per avere anche una certa armonia estetica. Così segni piccoli o lineari venivano scritti all'interno di ipotetici quadrati in modo da non lasciare spazi vuoti tra un segno e l'altro che avrebbe dato un risultato antiestetico. Inoltre, sempre per ragioni estetiche, alcuni segni potevano essere ingranditi o rimpiccioliti, altri venivano disegnato senza seguire l'ortografia, altri ancora disegnati verticali od orizzontali a seconda delle esigenze. Nella scrittura geroglifica, infine, le parole sono scritte di continuo, senza spazi tra una e l'altra e senza segni di punteggiatura.
I geroglifici si suddividono in ideogrammi e in fonogrammi.
Gli ideogrammi sono i segni che esprimono l'oggetto o l'azione ad esso legata. Così il sole può significare sole, ma anche giorno. Per identificare gli ideogrammi, gli scriba erano soliti disegnare una piccola linea verticale sotto il geroglifico.
I fonogrammi sono i segni che esprimono i suoni. L'azione è scritta con una combinazione di simboli.
La scrittura egizia non prevede le vocali che perciò non sono comprese nei geroglifici. Gli egittologi, per facilitarne la lettura, sono soliti inserire una "e". Tra i fonogrammi vi sono altre classificazioni fatte in base al numero di suoni che un segno rappresenta. Perciò vi sono i segni unilitteri (anche se non si può parlare di alfabeto, questi simboli corrispondono suoni che possono essere accostati ad un alfabeto. Gli Egizi li usavano per indicare nomi propri o parole straniere ed erani in continua evoluzione), i segni bilitteri (sono oltre cento e sono usati frequentemente) e i segni trilitteri (circa un'ottantina corrispondono a tre suoni consonantici semplici).
Spesso i segni bilitteri e trilitteri hanno più di una lettura. Per distinguere le diverse interpretazioni gli Egizi accompagnavano questi segni con un segno unilittero che ne indicava la corretta lettura. I fonogrammi così utilizzati sono chiamati complementi fonetici. Anche gli ideogrammi possono avere un altro ruolo, cioè possono essere scritti come determinativi. In questo caso essi non vanno letti, ma servono esclusivamente a determinare la lettura di un segno fonetico. Infine va detto che alcuni simboli possono avere una funzione molteplice, ossia essere sia ideogrammi che fonogrammi.
Probabilmente influenzati dalla scrittura cuneiforme, gli Egizi introdussero coi testi delle piramidi (dalla piramide di Unas in poi) la scrittura sillabica che si diffuse durante la XVII dinastia. Essa veniva utilizzata dagli scriba per le parole straniere o per parole magiche difficilmente scrivibili.

Nozioni di grammatica

Nella grammatica dell'antico Egitto l'articolo non esiste. Esso entrerà in vigore solo nel Medio Regno. Nella lingua egiziana esiste il maschile e il femminile (solitamente termina con la consonante "t", ma a volte può essere anche maschile). Le quantità sono suddivise in singolare, duale e plurale. Il plurale viene scritto tramite tre ideogrammi uguali (il primo funge da determinativo), ma a partire dalla fine dell'Antico Regno si useranno tre trattini per identificare la pluralità così da evitare la ripetizione del medesimo ideogramma.
I pronomi possono essere di tre tipi: suffissi, dipendenti e indipendenti. I suffissi vengono utilizzati dopo un verbo finito, dopo un sostantivo (letti come aggettivi possessivi) o dopo una preposizione (letti come complementi indiretti). I dipendenti possono stare dopo un verbo (come complemento oggetto), dopo particolari parole come ad esempio "ecco" (come soggetto) o dopo un aggettivo. Gli indipendenti sono utilizzati quasi sempre come soggetti.
Per quanto riguarda i verbi non esistono le varie forme per ogni persona, L'infinito è utilizzato come presente, passato e futuro. Per detreminare i tempi viene aggiunto un simbolo che ne stabilisce il passato o il futuro. Il verbo è espresso prima del soggetto.
La costruzione di una frase segue regole fisse e molto rigide. Esistono due tipi di frase: quella verbale e quella non verbale. La frase verbale e costruita in questo modo: verbo+soggetto+complemento diretto+complemento di termine+preposizione o sostantivo o avverbio. La frase non verbale non contiene verbi fatta eccezione la "copula" che è una voce del verbo essere che però, spesso, non è indicata. La frase è così costituita: copula o altra particella+soggetto+complementi indiretti+avverbio.
Le preposizioni possono essere semplici (costituite da una sola parola) o composte.
Nel campo dei numeri, gli Egizi disponevano di sette segni che indicavano l'unità e, a seguire, le varie potenze (1, 10, 100, 1000, ...). Questi segni venivano ripetuti a piacere generando qualsiasi numero. Il numero viene messo dopo il sostantivo tranne che per i numeri alti che possono essere scritti prima del sostantivo, ma con l'aggiunta dell'aggettivo di appartenenza. Per i numeri ordinali si utilizza un simbolo per indicare "primo", un altro simbolo da "secondo" a "nono" ed un terzo da "decimo" in poi. Questi simboli sono, ovviamente, accompagnati dal numero. Nel caso di espressione al femminile si aggiunge il simbolo che ne definisce la desinenza. Le frazioni vengono espresse con un simbolo sotto il quale vengono scritti i numeri.

Il calendario e la divisione del tempo

placchetta di GerIl calendario egizio era composto da 360 giorni e 5 di festa (detti epagomeni) divisi in 3 stagioni chiamate akhet (piena o inondazione), peret (semina) e shemu (raccolto). Ciascuna stagione era composta da 4 mesi di 30 giorni. Ogni mese era formato da 3 settimane di 10 giorni per un totale di 30 giorni. Ogni giorno era formato da 12 ore diurne e 12 notturne. Per indicare la datazione di un evento ci si riferiva agli anni di regno del sovrano in carica.
Il calendario egizio ha un errore di circa 6 ore sull'anno astronomico. Per stabilire quando entrò in vigore il calendario egizio occorre risalire a quando i due calendari coincidono. In quel determinato momento (attualmente il 19 luglio) Sirio sorge nella stessa posizione del sole. Ciò avviene ogni 1460 anni. Il fenomeno è stato osservato con certezza nel 139 d.C. La discussione è nata in base al ritrovamento di una placchetta d'avorio di Ger sulla quale si è creduto di interpretare il simbolo egiziano di anno, ossia una vacca con tra le corna un germoglio che è il simbolo della dea Sothis (Sirio). I calcoli portano a ritenere due date possibili: il 2773 a.C. e il 4323 a.C. Analizzando le due date possibili, bisogna notare come il 2773 sia troppo recente poichè è noto che già nel regno di Zoser il calendario era conosciuto, e come il 4773 sia teoricamente troppo remoto rispetto alla data in cui gli archeologi tendono a far risalire la nascita del calendario (intorno al 3200 a.C.). L'attuale propensione è quella di ritenere che durante il regno di Ger fu osservato il fenomeno, ma ciò non comportò la stesura del calendario solare che venne introdotto più tardi. La data d'introduzione del calendario rimane, comunque, uno dei tanti misteri dell'Egitto.
Grazie alla scoperta della città di Herakleion (avvenuta nel 2000 al largo di Alessandria e sommersa da oltre 1300 anni), si confermerebbe l'origine egiziana dell'oroscopo. Infatti lo zodiaco, con i suoi 12 segni, fu il risultato della sintesi tra le conoscenze astrologiche degli Assiri ed il calendario egizio.

La leggenda dei 5 giorni nefasti

Il dio solare Ra, adirato con la propria sposa Nut, le fece una maledizione che prevedeva l'impossibilità di avere figli durante i 360 giorni dell'anno. Thot, che ebbe pietà di lei, aggiunse al calendario 5 giorni in modo che ella potesse ugualmente avere i tanto sognati figli.

Le unità di misura della lunghezza

L'unità di misura principale era il cubito (523 mm). Poi vi erano multipli e sottomultipli. Tra i sottomultipli vi sono il palmo (1/7 del cubito) e il dito (1/28 del cubito). Tra i multipli il bastone (100 cubiti) e l'iteru o fiume (20000 cubiti).


Di seguito la spiegazione di uno dei simboli più famosi e ricorrenti:

il dono della vita

fine paginainizio paginaintroduzioneLA STELE DI ROSETTA

stele di RosettaNel luglio del 1799, mentre stavano ristrutturando El-Rashid (il vecchio forte di Rosetta), i soldati di Napoleone inciamparono in una stele di basalto nera. Fu un soldato di nome Bouchard a scoprirla e a dissotterrarla a colpi di zappa.
La stele, pretesa come bottino di guerra dagli inglesi, fu trasportata al British Museum di Londra, dove si trova ancora oggi. Tra gli studiosi che lavoravano alla stele vi era Jean-François Champollion, un bambino prodigio che a soli 9 anni conosceva le lingue orientali ed il copto (ultima lingua parlata nell'antico Egitto prima dell'arabizzazione e ancora oggi esistente come lingua liturgica). Champollion intuì che all'interno delle forme ovali, i cartigli, vi fossero i nomi dei faraoni (Tolomeo V, Cleopatra). Così, studiando i cartigli comprese che i geroglifici non hanno solo valore ideografico, ma anche fonetico, e che alcuni di essi non vanno letti ma servono a determinare l'interpretazione da dare a ciò che è scritto. Il 14 settembre 1822 Champollion ebbe la certezza di essere penetrato nel cuore del sistema geroglifico: corse dal fratello gridando "Ci sono!" e poi svenne per l'emozione.
La stele di Rosetta riporta tre versioni dello stesso testo: 14 righe in geroglifico con 1419 simboli, 32 righe in demotico e 34 in greco. E' un decreto di ringraziamento dei sacerdoti di Menfi a Tolomeo V Epifane, risalente al 196 a.C. Più precisamente viene riportato che in occasione dell'incoronazione di Tolomeo V Epifane il 27 marzo, fu organizzata una festa alla quale parteciparono tutti i sacerdoti d'Egitto. Come inizio del suo regno, il sovrano decise di ridurre le tasse, concedere un'amnistia e aumentare gli introiti ai sacerdoti che, in segno di ringraziamento, fecero portare in ogni tempio una statua di Tolomeo.

fine paginainizio paginaintroduzioneL'ARTE DEI PAPIRI

La pianta del papiro, che cresceva nelle paludi del Nilo, era considerata sacra dagli antichi Egizi per la sua forma e veniva utilizzata per fare corde, barche, sandali, canestri e, soprattutto, la carta. La lavorazione del papiro rivoluzionò il mondo della comunicazione che, fino ad allora, avveniva oralmente o tramite incisioni su pietra o argilla. Il papiro è formato da un fusto a piramide e da foglie che ricordano i raggi solari, entrambe caratteristiche sacre per la civiltà egizia. Il fusto, alto tra i 3 e i 6 metri e largo fino a 10cm, è formato da fibre lunghe dalla base fino alla cima ed è fasciato da una corteccia sottile e compatta. In cima al fusto vi sono i fiori del papiro che formano una grande ombrella fatta di rametti lunghi e sottili con, alle estremità, delle spighe. Il colore della pianta del papiro è molto elegante: le foglioline alla base sono verdi con tonalità di giallo, il fusto è di un verde smeraldo lucido ed intenso, il bocciolo è verde con tonalità di giallo e rame, l'ombrella è giallo canarino e le spighe sono rossastre.
Con il papiro venivano fabbricate anche corde, recipienti, stuoie, barche, vele, lumi e sandali, mentre il succo veniva utilizzato come bevanda e le ceneri come medicamento.
La lavorazione del papiro, descritta in una tomba tebana del 1400 a.C., avveniva in varie fasi: dapprima si tagliava il fusto in parti corte, poi, dopo averlo ripulito dalla pelle verde e tagliato in strisce più sottili, si ricopriva con un panno e pestato con un martello e quindi piallato con una pietra a mattarello in modo da far uscire lo zucchero, dopodichè si immergeva il papiro nell'acqua per almeno una settimana. I vari papiri così trattati venivano messi sfalcati sotto una pressa per un'altra settimana ottenendo interi fogli di papiro pronti per essere disegnati. I fogli di papiro venivano arrotolati e custoditi dagli scribi.

fine paginainizio paginaintroduzioneI CARTIGLI PIU' FAMOSI

NARMER
SNEFRU
CHEOPE
CHEFREN
MICERINO
NEFERIRKARA
HATSHEPSUT
THUTMOSI IV
AKHENATON
TUTANKHAMON
SETI I
RAMESSE II

fine paginainizio paginaintroduzioneLa letteratura

Il racconto del naufrago

Il racconto del naufrago narra la vicenda di un marinaio che, sfuggito da solo ad una tempesta scoppiata sul Mar Rosso, giunge in un isola del paese di Punt dominata da un serpente. Egli scopre che questo serpente è in possesso di poteri soprannaturali ed è giunto sull'isola in seguito ad una catastrofe celeste causata dalla caduta di un meteorite. Il serpente, che è padrone di tutti i beni di Punt, predice al naufrago che si salverà e lo ricopre di doni. Dopo una serie di vicissitudini di varia natura, un vascello riconduce il naufrago in Egitto, ponendo fine alla storia.

La profezia di Neferti

Neferti è un saggio vissuto al tempo di Snefru che, un giorno, fa una profezia al suo faraone. Questa profezia parla di un periodo di crisi (il I° Periodo Intermedio) che sarebbe sopraggiunto in Egitto. La fine della crisi e il ritorno agli antichi fasti avrebbe visto come protagonista un sovrano di nome Amenemhat.
La profezia di Neferti fu scritta da uno scriba vissuto sotto il regno di Amenemhat I che, probabilmente, voleva ingraziarsi il proprio faraone.

Il racconto di Sinuhe

E' un vero e proprio romanzo. Narra la storia di Sinuhe, un funzionario dell'harem. Sulla via del ritorno di una spedizione in Libia condotta da Sesotri, allora coreggente di Amenemhat I, ascoltò per caso la notizia dell'assassinio del faraone e della conseguente nomina di Sesotri a faraone. Appresa la notizia, per paura di aver ascoltato un segreto così grande, Sinuhe scappa verso oriente. Percorre la zona del Delta orientale, supera l'istmo di Suez e raggiunge la Siria dove viene accolto da un capo beduino e dalla sua tribù da poco sottomessa all'Egitto. Sinuhe, attraverso varie avventure, si trova eletto capo-tribù. Nonostante il potere e la ricchezza ricevuti, decide di rientrare in Egitto inviando una domanda formale al faraone Sesostri I. Questi risponde favorevolmente alla richiesta di Sinuhe permettendogli di tornare in Egitto.

fine paginainizio paginaintroduzioneI papiri ritrovati

Il papiro Rhind

il papiro RhindIl papiro Rhind rappresenta una delle testimonianze più importanti per la conoscenza delle origini della matematica nell'Antico Egitto. Il papiro Rhind (o Ahmes) venne ritrovato tra le rovine del Ramesseum, a Luxor, e oggi si trova al British Museum di Londra. E' largo circa 30 cm e lungo circa 5,46 m. Il papiro Rhind, scritto in ieratico dallo scriba Ahmes, risale all'anno 33 del regno di Apofis, intorno al 1650 a.C., ed è tratto da un esemplare risalente alla XII dinastia sotto il regno di Amenemhat III, 1800 a.C. circa. Il papiro contiene 87 problemi matematici ognuno dei quali inizia con le prime parole scritte in rosso per separarli uno dall'altro. Tra i vari quesiti vi è la formula che dimostra come l'area di un campo circolare con un diametro di 9 unità sia uguale all'area di un quadrato con un lato di 8 unità:
"Un campo rotondo di 9 khet di diametro. Qual è la sua area? Togli 1/9 dal diametro, 1; il rimanente è 8. Moltiplica 8 per 8: fa 64. Quindi esso contiene 64 sesat".
Si tratta di una formula approssimata per calcolare l’area di un cerchio di diametro x:
(x - (1/9)x)²
Dal confronto di questa ipotesi con la formula moderna che permette di calcolare l'area di un cerchio A = p * r², risulta che la regola egiziana attribuisce a p un valore di circa 3 + 1/6, approssimazione abbastanza vicina al valore esatto e degna di considerazione. Per molti anni si è supposto che i greci avessero appreso i rudimenti della geometria dagli Egiziani; Aristotele spiegava che la geometria era nata nella Valle del Nilo, anche se per trovare conquiste matematiche più avanzate è necessario volgere lo sguardo alla più turbolenta vallata della Mesopotamia.

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Le dinastie di Manetone

Manetone era un egiziano profondo conoscitore della storia dell'Egitto e dei geroglifici. Incaricato nel 280 a.C. da Tolomeo II Filadelfo, Manetone divise la storia egiziana in 30 dinastie. Ogni dinastia termina con il cambio della famiglia al potere o in occasione di fatti di particolare rilevanza storica. L'opera di Manetone, a noi purtroppo giunta solo attraverso copie postume, è la base della cronologia egiziana.

Il canone di Torino

E' una lista di re compilata sotto il regno di Ramesse II. Questo documento è conservato al Museo Egizio di Torino.

La pietra di Palermo

Elenco di re da Meni a Neferirkara, V dinastia.

La camera degli antenati

Thutmosi III fece scrivere questo elenco di 57 nomi sulle pareti del tempio di Amon-Ra a Karnak. E' conservata al Louvre di Parigi, mentre nel tempio di Karnak è stata sostituita con una copia.

Le tavole di Abido

Sono alcuni degli antenati di Seti I e Ramesse II.

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