DANTE E FRANCESCO:
CONSIDERAZIONI SUL
CANTO XI DEL PARADISO
Dante Alighieri, il sommo poeta della nostra
letteratura, fu certamente colpito dalla figura del Poverello di
Assisi: nella sua opera principale, la Commedia,
Francesco compare più volte, ma lepisodio più
significativo è la sua lode, che formula nel punto più alto
dellopera: il Paradiso.
Quando Dante nacque, nella Firenze da poco
comunale del 1265, lOrdine francescano si era già
ampiamente diffuso e sviluppato, ed era diventato importante
anche in ambito universitario, soprattutto grazie allopera
di San Bonaventura da Bagnoregio, ministro generale dellordine,
che insegnava allUniversità di Parigi ed aveva redatto nel
1259 alla Verna la sua opera teologica più famosa, lItinerarium
mentis in Deum; in quegli anni, attorno alla
metà del 1200, egli veniva considerato tra i più grandi maestri
della scuola parigina, insieme al domenicano San Tommaso dAquino.
Le loro posizioni filosofiche sono piuttosto lontane: i
Domenicani nascono come predicatori, lottano contro leresia,
perciò mirano a convincere con la ragione, che diventa con
Tommaso la via principale per indagare e approfondire le verità
di fede, ed è indispensabile strumento che Dio stesso ci ha
donato. I Francescani assumono il Vangelo come stile di vita, e
sono più propensi invece alla contemplazione del creato:
Bonaventura (come San Francesco nel Cantico
delle Creature) vede che la natura e lanima
delluomo sono come impronte di Dio, e queste diventano il
mezzo per avvicinarsi, per quanto ci è possibile, a Lui: lesperienza
mistica rappresenta la conoscenza vera e propria del Creatore e
solo da Lui dipende, non dalla ragione umana, che può aiutare luomo
solo ad arrivare ad un livello intermedio.
Non esistono notizie certe sui primi contatti di Dante con ambienti francescani: commentatori anche di poco successivi ipotizzarono che egli in gioventù fosse stato novizio, per poi uscire dal convento prima di prendere i voti. Ma quello che Dante stesso ci dice della sua giovinezza non sembra confermare questa ipotesi: verosimilmente egli compì i primi studi in ambiente religioso, cosa peraltro comune a quel tempo, forse alla scuola del convento francescano di Santa Croce in Firenze. Frequentò poi nuovamente questo ambiente e la scuola domenicana di Santa Maria Novella per cercare conforto negli studi filosofico-teologici in un momento doloroso , la morte di Beatrice, avvenuta nel 1290 (come scrive nel Convivio e nella Vita Nuova).
Il primo interesse del giovane Dante è lo
scriver per rima, sancito anche dal sodalizio con Guido
Cavalcanti e altri poeti, e dagli insegnamenti del maestro
Brunetto Latini: sono gli albori del Dolce Stil Novo
(definizione che pronuncia il poeta Bonagiunta Orbicciani da
Lucca nel canto XXIV del Purgatorio),
che Dante costantemente riprende e ridefinisce, in un percorso
che va dalla prima produzione in rima, alla Vita
Nuova, al Convivio,
alla Commedia stessa:
Beatrice, la donna cantata in gioventù secondo lo stile della
lirica cortese, che eleva e ingentilisce lanimo del poeta e
addirittura di chiunque la incontri, dopo la sua morte viene
dimenticata, e lamore sostituito dallinteresse umano
per la Filosofia; ma nel Paradiso ritorna trionfante come simbolo
della Teologia, che guida verso Dio, prima e unica fonte di
Amore, luomo Dante e, tramite lui (con la Commedia),
tutta lumanità.
Dante era stato destinato fin da piccolo al matrimonio con Gemma Donati (celebrato nel 1295), che faceva parte di una famiglia legata allo stesso gruppo politico degli Alighieri, i Guelfi Bianchi. Egli è molto orgoglioso della sua appartenenza alla piccola nobiltà cittadina: partecipò alla battaglia di Campaldino nel 1289 come feditore a cavallo contro gli aretini e i ghibellini di Toscana e cominciò ad appassionarsi alla vita politica di Firenze, tanto da arrivare a far parte del Consiglio dei Cento e del Consiglio del Podestà, e ricoprire perciò la carica di priore. Proprio in questo periodo è costretto a prendere fortemente posizione nelle lotte intestine tra Bianchi e Neri, al punto da votare, nel Consiglio dei Priori, lesilio di sedici esponenti delle due fazioni, tra i quali il suo amico Guido Cavalcanti.
Egli fu il capo dellambasceria inviata dal governo bianco nel 1301 presso Papa Bonifacio VIII, per chiedergli di rinunciare ad intervenire nelle vicende cittadine. Ma nel frattempo a Firenze i Neri presero il potere con la forza (appoggiati dallo stesso Papa), istituirono un processo contro i priori dellultimo biennio, i quali vennero condannati allesilio in contumacia nel 1302. Fra costoro è Dante stesso, che così non poté mai più far ritorno in patria, ma decise di prendere la strada delle corti dellItalia settentrionale e centrale: la dura esperienza dellesilio (fino alla morte a Ravenna nel 1321) rappresenta un evento fortemente doloroso, labbandono di ogni cosa diletta più caramente (Pd. XVII, v.55), e segnerà ogni suo scritto successivo. Ma nonostante la sofferenza egli rifiutò la possibilità di far ritorno, che gli venne offerta nel 1315, pur di non sottostare allumiliazione di dover chiedere perdono di reati che non aveva commesso, e subì addirittura la condanna a morte in contumacia.
Il suo pensiero politico-religioso, segnato anche da questi avvenimenti dolorosi, teorizza una netta divisione tra lincarico della Chiesa e quello dellImpero: la prima è la depositaria della Rivelazione e via per la salvezza dellanima, ma, per Dante, non può possedere alcun bene o potere temporale, che Dio ha affidato invece ai sovrani per garantire la pace e la giustizia in questo mondo. Egli perciò non può che criticare vivacemente loperato del Papa in diverse occasioni, in particolare per la sua ingerenza nelle scelte politiche della sua Firenze, ma anche lindifferenza dellimperatore per le sorti dellItalia, affidata legittimamente al suo governo, come possiamo leggere nelle tredici epistole che ci sono rimaste delle molte che inviò a cardinali, podestà e al sovrano stesso, Enrico VII.
Questo incompleto e breve ritratto del poeta sembra darne unimmagine piuttosto lontana dalla serenità francescana e dal distacco dalle cose mondane tipico del convento. Tuttavia altre fonti sostengono che Dante, fermatosi finalmente dopo il suo lungo peregrinare nelle corti italiane, nella città di Ravenna, sia entrato nel TerzOrdine Francescano (è sepolto nella chiesa del convento di San Francesco) ed anche un dipinto di Giotto nella Basilica di Assisi pare che lo ritragga in queste vesti. Il fatto risulta verosimile, vista la grande ammirazione di Dante per il Santo di Assisi, lui che criticava aspramente le ricchezze e la corruzione della Chiesa, dimentica, a quei tempi, delle sue origini nella povera grotta di Betlemme.
Nella Commedia,
Francesco fa una breve apparizione addirittura nellInferno,
nel tentativo di salvare dalla dannazione lanima fosca di
Guido da Montefeltro, il quale si era fidato dellassoluzione
precedente il peccato, che papa Bonifacio VIII gli prometteva in
cambio del consiglio giusto per eliminare i suoi avversari
politici.
Nel Paradiso,
poi, nel canto XII, 44-45 e 110-112 San Bonaventura, dopo aver
lodato la vita di San Domenico, parla dei francescani degeneri e
dei monaci corrotti, lontani dalla purezza del loro Santo
fondatore; ancora, in XXII vv.88-90, San Benedetto ricorda che
Pier cominciò sanzoro e sanzargento,/e io con
orazione e con digiuno,/e Francesco umilmente il suo convento;
infine, il posto di San Francesco nellEmpireo dei beati è
in una posizione privilegiata, subito sotto San Giovanni Battista
e di fronte alla Vergine (XXXII, 27-35: E come quinci il
glorioso scanno / della donna del cielo e li altri scanni / di
sotto lui cotanta cerna fanno, / così di contra quel del gran
Giovanni, / che, sempre santo, l diserto e l martiro
/ sofferse, e poi linferno da due anni; / e sotto lui così
cerner sortiro / Francesco, Benedetto e Augustino, / e altri fin
qua giù di giro in giro).
Ma la vera celebrazione è nel canto XI, vv.28-117,
nel quale il domenicano San Tommaso dAquino racconta la
vita straordinaria del Santo di Assisi, situazione che si
ribalterà nel canto seguente, in cui il francescano San
Bonaventura da Bagnoregio elogerà San Domenico di Guzman, a
sottolineare la fratellanza evangelica tra i due fondatori, e a
rimproverare lodio terreno a cui erano giunti i loro
seguaci.
Dante, guidato da Beatrice, è arrivato al
quarto dei nove cieli di cui è composto lEmpireo,
precisamente a quello del Sole, nel quale si trovano gli spiriti
sapienti: il primo beato che incontra è San Tommaso dAquino,
accompagnato dal suo maestro Alberto Magno e da altre dieci anime.
Egli, come poi san Bonaventura nel canto seguente, spiega a Dante
limportanza dei due santi fondatori: Gesù sposò
la Chiesa con il sacrificio del suo sangue, ed ebbe cura di lei
tanto da affidarle due principi che le fossero di
guida, diversi fra loro per poter offrire un sostegno migliore:
Francesco, acceso di mistico ardore di carità come un Serafino,
e Domenico, luminosamente sapiente come un Cherubino. Lodandone
uno, si esalta allo stesso modo anche laltro, perché
entrambi in vita avevano un unico scopo: il bene della Chiesa.
Comincia così il racconto della vita di Francesco da parte del
domenicano Tommaso: la città di Assisi, da cui nacque il Sole-Francesco,
viene celebrata in ben quattro terzine, segue poi la giovinezza
del Santo, tutta incentrata sulla metafora del suo amore per
Madonna Povertà, talmente forte da indurre altri a seguirlo.
Poi, cresciuta la famiglia francescana, Tommaso insiste sul
sigillo papale ricevuto da Innocenzo III, e
successivamente anche da Onorio III; il terzo segno, che lo rese
veramente alter Christus, furono le stimmate,
ricevute nel crudo sasso intra Tevero e Arno. Vi è
anche una parentesi sulla missione di Francesco in terra dOriente,
dinanzi al Saladino, in cui si sottolinea il desiderio di
sacrificare la propria vita; invece la morte avvenne sul suolo
natio, lasciando alle cure dei suoi frati il bene più prezioso:
Madonna Povertà.
Tommaso termina ribadendo che la stessa
grandezza fu nel suo patrono, San Domenico, sebbene i suoi
seguaci non siano più in grado di eguagliare la grandezza del
fondatore, e ne abbiano abbandonato il sentiero, attratti dallo
studio di cose vane, che finiscono per svuotarli della loro
sapienza.
Ecco il passo preso in considerazione:
Intra
Tupino e lacqua che discende
Del colle eletto dal beato Ubaldo,
fertile costa dalto monte pende,
onde
Perugia sente freddo e caldo
da Porta Sole; e di rietro le piange
per grave giogo Nocera con Gualdo.
Di
questa costa, là dovella frange
più sua rattezza, nacque al mondo un sole,
come fa questo talvolta di Gange.
Però
chi desso loco fa parole,
non dica Ascesi, ché direbbe corto,
ma Oriente, se proprio dir vuole.
Non
era ancor molto lontan da lorto,
chel cominciò a far sentir la terra
de la sua gran virtute alcun conforto;
ché
per tal donna, giovinetto, in guerra
del padre corse, a cui, come a la morte,
la porta del piacer nessun diserra;
e
dinanzi a la sua spiritual corte
et coram patre le si
fece unito;
poscia di dì in dì lamò più forte.
Questa,
privata del primo marito,
millecentanni e più dispetta e scura
fino a costui si stette sanza invito;
né
valse udir che la trovò sicura
con Amiclate, al suon de la sua voce,
colui cha tutto il mondo fé paura;
né
valse esser costante né feroce,
sì che, dove Maria rimase giuso,
ella con Cristo pianse in su la croce.
Ma
perchio non proceda troppo chiuso,
Francesco e Povertà per questi amanti
prendi oramai nel mio parlar diffuso.
La
lor concordia e i lor lieti sembianti,
amore e maraviglia e dolce sguardo
facieno esser cagion di pensier santi;
tanto
che l venerabile Bernardo
si scalzò prima, e dietro a tanta pace
corse e, correndo, li parve esser tardo.
Oh
ignota ricchezza! Oh ben ferace!
Scalzasi Egidio, scalzasi Silvestro
dietro a lo sposo, sì la sposa piace.
Indi
sen va quel padre e quel maestro
con la sua donna e con quella famiglia
che già legava lumile capestro.
Né
li gravò viltà di cuor le ciglia
per esser fi di Pietro Bernardone,
né per parer dispetto a maraviglia;
ma
regalmente sua dura intenzione
ad Innocenzio aperse, e da lui ebbe
primo sigillo a sua religione.
Poi
che la gente poverella crebbe
dietro a costui, la cui mirabil vita
meglio in gloria del ciel si canterebbe,
di
seconda corona redimita
fu per Onorio da lEtterno Spiro
la santa voglia desto archimandrita.
E
poi che, per la sete del martiro,
ne la presenza del Soldan superba
predicò Cristo e li altri che l seguiro,
e
per trovare a conversion acerba
troppo la gente e per non stare indarno,
redissi al frutto de litalica erba,
nel
crudo sasso intra Tevero e Arno
da Cristo prese lultimo sigillo,
che le sue membra due anni portarno.
Quando
a colui cha tanto ben sortillo
piacque di trarlo suso a la mercede
chel meritò nel suo farsi pusillo,
a
frati suoi, sì coma giuste rede,
raccomandò la donna sua più cara,
e comandò che lamassero a fede;
e
del suo grembo lanima preclara
mover si volle, tornando al suo regno,
e al suo corpo non volle altra bara.
Nellintroduzione
al canto curata da Umberto Bosco e Giovanni Reggio, si
sottolineano lattenzione e la cura che Dante ebbe nellaccostare
Francesco e Domenico: infatti le loro presentazioni,
rispettivamente nel canto XI e nel XII, sono assolutamente
speculari anche dal punto di vista metrico e contenutistico.
Vengono presentati come impavidi cavalieri a difesa della Chiesa,
scudo contro i suoi nemici esterni, gli eretici (San Domenico), e
interni, gli ecclesiastici avidi di beni materiali (San Francesco):
in entrambi i canti sono presenti termini guerreschi, a
sottolineare la forza e lenergia dei due santi nelle loro
scelte di vita e posizioni. Forse ciò va a discapito di molto
altro, in particolare per San Francesco lardore serafico,
soltanto accennato allinizio dellelogio, lamore
per le creature e il Cantico di Frate Sole, la
profonda umiltà e la letizia nella sofferenza, i miracoli e lo
spirito profetico.
Per lui, lo sposalizio con Madonna Povertà è
un atto di guerra, e contro suo padre (per tal donna,
giovinetto, in guerra / del padre corse, vv.58-59), con unenergia
data dalla consapevolezza che la sua strada gli era stata
indicata da Dio stesso. Egli sceglie una compagna disprezzata da
tutti per più di millecento anni, ma amata da Cristo stesso: si
percepisce la tensione polemica, espressa in ben tre terzine, di
Dante, che interpreta la scelta di Francesco come la rinuncia
totale della proprietà personale, secondo la teoria dei
francescani spirituali, e contro la posizione troppo lassista dei
conventuali.
Segue la trattazione dellopera del Santo,
con il proliferare dell ordine e le due conseguenti
approvazioni papali da parte di Innocenzo III e poi di Onorio
III, e la missione in Oriente presso il Soldano. Questultimo,
nella Legenda Maior di
San Bonaventura, fonte principale di Dante, viene presentato come
una bestia feroce, ammansita però dalla presenza di Francesco;
Dante invece insiste sulla superbia del sovrano per far risaltare
maggiormente la forza danimo del Santo, determinato a
ricevere il martirio.
Infine, il transito: al momento della morte
Francesco affida ai suoi frati la donna sua più cara,
dalla quale non si separa mai, al punto da morire sulla nuda
terra. In realtà la Legenda
trascrive anche altre raccomandazioni da parte del Santo, in
particolare lobbedienza alla Regola, il lavoro e la
sottomissione totale alla Chiesa in tutti i suoi rappresentanti;
ma Dante, come altrove nel canto, si sofferma soprattutto sulla
questione che più gli sta a cuore: lelogio della povertà,
intesa soprattutto come distacco e libertà dalle cose terrene.
Qual è il motivo di tanta insistenza? Il poeta,
con molti suoi contemporanei, riteneva che la decadenza morale
del suo tempo derivasse soprattutto dalla cupidigia, dalla sete
dei subiti guadagni portata innanzi dalla nuova
classe sociale, tipicamente cittadina, dei mercanti, che avevano
abbandonato i valori cavallereschi e cortesi della liberalità e
dellonore (tipici invece della nobiltà feudale, della
quale Dante stesso faceva ancora parte) per anteporvi il
benessere e il guadagno personale. Questo attaccamento alla
gloria e al potere terreno risulta maggiormente grave quando
intacca gli uomini di Chiesa, e lo stesso papa, ormai lontani
dalla purezza della povertà evangelica e immersi nelle lotte per
la supremazia politica: proporre in questo modo i due santi
Francesco e Domenico per Dante significava indicare un esempio
preciso sulla via da seguire per ritrovare la strada del Vangelo.
Il poeta prende così posizione nella questione
che da decenni dilaniava lordine francescano e la Chiesa,
sulla povertà di Cristo e degli Apostoli, che divideva i due
gruppi degli spirituali (sfociati talvolta nelleresia e
pesantemente condannati) dai conventuali, definitivamente
approvati questi ultimi nel 1323 da papa Giovanni XXII: Dante
sembra essere più vicino ai primi, ma con un atteggiamento più
moderato e intermedio, come quando presenta altri santi quasi
come francescani ante litteram
(così San Pietro e San Paolo in Pd XXI 127-129: Venne Cefàs
e venne il gran vasello / dello Spirito Santo, magri e scalzi, /
prendendo il cibo da qualunque ostello.), assumendo la
stessa posizione che aveva preso San Bonaventura, ministro
generale dellordine, in merito alla questione, come
dimostra palesemente nel canto successivo.
Qui Dante sembra più distaccato rispetto allXI,
ma ciò soltanto per il fatto che problema della Povertà, come
abbiamo visto, gli stava più a cuore che non la lotta agli
eretici. In realtà i versi dedicati a S.Domenico sono
altrettanti, e se nel canto precedente incontriamo un splendida
perifrasi per indicare Assisi, nel XII vi è un ricercato
artificio retorico con i nomi del Santo e dei suoi genitori, nel
gusto tipico dellepoca per le etimologie: Domenico
indica lappartenenza a Dio, come custode dei suoi precetti
o perché Dio lha custodito dai nemici, Giovanna sua madre
è piena di grazia di nome e di fatto, per non
parlare del padre, Felice (vv.67-81). Dante non aveva comunque a
disposizione la stessa quantità di notizie sul Santo spagnolo,
perché nel secolo intercorso tra la sua morte e la stesura della
Commedia lagiografia
si era concentrata di più sulla figura di S. Francesco.
I canti XI e XII costituiscono perciò un
disegno unitario, secondo la visione eroica che Dante ci offre di
questi due Santi i quali, secondo un unico progetto divino,
accorrono da due opposti angoli del mondo (Oriente ed Occidente)
a sorreggere il timone della barca di San Pietro, alla deriva
nelle avversità e nelle tentazioni della vita terrena,
sopportando angustie, nemici e privazioni, per giungere
finalmente alla più alta delle ricompense, la visione estatica
di Dio, nellEmpireo.