11 settembre 2001. Colpo di Stato in USA
a cura di Maurizio Blondet
edizioni EFFEDIEFFE - capitolo uno PROLOGO A MOSCA E A WALL STREET
"Benvenuti distruzione, eccidio, massacro! Io vedo,
come su una carta, la fine di tutto". (Shakespeare, Riccardo
III, 11,4)
Il 29 giugno 2001 alcuni ospiti importanti - anche statunitensi -
incontrano membri della Duma, il Parlamento russo. Visitatori e ospiti
parlano della bolla finanziaria americana, l'astronomico rialzo azionario
alla Borsa di Wall Street, e si trovano d'accordo su questo: presto
o tardi la bolla scoppierà, provocando una crisi finanziaria
globale. Ma come? Quando? Qualcuno, scettico, osserva che il rialzo
azionario a New York continua da dieci anni. Per interromperlo, dice,
ci vorrebbe una guerra, un evento bellico, missili lanciati da qualcuno...
La signora Tatyana Koryagina, economista, ritenuta molto vicina al
presidente russo Vladimir Putin, replica vivacemente: "Missili
e bombe a parte, esistono altre armi, molto più distruttive".
E prosegue: "Gli Usa sono stati scelti come oggetto di attacco
finanziario perché il centro finanziario del pianeta è
lì. L'effetto sarà massimo. Le onde d'urto della crisi
economica si spanderanno nel mondo all'istante come l'onda d'urto
di una bomba atomica". La Pravda citerà queste parole
in un articolo di prima pagina del 12 luglio, dedicato appunto alla
bolla speculativa americana. Mancano meno di tre mesi al fatale 11
settembre, all'attacco megaterroristico del World Trade Center a New
York, a due passi da Wall Street. Alla luce dell'orribile evento,
la frase della dottoressa Koryagina sembra più che una premonizione
involontaria. Gli USA sono stati scelti: pare il lapsus di qualcuno
che sa in anticipo. Lo è? Sapevano, i russi?
Si guardi il lettore da correre alla più affrettata delle conclusioni,
sospettando che i russi, "se sapevano", è perché
"sono stati loro". Sapevano qualcosa, è certo. Il
20 agosto, meno di un mese prima dell'11 settembre, il presidente
Putin ordinò ai servizi segreti russi di avvertire le loro
controparti americane, "nei più forti termini possibili",
di imminenti attacchi ad aeroporti ed edifici pubblici. Così
almeno ha detto lo stesso Putin in un'intervista concessa alla rete
televisiva americana MS-NBC (il 15 settembre, a tragedia avvenuta).
Del resto, una strana quantità di persone sembra che sapessero.
Persone di condizione assai diseguale. Il 12 agosto, nella prigione
di Toronto in cui è detenuto per frodi, un certo Delmart "Mike"
Vreeland mette per iscritto quel che deve avvenire a New York, chiude
i foglio in una busta e la consegna alle autorità carcerarie,
perché lo protocollino.
Vreeland risulta tenente della Marina militare americana e sostiene
di aver lavorato per l'intelligence della Us Navy. La sua lettera
viene aperta il 14 settembre: Vreeland ha indicato in anticipo l'attacco
alle Twin Towers e al Pentagono. Il curioso episodio è riportato
sul Toronto Star del 23 ottobre 2001, che cita gli archivi della Toronto
Superior Court dov'è traccia del fatto. La Marina americana
nega che Vreeland sia mai stato addetto all'intelligence. Conferma
che è stato arruolato negli anni '80, e dimesso per comportamento
scorretto. A quale scopo Vreeland ha messo per iscritto in anticipo
quel che sapeva, l'ha voluto far protocollare dalle autorità
carcerarie perché ci fosse sul suo documento una data certa
anteriore all'11 settembre, insomma ha voluto preconfezionare una
prova da poter esibire in un tribunale? Perché Vreeland sta
lottando per non farsi estradare negli Stati Uniti: sostiene, davanti
ad ogni giudice canadese, che la CIA vuole ucciderlo. Uno strano tipo
di complottista.
Ma già un mese prima di "Mike" Vreeland, personaggi
molto più importanti si erano comportati come se già
sapessero. Anzi di più: come se già sapessero quel che
il governo americano avrebbe fatto dopo l'attacco al WTC.
Berlino, 11 luglio 2001. Tre alti funzionari statunitensi incontrano
nella capitale tedesca membri dello spionaggio russo e britannico
e li informano che gli Usa progettano un attacco militare contro l'Afghanistan.
Quando? A ottobre. I tre alti personaggi sono Toni Simmons, ex ambasciatore
Usa in Pakistan, Karl Inderfurth, già assistente segretario
di Stato per gli affari dell'Asia meridionale, e Lee Coldren, che
ha lavorato al Dipartimento di Stato come esperto del Sud Asia. Sappiamo
i loro nomi e il genere d'informazione che hanno comunicato dal Guardian
(22 settembre 2001), dalla BBC (18 settembre), e da Interpress Service
(16 novembre).
E' anche probabile che i tre abbiano riferito quel che negli ambienti
internazionali qualificati poteva essere già un segreto di
Pulcinella. Ancora il britannico Guardian, il 26 settembre 2001, a
firma Felicity Lawrence, rende noto che fin dall'estate 2001 "secondo
informazioni non confermate, truppe speciali uzbeche e tagike erano
in addestramento in Alaska e in Montana [..], mentre gli US Rangers
stavano addestrando truppe speciali in Kirghizistan". Aggiunge
che " l'alto funzionario del Dipartimento Difesa Usa, dottor
Jeffrey Starr ha visitato il Tagikistan in gennaio".
C'era chi sapeva quel che stava per accadere con tale precisione,
da puntarvi sopra denaro. Molto denaro. Fra il 6 e il 7 settembre
2001 (mancano quattro giorni all' attacco qualcuno, su mercato nanziano
New York, acquista 4.744 opzioni "put" della United Airlines.
Chi acquista opzioni "put" si impegna a vendere un determinato
numero di azioni, a un prezzo convenuto, entro un termine stabilito;
in pratica, scommette sul ribasso di quel titolo, per guadagnarci.
Il 10 settembre, vengono parimenti acquistate 4.516 opzioni "put"
della American Airlines. Ciò fa stranamente impennare i grafici
delle compravendita giornaliere l'acquisto di opzioni "put"
sulle due compagnie aeree in quei giorni è del 600 per cento
superiore al normale. E nessun'altra compagnia aerea è oggetto
di una simile speculazione al ribasso. Anche perché proprio
il 10 settembre l'agenzia economica Reuters scrive che "si prevede
un rialzo per le azioni delle compagnie di volo". Gli anonimi
speculatori vanno sicuri contro la tendenza del mercato, perché
sanno con certezza che solo la United e la American avranno i loro
aerei dirottati e lanciati alla distruzione.
Dopo la tragedia, il New York Times e il Wall Street Journal hanno
abbondantemente parlato di questo caso di insider trading della morte;
e l'FBI si è affrettata a indagarlo. Anche perché risalire
agli ignoti e ben informati speculatori, significava arrivare molto
vicino alle menti organizzatrici della strage; e la certezza di tutti
gli inquirenti era che l'inchiesta avrebbe portato a scoprire la rete
finanziaria del miliardario saudita Bin Laden e di AI-Qaeda, la sua
formazione di terroristi globali. Non c'era dubbio che gli autori
dell'attentato coincidessero con gli autori della speculazione. Invece
non è stato così. L' inchiesta sulle opzioni put ha
portato gli investigatori su tracce assai lontane da Bin Laden, anzi
in una direzione diametralmente opposta. Ne riparleremo, perché
questo caso (e il silenzio sulle indagini che ne è seguito,
dopo l'apertura di certe porte sorprendenti) mette gli eventi dell'11
settembre in una prospettiva completamente diversa da quella promossa
dalle versioni ufficiali. Per intanto tenetelo a mente.
Noi dobbiamo correre, per darvi l'ultima notizia che annunciò
il disastro in anticipo. 11 settembre: è l'alba a New York,
solo due ore prima dell'evento. Negli uffici della Odigo, situati
nelle immediate vicinanze delle Torri Gemelle, gli impiegati sono
già al lavoro. La Odigo è un'azienda di "instant
messages", Internet, posta elettronica, segnalazioni su cercapersone:
si lavora 24 ore su 24 ai computer, al software, sui portali Internet.
La Odigo è in rete con il mondo intero, e smista i messaggi
elettronici che rimbalzano dai più lontani angoli del pianeta.
A New York, la giornata si annuncia tersa, bellissima. Il primo sole
comincia ad accendere le facciate a specchio dei grattacieli.
Due impiegati della Odigo ricevono sul loro computers un "messaggio
di testo" che li avverte dell'imminente attacco al World Trade
Center. Presto, fra poche decine di minuti, dice il messaggio.
Il testo completo del messaggio non ci è noto. Secondo il Washington
Post - che pubblicò la notizia il 26 settembre 2001 - "l'azienda
(Odigo) ha detto di non poter rivelare il contenuto del messaggio
o l'identità chi lo ha spedito, dato che tutto è coperto
da segreto istruttorio". Ciò che i giornalisti del Washington
Post hanno potuto strappare al vicepresidente Alex Diamandis è
che a ricevere il messaggio sono stati "due addetti dell'ufficio
di ricerca e sviluppo e vendite internazionali" della Odigo,
"che ha sede in Israele". Il messaggio è stato inviato
da "un altro utente circa due ore prima del primo attacco".
"Subito dopo gli eventi tragici a New York, i due addetti hanno
avvertito la direzione del messaggio ricevuto e questa ha allertato
i servizi segreti di Israele. A sua volta, l'FBI è stata informata".Si
può risalire a chi ha spedito il messaggio? "Colui che
l'ha inoltrato non è personalmente conosciuto dagli impiegati
della Odigo", è la obliqua risposta d vicepresidente della
ditta. Dietro insistenza, viene fuori però almeno questo: "La
ditta in genere protegge la privacy dei suoi utenti. Però gli
impiegati hanno registrato il protocollo dell'indirizzo Internet dell'inoltrante
il messaggio". Inoltre: "I servizi della Odigo comprendono
un software chiamato People Finder (il Trovagente) che consente agli
utenti contattarne altri".
Sembrerebbe un gioco da ragazzi risalire al bene informato. Specie
per l'FBI e i servizi segreti israeliani. Ma se hanno scoperto qualcosa
di concreto, non ne sappiamo nulla: anche su questa notizia è
calato il silenzio. Un silenzio inspiegabile, a tanti mesi dalla tragedia.
Che alimenta sospetti e lascia spazio alla disinformazione incontrollata,
o a maligne leggende urbane.
Fra queste, una ha fatto il giro del mondo: migliaia (la voce dice
quattromila) operatori ebrei, il cui posto di lavoro erano le due
Torri, quell'11 settembre hanno preso le ferie. Questa voce - che
mira chiaramente ad agitare lo spettro del complotto ebraico - pare
aver origine da notizie di stampa su giornali arabi (fonti ben meno
credibili del Washington Post) e non è stata né ripresa
né verificata negli Stati Uniti. La sola notizia certa riguarda
la ZIM: una grossa ditta di trasporti e navigazione israeliana, che
aveva i suoi uffici al piano 47 della Torre Uno (la prima colpita)
e che aveva traslocato due settimane prima dell'11 settembre, trasferendo
i suoi 200 impiegati alla nuova e più economica sede di Norfolk,
Virginia. "Zim workers saved by costcutting", titolava con
sollievo il Jerusalem Post del 13 settembre 2001: "I lavoratori
della ZIM salvati dalla riduzione dei costi". Del resto, anche
la britannica Barcklay's Bank aveva gli uffici nelle Torri, ed aveva
traslocato da poco .Il Wordl Trade Center,il più vasto spazio
per uffici del mondo, era un porto di mare; aziende che vengono e
vanno, che pagano l'affitto per qualche mese e poi cambiano sede.
Il sospetto va esercitato a mente fredda, senza paranoia e controllando
bene la credibilità delle fonti. Come stiamo facendo in queste
pagine. Tutto ciò che possiamo dire è questo: qualche
decina di persone hanno mostrato di sapere "prima". E FBI,
CIA, servizi israeliani hanno tutti i mezzi per scoprire chi sono,
e come mai sapevano. Se ci fosse, s'intende, la volontà di
far luce.
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