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Il
canto del mare non termina sulla riva e nemmeno in un cuore che sa ascoltarlo.
Perché il mare rappresenta la vita e solo un cuore inaridito e spento o
arrogante e presuntuoso è incapace di ascoltare il canto della vita. Un canto
composto di mille suoni, e ogni suono è una melodia fatta d’altri mille
suoni, che solo un cuore aperto e disposto a recepirli può fare suoi e
comunicare agli altri.
Così come il canto del mare può essere struggente, meraviglioso, travolgente,
triste, melodioso, gioioso, melanconico, solitario, il canto della vita ci
trasmette ogni istante infinite sensazioni e infiniti stati d’animo.
Solo un cuore chiuso alla vita è incapace di ascoltare il canto meraviglioso
degli occhi di un bambino, o il canto triste di una persona sola, oppure il
canto del cuore di una mamma o di un papà che gioisce o che soffre, o il dolore
di una persona.
Ma dico ancora il canto delizioso di una piantina che cresce, della luce e del
buio, il canto dei colori. Si, perché anche i colori hanno il loro canto.
Questi infiniti canti, belli o brutti, gioiosi o tristi, chiassosi o solitari,
luminosi o bui, messi tutti insieme formano questa cosa meravigliosa,
incommensurabile, unica e irripetibile che è la vita. Meravigliosa in qualunque
modo sia vissuta.
Ho imparato ad ascoltare il canto del mare e della vita e a deliziarmi, col
sorriso, con le infinite note che lo compongono. Una vita da amare nonostante le
ondate travolgenti e burrascose. E il canto che ci riempie il cuore non deve
restare racchiuso in noi, ma deve continuare il suo viaggio verso altri cuori,
per trasmettere ad altri granellini di sabbia gli infiniti sentimenti che ci
hanno costruito e resi degni d’essere uomini.
Come un CD che si ascolta e che si regala ad un amico, che ci ha trasmesso
emozioni con le sue canzoni e che vogliamo far provare ad altri.
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Desidero
condividere con voi le emozioni provate in una splendida immersione fatta qui a
Gaeta, nel parco marino della Montagna Spaccata.
Già nei preparativi, scariche d’adrenalina facevano pregustare le bellezze
che ci attendevano, noi, gruppo d’amici riuniti in barca, pronti a tuffarsi
nel blu intenso sotto di noi. Attrezzati con maschera, pinne, autorespiratore e
quant’altro necessario per una discesa in sicurezza, una capovolta all’indietro
dal bordo barca, e via, giù nel vuoto liquido e avvolgente, nell’universo
silenzioso e scrigno di promesse, per le nostre attese di subacquei.
All’ok, in sei, la discesa è cominciata lenta, i corpi senza peso, catturati
da quel blu inesistente, creato dal gioco dei riflessi dell’acqua cristallina.
Sul fondo, a –30, ti trovi subito circondato e ammaliato da una miriade di
colori: l’arancione e il rosso delle gorgonie, il verde delle posidonie, i
mille pastelli di pareti verticali e canaloni senza fine, la danza luccicante di
microrganismi sconosciuti e pesciotti curiosi che ti beccano sulla muta, l’ombra
scura di una cerniotta che si dilegua in una tana, una murena che fa capolino da
un anfratto, boccheggiando come solo sa fare lei. In un buco, mamma polpo muove
amorevolmente i suoi tentacoli per ossigenare grappoli d’uova bianche
pendenti.
L’obiettivo è una grotta. Una splendida grotta che ha l’ingresso a –20.
Si risale un po’ la china della parete per raggiungerne l’ingresso. Buio,
misterioso, cofanetto prezioso d’affascinanti promesse, a soddisfare le nostre
emozioni di alieni del blu. Accendiamo le lampade ed entriamo. Nel fascio
luminoso appaiono subito squarci di mondi prima invisibili. Delle aragostine
dagli anfratti spiano volteggiando le loro antenne, piccoli draghetti del
passato. Ombre scure si dileguano di lato, impaurite dalla nostra intrusione.
Pinneggiamo dirigendoci verso il soffitto della grotta, in religioso silenzio,
coscienti d’essere stranieri in un mondo che non ci appartiene. Spuntoni di
stalattiti sporgono dalle pareti, creando nei riflessi dei cunicoli figure
immaginarie e misteriose. All’improvviso, le nostre teste sbucano fuori dell’acqua,
in una bolla d’aria millenaria tra il liquido e la volta. Lo spettacolo e lo
stupore lasciano senza fiato! Togliamo un attimo la maschera per respirare
profumi antichi e scambiarci emozioni “a caldo”, e le risate scoppiano
fragorose e tra mille echi per la nostra voce ad effetto “paperino”. Sotto
di noi le pinne volteggiano sospese in colori avvolgenti, e da lontano s’intravede
il chiarore dell’apertura. Cunicoli dappertutto e creaturine ovunque, abitanti
d’ecosistemi a noi sconosciuti e intatti.
Soddisfatta la curiosità e riempito il nostro cuore di subacquei con stati d’animo
che prima non c’erano, torniamo sui nostri passi, cercando di lasciare
incontaminato lo scrigno, perché regali emozioni ad altri dopo di noi.
La risalita è lenta, da manuale. Il dopo è pieno di pacche sulle spalle, di
strette di mano, un brindisino per riscaldarci dall’acqua fredda, tanto calore
umano. Mancano solo i botti delle icone. Come in chat.