Abitato sin dai tempi della
preistoria, Guarcino deve il suo nome all’abbondanza dei querceti.
Per
alcuni studiosi, però, il toponimo deriverebbe dall’appartenenza del
territorio di Guarcino alla famiglia del console romano Lucio Betileno Varo,
zona di Varo, ossia Vari coenum, Varcenum, Guarcenum.
Sorta
come rifugio per i pastori della zona, Guarcino fece parte della Confederazione
Ernica, oltre all'ubicazione geografica di importanza strategica per il
passaggio nella valle dell'Aniene era conosciuta come il "luogo pieno di
acque".
Al
tempo dei Romani in Guarcino erano stati eretti i templi di Marte e di Apollo
che, con l'avvento dell'era cristiana vennero sostituiti con le chiese dedicate
alla Madonna ed a San Michele Arcangelo. L'isolamento dei luoghi attrasse molti
eremiti. Nel suo viaggio da Subiaco a Montecassino, San Benedetto attraversò
sicuramente Guarcino ed ebbe contatti con gli eremiti che vivevano nelle grotte
della zona.
Sant'Agnello,
patrono della cittadina, nato a Napoli intorno al 535 , venne come eremita nella
valle del Cosa, dopo una vita di preghiera e carità nella sua città natale e
nel Gargano, in Puglia. Visse per sette anni in una grotta a 800 metri di
altitudine, morì all'età di 67 anni e dal XV secolo fu proclamato protettore
della cittadina.
Sottoposta alle invasioni barbariche, nel 762 la città si affidò alla tutela della Chiesa e nel 1180 fu
concessa in feudo da papa Alessandro III a Graziano di Belmonte, ma nel 1263
papa Urbano IV revocò tale concessione.
Fortificata con una poderosa
cinta muraria, Guarcino fu vittima delle contese tra Papato e Impero, come
testimonia l’episodio che vide il giovane guarcinese Malpensa vincere in
duello un soldato dell’esercito invasore di Enrico VI. Nel corso dei secoli il
paese fu in continua lotta con i comuni vicini.
Intorno al 1200 dovette
fronteggiare con Anticoli per il possesso del territorio di Pratalonga.
Nel 1240 subì l’assedio
degli Alatrensi che distrussero trecento case, mentre nel 1336 si alleò con i
comuni limitrofi contro Ferentino.
Concesso in feudo nel 1378 ai
Conti, potente famiglia Anagnina, sotto il pontificato di Martino V fu assegnato
ai Colonna, che lo governarono fino al 1431, quando ne perdettero il possesso
per essere scesi in lotta contro papa Eugenio IV.
Posto sotto il controllo dello
Stato Pontificio, Guarcino fu assediato dall’esercito spagnolo al seguito di
Ferdinando Alvarez di Toledo, duce di Alba e Vicerè di Napoli, e nel 1656 fu
contagiato dalla peste bubbonica.
Dopo aver conosciuto
l’invasione dell’esercito francese della Rivoluzione di fine settecento e il
triste fenomeno del brigantaggio, durante la seconda guerra mondiale, il paese
fu assediato dai tedeschi che qui potevano meglio controllare il passaggio degli
eserciti e dei rifornimenti.
Guarcino presenta ancora
l'originaria struttura medievale. Una cinta
muraria robusta con nove torri e tre
torrioni, quattro porte di
accesso ed un fossato intorno ad esso.
Nella parte medievale della
cinta muraria si può ammirare la grande arcata
a sesto acuto che sorregge
l'antico palazzo del cardinale Tomassi; il centro
storico è ancora particolarmente integro, con le caratteristiche costruzioni medievali, portali, finestre a bifora, muri a pietra viva.
La chiesa di
San Nicola,
edificata nel VII secolo sul colle dove sorgeva il tempio di Apollo, venne
completamente ricostruita nel 1754, in stile tardo barocco. Conserva al suo
interno la tela raffigurante "La Visitazione" della scuola del
Cavalier d'Arpino; tele del Ranuccini del secolo XVIII ed altre opere pittoriche
di autori ignoti. La chiesa
di San Michele Arcangelo si trova al vertice settentrionale dell'abitato,
dove sorgeva il tempio di Marte. La struttura originale ad unica navata venne
adattata nel 1587, per potervi ospitare le monache benedettine, nell'attiguo
palazzo Patrasso. La chiesa ed il
monastero di San Luca, sul massiccio montuoso sopra Filette, edificati nel secolo XI, ospitavano i monaci benedettini,
che li abbandonarono nel XVI secolo. La caratteristica principale della
cittadina, ubicata nel cuore dei monti Ernici, è quella di possedere un
territorio di grande importanza naturalistica; alle sue spalle infatti, si
innalza maestoso il massiccio di Campocatino rinomata stazione sciistica dotata di sei impianti di risalita e
perfettamente collegata con autobus di linea, con vette che superano i 2000
metri, e dalle quali si gode lo stupendo panorama del basso Lazio fino al mar
Tirreno, comprese le isole Pontine.
Su quelle
sorgenti si curavano le legioni romane
Una storia
‘lunga’ secoli, quella di Fonte Filette e Fonte San Luca, le due acque
oligominerali purissime che sgorgano rispettivamente l’una a 900, l’altra a
800 metri sul livello del mare, nel comune di Guarcino. Basta pensare che
Filette nel 1894 veniva già imbottigliata e distribuita: ancora prima della San
Pellegrino, che mosse invece i primi ‘passi’ nel 1899. Tra i vari documenti
che ne testimoniano l’antichità, risale al 1899 uno dei primi manifesti
medico-scientifici su un’acqua minerale italiana, che fu compilato da Vittorio
Davoli, allora direttore sanitario della fonte.
Ma
già nel 50 dopo Cristo, un autore Latino – Lucius Junius Moderatus Columella
– decantava le acque di Guarcino, dove si fermavano le legioni romane a
curarsi le ferite delle campagne in Oriente: “Est in Guarcino Campaniae,
fluens aqua e montibus oriunda, salubritati corporis accomodatissima”. Un
"salto’ nel futuro per arrivare agli albori del XX secolo, quando Filette
– precorrendo largamente i tempi moderni – imbottigliava l’acqua liscia e
gassata ed una gamma di bibite in acqua minerale conosciute in tutto il centro
Italia e poi esportate con successo sino al 1976. E’ verso la fine del 1999
che FonteItalia s.r.l. ha riattivato la sorgente per immettere nuovamente
sul mercato un’acqua di qualità superiore. Antichi natali anche per Fonte
SanLuca, la cui sorgente si trova nel parco dell'omonima casa di preghiera, in
Valle dell'Agnello. Dalla monografia “Storia del Monastero e Convento di
SanLuca”, conservato presso l’archivio storico del Comune di Guarcino, si
rileva che l’antichissimo Monastero fu fondato dal patriarca San Benedetto al
suo passaggio lungo il percorso che portò il Santo da Subiaco fino a Monte
Cassino. Dal 520 al 528 il Monastero fu costruito dai seguaci del Santo che lo
abitarono per oltre sette secoli, fino al 1256, quando poi ceduto alle Monache
Benedettine di Alatri che vi rimasero fino al 1587. Nel 1962 la proprietà passò
alla Congregazione delle Figlie della Madonna del Divino Amore che, in seguito
ai restauri effettuati dal 1980 al 1992 dalla Soprintendenza ai Beni Ambientali
AA.AA. del Lazio, hanno adibito il complesso del Monastero a Casa di Preghiera
ed accoglienza: proprio in quel periodo fu rinvenuta la vecchia “sorgente
delle Monache”