Benvenuti a KHATMANDU
... lo spazio creativo di musica,
parole curiosita' e immagini,
su Rino e per Rino.
Bibliografia su Rino :
Ognuno puo' utilizzare questo spazio per pubblicare poesie, canzoni, disegni e racconti ispirati da Rino.
Si possono anche costruire animazioni FLASH, gif
animate, file midi, screen saver, cartoline e tutto cio'
che si puo' inventare su Rino Gaetano per metterle
poi a disposizione di tutti i visitatori di questo spazio.
Bastera' inviare il materiale al seguente indirizzo
:
Una poesia di Sabrina Balbinetti (di anni 12) (scritta il 7 marzo 1978)
Questa stellina e' piccola, ma sincera.
L'ho presa cosi' in tenera eta'
perche' possa entrare nel tuo cuore
senza ingombrare tanto.
Si trovava in una distesa azzurra
spezzata da luci, grandi, luminose,
di lontano un frammento...
...sei tu, che attendi contento.
Una canzone per Rino
scritta da : Carmelo Febbo.
ADESSO
E CHISSA'
L'indimenticabile giornata del 2 Giugno 2001
vissuta e raccontata da :
SERENA di Cagliari
L'indimenticabile giornata del 2 Giugno 2001
vissuta e raccontata da :
LUCA di Catania
Luglio 1976...
...Primo canale Nazionale (a quel tempo Raiuno
si chiamava cosi') programma televisivo Adesso
musica condotto dall'attore-presentatore Nino Fuscagni.
Ospite del programma, Rino deve spiegare
al pubblico televisivo il suo nuovo Lp "Mio fratello e' figlio unico"
e lo fa' presentandosi in studio con in braccio un bellissimo cane
di razza Cocker.
Nino Fuscagni : - Rino Gaetano
é un cantautore giovanissimo della nuova leva, personalissimo, sia
quando canta che quando compone, direi inimitabile. Rino viene dal
teatro, ha fatto esperienza andando a cantare direttamente nelle scuole,
in mezzo ai giovani e ha fatto dell'ironia l'arma migliore, quella con
la quale dissacra le cose.
Adesso pero' Rino mi devi parlare di questa
meravigliosa cagnetta, questa cockerina, che cosa hai voluto simboleggiare?
Rino : - Intanto ho voluto darti la
possibilita' di intervistare due cani anziché uno soltanto…
Fuscagni (ride) : - no no, ti prego,
lascia perdere…
Rino - …Il cane comunque c'entra moltissimo,
anche perché il mio nuovo LP si intitola "Mio fratello é
figlio unico", e penso che niente esprima proprio il concetto di emarginato,
di escluso, che è appunto "Mio fratello é figlio unico"
meglio di un cane. Il cane esprime proprio la solitudine.
Fuscagni : - E infatti si dice spesso:
"Sei solo come un cane…"
Rino : - …Si, il discorso in fondo,
è sui poveri cani che siamo tutti quanti noi. Siamo sempre tutti
abbastanza avulsi dall'incontro umano e, molto soli. Cioè praticamente,
siamo tutti abbastanza "messi da parte" l'uno con l'altro…"
Fuscagni : - Io pero' sono curioso
di ascoltare questa nuova canzone che ci canti e che fa parte di questo
long playng : Berta Filava… (continua)
UN VOLO...
Un
aroma speziato
si
espande,
profuso
da terre lontane.
Giunge
come
luce improvvisa
trasparenza,
nitido colore.
Profumo
di
nuova armonia.
Ebrezza
di
risentirsi
ancora.
Per
un momento,
volo...
Costanza
KACHARPAYA *
A colui che passa i valichi di pietra
non par ver d'udire -
sovrapposto al richiamo del condor
su, verso Machu Picchu
e alla fatica -
il saluto benevolo e rituale
del momentaneo compagno di viaggio.
Là; dove ancor oggi, a volte,
passano i Chileros
contrabbandando per vivere
pane e spezie,
fra i visi incrocianti
intercorre
un viatico appassionato
per il buon ritorno a casa
di ognuno.
* Kacharpaya è una musica tradizionale delle Ande, ed è pure un saluto rituale di coloro che nell'attraversarli si incontrano sui passi andini, si scambiano un augurio di buona sorte e di un buon ritorno a casa. Il musicista inglese Medwin Goodall ha dedicato a questo saluto e a questi suoni, un brano magistrale includendolo nella sua opera "Nazca, Land of the Incas" interamente dedicata a quelle popolazioni.
Ciao Rino, con affetto, tuo Ermanno Bartoli (Reggio Emilia... questo pianeta)
Fratelli figli unici
Fred se n’era andato 21 anni prima. La sua Thunderbird
rosa era stata travolta da un camion. Fred non aveva colpe. L’urto lo sbalzò
dalla parte opposta della carreggiata. Aveva il finestrino aperto, probabilmente
per tenersi sveglio. Ma sveglio non era il guidatore del camion, che lo
stop neanche lo vide. La Thunderbird, sfondata nella parte destra, volò
contro un pilone, precisissimo nell’infilarsi laddove sarebbe dovuto essere
il finestrino. Fred era ancora vivo, così dicono. Fred pensava alla
notte appena trascorsa, notte su cui si favoleggia tuttora, notte che aveva
forse passato con Anita Ekberg, a Roma per dare un volto matronico alla
dolce vita del Maestro. Fred pensava alla notte appena trascorsa. Fred
non ebbe il tempo di pensare ad altro.
Fred se n’era andato 21 anni prima. Al tempo,
Rino non aveva idee, se non quella di ritrovare idee. Per farlo, aveva
perfino accettato un tour con Cocciante e i New Perigeo, che con lui non
avevano in comune neanche il mestiere. Lui creava e suonava, gli altri
cantavano e suonavano. La differenza era sostanziale. Come tra un pittore
e un imbianchino: entrambi usano il pennello, ma i risultati finali mica
si somigliano. Rino era al quinto disco. Aveva 31 anni, Roma la sua casa,
Crotone un’evocazione adatta per le sue canzoni-contenitore, canzoni elastiche,
capaci di racchiudere tutto, anzitutto gli italici vizi, elencati apparentemente
alla rinfusa, sempre con un gusto lunare per il gioco di parole.
I discografici lo vedevano male. In un tempo
di terrore e terrorismo, anni di piombo e merda, Rino raccontava lo schifo
che aveva davanti, senza con questo rinunciare al gioco. Il suo era un
sarcasmo troppo intelligente per i Vincenzo-discografici, quelli che un
certo Fortis avrebbe ammazzato volentieri. Cantava di uomini che ancora
vivevano in baracca, di chi non aveva lavoro, di chi non ci ha neanche
l’acqua corrente, nun c’ha niente. Cantava di fratelli figli unici frustati,
calpestati e frustrati, ma non cantava mai soltanto loro. Era un cantautore,
ma preferiva che non si sapesse. La seriosità lo annoiava, al gioco
non rinunciava. E allora, quello stesso fratello figlio unico, diveniva
mitico non tanto e non solo perché emblema di una sconfitta diremmo
quasi antropologica, ma anche perché non aveva mai vinto un premio
aziendale, perché non credeva nel potere longevo di Freud come negli
effetti miracolosi dell’amaro benedettino, perché per lui Chinaglia
col cazzo che andava al Frosinone. E quel cielo sempre più blu,
disseminato di nuvole ipocrite e buoniste, sopra un’Italia convinta ancora
di vivere cullata dal boom economico, era anche un tetto azzurro poggiato
sopra improbabili ibridi, uomini che amavano la zia e avevano visto Onassis.
Ma il cielo è sempre più blu era un monologo ossessivo, lunghissimo
per il tempo, poggiato sull’anafora, un’elencazione di tristezze distese
su un’ossatura spensierata. Musica allegra, testo ironico, messaggio impietoso:
la ricetta di Rino. Uno dei capolavori della musica italiana.
Fred se n’era andato 21 anni prima. Rino non
sapeva più giocare con le parole. L’ultimo disco era uscito un anno
prima, ma non era il migliore. Erano lontani i tempi in cui Berta filava,
Aida amava e sfioravano le viole. Rino cantava le canzoni, spendi spandi
effendi, ma gli restava sempre e soltanto l’insofferenza per una creatività
perduta e una quotidianità implodente.
La musica italiana è ricca di invettive.
Io se fossi Dio, L’avvelenata, La domenica delle salme, Quelli che, Discanto...
In questo campionario particolarmente ispirato di florilegi linguistici
incazzati (e cantati), Nuntereggae più è l’invettiva spensierata,
divertissement riuscito e carezza in carta vetrata. Rino non li reggeva
più, quelli lì. Ma se lo avesse detto così, “non li
reggo più”, sarebbe stato troppo diretto, e soprattutto troppo banale.
Chi non dà valore alla forma, nell’arte, è solo un formalista
frustrato. Brutta gente. Rino non lo era. Da qui, il reggo che diventa
reggae. Una Giamaica masticata da un calabrese trapiantato a Roma. Buffo.
Ma che granate. Rino non li reggeva più, e lo diceva. Lo cantava.
Era ventitre anni prima, era il ’78. Rino non li reggeva più. La
famiglia Agnelli, Maurizio Costanzo, Raffella Carrà, Mike Bongiorno,
i bigotti e gli intoccabili. E tanti altri ancora. Non li reggeva più,
non li avrebbe voluti vedere più. Loro ci sono ancora, lui non c’è
più. Segno evidente che Dio, se esiste, o è troppo vendicativo
e non sopporta chi anche per scherzo vuol sostituirsi a lui, o ha i gusti
troppo buoni, e gli angeli suole convocarli in anticipo. In entrambi i
casi, la prassi divina resta opinabile.
Fred se n’era andato 21 anni prima. Rino se ne
andò in modo analogo, o quasi. Non c’è mistero, nelle sue
ultime ore. Anita non c’era, Aida neppure, Gianna era una donna senza notte
e con un’alba triste da vivere. Il buio era quello di Fred, il camion un
Fiat 850 senza colpe, la Thunderbird rosa una Volvo 343 probabilmente troppo
veloce. Rino era un Fred con troppo sonno e il finestrino inutilmente aperto.
La Volvo invase la carreggiata e andò incontro al camion, tra Via
Nomentana e via Carlo Fea. Era il 2 giugno ’81. Rino sarebbe morto un’ora
dopo al Policlinico, il cranio aperto e lo sterno fracassato, senza che
fosse possibile trovare un letto disponibile in un ospedale dotato di un
reparto di traumatologia cranica.
Ho scoperto Rino nei mesi scorsi, per caso. Mi
ha colpito il genio acerbo, l’impertinenza lucida, il disimpegno impegnato
di chi sa che non potrà ballare a lungo. Il sorriso triste, la faccia
buona, le corde vocali in perenne estensione. Le vibrazioni di quella reiterata
estensione, se ascoltate bene, si sentono ancora. E’ un bel sentire.
allo stadio con RINO GAETANO
Con le parole
le note soffiate
e l’attegiamento da menestrello
urla al vento verità.
L’allegria si mescola alla rabbia
e come un inquietante ritornello
l’arte non si piegherà.
L’indiscutibilità della certezza
è la strada da seguire
è un percorso verso l’anima
che urla in faccia emozioni da capire.
Ma è il sud
sfiorato e sofferto
a tracciare le linee
e poi …sesso e amore
bugie
e regole
caldo e passione
non-senso e amore
“ In fondo è bello però
è il mio paese e io ci sto “.
GIOVANNA ALMA RIPOLO