1972 - ACCADEMIA NAVALE - 48°
CORSO AUCL DELLA MARINA MILITAR
2012 - RADUNO IN ACCADEMIA PER
IL 40° ANNIVERSARIO DEL CORSO
Naufragio Concordia. L'articolo dello Spiegel
tradotto in italiano
27 gennaio 2012
L'articolo dello Spiegel di Jan
Fleischhauer
sulla tragedia della nave Costa.
La traduzione è a cura di Claudia Marruccelli
e Isabella Rossi per italiadallestero.info
Siamo sinceri: qualcuno si è meravigliato che il capitano coinvolto nella
tragedia della Costa Concordia fosse italiano? Qualcuno riesce ad immaginare
che un capitano tedesco o, meglio ancora, uno britannico avrebbero potuto
compiere una tale manovra, comprensiva di omissione di soccorso?
Un personaggio così lo si conosce in vacanza al mare. E’ un uomo dalle azioni
plateali e che gesticola mentre parla. In linea di massima si dimostra
innocuo, ma non lo si dovrebbe fare avvicinare troppo ai macchinari pesanti.
Fare “bella figura” si chiama lo sport nazionale italiano che consiste nel dare
una buona impressione di sé. Anche Francesco Schettino voleva fare bella
figura, ma si è trovato in mezzo uno scoglio. D’accordo, questa era una mossa
davvero scorretta. Abbiamo da tempo perso l’abitudine di mobilitare stereotipi
culturali nei giudizi espressi nei confronti dei nostri vicini. E’ considerato
un modo retrogrado o, peggio ancora, razzista (anche se, tanto per rimanere
in tema, non è del tutto chiaro fino a che punto l’italianità possa già di per
sé costituire una razza).
Il carattere nazionale è un po’ come le disparità fra i sessi. Anche se sono
state abolite da tempo, nella vita quotidiana ci andiamo a sbattere
continuamente contro. Basta trascorrere un solo pomeriggio all’asilo per
mettere in discussione tutto ciò che la pedagogia illuminata ci ha insegnato
sulla costruzione sociale del genere maschile e femminile. Effettivamente c’è
tutto un mercato clandestino che campa in maniera più che discreta sulla
differenza tra Marte e Venere e su come affrontarla.
A tale istruzione per l’uso fa da pendant la guida turistica che ci introduce
nelle caratteristiche proprie, e quindi nella tipicità, di una cultura
straniera. In qualche modo, almeno mediaticamente, continua a nascondersi in
noi l’unno. Sono soprattutto i tedeschi ad avere un problema con le
attribuzioni culturali. Per esempio gli inglesi ci considerano da sempre non
particolarmente dotati di senso dell’umorismo, nonostante anni di satira e
cabaret di artisti importanti come Mario Barth, o Achtung Kabarett, Hagen Rether. I francesi, invece,
prendono in giro la cucina britannica e i belgi la presunta avarizia degli
olandesi.
Noi conosciamo il carattere nazionale solo in senso negativo, come autoaccusa.
Appena saltano fuori da qualche parte un paio di ragazzi che sbraitano
stupidità, imperversa sulla stampa il sociologo ed esperto in conflitti Wilhelm
Heitmeyer, e spiega perchè
la pace sociale sia in pericolo (“situazione esplosiva”) e che incombe una
ricaduta. In un modo o nell’altro, fino ad oggi è rimasto in noi l’unno che
aspetta solo di tornare a battersi. E stranamente funziona sempre. Non occorre
scomodare la genetica, per arrivare alla conclusione che le nazioni si
distinguono tra loro. Esistono infatti motivi climatici e anche la lingua ha la
sua importanza.
Normalmente questo è secondario, ma nessuna politica dovrebbe basarsi sulla
considerazione che le frontiere conservano il loro significato solo in senso
figurato. Cosa può succedere quando per motivi politici si trascura la
psicologia dei popoli, lo evidenzia la crisi monetaria, che in questi giorni
abbiamo perso di vista solo perchè “l’uomo nel
castello” ha accentrato tutta l’attenzione su di sé. Lo scoglio davanti alla
nave qui sono i tassi d’interesse del mercato.
Difetto congenito dell’euro? La camicia di forza per culture diverse Se ora
dappertutto si parla delle diverse capacità di prestazione dei paesi, allora
questo è un modo pulito per affermare che alcuni stereotipi hanno, invece, la
loro fondatezza. Il difetto congenito dell’euro è stato racchiudere così tante
diverse culture economiche nella camicia di forza di un’unica moneta. Per
riconoscere che la cosa non poteva funzionare non era necessario aver studiato
economia politica, sarebbe bastata una visita a Napoli o nel Peloponneso.
Adesso si cerca disperatamente una soluzione. La risposta della cancelliera è che tutti diventino come noi. Si vedrà come
andrà a finire. Le nazioni possono cambiare. Questa, volendo, è la
consolazione. Gli italiani duemila anni fa dominavano su un impero che si
estendeva dall’Inghilterra all’Africa. I tedeschi, nel frattempo, hanno
difficoltà a garantire il traffico ferroviario quando c’è troppa neve e
ghiaccio. Talvolta ci vuole, infatti, molto tempo per sfatare alcuni
stereotipi. A volte più di una generazione.
Jan Fleischhauer
Egregio signor Fleischhauer,
si capisce benissimo che queste cose
sugli italiani avrebbe voluto scriverle da sempre. Guardi che può farlo
liberamente anche senza attendere qualche naufragio. Scriva tranquillo! Noi non
deportiamo nessuno. Anzi, come vede, traduciamo i Suoi articoli.
Le
do una mano con un quiz d’incoraggiamento:
Le due foto mostrano parte delle manovre
di due navi, la Vespucci (italiana) e la
Fespukchy (tedesca). Saprebbe dirci, signor Fleischhauer, quale è la tedesca e quale l’italiana?
Come? Ha ragione! E’ in difficoltà
perché non sono numerate. Facciamo così: la prima è la numero 1, la seconda è
la numero 2.