ONLUS CENTRO RICERCA CANCRO SENZA SPERIMENTAZIONE ANIMALE

L’obiettivo di un ricercatore scientifico non può essere che la promozione della scienza, ciascuno nel suo particolare campo, in quello che stimola la sua curiosità.

ANIMALISMO

STRATEGIA

 

         Il problema è vecchio di secoli. Fin da quando ho cominciato ad occuparmi di animalismo, 30 anni fa, ho sentito esporre due possibilità: la politica dei “piccoli passi”, oppure la politica rivoluzionaria di “tutto e subito”. La politica dei piccoli passi, sembra più ragionevole, ma l’esperienza amara fatta in tutti questi anni ci ha dimostrato che non lo è. Mentre facciamo faticosamente un passo avanti, vivisettori, carnivori, produttori, allevatori, politici, semplici conservatori e disinformati, ne fanno due indietro. Ciò che si deve cambiare è la mentalità, l’opinione pubblica, i cittadini stessi. Bisogna effettuare una svolta simile a quella che, tanto tempo fa, fece prendere coscienza agli uomini. Cacciare e mangiare altri uomini, anche in situazioni difficili che impedivano un’alimentazione sufficiente, diventò immorale. L’antropofagia cessò, in un arco di tempo lunghissimo:( nelle Americhe si sono trovate prove che veniva praticata ancora durante il nostro Medioevo) Bisogna effettuare oggi una svolta epocale, simile a quella che avvenne con il gran re (Ashoca), con Siddartha, con Gesù di Nazaret, Francesco, Ghandi. Essi stabilirono che la legge del più forte non può regolare i rapporti nella società civile. Anche se,  l’approvazione formale di questo principio, avvenisse, il mondo non cambierebbe e non verrebbe l’età dell’oro del diritto della giustizia  dell’amore, però si creerebbero le condizioni perchè i piccoli passi potessero verificarsi concretamente. Oggi, i piccoli passi sono un alibi per vivisettori e politici che li sostengono, ma purtroppo anche per molti animalisti che, con questo artificio banale continuano per tutta la vita a fingere di essere ciò che non sono. Fingere di fare e non fare è doppiamente dannoso, perché sembra che sia in corso qualche attività, mentre invece si impedisce semplicemente di agire a chi lo vorrebbe e si impedisce anche di tentare di agire. Si tratta evidentemente di un “interesse privato” che affossa l’interesse dell’intero movimento. Gli animali in questo caso, vengono usati come mezzi e non come fini, per scopi puramente privati. Che fare? Alcuni, non senza buone ragioni, dicono che le elezioni stesse sono un colossale inganno per manipolare i cittadini. Possiamo pensare di procedere senza elezioni e da soli? No. Possiamo pensare di difendere soltanto i diritti di cani, gatti, scimpanzè e delfini, oppure soltanto degli altri animali? No. Per avere un minimo di speranze di successo, dobbiamo difendere i diritti di tutti gli emarginati, i diseredati, gli svantaggiati, gli schiavi della crudeltà umana, così come quelli che sono schiavi della crudeltà della natura. Questi ultimi, senza colpa degli uomini, sono stati meno dotati, o semplicemente sono nati in luoghi e società sperdute. Nessuno di noi sarebbe quello che è oggi, qui in questa sala grandiosa, ricca di phatos, dove hanno camminato i grandi di Roma, se fossimo nati in Nuova Guinea o semplicemente in Marocco. I bambini della fascia subsahariana, gli indiani ,oppure coloro che sono semplicemente vecchi, gli handicappati, le donne schiavizzate e indotte a prostituirsi, i poco intelligenti, o poco colti, insieme con gli altri animali, tutti fanno parte della società dei viventi, fanno parte di noi. Solo difendendo i diritti di tutti possiamo andare dall’assessore o dal ministro ed essere ascoltati, perché siamo una forza. Naturalmente tutto questo urta l’egoismo di ogni capo o capetto che vorrebbe continuare a coltivare il proprio miserabile orticello e preferisce essere primo al Testaccio, piuttosto che secondo a Roma. Qualcuno di questi capetti non è economicamente trascurabile: ha 50.000 iscritti e questo solo numero fa capire qual è la sua importanza economica. Non è così da oggi: io personalmente dico queste cose almeno da 20 anni. Per poter avere una speranza, un sogno, dobbiamo rappresentare tutti e dobbiamo essere conosciuti. Per essere conosciuti dobbiamo lanciare un referendum. Lo perderemo. Forse, però tutti saranno venuti a conoscenza del problema. L’alternativa è rimanere nella situazione attuale a vita. In concreto, abbiamo molti argomenti. Moltissimi hanno sentito ciò che dico sull’inquinamento dovuto a fertilizzanti, a farmaci, all’alimentazione carnea, al neocolonialismo economico che è specialmente alimentare e farmacologico. Tutti hanno sentito ciò che vado gridando da anni sulla brevettabilità dei geni. I geni appartengono a chi li ha, non possono essere brevettati come strutture meccaniche. Possedere i geni è una forma moderna di schiavismo; è, in forma moderna, ciò che era il possesso degli uomini nell’antichità classica. Sembra quasi che questa società  voglia ignorare l’evoluzione; ignorare il mondo che cambia rapidamente sotto i nostri occhi. Le leggi etiche o religiose, diffuse nella nostra società, sono state scritte da almeno 2000 anni, in situazioni completamente diverse dall’oggi; semplicemente, non sono state pensate per la situazione attuale. E’ necessaria una nuova etica. Siamo noi la nuova etica globale, non più dei bianchi, o anche degli uomini, bensì etica del complesso globale dei viventi. Bisogna chiedersi: “possono gli uomini ricevere un messaggio come questo?” Certamente no. Tuttavia questo messaggio è necessario. Pensate: “Potevano i cafoni meridionali ricevere il messaggio di unità del paese che veniva da una ristretta élite intellettuale?” Certamente no. Erano ignoranti, ma i tentativi falliti aprirono gli occhi a tutti. Garibaldi ebbe successo, perché Pisacane era stato ucciso da coloro che aveva tentato di salvare dall’ignoranza e dalla miseria. Dobbiamo essere coraggiosi, avere fiducia. Noi, in realtà ci sottostimiamo. Noi, vuol dire vegetariani e animalisti. Ci sottostimiamo perché la TV non parla di noi. Parla di Taricone, dell’Isola dei famosi, delle tette delle Veline, di presentatori insignificanti, del più grande venditore televisivo di bufale della storia d’Italia, ma non parla dell’evoluzione degli uomini e degli altri animali ,di diritti che non siano quelli rigorosamente umani. Eppure uno studio recente dell’Università di  Siena ha dimostrato che l’80% dei cittadini è consapevole dell’importanza di questi argomenti, tuttavia ciascuno di questi cittadini consapevoli, singolarmente preso, pensa che questi problemi interessino solo lui e non interessino gli altri. Fanno quello che io facevo 35 anni fa quando pensavo di essere l’unico ad avere a cuore gli interessi degli animali. Se io stesso pensavo questo, pensate quale può essere l’atteggiamento mentale entro i partiti. Per il 60% dei dirigenti (studio dell’Università di Siena) l’ecologia è molto importante. Ma nel loro programma, parlano “della famiglia”, perché sentono che devono rassicurare la Chiesa, non parlano  di evoluzione o di ricerca scientifica o di etica o anche semplicemente di giustizia. Il termine giustizialista, grazie a quel grande venditore di bufale in TV, ha assunto una connotazione negativa. Il 57% delle donne si dichiara favorevole a dedicare buona parte del proprio tempo a migliorare il mondo; il 47% si dichiara favorevole a dedicare tempo alla propria crescita culturale, ma quando si chiede se ritengono che i loro valori siano condivisi, tutti e tutte dichiarano che essi pensano questi valori come non interessanti per la gran parte della popolazione. Bisogna dunque prendere coscienza dell’esistenza e della condivisione di questi valori per creare una collaborazione tra tutti i portatori di una cultura nuova, olistica. Quando ci si rende conto di appartenere ad uno stesso gruppo,si acquisisce forza; in linguaggio fisico direi che viene superata la massa critica ,al di sotto della quale nessun evento si verifica. Non vi dico che riusciremo, ma avremo almeno tentato. Se non traduciamo le nostre istanze in un linguaggio politico, siamo inesistenti. Per la presa di coscienza ci vuole un episodio dirompente: io credo che quest’ultimo sia un referendum che porterà ad articoli, convegni, comizi ecc ecc., cioè alla presa di coscienza collettiva.

         Qual è lo scopo della vostra vita? Fare quattrini? Grottesco! Ricordatevi colui che disse “non accumulate tesori in questa terra dove ruggine e tignola distruggono e i ladri sfondano e rubano...”. Lo scopo è forse comandare, far soffrire i più deboli? Questa aspirazione più che grottesca è demoniaca. Lo scopo è avere avuto molte donne, o molti uomini? Ma questo scopo è meschino. Dunque che cosa lasceremo? Case o fabbriche? Saranno demolite. Posti di direttore, ministro, primario, professore? Sono posti astratti, in realtà. Tutti noi moriamo ed il posto non esiste più. Due giorni dopo la morte nessuno si ricorda più di noi, così come noi non ricordiamo le centinaia di migliaia di potentissimi ministri cinesi, indiani, o anche dei paesi occidentali dal Medioevo fino all’Unità d’Italia. Tuttavia noi possiamo lasciare qualcosa di più duraturo del bronzo: possiamo lasciare un’idea, perché siamo coloro che hanno un’idea, siamo stati creativi, innovativi, abbiamo avuto empatia con gli altri viventi. Non sottostimiamoci: un quarto degli italiani si dedica al volontariato, eppure gli stolti che ci hanno governato, specialmente negli ultimi cinque anni, hanno sempre fatto appello a ciò che c’è di peggio negli uomini. Hanno promesso, talora esplicitamente, arricchimenti senza meriti e senza lavoro, hanno incitato a non pagare le tasse, ad essere furbi, a non rispettare le leggi, a fare tutto ciò che gli può dare un vantaggio anche piccolo ed un piacere anche trascurabile come il gusto degli alimenti, anche a patto delle sofferenze della morte per gli animali. In pratica si è fatta istigazione a delinquere. Eppure anche l’opposizione che avrebbe dovuto fare appello al bene non ha tenuto conto delle statistiche e di ciò che esse dimostrano. Si sono scelte candidati fra amici e parenti, fra nullità evidenti, oppure si sono scelti per il colore della pelle, con evidente demagogia, scoraggiando tutto ciò che c’è di meglio. Non aver capito la rivoluzione scientifica, conseguentemente la rivoluzione etica, che si rende necessaria e la rivoluzione sociale che inevitabilmente ne seguirà, è la grande colpa della sinistra. Sempre lo studio di Siena ha dimostrato che l’84% delle persone “creative” non crede nella politica, perché la politica non capisce e non ha capacità di guida. Un referendum aprirebbe gli occhi anche alla politica, che vede l’aspetto economico dei problemi, ma non quello scientifico. Per decenni si è pensato nei palazzi del potere, che l’attività finanziaria, addirittura, fosse più produttiva di quella industriale. Al massimo, si è dunque pensato che si potesse produrre più denaro con l’attività finanziaria che con l’industria, la quale è produttrice di beni. Un bene fittizio è stato ritenuto superiore ad un bene reale. C’è  qualcosa di vero in questo ,perché l’attività industriale produce contemporaneamente beni e danni. Talora danni più gravi dei beni. Tuttavia il fatto fondamentale è che l’aspetto scientifico è stato visto da pochissimi, i quali non essendosi dedicati alla politica, sono stati ininfluenti, sono sembrati Cassandre o lupi che urlavano alla luna. Insieme con l’aspetto scientifico non è stato capito il fondamentale problema morale che sottende tutti gli altri, anche quelli scientifici: cioè non potersi basare, nella costruzione della società, sulla legge del più forte, del pesce grosso che mangia il pesce piccolo. In buona sostanza si è tenuto un comportamento concreto non diverso da quello dei nostri lontanissimi progenitori. Abbiamo rispettato un fossile comportamentale. Tutti si sono comportati rispettando leggi elementari: non crearsi nemici; denigrare gli avversari; riunirsi in gruppi o gruppetti, vere cosche mafiose per aggredire singoli, oppure gruppi più piccoli. Tutti hanno avuto tendenza al compromesso, gabellato come tolleranza, disposizione all’accoglienza ecc.. In realtà si è trattato di un trasformismo distruttivo per l’intera società, che ha indicato come base di comportamento l’utilitarismo più miope, senza alcuna idea di trasformazione della società. Di questa trasformazione della società, di nuove idee etiche, della comprensione scientifica dei cambiamenti che sono avvenuti, noi tutti siamo i portatori.

 

Alcuni sono degli eclettici, come Leonardo, ma oggi, questo eclettismo è quasi impossibile. Come fare, con quali limiti? Qualcuno può decidere che ogni mezzo è buono; altri possono rifiutare il furto delle idee o dei metodi altrui, altri ancora devono usare metodi non in contrasto con i loro principi etici. Industrie e governi non hanno questi problemi: essi agiscono secondo principi strettamente utilitaristici spesso apparenti e momentanei. Un ricercatore deve invece rifiutare perfino metodi che sembrino sicuri, magari convincano la grande maggioranza, l’opinione pubblica,  ma in realtà siano incerti, troppo complessi, approssimati, richiedano molti tentativi e quindi molto tempo, molte spese, molti errori. I primi ricercatori sperimentali, dal Rinascimento in poi, ma specialmente nel XIX e XX secolo non avevano quest’ultimo problema. Spesso inventarono essi stessi il metodo: Kock usò come camera sterile occhi di bue, comperati dal vicino macellaio. Nella seconda metà del ‘900 la riflessione della scienza su se stessa e sui propri metodi è divenuta un settore importantissimo. L’identificazione della ricerca compiuta su animali, considerati laboratori già preconfezionati, con la scienza biologica in senso lato non è stata più accettabile. Alcuni gelosi custodi della ortodossia scientifica che si sono ostinati ad identificare la ricerca su animali con la biologia stessa, appaiono oggi come dei semplici conservatori ostinati di una tradizione. Non tutto ciò che è tradizionale, costume, o metodo seguito anche per migliaia di anni è per la sua lunghissima durata da considerare giusto. Troppo grandi e troppo numerosi sono stati gli errori, gli effetti collaterali (gentile eufemismo per parlare di miglia e migliaia di morti).

I parlamentari che periodicamente legiferano sull’argomento, non sono accettabili come difensori di un metodo che provoca così tanti e così gravi effetti. Non possono spacciarsi per difensori dell’umanità sofferente. Proprio il venir meno delle prove scientifiche determina la qualificazione del metodo come immorale, oltre che antiscientifico. Poiché non c’è la certezza dei risultati c’è la certezza della immoralità e quella della immoralità delle leggi che ne permettono l’applicazione, ritardando o impedendo l’impiego di altri sistemi. Ciò che sorprende è che questa metodica sia stata applicata così a lungo. Questo è avvenuto perché ai ricercatori basta ricercare, soddisfare la loro personale inclinazione al sapere. Però i ricercatori sono anche persone educate, condizionate dalla metodica precedente e dal fatto che qualche risultato positivo venga sempre ottenuto comunque. C’è dunque un condizionamento collettivo, basale, provocato dall’idea antropocentrica della superiorità umana che rende l’uomo e il suo egoistico bene metro e misura di tutto. C’è il condizionamento religioso che dichiara che gli animali sono stati creati per noi, fatti ad immagine e somiglianza di Dio. Questo condizionamento porta all’autogiustificazione la gran maggioranza delle persone. Inoltre i risultati positivi ottenuti vengono usati per giustificare globalmente il metodo. C’è in sostanza una generalizzazione di alcuni fatti particolari. C’è poi un motivo psicologico. Coloro che sono stati condizionati

 

Illustre Direttore,

gli animalisti hanno tentato molte volte di far pubblicare articoli che esponessero il loro punto di vista. Non sono riusciti, nonostante che in tutti questi anni, ciò che dicevano sia risultato vero. E’ vero infatti che:

1.     le osservazioni su animali sono insicure ed inattendibili scientificamente;

2.     queste osservazioni devono dunque essere ripetute sull’uomo per essere confermate o smentite;

3.     i settori più promettenti di ricerca, come dicevano da quarant’anni, sono la genetica, la patologia molecolare, le ricerche simulate al computer ecc..

Molte affermazioni degli animalisti, però, non solo non sono state accettate, ma neppure discusse. E precisamente:

1.     il nostro stile di vita impostato sulla violenza sui più deboli, animali, o anche uomini (il trattamento inflitto agli animali di laboratorio è una prova eclatante!);

2.     non si è voluto dichiarare immorale, neppure astrattamente, la ricerca con crudeltà;

3.     nessun governo ha aumentato in Italia le spese per la ricerca scientifica, rendendo utilizzabile il patrimonio posseduto, unico al mondo di oltre trecentomila medici, di cui duecentomila circa sotto utilizzati.

Questi laureati, ottenuti con spese notevoli, sarebbero una ricchezza per il paese se trasformati, almeno in parte, in ricercatori. Questo permetterebbe al paese un balzo in avanti, nel settore biologico, rispetto a tutti gli altri paesi che non hanno già trecentomila laureati e che per ottenerli dovrebbero aspettare anni. Mi sembra assurdo che nessun ministro abbia avuto l’idea di utilizzare ciò che è già posseduto. Nessun ministro ha pensato di semplificare le procedure, renderle più scientifiche, più etiche, meno costose, bensì ha seguito la via di renderle più lunghe, complesse, incerte, tali da poter essere eseguite solo dalle multinazionali arcimiliardarie e così facendo escludere le piccole imprese (cioè interi continenti), escludendo così anche paesi semimoderni, come l’Italia, per cui evidentemente si prevede un ruolo di comprimaria, cioè di compratrice di brevetti e di prodotti. In questa situazione, alcune settimane fa “Nature” ha dichiarato inattendibili le ricerche su animali, troppo lente, troppo costose, praticamente ineseguibili, dopo che gli antivivisezionisti hanno dimostrato in Italia la stessa cosa, ma senza che nessun giornale o televisione abbia mandato qualcuno a sentire l’opinione degli antivivisezionisti a Montecitorio il 17.01.2006. Pochi giorni dopo, il 20.01.2006, è stato presentato in Italia un progetto di legge di riforma della legge che riguarda la ricerca su animali. Questo progetto prolunga per molti lustri lo stato attuale. La valutazione dei protocolli di ricerca, secondo il progetto, verrà fatta solo da chi la propone; verrà cioè incoraggiata una inutile strage di animali. Quasi immediatamente dopo sono uscite sul suo giornale due intere pagine sulla ricerca biologica effettuata sulle cavie, che sono state dichiarate “un elemento prezioso ed insostituibile della ricerca scientifica”. Uno dei giornalisti, firmatari degli articoli, arriva a dire: “Usare una cavia... è come rompere un giocattolo per vedere come è fatto dentro” ed ancora: “Il topo ci insegna come nasciamo, ci ammaliamo e moriamo”. Non basta: “Ogni ricercatore vede il dolore di un uomo malato”. Difficile essere scientificamente più rozzi. Molti anni fa scrissi sull’”Espresso” un articolo sulla vivisezione (“Il computer li salverà”). Dimostrai che le culture cellulari ed i computer erano più economici e più scientificamente esatti della sperimentazione su animali. Ebbene, anche allora, esattezza ed economicità non salvarono gli animali perché il metodo vivisettorio è troppo comodo, perché facilita la falsificazione scientifica e la politica degli alti prezzi. Così oggi anche la comunicazione di Reis che ha effettuato un’interazione fra genetica e tossicologia e creato un metodo di valutazione tossicogenomica non sconfiggerà totalmente la vivisezione, anche se questo metodo è un indubbio grande progresso scientifico che fa onore al Prof. Reis ed a Fabrizia Pratesi che ha organizzato il convegno. Il fatto che il giorno prima dell’articolo sulla tossicogenomica (Repubblica 23.01.2006) sia uscito quello sulle cavie animali, che inizia appunto riaffermando un falso scientifico e cioè l’insostituibilità delle cavie.

 

 

 

GLI ANIMALI NELLA VISIONE ANTROPOCENTRICA

DELL’UOMO TECNOLOGICO

 

         La nostra società non è solo antropocentrica, anche se questo è il fatto fondamentale. E’ una società basata sul ragionamento logico, tecnologizzata, ma anche superstiziosa, egoista, disinformata (spesso disinformata ad arte), consumistica, dissipativa, distruttivista, liberista anarcoide, violenta, geneticamente portata all’inganno e alla sopraffazione. Con tutte queste encomiabili virtù, tuttavia produce ricchezza per chi considera gli altri, il non self, in primo luogo gli altri animali come cose, cioè come mezzi per ottenere potere o denaro. Allevatori, cacciatori, trasportatori, venditori, macellatori, mafiosi, produttori di droghe, di strumenti, di mangimi, fertilizzanti, pesticidi, le deodoranti, lettiere, guinzagli, cappottini, vivono e si arricchiscono con comportamenti crudeli, considerando gli animali dei “mezzi”. Non si è creata un’industria, bensì un tipo di società, uno stile di vita, impostato sull’iperproduzione, su bisogni creati artificiosamente, su vendite forzate, sulla disinformazione, sulla violenza palese o segreta e su una politica economica degli alti prezzi. Tutti i vari settori della nostra società sono intimamente legati. Per esempio: la produzione di antibiotici ed ormoni è legata all’allevamento degli animali; l’energia è legata alla produzione agricola, la genetica agli OGM; la vendita dei cereali dei paesi poveri al commercio delle armi; la produzione alimentare è legata alla cultura e quindi allo sviluppo generale, quindi alle scoperte scientifiche e infine all’assetto politico. Quest’ultimo, a sua volta, può favorire certe produzioni, certi stili di vita, certe informazioni e quindi costituisce l’ultimo anello di una catena che chiude il circolo vizioso dei rapporti fra settori apparentemente indipendenti. Il legame fra tutti i settori è costituito dalla informazione, che spesso è disinformazione. I nostri bambini in poche ore giornaliere di televisione ricevono in media 20 mila spot annui, cioè 200 mila spot in dieci anni. Ovvio che la loro mentalità sarà condizionata da questa massa enorme di informazioni ricevute. Essi considereranno in modo diverso da noi per esempio la produzione di CO2 (quando passeremo da 380 parti per milione a 450, i poli fonderanno) considereranno in modo diverso i cambiamenti di clima. Eppure queste informazioni e questi dati sono intimamente legati alla produzione di acqua, alla fame, alle malattie, all’incidenza dei tumori (l’80% dei tumori è d’origine ambientale). Si può arrivare ad aspetti grotteschi: la società dissipativa distrugge le foreste, i polmoni della terra, ma produce miliardi di animali. Ogni animale, le mucche per esempio, producono quattro volte il loro peso in feci nel corso della loro vita ed un’enorme quantità di CO2. Miliardi di tonnellate di feci inquinano il nostro mondo: per esempio nella “Padania” la quantità di feci è tale da essere equivalente alla presenza di 110 milioni di abitanti! Non solo: ogni americano produce 18 tonnellate di CO2 per anno; ogni europeo 12 tonnellate; ogni cinese 2 tonnellate e mezzo. Non ce ne accorgiamo, ma viviamo in un mondo sommerso da... inquinanti.

Tutte le professioni ed i settori che ho poco prima indicato, si oppongono a qualunque cambiamento perché disinformati. Il problema dell’occupazione e l’interesse egoistico dei singoli sono fattori di opposizione importantissimi. Basterebbero cambiamenti relativamente modesti per ottenere risultati strabilianti. Per esempio con un aumento del consumo di frutta si otterrebbe una fortissima riduzione, fino al dimezzamento dei casi di tumore. Ebbene, questo risultato potrebbe essere considerato dannoso per le industrie farmaceutiche, così come una cessazione brusca del consumo di carne renderebbe disoccupati milioni di lavoratori e provocherebbe grandi cambiamenti nell’assetto politico che qualcuno catastroficamente prefigura in un nuovo Medioevo. Perfino una più lungimirante e morale legislazione nel settore degli animali da compagnia potrebbe eliminare il rifornimento continuo della popolazione dei randagi e potrebbe danneggiare dunque un gran numero di allevamenti, di piccoli esercizi commerciali. Dunque perfino una legislazione più etica troverebbe oppositori.

Il modello di vita attuale della società occidentale è solidamente basato su una società mercantilistica che continua quella dei secoli precedenti con la differenza che quest’ultima tendeva a mantenere le popolazioni nell’ignoranza considerata mezzo di controllo; la società attuale controlla la situazione attraverso la disinformazione, la creazione di bisogni inesistenti e la spinta agli alti consumi ed agli alti prezzi. La società attuale si basa non sulle virtù ma sui vizi umani: la legge del più forte e cioè la sopraffazione (ingannare e truffare  i fruitori del sistema, evitando gli eventuali rigori della legge per sé medesimi); la crudeltà, cioè l’indifferenza verso le sofferenze altrui (si giudica dal risultato non dai mezzi che si sono usati per ottenerlo); l’egoismo (tutto il benessere la ricchezza e il potere per sé medesimi); la cecità (nessuna previsione del futuro, vivere nel presente; chiedere addirittura la libertà di procreazione irresponsabile). Questi sono i pilastri della società antropocentrica, che ha raggiunto il benessere con l’applicazione dei principi prima elencati. Ma la società occidentale non può continuare con gli stessi principi. Non può produrre altre macchine, o case e ricoprire il territorio, oppure mangiare il doppio e rendere tutti i cittadini obesi. Gli americani ci provano col cibo, gli italiani con le case. Si potrebbe pensare di estendere il nostro benessere al terzo mondo e vendere a quest’ultimo l’eccesso di macchine, cibo ecc. ecc., ma non è possibile, perché la produzione di CO2  arriverebbe rapidamente a 450 parti per milione ed i poli fonderebbero. E’ evidente che con questo modello, noi abbiamo basato il nostro benessere sul furto al terzo mondo, che non possiamo portare al nostro livello di benessere; sulla crudeltà di comportamento nei confronti degli animali e non solo degli animali. Tutto questo porta ad un equilibrio instabile che è stato spezzato dalla presa di coscienza che anche senza una guerra totale, ma semplicemente con attentati, col terrorismo, una parte del terzo mondo può danneggiare gravemente quello industrializzato e addirittura può invaderlo[1]. Il mondo industrializzato funziona in quanto basato su uno stile di vita, su una concezione che non tiene conto della evoluzione rapida dell’ambiente e della società, ma non tiene conto neppure dell’evoluzionismo come fatto scientifico. Questo porta gli occidentali a ragionare ed a comportarsi come 2000 anni fa, anzi come 2 milioni di anni fa, cioè a tenere un comportamento “fossile”. L’evoluzionismo, la consapevolezza dell’importanza del fatto scientifico, di cui bisogna tener conto in tutto, anche nella valutazione di un ovocita o di uno spermatocita è uno dei fondamentali apporti del movimento animalista alla società (B. Fedi. Tesi di specializzazione in bioetica. Univ. Cattolica di Roma, 1996). Tuttavia di questo fatto fondamentale, nessuno si cura. Meno di tutti se ne cura l’unica forza innovatrice che 2004 anni fa tentò di cambiare il mondo, ma che oggi sembra vivere in un eterno presente e ammette solo la possibilità che a questa granitica situazione, delle sue eterne scritture si possano dare solo interpretazioni diverse. Questo è, di fatto, negare il principio di non contraddizione, su cui è basato tutto lo sviluppo del ragionamento occidentale. L’affermazione più grottesca, che nega apertamente il principio di non contraddizione è la pretesa di infallibilità, perché questa prevede addirittura il futuro, prevede che non esisterà alcuna evoluzione, alcun cambiamento, non per 10 o per 100 anni, bensì in eterno. Affermazioni “infallibili” sostituite dopo non molto da altre affermazioni opposte, ma altrettanto infallibili, violano il principio di non contraddizione.

Chi guadagna da tutto questo? Finora il mondo industrializzato, ma non certo gli animali e il terzo mondo. Ci hanno guadagnato i bianchi, i ricchi, chi appartiene a certi gruppi o a certe consorterie, ma non i poveri, gli uomini di colore, gli altri animali. Gli altri animali muoiono nel mondo cristiano come in quello pagano o in quello degli antichi preominidi. L’interesse non è generale. Questa società distruttivista, miope, utilitarista, egoista è manovrata da mezzi di comunicazione che perpetuano un certo modello di vita e possono spingerci in qualunque direzione, anche con l’uso di droghe legalmente permesse (fumo e alcool) o occulte e che quindi costituiscono una limitazione della libertà dei cittadini. La società globale è globalmente condizionata e manovrata, non solo dai governi, ma anche da compagnie commerciali di stolti che non vedono più lontano del bilancio annuale.

Dunque qual è lo spazio per gli altri animali (e gli altri uomini)? E’ uno spazio limitatissimo se non ci sarà un cambiamento di mentalità in senso più etico come voleva l’uomo di cui ho parlato prima e poi vollero Francesco d’Assisi, molti filosofi e scienziati: Leonardo, Galileo, Darwin. Per questo bisogna superare l’egoismo individuale, non solo verso gli altri ma anche all’interno del nostro movimento. Animalisti, vegetariani ed ecologisti applicano al loro interno le stesse regole che rifiutano all’esterno. Anche il carrierismo interno, anche l’appropriarsi di idee altrui, siano esse di Ruesch, di Croce, di Fedi o di Tamino è violenza. Anche la calunnia, la maldicenza, i gruppi e le consorterie sono violenza. Non possiamo chiedere che i principi di non violenza siano applicati fuori dal noi, ma non entro il movimento. Quest’ultima sarebbe una misera furbizia che chiede agli altri quello che è decisa a non applicare per sé medesima. Noi non possiamo essere uguali alla società che vogliamo cambiare, non possiamo considerare gli uomini gli altri animali, ma neppure la terra, o l’acqua o l’aria come mezzi. Se gli alberi, il panorama sono mezzi per far quattrini, alberi e panorama non esisteranno più.

Oggi noi continuiamo un comportamento fossile che va dalle lotte fra animali alla ricerca più avanzata, passando per l’alimentazione e il commercio. Tutto tende a mantenere questa situazione, per ragioni economiche, occupazionali ma soprattutto per la mancanza di un’etica nuova che sostituisca quella non più adeguata del passato. Il problema del nostro rapporto con gli altri animali e la natura in genere può essere risolto solo in una nuova visione generale. Dobbiamo considerare il non-self non più come cose, beni, merci, o da un punto di vista filosofico, come mezzi, o da un punto di vista religioso come esseri animati, però senz’anima; oppure da un punto di vista giuridico come oggetti e non soggetti di diritto. Perfino persone molto lontane da questo modo di pensare, come l’ex ministro Giorgio Ruffolo che considerano soprattutto l’aspetto economico, dichiarano l’impossibilità di considerare merci il panorama e la natura in genere. Ciò, secondo Ruffolo porta ad un completo stravolgimento dello stesso mercato. Personalmente considero il problema dal punto di vista biologico. La prima legge scritta nel nostro DNA è quella della sopravvivenza della specie. Il gene usa il corpo per replicare se stesso, rendendosi quasi immortale. In questo quadro si può pensare che l’uomo possa sopravvivere distruggendo il non-self, la variabilità genetica? Non si può entrare da soli in Paradiso. La storia umana è tutta una serie di tentativi di sfuggire alla sofferenza e alla morte. Per ottenere questo risultato dobbiamo estendere a tutti gli esseri senzienti e a molti non senzienti la nostra etica e includerli nel nostro grande inconsapevole progetto storico. Se non facciamo questo per ragioni etiche, dobbiamo farlo per ragioni pratiche. Il problema non è se gli animali siano modelli attendibili di ricerche, se l’alimentazione carnea sia migliore di quella vegetariana; se la caccia sia uno sport; se le pellicce, l’allevamento siano commerci qualunque; se gli alberi e la natura siano a nostra disposizione; se i nostri fratelli più deboli o semplicemente meno avanzati tecnologicamente possano essere trattati con la legge del più forte, bensì se il comportamento antropocentrico che conferisce potere discrezionale su tutto, che considera la vita un bene monetizzabile e considera ogni cosa come mezzo per ottenere potere e denaro, sia compatibile con la nostra stessa sopravvivenza. Si è realizzata una globalizzazione commerciale, un totalitarismo economico che ha travolto l’ecologia e l’equilibrio della mente degli uomini, in una visione miope che non vede l’evoluzione. In nome di lontanissime pulsioni che ci vengono dal più lontano passato remoto, in nome di pseudorazionalizzazione religiose di queste tendenze fossili si può arrivare sino a proibire di ricercare, cioè a non lottare più contro la sofferenza e a rendere sterili per legge. Fra essere o avere dobbiamo scegliere di essere, ricordando che nulla è per sempre; tutto evolve.

 

 

                                                                  B. Fedi



[1] Si è creata una situazione simile a quella della decadenza romana.  Anche allora c’era un sistema basato sulla violenza, sulla legge del più forte che aveva portato ad una società che si reggeva sul lavoro degli schiavi e sull’approvvigionamento continuo a costi molto bassi. C’è stato l’ampliamento dell’Impero romano, il sistema andò in crisi. In quel periodo un uomo capì e cercò di impostare il mondo su principi diversi dalla violenza. Tutti sanno come finì. Quello che non ho mai trovato in alcun libro di storia è che l’insegnamento di quell’uomo fu formalmente accettato quando i suoi successori stabilirono di accordarsi col potere reale e di accettare l’insegnamento etico teoricamente ma di non applicarlo di fatto. Oggi, il funzionamento della società è basato sullo stesso principio di sopraffazione anche se si deruba il terzo mondo senza bisogno d’invaderlo militarmente. Lo schiavismo è stato sostituito da quello economico. C’è un sistema liberistico apparente in realtà con privilegi ed esenzioni, che viene inteso come diritto allo spreco, come diritto del più  forte, basato sull’egoismo individuale e sul conservatorismo.