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USA:
IL GENDARME DEL MONDO; LA PROTESTA DI GORBACIOV
Il 21 e 22 aprile, la Fondazione Gorbaciov di Roma, in
collaborazione con il comune di Roma, ha organizzato una conferenza internazionale alla
quale hanno preso parte i sette premi Nobel per la pace, David Trimble, Fredrick De Klerk,
Betty Williams, Mikhail Gorbaciov, Shimon Perez, Joseph Rotblat e Rigoberta Menchù Tum.
Scopo dellincontro era proporre una risoluzione di pace per la grave crisi dei
Balcani. I sette si sono detti molto preoccupati per la situazione e per il
grave pericolo che essa possa portare ad avvenimenti ancora più disastrosi ed estesi.
Ancora più forte però, hanno levato la loro voce contro le ingiustizie compiute
dallONU nei confronti delle popolazioni che stanno subendo genocidi e deportazioni
in tutto il mondo alle quali lorganismo delle Nazioni Uniti, non solo non ha
prestato nessuna attenzione, ma si è rivelato essere venditore, nelle singole nazioni che
lo compongono, di quelle armi che stanno falciando migliaia di vite umane. Ne sono un
esempio i conflitti in Turchia e in Colombia. Nel primo caso vi sono milioni di profughi
Kurdi evacuati in Russia, ma nessuno o quasi ne è al corrente, ciò che è più grave poi
è che sono gli Stati Uniti a fornire le armi alla Turchia. Ugualmente in Colombia ogni
anno muoiono decine di migliaia di persone e i profughi sono circa un milione.
Mikhail Gorbaciov in qualità di rappresentante dei sette e in questo caso
anche di ospite, si è espresso con molta durezza nei confronti dellintervento
dellOnu contro la Serbia e del tacito consenso di tutti gli altri stati. Queste le
sue parole:
... ma lEuropa, la Russia, il consiglio di Sicurezza dellOnu, la Nato,
tutti hanno agito irresponsabilmente. Perché tutta la potenza di cui oggi dispone il
mondo, che oggi è gestita dalla Nato, tutta questa potenza è stata usata contro un solo
Paese: questo è il fallimento della politica europea mondiale. ...
Lindignazione dellex premier russo però, è molto più una condanna alla
metodologia adottata dagli Stati Uniti dAmerica e allatteggiamento di
servilismo assunto da tutti gli altri stati. Se conduciamo unanalisi,
rifuggendo la propaganda, possiamo giungere alla conclusione che lunica superpotenza
rimasta prende le decisioni, umilia lEuropa, umilia la Russia, non tiene in
considerazione i pareri delle altre nazioni...
Il ruolo di egemonia svolto dagli Stati Uniti in questo frangente risuona nel cuore
dellEuropa come un campanello dallarme.
Faccio una domanda agli americani. Che cosa vorreste diventare, gendarmi del mondo?
La popolazione non lo accetterà, ma neanche voi ne avete veramente bisogno. Quando ho
fatto la stessa domanda negli USA, ci sono state delle ovazioni...Oggi, con questa guerra
si è spaccato il mondo, la Russia e lopinione pubblica americana...Noi europei non
possiamo concordare su questo approccio, che calpesta il diritto internazionale, sul
mancato riconoscimento dellordine europeo e della dignità di tutte le popolazioni
che fanno parte dellEuropa. Spero che ci verremo incontro come abbiamo fatto per la
guerra fredda. Non possiamo portare fino al folle esito questo conflitto che potrebbe
estendersi alle nazioni vicine e andare anche oltre.
Rigoberta Manchù, premio nobel per il suo impegno in difesa dei diritti degli indios, ha
definito questa guerra la disfatta dellONU, ...è stata decisa durante una
cena privata tra Bill Clinton e Tony Blair.
Tutti si sono uniti alla proposta pacifica di Gorbaciov che in ultimo ha dichiarato:
Bisogna far capire a Milosevic che non è un vincitore anche se resiste a tanti
eserciti che si sono schierati contro di lui, Milosevic deve capire che questo è un male
per i serbi, per gli albanesi, per tutto il mondo. Però noi non possiamo imporre la
capitolazione al regime di Milosevic e ai serbi...Ora in primo luogo bisogna fermare lo
spargimento di sangue, fermare le azioni belliche, questo è il mio messaggio a Milosevic,
e dobbiamo cercare il compromesso, il quale deve comprendere il ripristino della
situazione del Kosovo, il ritorno dei profughi nelle loro case.
Occorre trovare un compromesso dunque per evitare il peggio e i sette premi nobel si sono
ritirati al Quirinale, saltando perfino un concerto allAra Coeli, per stilare un
documento ufficiale, lo loro proposta di risoluzione della guerra in Jugoslavia.
IL TESTAMENTO SPIRITUALE DI EINSTEIN
Rileggendo le parole scritte dal grande Einstein poco prima che lasciasse il suo corpo,
troviamo spunti di riflessioni più che mai attuali in questo momento di guerra. Ve li
proponiamo sperando che facendoli conoscere si possa risvegliare in ogni animo umano il
coraggio di difendere il nostro pianeta da attentati alla Vita, nostra e dei nostri figli.
Pochi mesi dopo la morte di Einstein, e proprio alla vigilia dellincontro dei
Quattro Grandi a Ginevra, Bertrand Russel rese pubblico questo
Testamento spirituale affidatogli dal grande scienziato negli ultimi suoi
giorni di vita, e sottoscritto da altri sette studiosi di fama internazionale: Bridgeman
(Stati Uniti), Premio Nobel per la fisica e professore alluniversità di
Harvard; L. Infeld (Polonia), professore allUniversità, autore di Evoluzione
della fisica e de II problema del movimento; H.I. Muller già titolare
di cattedre a Mosca e in India e professore allUniversità americana di Indiana,
Premio Nobel per la fisiologia e la medicina; C. S. Powell (Gran Bretagna),
professore di fisica allUniversità di Londra; lo stesso Bertrand Russel,
Premio Rotolatt; Hideki Kukawa (Giappone), professore allUniversità di
Tokio, Premio Nobel per la fisica. Tra i firmatari della solenne dichiarazione
relativa alle armi nucleari si trova anche Frederic Joliot Curie, che aderiva tuttavia
allammonimento con due riserve.
In considerazione del fatto che in ogni futura guerra mondiale verrebbero certamente
impiegate armi nucleari e che tali armi mettono in pericolo la continuazione stessa
dellesistenza dellumanità, noi rivolgiamo un pressante appello ai governi di
tutto il mondo affinché si rendano conto e riconoscano pubblicamente che i loro
obbiettivi non possono essere perseguiti mediante una guerra mondiale e li invitiamo, di
conseguenza, a cercare mezzi pacifici per la soluzione di tutte le questioni controverse
tra loro.
Nella tragica situazione cui lumanità si trova di fronte noi riteniamo che gli
scienziati debbano riunirsi in conferenza per accertare i pericoli determinati dallo
sviluppo delle armi di distruzione in massa e per discutere una risoluzione nello spirito
del progetto annesso. Parliamo in questa occasione non come membri di questa o quella
Nazione, Continente o Fede, ma come esseri umani, membri della razza umana, la
continuazione dellesistenza della quale è ora in pericolo.
Il mondo è pieno di conflitti e, al di sopra di tutti i conflitti minori, cè la
lotta titanica tra il comunismo e lanticomunismo. Quasi ognuno che abbia una
coscienza politica ha preso fermamente posizione in una o più di tali questioni, ma noi
vi chiediamo, se potete, di mettere in disparte tali sentimenti e di considerarvi solo
come membri di una specie biologica che ha avuto una storia importante e della quale
nessuno di noi può desiderare la scomparsa.
Cercheremo di non dire nemmeno una parola che possa fare appello a un gruppo piuttosto che
a un altro. Tutti ugualmente sono in pericolo e se questo pericolo è compreso vi è la
speranza che possa essere collettivamente scongiurato. Dobbiamo imparare a pensare in una
nuova maniera: dobbiamo imparare a chiederci non quali passi possono essere compiuti per
dare la vittoria militare al gruppo che preferiamo, perché non vi sono più altri passi;
la domanda che dobbiamo rivolgerci è: Quali passi possono essere compiuti per
impedire una competizione militare il cui esito sarebbe disastroso per tutte le
parti? Lopinione pubblica e anche molte persone in posizione autorevole non si
sono rese conto di quali sarebbero le conseguenze di una guerra con armi nucleari.
Lopinione pubblica ancora pensa in termini di distruzione di città. Si sa che le
nuove bombe sono più potenti delle vecchie e che mentre una bomba atomica ha potuto
distruggere Hiroshima, una bomba allidrogeno potrebbe distruggere le città più
grandi come Londra, New York e Mosca. E fuori di dubbio che in una guerra con bombe
allidrogeno le grandi città sarebbero distrutte; ma questo è solo uno dei minori
disastri cui si andrebbe incontro.
Anche se tutta la popolazione di Londra, New York e Mosca venisse sterminata il mondo
potrebbe nel giro di alcuni secoli riprendersi dal colpo; ma noi ora sappiamo,
specialmente dopo lesperimento di Bikini, che le bombe nucleari possono gradatamente
diffondere la distruzione su unarea molto più ampia di quanto non si supponesse.
E stato dichiarato da fonte molto autorevole che ora è possibile costruire una
bomba 2500 volte più potente di quella che distrusse Hiroshima.
Una bomba allidrogeno che esploda vicino al suolo o sottacqua invia particelle
radioattive negli strati superiori dellaria. Queste particelle si abbassano
gradatamente e raggiungono la superficie della terra sotto forma di una polvere o pioggia
mortale. Nessuno sa quale ampiezza di diffusione possano raggiungere queste letali
particelle radioattive, ma le maggiori autorità sono unanimi nel ritenere che una guerra
con bombe allidrogeno potrebbe molto probabilmente porre fine alla razza umana.
Si teme che, qualora venissero impiegate molte bombe allidrogeno, vi sarebbe una
morte universale, immediata solo per una minoranza mentre per la maggioranza sarebbe
riservata una lenta tortura di malattie e disintegrazione.
Molti ammonimenti sono stati formulati da personalità eminenti della scienza e da
autorità della strategia militare. Nessuno di essi dirà che i peggiori risultati sono
certi: ciò che essi dicono è che questi risultati sono possibili e che nessuno può
essere sicuro che essi non si verificheranno. Non abbiamo ancora constatato che le vedute
degli esperti in materia dipendano in qualsiasi modo dalle loro opinioni politiche e dai
loro pregiudizi. Esse dipendono solo, per quanto hanno rivelato le nostre ricerche,
dallestensione delle conoscenze particolari del singolo. Abbiamo riscontrato che
coloro che più sanno sono i più pessimisti. Questo dunque è il problema che vi
presentiamo, netto, terribile ed inevitabile: dobbiamo porre fine alla razza umana oppure
lumanità dovrà rinunciare alla guerra?
E arduo affrontare questa alternativa poiché è così difficile abolire la guerra.
Labolizione della guerra chiederà spiacevoli limitazioni della sovranità
nazionale, ma ciò che forse più che ogni altro elemento ostacola la comprensione della
situazione è il fatto che il termine umanità appare vago ed astratto, gli
uomini stentano a rendersi conto che il pericolo è per loro, per i loro figli e loro
nipoti e non solo per una generica e vaga umanità.
E difficile far sì che gli uomini si rendano conto che sono loro individualmente ed
i loro cari in pericolo imminente di una tragica fine.
E così sperano che forse si possa consentire che le guerre continuino purché siano
vietate le armi moderne. Questa speranza è illusoria.
Per quanto possano essere raggiunti accordi in tempo di pace per non usare le bombe
allidrogeno, questi accordi non saranno più considerati vincolanti in tempo di
guerra ed entrambe le parti si dedicheranno a fabbricare bombe allidrogeno non
appena scoppiata una guerra, perché se una delle parti fabbricasse le bombe e
laltra no, la parte che le ha fabbricate risulterebbe inevitabilmente vittoriosa.
Sebbene un accordo per la rinuncia delle armi nucleari nel quadro di una riduzione
generale degli armamenti non costituirebbe una soluzione definitiva, essa servirebbe ad
alcuni importanti scopi.
In primo luogo ogni accordo fra Est e Ovest è vantaggioso in quanto tende a diminuire la
tensione internazionale. In secondo luogo labolizione delle armi termonucleari se
ognuna delle parti fosse convinta della buona fede dellaltra, diminuirebbe il timore
di un attacco improvviso del tipo di Pearl Harbour che attualmente tiene entrambe le parti
in uno stato di apprensione nervosa.
Saluteremo perciò con soddisfazione un tale accordo, anche se solo come un primo passo.
La maggior parte di noi non è di sentimenti neutrali, ma come esseri umani dobbiamo
ricordare che perché le questioni fra Est e Ovest siano decise in modo da dare qualche
soddisfazione a qualcuno, comunista o anticomunista, asiatico, europeo o americano, bianco
o nero, tali questioni non devono essere decise con la guerra.
Desideriamo che ciò sia ben compreso sia in oriente che in occidente. Se vogliamo
possiamo avere davanti a noi un continuo progresso in benessere, conoscenza e saggezza.
Vogliamo invece scegliere la morte perché non siamo capaci di dimenticare le nostre
controversie?
Noi rivolgiamo un appello come esseri umani ad esseri umani: ricordate la vostra umanità
e dimenticate il resto. Se sarete capaci di farlo vi è aperta la via di un nuovo
Paradiso, altrimenti è davanti a voi il rischio della morte universale.
RISOLUZIONE PREMI
NOBEL
Il mondo non può e non deve assistere al tragico spettacolo di
bambini, donne e gente di ogni età vagare senza cibo e senza aiuto medico.
Noi, Premi Nobel per la Pace, riuniti a Roma il 21 e 22 aprile 1999, chiediamo una
immediata risoluzione del conflitto nei Balcani attraverso la via del compromesso, la
sospensione delle attività militari e limmediato inizio delle trattative.
Noi consideriamo che detto compromesso debba realizzarsi alle seguenti condizioni:
-dare la possibilità ai profughi del Kosovo di ritor nare alle loro case;
-sostenere adeguate iniziative per sospendere la catastrofe umanitaria,
-ricostruire la piena autonomia delle popolazioni del Kosovo;
-garantire tutti i necessari aiuti ai profughi stessi.
Noi ci rivolgiamo a tutti coloro che sono in grado di assumere valide iniziative, incluse
quelle che possono permettere il raggiungimento dei suddetti risultati: il tutto in tempi
brevissimi.
La realizzazione di tali iniziative deve avvenire attraverso lutilizzazione di forze
multinazionali sotto legida dellONU e sulla base delle decisioni del consiglio
di Sicurezza.
Noi sosteniamo lorganizzazione di una conferenza internazionale per lintero
complesso dei problemi di questa regione. Lobiettivo deve essere
leuropeizzazione dei Balcani e non la balcanizzazione dellEuropa.
Noi partecipanti al Summit di Roma siamo pronti ad agire attraverso la via diplomatica per
collaborare con lONU, con il Consiglio di Sicurezza e con il Segretario Generale per
la risoluzione dellattuale conflitto e per prevenire nuovi pericoli.
E indispensabile sottolineare limportanza delle decisioni politiche e
linammissibilità delluso della forza come strumento per la soluzione dei
problemi tra gli stati.
Dichiariamo la nostra volontà di continuare i nostri incontri per esaminare tutti i
problemi emergenti.
Roma 22 aprile 1999
I PREMI NOBEL PER LA PACE
Frederik De klerk
Mikhail S. Gorbaciov
Rigoberta Menchu Tum
Shimon Perez
Joseph Rotblat
David Trimble
Betty Williams
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Messaggio di G. Bongiovanni del 19/05/99
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