Rosina Zilli (dei Dili) nata a Polpet il 10 dicembre 1915.
Ho avuto modo di conoscerla più da vicino nel 2002, quando raccoglievo materiale per il libro sulla chiesa di
Sant’Andrea e cercavo testimonianze sulla vita trascorsa su in montagna a far fieno e legna.
Piccola e curva, con gli occhi scuri e penetranti, mi accoglieva sorridente e con affetto sincero. Si lasciava andare ai ricordi (àtu temp?) e mi raccontava mille cose sulla vita passata, sua e del paese, con intelligenza e saggezza profonda.
Anche lei, come altri che avevo sentito, mi parlava di lavoro faticoso, ma emergeva sempre dal suo racconto appassionato e sincero il ricordo dei momenti di allegria e condivisione, la memoria del canto che accompagnava la fatica, l’ammirazione per la bellezza del creato."Strafumàdi ma contenti" diceva.
Aveva sempre seguito con grande partecipazione la vita del paese, tanto che, come mi raccontò mostrandomi la copia della lettera, per reclamare un gesto di riconoscenza verso una paesana, non aveva esitato a prendere carta e penna e a scrivere personalmente al sindaco di Ponte nelle Alpi.
Col peso degli anni era costretta all’inattività. Le facevano compagnia i ricordi che manteneva vivi con vecchie fotografie, rileggendo i suoi scritti e il diario del marito. Rivedeva volentieri videocassette girate in occasioni di vita familiare o legate ad avvenimenti di vita paesana (processioni, lavori di restauro in Sant’Andrea, feste di carnevale, San Nicolò, sagra, mostre) oppure legate ai suoi numerosi pellegrinaggi a Lourdes.
Riporto qui di seguito i ricordi che ci ha lasciato Rosina sulla Pasqua della sua giovinezza. Fanno parte di una lunga intervista che Ferruccio Vendramini le fece nel 1998 e che è stata pubblicata nel libro Cooperazione e Mutualismo nella montagna veneta.
«La settimana santa era un susseguirsi di impegni religiosi. Per le quaranta ore di adorazione del Santissimo tutti i paesi di Ponte nelle Alpi facevano il loro turno, compreso Polpet, che si portava a Cadola con le luminarie ("i ferài"). Il venerdì santo si faceva una processione che toccava Cadola, Canevoi e Criol, con canti e preghiere.Tornati a Polpet per la strada "dele olte", l’attuale via Zattieri, si componeva, la sera, un’altra processione: si snodava dalla chiesa di S. Maria di Vedoia fino alla chiesa di S. Felice. Passavamo tra le case del paese dove, ad ogni finestra, tremolavano le candele, e intanto risuonava l’eco delle "rìgole" (racchette stridenti di legno). Quanti suoni perduti ormai per sempre! Il sabato santo, quando suonavano tutte le campane, ci si lavava il viso con l’acqua, ritenendo che fosse benedetta. Si gettavano inoltre le "zopèle" lontano da noi; questo gesto avrebbe impedito alla bisce di mordere i piedi. Infine la Pasqua, giornata di gaudio per tutti. C’erano le uova colorate e la focaccia.»
Marisa
Ciao Rosina, grasie par tute le òlte che te à domandà: " - ....e Leo come stalo? Saludémelo...". Son sicuro che ve 'ncontraré là-sù.
nònobèpi |