Sempre dalla torre di Pisa, 13 luglio.

 

Carissimo Stefano,

affido questa mia lettera ad un ornitorinco ungherese, laureato in lettere classiche che mi ha giurato, su una copia di "T.V.Sorrisi e canzoni" che ti consegnerà la mia missiva. Egli è l'unico che può circolare liberamente poiché, come tu ben sai, sono anni che queste intelligenti e colte bestiole hanno abolito bottoni, lacci, bretelle e cinture, con gran giovamento per la loro salute.

Da notare però che ora essi lamentano una progressiva ed inesorabile caduta dei capelli, ormai da nulla più trattenuti.

Tornando ai nostri tristi casi devo comunicarti che ormai i moscardoni controllano tutta la città. Dall'alto della torre assistiamo a scene strazianti: avvocati civilisti e astigmatici che, persi i bottoni, girano avvolti in candidi lenzuoli, quasi fossero pepli; famigliole di parastatali con fideiussione che passeggiano sotto le mura prendendo il fresco completamente nudi, un reggimento di paracadutisti che cercano, con brandelli di paracadute di ricoprirsi pudicamente. Li guida il Colonnello Nonvogliopane che, dignitosamente ricoperto da una vezzosa camiciola d'organdis , ricamata a mano da vergini rumene, cerca invano di confortarli.

Proprio sotto di noi, iersera all'ora dei vespri, un moscardone dallo spiccato accento bolognese al grido di " Sorbole, sorboloni, mo quanti bei bottoni ! " ha aggredito monsignor Agape Kyrieleison.

Il degno prelato pisano, noto per il suo attaccamento alla tradizione, girava avvolto in nere tuniche ornate da doppie file di bottoni di narvalo caucasico, graziosamente intarsiate con educative immagini tratte dal terzo capitolo dell'Artusi: ebbene, in meno di 8 secondi e quindici micropollicioni ( tempo cronometrato ufficialmente dal rag. Nonsò Mailora con la sua clessidra a nafta modello '91 da marina ) il moscardone ha strappato ed inghiottito 127 bottoni, 18 automatici e, arrossisco, 4 lacci da mutande.

Queste ultime erano un caro ricordo di famiglia: un paio di mutandoni asburgici ereditati dalla nonna, pia donna che per quarant'anni ha retto il delicato incarico di facchino capo nelle Fabbriche Riunite di gel, gelati e geloni.

L'immondo animale è stato immediatamente ricoverato all'ospedale di santa Chiara in preda ad atroci dolori gastrici e subito sottoposto ad un intervento al congresso di malacologia ugro-finnica.

In allegato troverai la foto di Monsignore.

Mentre scrivo sento un lontano vociare...sono lamenti, grida? No, è un inno che sale verso il cielo toscano , che è così bello quando è bello, maestoso e dolce. Afferriamo a stento le parole che dicono:

" Su fratelli, su sorelle - difendiamo le bretelle,

su, lottiam per i bottoni - contro gli empi moscardoni !

Chi non lotta è un traditore, - su lottiamo con ardore !

Invasori sarà dura - da mangiare ogni cintura !

Giorno e notte, ritti o proni - combattiamo i moscardoni !

Allora noi non siamo solo, c'è ancora qualcuno che resiste ! Il volto dei miei compagni si illumina di speranza. Chi sono gli eroi che così cantano? Quale sarà il nostro destino ? Salveremo i bottoni ?

Spero, nel futuro di darti una risposta più chiara. Per ora ricevi un abbraccio da uno speranzoso genitore.

 

Carissimo Stefano,

ho chiuso questa mia lettera in una bottiglia da gassosa in cristallo e palissandro malgascio trovata nella spazzatura e la lancio in Arno sperando che qualche anima pietosa te la recapiti.

Come avrai capito non siamo più asseragliati nella torre ma vaghiamo per le vie di Pisa travestiti da giraffe. Abbiamo scelto questo animale poichè, come tu sai, esso non porta bottoni : possiamo quindi attraversare senza timore le schiere dei moscardoni.

Il nostro vagare per le vie cittadine ha uno scopo preciso: vogliamo metterci in contatto con quei gruppi di cittadini che ancora resistono. Ma tu ti chiederai come abbiamo potuto rompere l'assedio degli immondi animali ed uscire indenni dalla torre: ora cercherò di spiegartelo.

La scoperta di nuclei di resistenza ci aveva gettato nella massima agitazione. La discussione sui modi migliori per sfuggire si era accesa e gli animi riscaldatisi mal tolleravano i continui barriti che la marchesa Cassetto delle Calze lanciava al cielo. Essa allora, per placarci, ci volle benevolmente spiegare le ragioni di quelle grida che non erano nient'altro che teneri sospiri di un nobile cuore esulcerato.

Trascrivo, qui di seguito, con la massima fedeltà il suo racconto.

 

E' la sera appena scesa - la TV però è già accesa

svelta termino il mio pranzo - perchè c'è il teleromanzo.

Sono in poltrona già preparata - a pregustarmi questa puntata

ecco fra grida, spari, can-can - appare al pubblico il Sandokan!

Oh me meschina, me sciagurata - : mi sono subito innamorata.

Capelli lunghi, occhi eloquenti - come di tigre ha forti i denti,

salta, duella, danza poi muore - e a me tapina ferisce il cuore.

Su Filomena, datti da fare - il tuo ideale devi incontrare!

Presto marchesa muoviti in fretta - per incontrarlo monta in barchetta,

prendi la nave per l'Indonesia - - dov'è la tigre della Malesia.

Ma nella giungla dove ho cercato - un fatto tragico mi è capitato.

Mentre la luna su in cielo brilla - ecco mi appare un gran gorilla:

quel mostro tosto cade in ginocchio - poi mi sorride e strizza l'occhio.

Con i grugniti mi ha dichiarato - d'essersi subito innamorato:

la mia bellezza, il mio languore - gli aveva, misero, colpito il cuore.

Vuole afferrarmi, vuole baciarmi - oh me meschina, vuole sposarmi !

Io fuggo, scappo, corro, ma invano - sempre mi segue, il vil marrano.

Per monti e mari, per boschi e valli - in treno, auto, carro a cavalli

da mesi e mesi io vo fuggendo - ma, inesorabile, mi sta seguendo

Ecco il gran peso che ho nel cuore - salvami Sandokan, vieni mio amore!

 

Nella tavola allegata potrai Ammirare come Affresco Sbabiato, detto il Gorgonzola, celebre pittore di Baggiovara ha rappresentato l'incontro nel primo dei mirabili affreschi che adornano il salone degli specchi nelle porcilaie del Caseificio Sociale di Pappiana.

Mentre tutti, commossi per il racconto, piangevamo come vitelli argentini, la misera lancia un grido: "Eccolo, è lui, è lui !". Ci volgiamo di scatto: un essere informe, un ammasso informe di ispido pelame sta avanzando attraverso la piazza verso la torre. A quella vista la marchesa, balzata sulla balaustra, dopo aver dichiarato: " Eseguirò un doppio salto mortale, carpiato, con avvitamento boemo, doppio inchino, colpo d'anca e craniata finale !", si lancia dalla torre.

Il tonfo è pauroso: nella caduta travolge 131 moscardoni, un giovane impiegato dell'ENEL , tale Prospero Mavipare di anni 27, nativo di Domodossola, un autotreno con rimorchio ed un ammiraglio a cavallo del granducato di Labbrovia.

Approfittiamo della confusione per scendere ed infilarci nei vicoli bui della città. Mentre nascosti in un portone ci infiliamo il travestimento che ci consentirà di aggirarci per Pisa, ci informano che l'essere peloso non era il gorilla ma il ragionier Anteo Filemoni, impiegato nell' ufficio dei bolli, bollette, bolle di sapone e punti qualità. Questo probo scrivano restato in mutande a causa dei moscardoni, poiché molto pudico, si era lasciato crescere capelli , barba ed altri peli corporei fino a formarne un ammasso informe che comunque lo sottraeva agli sguardi impudichi. Povera marchesa, qual tragico destino il suo !

Ma ricacciamo i pensieri tristi : bisogna partire alla ricerca dei gruppi di resistenza che operano in città: un abbraccio dal fuggiasco genitore.

 

CONTINUA