SPAZIOULTIMA FRONTIERA

                                                                                                                 A cura del prof. A.Gianluca

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(La cattura in orbita del Solar Max)I

SPACE FLIGHT  NEWS 123 ( history )

 

Il 10 aprile 1984, a due giorni dallo sfortunato tentativo di “attracco” nello spazio tra l’astronauta dello Shuttle Challenger George Nelson e il SOLAR MAX, o “crazy horse”, come è stato ribattezzato dai tecnici della NASA, il satellite astronomico in avaria viene finalmente “catturato” grazie al “braccio” meccanico lungo quindici metri in dotazione sulla navetta e pilotato dallo “specialista di missione” Terry Hart. Così l’inviato speciale e corrispondente scientifico de “Il Corriere della Sera”, Giovanni Caprara, descrive nell’edizione dell’11 aprile lo storico avvenimento: << Finalmente il satellite Solar Max è stato catturato dagli astronauti della navetta americana Challenger come il programma di volo stabiliva. L’operazione è riuscita ieri pomeriggio alle 15.55 ora italiana ad una quota di volo di quasi 500 chilometri di altezza mentre la navetta e satellite viaggiavano alla velocità orbitale di 28 mila chilometri orari. Se il risultato è quello voluto esso non è stato raggiunto nella maniera prevista. Dopo l’infelice tentativo di domenica quando l’astronauta George Nelson si era avvicinato al satellite con il suo zaino a razzi e aveva poi inutilmente cercato di agganciarlo con l’apposito strumento, si era capito qui al centro di controllo del volo a Houston, che si doveva studiare una nuova soluzione. Nelle ultime ore, quindi, è stata messa a punto una nuova strategia d’intervento che faceva ricorso soltanto all’uso del braccio robotizzato. Questo intervento, però, non poteva essere realizzato se prima non si riusciva a stabilizzare ulteriormente il “moto” su se stesso del Solar Max, togliendogli gran parte di quel movimento che altrimenti impediva al braccio di acchiapparlo per il giusto verso e cioè su quel lato dove esiste un gancio apposito per il recupero. Tale stabilità poteva essere ottenuta solo su comando da terra utilizzando l’energia a bordo del satellite. Ma essa era prima giudicata insufficiente, poi nelle ultime ore, invece, grazie anche ai movimenti impressi dai tentativi manuali dell’astronauta Nelson, le celle solari meglio esposte al Sole sono riuscite a ricaricare le batterie di bordo consentendo ai tecnici di terra di impartire quegli ordini indispensabili. Il risultato, infatti, è stato che il satellite ha letteralmente dimezzato la sua velocità di rotazione compiendo alla fine un giro completo su se stesso in dodici minuti anziché in sei. A questo punto lo “specialista di missione” Terry Hart ha potuto agevolmente dirigere l’estremità esterna del braccio robotizzato che comandava, agganciando il grande satellite pesante più di due tonnellate e alto quasi sei metri. La voce del comandante Crippen ha rotto ad un certo punto l’ansia dell’attesa: << Siamo riusciti a prenderlo, ora lo stiamo sistemando nella stiva >>, ha detto compiaciuto, ed al centro di Houston sono scoppiati gli applausi. Se infatti la manovra non si risolveva in questo modo Challenger doveva abbandonare l’impresa e ritornare a Terra perché ormai le riserve di propellenti di cui dispone non consentivano più altri tentativi. Il risultato è importante e potremmo dire “storico”, essendo la prima volta che ciò avviene, aprendo prospettive future di notevole importanza per la manutenzione dei satelliti in orbita con vantaggi tecnici ed economici di indubbio valore.

Ora si passerà alla seconda fase dell’operazione in programma per oggi, con l’uscita nello spazio di Nelson e Van Hoften. I due interverranno su uno strumento che studia la corona solare sostituendo il suo apparato elettronico e poi rimedieranno ai guasti subiti dal sistema di stabilizzazione. Per fare questo i due astronauti, primi veri meccanici del cosmo, dovranno togliere pannelli di protezione, staccare cavi, girare viti. Intanto da terra invieranno ordini al satellite perché esso si riprogrammi completamente predisponendosi alla sua seconda vita in orbita. Nelson e Van Hoften rientreranno nella navetta dopo una permanenza all’esterno di circa sei ore. Se l’operazione riuscirà, alla fine avrà avuto un costo di circa 48 milioni di dollari. Ricostruire e lanciare un nuovo satellite del genere costerebbe invece 235 milioni di dollari >>.

 (continua)

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