(L'equipaggio
dell'undicesima missione Shuttle)I
Il 3 aprile 1984, dal centro spaziale di Baikonur in Unione Sovietica, un potente razzo vettore
della serie A2 lancia verso l’orbita
terrestre la navicella Soyuz T 11 con tre uomini a
bordo. Si tratta di una nuova missione sovietica dal carattere internazionale. Ai
due cosmonauti russi, veterani di voli spaziali, Yuri
Malyshev e Ghennady Strekalov, si affianca infatti il
primo astronauta dell’India, Rakesh Sharma. Il programma di volo prevede l’aggancio al laboratorio cosmico Salyut 7,
dove da circa due mesi vivono e lavorano, compiendo i numerosi esperimenti a
loro affidati, i tre cosmonauti sovietici Leonid Kizim, Vladimir Solovyov e Oleg Atkov.
<< Spedizioni cosmiche come quella della Soyuz T 11 >>, spiega dalle colonne
de “Il Corriere della Sera” il giornalista scientifico Giovanni Caprara, << hanno un triplice scopo. Il primo
e il più importante riguarda la visita ai tre colleghi impegnati in una
missione di lunga durata. In tal caso, infatti, s’è rilevato che il problema
maggiore da affrontare per i cosmonauti è quello psicologico avendo alcuni di essi manifestato, in precedenti lunghe missioni intorno al
pianeta, in alcuni casi comportamenti anomali come ad esempio il rifiuto di
compiere esercizi ginnici, oppure stati di malinconia che possono ovviamente
ripercuotersi negativamente sul buon andamento della missione. L’arrivo di
nuove persone, quindi, serve a ridimensionare psicologicamente la condizione di isolamento di chi è in orbita da tempo. Inoltre la visita
permette un’altra cosa importante: cioè la
sostituzione della navicella Soyuz con la quale Kizim, Solovyov e Atkov sono partiti. Queste capsule, infatti, sono
garantite, senza che intervengano danni ai sistemi elettronici o propulsivi,
per circa 80-90 giorni. Tale periodo è stato peraltro superato proprio con la Soyuz T 9 rientrata nel
novembre dello scorso anno dopo 150 giorni ininterrotti di permanenza nel
cosmo. Ma ciò era successo perchè
la navicella che doveva sostituirla non era partita per un gravissimo guasto al
vettore di lancio. Così l’11 aprile prossimo quando
rientreranno a terra, Malyshev, Strekalov
e Sharma ritorneranno con la Soyuz
T 10 lasciando agganciata al laboratorio cosmico Salyut
7 la nuova Soyuz T 11. Il terzo aspetto
dell’attuale spedizione riguarda una serie di esperienze
scientifiche congiunte tra i due equipaggi, alcune delle quali concentrate
sugli interessi indiani. In generale, si continuerà a studiare il comportamento
dell’organismo umano nelle condizioni di totale assenza di gravità >>.
A Cape Canaveral, intanto, tutto è pronto per il
nuovo lancio della navetta spaziale Challenger, giunta ormai al suo
quinto volo. Il conto alla rovescia, dicono i tecnici del centro spaziale
statunitense, procede regolarmente. L’undicesima missione del programma Shuttle,
il cui “go” è previsto per il 6 aprile, si preannuncia
come la più sensazionale di questi ultimi anni di esplorazione spaziale!
Alla vigilia del
lancio, al Kennedy Space Center, nel corso di una
conferenza stampa il responsabile della missione a terra così proclama: <<
Il volo che porterà nello spazio Robert Crippen, Francis Scobee, Terry Hart,
George Nelson e James Van Hoften, cinque tra i migliori
astronauti che la NASA abbia mai reclutato, è senza
dubbio il più sensazionale ed incredibile, ma anche il più difficile e
pericoloso che l’uomo abbia mai affrontato in orbita terrestre. Nel corso dei
sei giorni previsti di missione, per la prima volta nella storia, un veicolo
spaziale pilotato, (lo Shuttle), si avvicinerà ad un satellite in avaria, in
questo caso il satellite per l’osservazione astronomica “SOLAR MAX”, lo aggancerà, grazie anche ad una
spettacolare uscita extraveicolare con lo “zaino a razzi” di uno dei cinque membri dell’equipaggio,
e dopo averlo riposto nella stiva di carico e riparato, lo ricollocherà
nell’orbita appropriata dopo aver sostituito le parti meccaniche guaste dello
stesso satellite. Questo naturalmente non sarà l’unico impegno in orbita per
l’undicesimo equipaggio di una navetta Shuttle: oltre allo svolgimento di alcuni esperimenti scientifici e medici, è previsto il
rilascio intorno alla Terra, di una specie di “satellite-container”, denominato
LDEF del peso di quasi 11 tonnellate, lungo dieci metri e largo quattro,
contenente apparecchiature e sostanze, (leghe, minerali, semi di piante, fibre
ottiche, ecc.) per effettuare più di cinquanta esperimenti per conto di
numerosi scienziati di nove paesi. La gigantesca piattaforma ed il suo “carico”
rimarranno per almeno un anno nello spazio, in orbita intorno alla Terra dove verranno recuperati in uno dei prossimi voli Shuttle.
Tornando all’obiettivo primario della missione, il programma di volo prevede
che i cinque uomini del Challenger si lancino all’inseguimento del satellite “SOLAR
MAX ” già poche ore dopo la partenza da terra. La fase, senza dubbio, più
delicata dell’intera missione è prevista per la giornata di domenica, quando
l’astronauta George Nelson munito dell’ormai famoso
“zaino a razzi” uscirà dal Challenger e avvicinandosi al satellite in avaria
cercherà di bloccarne con un particolare congegno il movimento rotatorio. Tutto
questo avverrà ad una quota di quasi 500 chilometri di altezza
al di sopra del nostro pianeta Terra. E’ la prima volta che una navetta Shuttle
vola così in alto … Siamo consapevoli
dei rischi: l’operazione è alquanto difficile e complicata, ma siamo fiduciosi.
Il quinto viaggio del Challenger nello spazio, ne siamo sicuri qui alla NASA,
aprirà le porte ad altri ben più importanti viaggi cosmici, viaggi in cui
l’uomo rimarrà sempre il primo protagonista >>.
… (continua)
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