(I cinque
astronauti del Challenger)I
<< L’odissea
spaziale immaginata dal regista Stanley Kubrick nel film “2001 odissea nello spazio” sta per avere
inizio. Dopo i satelliti artificiali che girano intorno alla Terra, fatti di
metallo, circuiti elettronici ed apparecchiature varie, ora abbiamo anche i
“satelliti umani”. Ossia, uomini che, trasformando in
realtà quella che fino a qualche anno fa era solo fantascienza, si muovono
liberamente nello spazio, adoperando sistemi di propulsione fissati ai loro
corpi. I primi “satelliti umani” della storia li vedremo presto all’opera in
occasione della decima missione del programma Space Shuttle, il cui inizio è previsto per domani, venerdì, con il lancio della
navetta Challenger dal Centro Spaziale Kennedy, alle
otto di mattina, ora della Florida. Il termine “satelliti umani” non è soltanto
un’immagine giornalistica, ma una definizione tecnicamente appropriata. Gli
astronauti che avremo modo di vedere attraverso i
collegamenti televisivi fluttuare liberamente nello spazio, non saranno più
ancorati come nelle precedenti passeggiate extraveicolari al loro mezzo cosmico
mediante cavi o cordoni ombelicali, ma si comporteranno esattamente come veri e
propri satelliti artificiali. Per “librarsi” liberamente nello spazio, fino ad
una distanza di qualche centinaio di metri dalla navetta, i due astronauti
“specialisti” di questa nuova missione del Challenger, Bruce
McCandless e Robert Stewart, utilizzeranno un’apparecchiatura nota con la sigla
tecnica “MMU”, (Manned Maneuvering
Unit). E’ in pratica un grosso e pesante zaino che
racchiude insieme alla riserva di ossigeno necessario
per la respirazione dell’astronauta, una serie di piccoli razzi di manovra che,
attivati mediante una “cloche” dallo stesso astronauta, gli consentiranno di
dirigersi in piena libertà nello spazio dove vuole; questo in vista della
prossima missione dello Shuttle in aprile, quando altri due astronauti dovranno
cercare di catturare e riparare per la prima volta nello spazio, un satellite
scientifico, il “Solar Max” andato in avaria da circa
due anni… Altra prima assoluta di questo
volo, previsto nell’arco di otto giorni, sarà il rientro che avverrà per la
prima volta nello stesso luogo da dove è avvenuta la partenza e cioè sulla
pista di nuova costruzione del Centro Spaziale Kennedy
in Florida >>.
Così scrive un’importante quotidiano americano il 2 febbraio 1984: è la
vigilia del lancio della navetta Challenger, decima missione del programma
Shuttle, senza dubbio quella che si ripromette di essere la più spettacolare di
questi ultimi anni di cronaca spaziale. A bordo della navetta
al suo quarto viaggio cosmico, cinque uomini: il comandante Vance
Brand, il pilota Robert Gibson
e gli “specialisti di missione” Bruce McCandless, Robert Stewart e Ronald McNair, secondo astronauta di colore della storia.
Il 3 febbraio, alle
14 ora italiana, il Challenger lascia maestoso in una voragine di fuoco e di
fiamme la rampa di lancio 39-A di Cape Canaveral, portando nello spazio cinque abitanti del
pianeta Terra, due satelliti per telecomunicazione, (il Westar
VI, americano, e il Palapa B-2, indonesiano), due
“zaini” a razzo ed un pallone gonfiabile da bersaglio. Subito dopo il felice
ingresso in orbita della navetta, avvenuto a circa dodici minuti dal lancio, il
commentatore ufficiale della NASA che solitamente descrive le varie fasi del
decollo al numeroso pubblico presente a Cape
Canaveral annuncia: << Con l’inizio
ufficiale di questa decima missione del programma Space Shuttle, signori, la
fantascienza spaziale si sta trasformando in realtà! >>.
… (continua)
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