SPAZIOULTIMA FRONTIERA

                                                                                                                 A cura del prof. A.Gianluca

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(Musgrave all'esterno del Challenger)I

SPACE FLIGHT  NEWS 109 ( history )

 

Dopo la fantastica esperienza dei due “pedoni dello spazio”, Musgrave e Peterson, ed esaurito l’intero programma medico-scientifico in orbita, i quattro astronauti del Challenger si apprestano ora a tornare a casa. Sabato 9 aprile 1983: dopo cinque giorni, 23 minuti e 42 secondi trascorsi nello spazio, alle 20.53 ora italiana, puntuale come un orologio svizzero, lo Shuttle tocca terra presso la Base di Edwards in California, concludendo con successo la prima missione della seconda navetta riutilizzabile della storia. E mentre alla NASA si gioisce per il buon esito del volo e già si pensa alle missioni future, (la prossima in giugno vedrà ancora protagonista il Challenger), qualche settimana dopo da Mosca, giunge la notizia  dell’invio in orbita intorno alla terra di tre cosmonauti. E’ il 20 aprile 1983, a bordo della Soyuz T 8 si trovano Vladimir Titov, Aleksandr Serebrov e Ghennady Strekalov. Dei tre solo il cosmonauta Titov è al suo primo volo nello spazio; l’obiettivo a loro affidato è il raggiungimento e l’aggancio al laboratorio orbitante Salyut 7. Il 21 aprile, a poco più di ventiquattrore dal lancio dal cosmodromo di Baikonur, a trecento chilometri di altezza dal pianeta Terra qualcosa però va storto. Ecco come il corrispondente nella capitale sovietica de “Il Resto del Carlino”, descrive quei drammatici momenti: << MOSCA- E’ fallita la missione della Soyuz T 8: i tre cosmonauti sovietici lanciati tre giorni fa a bordo della navicella spaziale non sono riusciti ad agganciarsi alla stazione orbitale Salyut 7 e hanno dovuto rientrare anticipatamente sulla terra, dove sono arrivati sani e salvi nel pomeriggio di ieri. Con ogni probabilità, la Soyuz T 8, dove si trovavano il comandante Vladimir Titov, l’ingegnere di volo Ghennady Strekalov e il ricercatore Aleksandr Serebrov, non ha potuto agganciare la Salyut per il cattivo funzionamento dei motori di bordo usati nelle correzioni d’orbita. L’agenzia TASS si è limitata ad annunciare che “l’operazione aggancio è stata annullata in seguito ad una deviazione nella procedura del programmato regime di approccio”. Sulla Salyut 7, in volo da un anno attorno alla  Terra e considerata il prototipo di una avveniristica “casa spaziale”, i tre cosmonauti avrebbero dovuto compiere “esperimenti tecnico-scientifici e medico-biologici” non meglio precisati per una durata egualmente non precisata. Non è la prima volta che una missione spaziale sovietica va in fumo per un mancato aggancio con una stazione orbitale. Negli anni settanta ci furono almeno quattro incidenti simili, che resero necessari atterraggi precipitosi e rischiosi, in cui però nessun cosmonauta perse la vita o rimase ferito. L’ultimo mancato aggancio di una navicella sovietica nello spazio risale all’aprile 1979: la Soyuz 33 con a bordo il russo Rukavishnikov e il bulgaro Ivanov rientrò frettolosamente sulla Terra dopo aver tentato di attraccare invano alla Salyut 6. Disavventura analoga nell’ottobre 1977 per la Soyuz 25, dove si trovavano i sovietici Kovalenok e Ryumin. Del rientro della Soyuz T 8, la TASS ha detto che si è svolto regolarmente e che Titov, Strekalov e Serebrov hanno compiuto un felice atterraggio morbido alle 15.29, ora italiana, nel Kazakistan, sessanta chilometri a nord-est della città di Arkalyk >>.

Per il momento dunque, il laboratorio orbitale Salyut 7 rimane vuoto; altri equipaggi però si stanno preparando pronti a tornare nello spazio e ad abitare questa “casa celeste”, prologo di un insediamento sempre più permanente dell’uomo nell’Universo.

 (continua)

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