SPAZIOULTIMA FRONTIERA

                                                                                                                 A cura del prof. A.Gianluca

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(Musgrave e Peterson fuori dallo Shuttle)I

SPACE FLIGHT  NEWS 108 ( history )

 

Ci vorranno giorni e settimane prima che i tecnici specialisti della NASA riescano finalmente a stabilizzare il gigantesco satellite TDRS-A, portandolo su un’orbita più alta molto vicina a quella prevista dall’originario piano di volo. Intanto la missione del Challenger va avanti, giovedì 7 aprile 1983 è la volta della tanto attesa “passeggiata” nello spazio: Story Musgrave e Donald Peterson escono poco prima della mezzanotte ora italiana, per la prima attività extraveicolare americana dal 1974. I due nuovi “pedoni” dello spazio restano fuori dal Challenger per quasi quattro ore, ed è una “passeggiata” talmente bella e spettacolare da far scrivere il giorno successivo ai giornali di tutto il mondo che << …le nuove tute sperimentate con successo dai due astronauti della sesta missione Shuttle, aprono una nuova era nell’esplorazione umana dello spazio circostante la Terra >>.  Ecco cosa si può leggere sul quotidiano milanese “La Notte”: << HOUSTON, (Texas)- “Meccanici spaziali”, “uomini del futuro”, “giganti del cosmo”. Questi alcuni degli appellativi che i due astronauti americani Story Musgrave e Donald Peterson si sono guadagnati dopo il fantastico lavoro svolto nello spazio. Soprattutto grazie ad una autonomia mai avuta dai precedenti astronauti che fino ad ora avevano “camminato” nel cosmo. Il grande successo della missione della navetta Challenger è proprio questo: per la prima volta nel vuoto cosmico due astronauti hanno fatto le loro manovre, banali, semplici se fatte sulla terra, completamente nuove nell’assenza di peso della realtà spaziale. L’autonomia è la grande conquista di questo viaggio, quella che apre la porta all’universo spaziale al quale oramai da più di vent’anni l’uomo sta dando la caccia. Ma come è assicurata questa autonomia, grazie a che cosa? Sono le tute EMU (Extravehicular Mobility Units), sette ore di autonomia due miliardi e ottocento milioni di lire, le grandi protagoniste di questa ultima impresa cosmica. Nella missione del Columbia avvenuta il novembre scorso, non avevano funzionato. Questa volta hanno superato alla grande la prova. Quando si parla di tute, chiaramente, non si intende qualcosa di somigliante a quelle per fare il footing: siamo invece di fronte ad un vero e proprio abitacolo da robot, di straordinaria complessità, in grado di regolare, grazie a minuscoli computer nascosti nei tessuti, ogni minima variazione interna. Durante la “passeggiata” della notte scorsa, Musgrave e Peterson dietro le loro schiene hanno portato uno zaino che sembrava quasi la garitta delle sentinelle: in esso sono raccolti l’ossigeno per la respirazione, i liquidi che passano attraverso tutto il corpo onde riscaldare o raffreddare l’aria a seconda dell’esposizione nel vuoto (dove, non bisogna dimenticarlo, ci sono temperature che vanno sotto o sopra i cento gradi), le batterie elettriche, ecc. In pratica, tutto quello che una volta era fornito agli astronauti da un cordone ombelicale che li collegava al veicolo spaziale adesso è direttamente incorporato negli astronauti stessi. Insomma, l’importanza non era tanto nella “passeggiata” nel vuoto, cosa entrata ormai nella routine delle missioni spaziali da quando, nel 1965, il cosmonauta sovietico Leonov fece i primi quattro passi al di sopra delle nuvole. Era nella dimostrazione che nello spazio l’uomo può lavorare, può costruire, può fare: in breve, può colonizzarlo dando vita a piattaforme orbitanti abitate dall’uomo stesso. Certo, a vedere Musgrave e Peterson alle prese con cacciaviti, leve, pannelli e pesi da trasportare muovendosi con goffaggine e lentezza può far sorridere, pur nella grandiosità dell’impresa. Nella realtà , però, quella goffaggine è la spia della futura rapidità del mondo nuovo che si apre di fronte alle imprese spaziali. Già nei prossimi voli dello Shuttle, verrà collaudata la cosiddetta MMU (Manned Maneuvering Unit), una specie di zaino a razzo con il quale l’astronauta potrà muoversi liberamente al di fuori della navicella.

Ma vediamo ora un po’ più nei particolari come è andata questa prima storica passeggiata che, ripetiamo, è stato il vero asso nella manica dell’ente spaziale statunitense dopo la parziale delusione nel mancato inserimento in orbita geostazionaria del satellite TDRS. Quando gli astronauti Musgrave e Peterson sono usciti dal traghetto spaziale Challenger, erano passati ben nove anni dalla volta precedente, cioè dalla fine del programma Skylab. L’ultima uscita nello spazio da parte degli uomini della NASA, infatti, venne compiuta il 3 febbraio 1974 dagli astronauti Carr e Gibson, durante la missione del terzo equipaggio inviato sul grande laboratorio orbitante.

Peterson e Musgrave hanno aperto il portello stagno della cabina di pilotaggio dello Shuttle lasciandosi andare nel vuoto verso la grande stiva aperta del traghetto spaziale. In Italia erano da poco passate le ore 23 e trenta. Subito dopo l’uscita, i due astronauti del Challenger si sono affrettati a compiere una prima lettura dei dati di pressione e potenza elettrica delle nuove tute, risultate del tutto normali. Si tratta naturalmente, (come abbiamo ampiamente detto), di tute di progettazione interamente nuova rispetto a quelle ormai “storiche” della conquista della Luna, per migliorare le prestazioni specie riguardo alla liberà di movimenti e la climatizzazione. Il fatto stesso che non abbiano avuto inconvenienti nella “immersione” nel vuoto del cosmo, è stata la conferma che queste tute di nuova generazione, già, come detto all’inizio, fonte di grattacapi nella precedente missione Shuttle, hanno funzionato regolarmente e hanno assicurato una perfetta tenuta stagna per l’astronauta. I due “pedoni” cosmici erano già nella gigantesca stiva del traghetto spaziale quando il Challenger è uscito dalla zona di silenzio radio ed ha cominciato a trasmettere a terra le prime immagini televisive. Sulle TV americane, che hanno interrotto la normale programmazione per l’occasione, si sono visti per alcuni minuti i due astronauti mentre galleggiavano in stato di imponderabilità prima sul fondo e poi sui bordi della stiva del Challenger, rimanendo ad esso collegati mediante sottili ma robusti cavi di sicurezza. Per distinguere i due astronauti nelle loro nuove tute bianche, che sono identiche, Musgrave ha avuto le sue gambe contrassegnate da un nastro rosso. Per oltre tre ore e mezza i due specialisti hanno portato avanti i loro compiti: un’ispezione dell’esterno del Challenger nonché prove di movimento e di lavori con nuovi attrezzi speciali da collaudare in vista dei nuovi compiti che i futuri equipaggi dello Shuttle dovranno realmente eseguire nel vuoto. Le stazioni televisive di tutta l’America hanno interrotto più volte i programmi per mostrare dal vivo le immagini dei due astronauti. Mentre i due colleghi erano fuori dal traghetto, i due piloti rimasti all’interno dello Shuttle, il comandante Paul Weitz e il secondo Karol Bobko, hanno sorvegliato le fasi della passeggiata attraverso i finestroni posteriori della navicella. Dopo circa quattro ore complessive di permanenza nello spazio, Musgrave e Peterson hanno posto termine alla loro passeggiata spaziale e sono rientrati con successo a bordo del traghetto spaziale Challenger >>…

 (continua)

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