leggi e sentenze
25 settembre 2004

Luci e ombre sui contenuti della Circolare 6 settembre 2004 "Interpretazione in materia di inquinamento acustico: criterio differenziale e applicabilita' dei valori limite differenziali " emanata dagli uffici del Ministero dell’Ambiente e pubblicata sulla G.U. n. 217 del 15-9-2004.

Occorre comunque salutare come positiva questa iniziativa del Ministero dell’Ambiente, è la prima volta che viene pubblicata sulla G.U. una circolare riguardante l’argomento. Fino ad oggi le posizioni del Ministero sulle diverse problematiche sollevate dall’applicazione della L.447/95 erano espresse sottoforma di note e chiarimenti alla presentazione di precisi quesiti da parte di amministrazioni e tecnici del settore e quindi rintracciabili solo in copie che ci si passava religiosamente come oggetti preziosi. Con la circolare si inaugura un approccio più trasparente rispetto al recente passato. Naturalmente nessuno si illude sul fatto che una circolare possa essere riconosciuta valida sotto il profilo della gerarchia delle leggi: facilmente verrà contestata nell’ambito di un contenzioso. Tuttavia per la gestione quotidiana dei problemi di rumore il valore di una lettura ministeriale delle disposizioni vigenti non può essere ignorato.

L’aspetto più rilevante trattato nella circolare riguarda l’applicabilità del criterio differenziale in assenza della zonizzazione acustica comunale, presente pertanto solo quella provvisoria. Molti ricorderanno che su questo sito ci si era occupati di sentenze dei tribunali amministrativi nelle quali si concludeva per la non applicabilità del criterio. Era l’esempio della sentenza Tar Friuli-Venezia Giulia 21 dicembre 2002, n. 1069 relativamente alla quale si scriveva:

Qui il TAR è andato completamente fuori strada. Infatti il rimando all'art.6, comma 1, lettera a), della legge 26 ottobre 1995, n. 447 è utilizzato a torto come giustificazione dell'inapplicabilità del limite differenziale. Secondo tale disposto il Comune detiene la competenza di definire la classificazione del territorio comunale, una volta definiti i criteri previsti dall'articolo 4, comma 1, lettera a), e se ancora non vi ha provveduto l'indicazione del legislatore è semplicemente quella di fare riferimento alla zonizzazione provvisoria già indicata nel precedente DPCM del quale abbiamo appunto riportato la tabella 2. Perché mai questa carenza dovrebbe incidere sul limite differenziale quando questo si applica indipendentemente dalla classificazione acustica?

Su queste pronunce si sono espressi molti commentatori, chi pro e chi contro. Alla luce della nuova circolare questa situazione conflittuale si riproporrà probabilmente identica. Dice infatti il Ministero:

1.Applicabilita' del criterio differenziale nel regime transitorio:- art. 8, decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 novembre 1997.


La finalita' primaria di garantire una continuita' nella protezione territoriale dall'inquinamento acustico e' il criterio guida interpretativo principale alla luce del quale analizzare la questione dell'applicabilita' dei valori limite differenziali.
L'esigenza di un chiarimento in merito all'applicabilita' o meno del cosiddetto criterio differenziale, in assenza di zonizzazione acustica, nasce dalla diversa impostazione formale che i decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri 1° marzo 1991 e 14 novembre 1997 hanno avuto.

L'unica diversita', tra le citate impostazioni, risiede nel fatto che, mentre il legislatore del 1991 ha scelto di indicare in quali aree "poteva" essere applicato il criterio differenziale, quello del 1997 ha preferito individuare quali sono le aree in cui "non si puo’" applicare il detto criterio. Nel decreto del 1997 e' stato scelto il criterio dell'"esclusione": preferendo individuare quali sono le aree in cui non si puo' applicare il criterio differenziale, emergono di conseguenza le aree in cui esso e' applicabile.

L'art. 4 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 novembre 1997 definisce infatti i valori limite differenziali di immissione richiamando correttamente la legge 26 ottobre 1995, n.447, per la loro definizione concettuale, stabilendo una sostanziale coincidenza con quelli previsti dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1° marzo 1991.

Difatti l'art. 9 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 novembre 1997 abroga i commi 1 e 3 dell'art. 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1° marzo 1991, per esigenze di adeguamento della normativa al mutamento del concetto giuridico di limite in quanto, con l'entrata in vigore della legge quadro sull'inquinamento acustico, il suo significato viene modificato: non si parla di "limiti massimi" assoluti e differenziali, cosi' come previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1° marzo 1991, ma si introducono i valori limite di emissione e di immissione, i valori di attenzione e qualita'. Quanto detto sta a significare che l'espressione "limiti massimi" prevista dalla normativa precedente non trova piu' fondamento nell'attuale assetto normativo ed e' stata percio' abrogata. L'abrogazione disposta dal citato art. 9 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 novembre 1997 appare funzionale a fugare qualsiasi dubbio interpretativo al riguardo.

Pertanto il predetto art. 4 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 novembre 1997 nulla dispone riguardo l'applicabilita' dei valori limite differenziali in attesa di zonizzazione acustica, in quanto si riferisce espressamente ad una classificazione acustica del territorio di fatto gia' adottata. Alla luce di quanto sopra, il mancato richiamo espresso per il periodo transitorio ai valori limite differenziali da parte del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 novembre 1997, non si traduce in una loro sostanziale inapplicabilita', non essendovi alcun ostacolo giuridico in tal senso.

L'art. 8 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 novembre 1997 stabilisce che "in attesa che i comuni provvedano agli adempimenti previsti dall'art. 6, comma 1, lettera a) della legge quadro n. 447/1995, si applicano i limiti di cui all'art. 6, comma 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1° marzo 1991". Il richiamo ai soli limiti assoluti (previsti dal citato art. 6, comma 1, del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1° marzo 1991) non esclude l'applicabilita' dei limiti differenziali di cui al comma 2 che non e' stato esplicitamente abrogato, in quanto questi rispondono ad una ratio normativa specifica cautelativa, anche in conformita' a quanto disposto nell'art. 15, comma 1 della legge n. 447/1995. Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 novembre 1997 infatti, prendendo in considerazione la possibilita' che, alla data della sua entrata in vigore, non tutti i comuni si fossero dotati di un piano di classificazione acustica cosi' come previsto dalla legge quadro, al fine di evitare un vuoto legislativo e quindi un'assenza di protezione ambientale del territorio, introduce all'art. 8 una norma transitoria destinata a disciplinare la situazione di quei comuni che non hanno ancora predisposto tale citato piano. I limiti massimi di immissione da prendere in considerazione relativi alla protezione dall'inquinamento acustico, in attesa di zonizzazione, sono quelli stabiliti dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1° marzo 1991 che prevede una suddivisione del territorio coincidente con quella urbanistica preesistente, la quale individua inequivocabilmente nella fattispecie le zone esclusivamente industriali alle quali non si applicano i valori limite differenziali, cosi' come prescritto dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 novembre 1997 e ancora prima dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1° marzo 1991 e dal decreto ministeriale 11 dicembre 1996.

Il mancato richiamo nell'art. 8 ai limiti differenziali non vale quindi ad escludere la loro applicabilita' poiche' il richiamo al solo primo comma dell'art. 6 e' operato in funzione della determinazione di quali limiti assoluti siano da considerare in relazione alla protezione del territorio.

L’esposizione è chiara e del tutto comprensibile, si direbbe quasi di buon senso. Bisognerà ora attendere eventuali nuove pronunce dei giudici e dei commentatori che si trovano oggi in disaccordo con le conclusioni del Ministero.

La circolare, come detto, tratta però diversi punti. Non sempre la lettura del testo è così lucida e lineare come quella appena descritta. Per es. al punto 2 si discute delle condizioni di esclusione.

2. Condizioni di esclusione dal campo di applicazione del criterio differenziale: art. 4, comma 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 novembre 1997.

Si fa presente che il criterio differenziale va applicato se non e' verificata anche una sola delle condizioni di cui alle lettere a) e b) del predetto decreto: se il rumore ambientale misurato a finestre aperte e' inferiore a 50 dB(A) nel periodo diurno e 40 dB(A) nel periodo notturno;se il rumore ambientale misurato a finestre chiuse e' inferiore a 35 dB(A) nel periodo diurno e 25 dB(A) nel periodo notturno.

L’espressione utilizzata "se non è verificata anche una sola delle condizioni" non è tra le più felici. C’è chi la interpreta come "devono essere verificate entrambe le condizioni". Se l’estensore della circolare intendeva proprio questo, non ci può trovare d’accordo. Il testo letterale dell’articolo citato, l’art.4 del DPCM 14/11/97, è il seguente:

Le disposizioni di cui al comma precedente non si applicano nei seguenti casi, in quanto ogni effetto del rumore è da ritenersi trascurabile:

  1. se il rumore ambientale misurato a finestre aperte e' inferiore a 50 dB(A) nel periodo diurno e 40 dB(A) nel periodo notturno;
  2. se il rumore ambientale misurato a finestre chiuse e' inferiore a 35 dB(A) nel periodo diurno e 25 dB(A) nel periodo notturno

In nessun modo la dicitura "nei seguenti casi" fa concludere per la sussistenza contemporanea delle due condizioni. Anche qui si preannuncia dibattito.

Condivisibile il chiarimento sui circoli privati e ad altri punti di ritrovo. La legge si applica in quanto nei circoli si svolgono attività di tipo professionale anche se senza fine di lucro. Un problema riguarda la misurabilità del rumore antropico riguardo alla verifica del limite differenziale, le sorgenti sonore costituite dalle "persone" non si possono spegnere, se non altro a sorpresa, il che invaliderebbe la prova. Inoltre c’è una difficoltà per il rumore residuo rappresentato dal traffico quando si tratta di esaminare una tipica situazione estiva determinata dal vociare dei clienti ospitati nelle verande esterne. Il traffico diminuisce con il passare delle ore e quindi il livello di disturbo evidenziato dalla misura del limite differenziale, per quanto immodificato, non rimane costante a causa del variare del sottraendo.

3. Circoli privati, centri sociali, centri sportivi e ricreativi: - art. 4, comma 3, decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 novembre 1997.

La verifica del rispetto dei valori limite differenziali e' effettuata anche nei casi di rumorosita' prodotta da circoli privati, centri sociali, centri sportivi (tra questi anche il tiro a volo) e ricreativi, qualora non siano verificate le condizioni indicate nell'art. 4, comma 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 novembre 1997.

Quanto disposto dal comma 3 e' comprensivo delle attivita' di cui sopra che prevedono quote d'iscrizione associative e/o regolari canoni periodici per cui possono essere considerate come espletanti funzioni commerciali e/o professionali, indipendentemente dalle finalita' di lucro, in quanto presuppongono una struttura organizzativa tale da garantire un'attivita' ricorrente che produce conseguentemente emissioni acustiche. Inoltre occorre sottolineare come nel calcolo dei livelli di rumorosita' vada incluso anche il rumore antropico prodotto nell'ambito delle attivita' succitate.

Un aspetto certo non di poco conto nella problematica del rumore è legato al disturbo provocato da attività temporanee. Sono innumerevoli i tentativi per regolamentare queste attività, in particolare da parte dei Comuni, senza che tuttavia sia sempre possibile raggiungere un equilibrio tra esercizio dell'attività e diritto alla quiete. Il Ministero introduce ulteriori elementi di discussione in un argomento già di per sé complicato. In sostanza si dice che l'autorizzazione in deroga prevista ai sensi del DPCM 1 marzo 1991 deve essere rilasciata dopo esame della documentazione di impatto acustico, con riferimento sia ai limiti assoluti che differenziale "fatta salva comunque la verifica del rispetto dei limiti previsti dalla deroga stessa". Naturalmente queste rende le cose molto più critiche sotto il profilo amministrativo in quanto, finora, l'articolato del DPCM 1 marzo 1991 non richiedeva certo la presentazione di una documentazione del genere, salvo appunto le disposizioni più restrittive che qualche amministrazione locale ha dettato per i conflitti più frequenti. Significa che il Ministero ritiene che i Comuni, in qualità di Autorità competente, debbano sottoporre ad un'istruttoria più seria di quanto fosse fino ad oggi avvenuto, considerato che, nella maggiorparte dei casi, l'unica prescrizione comminata era un limite in orario. Il problema è che si ribadisce l'obbligo di rispettare un limite, seppure non si tratti del medesimo stabilito dalla normativa in situazioni ordinarie. Ma qual è il limite da rispettare? E' in grado di garantire il diritto alla quiete? Può essere effettivamente rispettato e in quali condizioni? Si tratta certamente di una contraddizione in termini. Se si deroga da un limite fissato da una disposizione a carattere nazionale è evidente che comunque vada, è acclarato il disturbo che tale manifestazione produrrà. Si lascia quindi il campo ad una discrezionalità che può provocare ulteriori contenziosi.

5. Attivita' temporanee e manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico.

Premesso che spetta alle regioni, ai sensi dell'art. 4 della legge n. 447/1995, disciplinare le modalita' di rilascio delle autorizzazioni comunali per lo "svolgimento di attivita' temporanee e di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico qualora comportino l'impiego di macchinari o di impianti rumorosi", si ritiene tuttavia opportuno, ai fini di un piu' omogeneo trattamento della questione, che per quanto riguarda tali attivita', la richiesta di deroga all'autorita' competente sia effettuata sulla base di apposita valutazione di impatto acustico dei seguenti valori limite assoluti di immissione: diurni, notturni (qualora, ai fini della tutela della popolazione nella condizione che risulta essere la piu' fastidiosa, non sia possibile sospendere l'attivita' temporanea notturna), nonche' dei valori limite differenziali, fatta salva comunque la verifica del rispetto dei limiti previsti dalla deroga stessa.


Sull'ultimo punto dedicato agli impianti a ciclo produttivo continuo, niente di nuovo da segnalare. Non si dice altro che applicare una norma inaccetabile sulla base della quale se sono verificate una delle due condizioni, funzionamento ininterrotto pena danni all'impianto e contratto di 24 ore lavorative /giorno, non si applica il limite differenziale. Di fatto si tratta di legge di tutela dei grandi impianti rumorosi che in questo modo non sono tenuti ad abbattere le proprie sorgenti sonore.

6. Impianti a ciclo produttivo continuo.

Come definito dal decreto ministeriale 11 dicembre 1996, l'impianto a ciclo produttivo continuo e':

a) quello di cui non e' possibile interrompere l'attivita' senza provocare danni all'impianto stesso, pericolo di incidenti o alterazioni del prodotto o per necessita' di continuita' finalizzata a garantire l'erogazione di un servizio pubblico essenziale;
b) quello il cui esercizio e' regolato da contratti collettivi nazionali di lavoro o da norme di legge, sulle 24 ore per cicli settimanali, fatte salve le esigenze di manutenzione.

Si ritiene che tali due definizioni sussistano anche in senso alternativo, in quanto ognuna delle suddette definizioni vale a qualificare l'impianto di riferimento come a ciclo produttivo continuo: per quanto concerne la lettera a) in considerazione di determinate situazioni tecniche, per la lettera b) sulla base di tempi di lavoro accertabili connessi alla continuita' dell'esercizio. Si precisa infine che nel caso di impianto esistente oggetto di modifica (ampliamento, adeguamento ambientale, etc.), non espressamente contemplato dall'art. 3 del decreto ministeriale 11 dicembre 1996, l'interpretazione corrente della norma si traduce nell'applicabilita' del criterio differenziale limitatamente ai nuovi impianti che costituiscono la modifica.

 

 

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SULL'APPLICAZIONE DELLA NORMATIVA RUMORE: UNA CIRCOLARE DEL MINISTERO DELL'AMBIENTE