chiarimenti
5 aprile 2001

20 NUOVE DOMANDE SUI SERBATOI INTERRATI

1. A proposito di serbatoi a servizio di impianti di produzione calore, di capacità non superiore ai 15 mc, si intende il singolo serbatoio o, in caso di più serbatoi, la loro sommatoria?

Nel caso di più serbatoi collegati senza intercettazione (batterie di recipienti), questi ultimi devono considerarsi come un unico serbatoio di capacità pari alla somma di tutti i recipienti collegati: pertanto, essi ricadono nel campo di applicazione del decreto se detta somma supera i 15 m3

2. Per i serbatoi interrati di capacità inferiore a 1 mc non si applica alcuna norma?

Le misure di protezione ambientale indicate nel decreto non si applicano, tuttavia l’assenza di queste garanzie non fa venire veno la responsabilità del gestore in caso di inquinamento. Quindi il consiglio è ancora quello di evitare l’interramento o, nell’impossibilità, di installare almeno serbatoi a doppia camera o inseriti in vasca di contenimento.

3. Per i serbatoi destinati a contenere oli minerali si applica il decreto 24 maggio 1999 n.246 o il DPR 18 aprile 1994 n.420?

Il DPR 420/94 si applica in relazione alle procedure e alle competenze. I requisiti di protezione ambientale sono sempre quelli previsti dal DM 246/99.

4. Per i nuovi serbatoi interrati che si intende installare deve essere presentata domanda o è sufficiente una autocertificazione?

Si devono considerare due aspetti. Il DM 246/99 ha innovato per quanto riguarda i requisiti di protezione ambientale dei serbatoi interrati, rimane invece inalterata la disciplina in materia edilizia. Trattandosi di un’opera fissa che comporta una trasformazione del territorio è soggetta alla normativa urbanistico-edilizia, in specie alla autorizzazione edilizia che deve essere rilasciata dal Comune. Oltre ai normali vincoli a cui sono assoggettate tute le opere edilizie si aggiungono ora i requisiti di costruzione fissati dal DM citato. Secondo i principi fissati dal DPR 447/99, regolamento di sportello unico, è necessario raccogliere tutti i procedimenti in una unica soluzione temporale per l’esame dei diversi enti. Pertanto alla domanda di autorizzazione edilizia dovrà essere allegata anche la documentazione comprovante la sussistenza dei requisiti fissati dal DM 246/99 e una copia della domanda dovrà essere inviata all’ARPA per il parere di competenza.

5. E’ possibile imporre criteri più restrittivi di quelli previsti dal decreto (esempio, prove di tenuta) oppure misure integrative (esempio, monitoraggio del terreno, pieziometri, ecc.) nel caso di significativi livelli di rischio?

In sede di autorizzazione all’installazione del serbatoio ovvero dell’impianto cui è annesso il serbatoio, l’autorità competente può motivatamente imporre prescrizioni più restrittive od aggiuntive rispetto agli adempimenti imposti dal D.M. 246/99.

6. Devono essere registrati i serbatoi non soggetti a concessione o autorizzazione?

Il termine "concessione" o "autorizzazione" a cui fa riferimento l’art.5 del decreto trae significato dalla disciplina in materia di oli minerali o da quella in materia di distribuzione di carburanti. In entrambi i casi numerosi sono stati i provvedimenti che hanno rimesso mano alla ripartizione delle competenze e alle modalità di rilascio degli atti di assenso comunque denominati, sia a livello centrale che periferico, per cui oggi si renderebbe necessario effettuare una ricognizione, Regione per Regione, per comprendere quali sono stati i mutamenti relativi all’applicazione di tali discipline.

In ogni caso, quale ne sia la conseguenza, rimane inalterata la normativa in materia edilizia e quindi ogni serbatoio, prima dell’installazione, deve essere stato autorizzato dal Comune.

Pertanto vige sempre l’obbligo della registrazione di cui al D.M. 246/99 così come si applicano i requisiti fissati dallo stesso.

7. E’ valida la registrazione effettuata su moduli non conformi all’Allegato A o B del D.M. 246/99?

Si considera valida, ai fini del D.M. 246/99, la registrazione realizzata con moduli diversi da quelli indicati nel decreto, purché corredati di tutti i dati indicati negli Allegati A o B, a seconda che si tratti, rispettivamente, di serbatoio esistente o nuovo. Qualora i dati risultino incompleti, sarà cura di ARPA richiedere le necessarie integrazioni, eventualmente specificando di utilizzare l’apposita modulistica.

8. A cosa si riferisce l’art.5, comma 3, del decreto quando nomina il RD 27 luglio 1934 n.1265?

Si tratta, come noto, del testo unico delle leggi sanitarie. L’art.220 del TULS regola le nuove costruzioni. E’ il riferimento normativo sulla base del quale il Sindaco, su parere ARPA, autorizza l’installazione del serbatoio.

9. L’articolo 6, comma 1 del decreto dispone che "il soggetto che intende installare un nuovo serbatoio interrato o un impianto comprendente nuovi serbatoi interrati…trasmette all’Amministrazione competente i moduli di registrazione dell’Allegato B…". Perché nell’Allegato B sono riportate alcune dizioni che potrebbero avere senso solo per i serbatoi esistenti?

Risulterebbero contraddittorie alcune voci riportate nell’Allegato B, le quali si adattano chiaramente a descrivere un serbatoio già installato ed in funzione ("in uso/temporaneamente fuori uso", sostanze "attualmente" in stoccaggio). E’ evidente che si tratta di un errore derivante dall’approssimazione con la quale spesso si redigono le leggi.

10. Vige l’obbligo di registrazione anche per i serbatoi attualmente utilizzati, previo svuotamento o bonifica, per stoccaggio di acqua ovvero riempiti con materiale inerte?

Il D.M. 246/99 prescrive la registrazione di tutti i serbatoi interrati che contengono ovvero hanno contenuto le sostanze di cui al D.Lgs. 132/92 (ora D.Lgs. 152/99).In particolare, per quanto riguarda i serbatoi esistenti, l’articolo 10 del decreto ne prevede la registrazione anche se "fuori uso, svuotati e bonificati". In particolare, nella parte VI, punto 1 dell’Allegato A, relativa allo stato del serbatoio, viene specificato che può trattarsi di serbatoio "vuoto"- nel qual caso va indicata la sostanza precedentemente contenuta- ovvero "permanentemente fuori uso".

11. Cosa si intende per dispositivo di sovrappieno del liquido?

Il riferimento è all’art.247 del DPR 547/55 il quale prevedeva di dotare le tubazioni di scarico di recipienti, serbatoi, vasche e canalizzazioni di un troppo pieno per impedire il rigurgito o il traboccamento. Tenendo conto dei principi di tutela ambientale sulla base dei quali è stato emanato il decreto devono essere adottate delle misure che prevengano l’inquinamento del suolo o delle acque in caso di troppo pieno. La soluzione migliore è un dispositivo di blocco automatico che intervenga nel corso delle operazioni di riempimento del serbatoio al superamento di un franco di sicurezza stabilito dall’impianto. La descrizione del dispositivo e lo schema di funzionamento devono essere allegati alla domanda di installazione del serbatoio.

12. Quali sono i controlli periodici di funzionalità descritti all’art.8, comma 2, del decreto e dove si può reperire un modello ufficiale di registro?

Per il registro si può utilizzare il modello emanato da ANPA. Tuttavia non essendo previsto un modello ufficiale possono andare bene anche altri registri a condizione che siano trascritte tutte le voci relative ai controlli indicati all’art.8. Per la funzionalità del serbatoio e dei dispositivi di contenimento e rilevazione si dovranno seguire i relativi metodi di prova indicati dal costruttore o quelli previsti da norme di buona tecnica.

13. Cosa si intende per "dismissione"?

Si ha "dismissione", ai sensi e per gli effetti dell’articolo 9 del D.M. 246/99, quando il serbatoio viene definitivamente escluso dal ciclo produttivo, venendo così meno la sua funzione originaria. Va, quindi, tenuta distinta la messa fuori uso temporanea, che presuppone, invece, la rimessa in esercizio del serbatoio con la precedente funzione. Permane, in ogni caso, l’obbligo di bonifica e messa in sicurezza – temporanea o definitiva (vedi punto successivo) - al fine di eliminare il rischio di sversamento di prodotti nel suolo o dell’instaurarsi di condizioni di infiammabilità del liquido o dei vapori all’interno del serbatoio.

14. Cosa si intende per "messa in sicurezza"?

L’articolo 9 del decreto prescrive che il serbatoio dismesso, oltre ad essere svuotato e bonificato, vada "messo in sicurezza" fino alla rimozione e smaltimento.

Innanzitutto, la messa in sicurezza deve garantire non solo dal rischio di contaminazione del terreno, ma anche dal rischio di scoppio/incendio (che potrebbe essere determinato da vapori di residui in concentrazioni di infiammabili) e da quello di sfondamento (dovuto alla presenza di volumi vuoti).

Si possono, in questo senso, distinguere due specifiche tipologie di intervento: una messa in sicurezza "temporanea" contraddistinta dall’adozione di misure quali, ad esempio, il riempimento con acqua che, oltre ad assicurare le condizioni specificate in precedenza, possano facilmente essere rimosse al fine di ripristinare il serbatoio alla sua funzione originale.

La messa in sicurezza "definitiva" è, al contrario, caratterizzata dall’effettuazione di opere che garantiscano in via permanente sicurezza ambientale e, soprattutto, staticità del sito: in particolare possono essere il riempimento con materiali inerte (litoide o meno) o con schiume poliuretaniche autoportanti.

Tuttavia la messa in sicurezza permanente deve essere giustificata dalla mancanza di alternative tecnicamente realizzabili ed economicamente sopportabili, come prevede il DM 471/99 sulla bonifica di siti contaminati. Si ritiene che, salvo situazioni particolari, la rimozione di serbatoi interrati sia quindi preferenziale e prioritaria.

15. Qual è il rapporto esistente tra "dismissione" e "rimozione" del serbatoio?

In caso di dismissione del serbatoio, il detentore è tenuto a procedere allo svuotamento e bonifica del medesimo, nonché alla messa in sicurezza "fino alla rimozione e smaltimento, secondo la normativa vigente" (articolo 9, comma1).

Il tenore della disposizione in esame nonché la finalità di tutela ambientale perseguita dal decreto evidenziano che il legislatore intende la rimozione come la naturale conseguenza della messa fuori uso del serbatoio. L’uso della terminologia non fa tuttavia pensare a un vero e proprio obbligo, a meno che non cessi l’attività alla quale è servito, in questo caso si configurerebbe un abbandono di rifiuti, che è appunto vietata. Oppure la rimozione potrebbe essere oggetto di specifica prescrizione ad opera del Comune, nei casi in cui l’area su cui insiste il serbatoio debba essere restituita alla sua originale destinazione urbanistica: tipico l’esempio dei distributori di carburanti, per i quali l’autorizzazione edilizia allo smantellamento contempla, di norma, il ripristino dello stato dei luoghi, con rimozione di tutte le attrezzature costituenti l’impianto sopra e sotto il suolo.

Quindi decidere che il serbatoio venga riutilizzato nel ciclo produttivo, sia pur con altra funzione, quale stoccaggio di acqua ad uso antincendio o raccolta delle acque di dilavamento, può solo spostare in avanti il momento della rimozione. Tuttavia, sempre tenendo conto della finalità della norma, non si avrebbe conoscenza per molto tempo delle conseguenze derivanti dal posizionamento del serbatoio in quel sito, dalla data di installazione. Volendo quindi mantenere il serbatoio per altri usi non si potrà prescindere dal fornire all’ARPA un’adeguata caratterizzazione del sito, mirata a rilevare l’eventuale presenza nel suolo circostante il serbatoio delle sostanze che erano nel medesimo contenute.

16. Le prove di tenuta dimostrano che il contenitore non è lesionato. Si possono escludere quindi contaminazioni?

Tali verifiche per le modalità e la periodicità di esecuzione, non consentono di escludere in via assoluta episodi di contaminazione del suolo, anteriori o in atto all’epoca della dismissione. Pertanto, si ritiene opportuno che alla notifica della dismissione venga allegata apposita relazione tecnica, la quale, oltre a descrivere le modalità della messa in sicurezza (vale a dire, l’elenco delle operazioni eseguite), contenga anche un’idonea caratterizzazione del sito. Quest’ultima, in particolare, dovrà essere condotta in modo da evidenziare il rispetto dei limiti di cui al D.M. 471/99, relativamente alle sostanze stoccate nel serbatoio.

17.Quali sono le metodologie per effettuare le prove di tenuta in assenza di indicazioni ministeriali?

Nel DM 246/99 è indicata la massima perdita che i sistemi di controllo della tenuta devono essere in grado di rilevare con la probabilità del 95%, pari a 400 ml/h, corrispondente a 9,6 lt/die. Le metodologie proposte per tali prove devono essere garantite per il grado indicato. A questo proposito si fa presente che è stato pubblicato il manuale Unichim n.195 che ha titolo "Prove di tenuta su serbatoi interrati, parte I". Il Gruppo di Lavoro che ha prodotto il manuale si è preoccupato di effettuare una ricognizione critica dei sistemi già in uso. Per ognuno dei 10 metodi esaminati è stato formulato un giudizio conclusivo. La scelta del metodo più adatto in ogni specifica situazione deve essere fatta caso per caso e dipende da numerose considerazioni: limite di rilevabilità, tempo di esecuzione, controllo delle tubazioni, presenza di falde idriche, tipo di suolo a contatto con il serbatoio.

Nel corso del 2001 sono previste verifiche in campo dell'efficacia delle singole metodiche.

18.Qual è il rapporto tra verifica dell’integrità strutturale e prova di tenuta?

La differenza sostanziale risiede nel fatto che la verifica di integrità strutturale mira a valutare, oltre che l’assenza di perdite, anche le condizioni strutturali del serbatoio in modo tale da poter escludere che vi siano possibili perdite e che il peso insistente sull’apparecchiatura possa causare variazioni volumetriche pericolose per la tenuta della stessa o, addirittura, collasso della struttura.Tali verifiche devono quindi comprendere in particolare la misura dello spessore delle pareti del serbatoio e dello stato di conservazione del rivestimento interno.Vi è inoltre una tempistica diversa: la verifica di integrità deve essere eseguita contestualmente al risanamento per poter assicurare un prolungamento della vita economica del serbatoio, mentre le prove di tenuta hanno carattere periodico ed una frequenza stabilita dal decreto in base all’anno di installazione del serbatoio ed alle sue caratteristiche tecniche.

19.Quali requisiti deve possedere il "tecnico qualificato" incaricato delle prove di tenuta?

In mancanza di disposizioni su eventuali specifici requisiti che caratterizzano la figura del "tecnico qualificato" di cui tratta il D.M. 246/99, si ritiene che le prove di tenuta possano essere affidate a tecnico con esperienza documentalmente dimostrata (anche mediante autocertificazione) nell’utilizzo dei metodi unificati (Norme UNI) nonché delle caratteristiche di pericolosità delle sostanze trattate.

20. Quali sono i criteri di sicurezza ambientale da adottare?

Le norme tecniche di riferimento da applicare ai serbatoi sono indicate nell’articolo 12, comma 1 del decreto, il quale recita:" Le norma tecniche da applicare alla progettazione, costruzione, installazione, conduzione e manutenzione, nonché controlli ed interventi, dei serbatoi interrati devono essere quelle emanate ai sensi dell’articolo 4, comma 1, lettera b) del presente decreto, o in mancanza quelle praticabili di riconosciuta validità a livello europeo o internazionale".

Si ritiene, pertanto, che, in attesa di uno specifico intervento del Ministero dell’Ambiente sull’argomento, valgano i criteri di sicurezza ambientale elaborati nella normativa tecnica internazionale di settore.

 

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