interventi
28 gennaio 2004

Il fatto. Martedì 13 gennaio all’Acciaieria AFV Beltrame di Vicenza è accaduto di fondere una sorgente radioattiva finita, per cause ancora non chiarite, tra i rottami in ingresso allo stabilimento. L’emergenza è scattata non appena gli autoveicoli preposti allo smaltimento delle polveri di abbattimento dal sistema di filtrazione a maniche installato sulle emissioni dei forni sono transitati attraverso il portale di controllo della radioattività posto all’uscita dallo stabilimento. La sorgente radioattiva non è quindi stata rilevata all’ingresso perché presumibilmente schermata o sigillata, ma solo dopo, quando a seguito della fusione, si è liberata nei fumi del forno fissandosi alle polveri raccolte dai filtri. L’evento ha assunto i connotati dell’emergenza per i valori molto alti riscontrati sul particolato, pari a 25000 bequerel/kg, e per la rilevante quantità di materiale che è risultato contaminato, 250 t. Il radionuclide responsabile della contaminazione è il Cesio 137. L’attività è stata sospesa e gli operai sottoposti ad esami clinici. Nel pomeriggio è’ stata data subito allerta alle Autorità Locali e agli Enti di controllo tra cui Asl, Arpa e Vigili del Fuoco.

Sotto l’aspetto sanitario per otto operai, i più esposti, si è proceduto ad un’indagine di tipo radiologico, denominata body total counter, i cui esiti sono stati confortanti per la salute di questi lavoratori. Per quanto riguarda le possibili ricadute all’esterno del perimetro industriale successivi campionamenti e misure dell’Arpa non hanno rilevato tracce di radioattività superiori al fondo naturale. Considerando i precedenti riguardanti incidenti analoghi avvenuti nel nostro Paese, in Europa e nel resto del mondo è possibile concludere come il nuovo caso italiano non abbia prodotto conseguenze significative nè danni alla salute e all’ambiente. L’unica sostanziale conseguenza è lo stato di crisi in cui è precipitata l’azienda costretta a sospendere le lavorazioni e ad attivare una bonifica degli impianti e dei depositi che si preannuncia molto onerosa. La Beltrame produce ogni anno 2 milioni e mezzo di tonnellate d’acciaio e vanta duemila dipendenti in nove sedi fra Italia, Francia, Belgio e Lussemburgo. Vicenza è il principale stabilimento produttivo, con Torino e Valencienne, in Francia.

Tra i problemi da affrontare si è posto quello dello smaltimento delle 250 tonnellate di polveri radioattive. Sono tre i siti in cui le polveri radioattive possono essere stoccate. Uno in Italia, gestito dall’Enea, e due all’estero, in Francia o in Germania. Prima che il materiale radioattivo possa essere trasportato, però, con tutte le necessarie autorizzazioni, passerà del tempo, soprattutto nel caso in cui la sede prescelta sia estera. Pertanto, per non far restare chiuso il complesso troppo a lungo, la polvere verrà stoccata in sicurezza in azienda ricavando un’area a ciò destinata all’interno dello stabilimento.

La presenza della sorgente radioattiva tra i rottami è stata messa in relazione alla scoperta, l'8 gennaio scorso, di un bidone di Cesio 137, caricato su un camion in ingresso alla Beltrame. Nel caso specifico, si tratterebbe di un isotopo utilizzato nell'industria per le gamma-grafie, una sorta di radiografie ai raggi gamma effettuate sulle saldature, per verificarne la tenuta. Il fusto era lesionato, disperdeva il contenuto sull’autoveicolo e questo ha fatto subito scattare l'allarme radioattività in fabbrica. Il fusto conteneva 50 millicurie di materiale radioattivo, una piccola quantità, non in grado di contaminare tonnellate di polvere. Secondo le ipotesi formulate alla Beltrame sarebbe dunque arrivata una partita di fusti e non uno solo oltre al primo, oppure si devono ricercare altre cause. Il cesio sarebbe partito da una ditta americana, la "Ohmart Corp" di Cincinnati, alla volta di Napoli dove sarebbe dovuto essere utilizzato nell’ambito della costruzione della metropolitana. La ditta acquirente invece nel ‘94 fallisce e, dopo una serie di passaggi, viene interessata la Italricavi di Pozzuoli che poi spedisce i rottami ferrosi raccolti alle Acciaierie Beltrame. I passaggi avvenuti non sono tuttavia chiari in quanto c’è un buco di 8 anni da riempire.

L’emergenza creatasi con la fusione della sorgente radioattiva avrebbe potuto acquisire connotati più preoccupanti se non fosse stato per il comportamento responsabile dell’Acciaierie Beltrame nel decidere di dotarsi per tempo di una strumentazione per il controllo della radioattività sugli autoveicoli all’ingresso e nell’avvertire subito le Autorità dell’accaduto.

La scelta della Beltrame di attrezzarsi per la prevenzione di possibili contaminazioni dei carichi di rottami è di qualche anno addietro e motivata dal ripetersi di incidenti simili sia in Italia che all’estero. Un rischio analogo si era corso già il 20 febbraio del 1996 quando nello scalo merci della stazione ferroviaria di Vicenza venne fermato un vagone radioattivo contenente materiale ferroso proveniente dalla Repubblica Ceka e diretto alle Acciaerie. La scoperta venne fatta dal servizio di fisica ambientale del Presidio multizonale di prevenzione dell’Ulss 6 nel corso di una normale operazione di controllo che riguardava tutti i carichi che provenivano da Paesi che non appartenevano alla Comunità europea. Il vagone contenente cesio venne immediatamente schermato e, dopo vari giorni, riavviato allo speditore estero per intervento dell’allora Prefetto Anna Maria Cancellieri.

L’evento che ha interessato la Beltrame può riguardare tutta la filiera del rottame. Quello che interessa è conoscere come sia possibile prevenire episodi simili, se non più gravi, di quello di cui oggi ci si sta occupando.

Le sorgenti "orfane"

Il problema della fusione accidentale di sorgenti radioattive indebitamente contenute nei rottami metallici si è posto a livello internazionale fin dagli anni Ottanta. In Italia i primi episodi si sono registrati a partire dal 1990. Il primo caso italiano ufficialmente dichiarato risale al 1988 e riguarda la fusione di rottami metallici contenenti Co60, seguito dagli altri nel 1989 (Sr90), nel 1991 (due casi, Cs137 e Am241), nel 1993 (Cs137), nel 1995 (Cs137), per arrivare all’incidente verificatosi nel 1997 presso lo stabilimento Alfa Acciai di Brescia quando la fusione di sorgenti di Cobalto 60 e di Cesio 137 di alta attività ha gravemente danneggiato l’azienda.

L'evento ha avuto inizio il 13 maggio 1997 e si è concluso a metà luglio per una durata di ben 65 giorni. Ha causato la compromissione di un’intera linea di fusione, la contaminazione delle polveri di abbattimento fumi e del prodotto finito, nonché l’esposizione a rischio radiologico dei lavoratori. La perdita di fatturato è stata stimata attorno ai 40 miliardi di vecchi lire. Durante tutto il periodo si è ricorso alla cassa integrazione per i lavoratori di tutti i comparti produttivi con il coinvolgimento di circa 200 unità al giorno, ogni lavoratore ha perso mediamente tre settimane lavorative per un monte ore complessivo pari a 50000 h. Il costo sostenuto dall' Azienda, sia in termini di bonifica sia in termini di costi fissi insopprimibili in mancanza di produzione, è di gran lunga superiore ai 10 miliardi di vecchie lire. Le polveri e i prodotti contaminati permangono a tutt'oggi in azienda, seppure in completa sicurezza, in quanto non esiste in Italia un sito idoneo a riceverli.

L’ultimo grave incidente radiologico in ordine di tempo si è verificato nel 1998 in Spagna presso l’acciaieria Acerinox, ad Algeciras, nei pressi di Gibilterra. La fusione accidentale di rottame metallico contenente sorgenti di Cs137 e di Co60 ha provocato la formazione di una nube radioattiva che, diffusasi grazie alla concomitante azione dei venti, ha contaminato mezza Europa, a più di 2000 Km dal luogo in cui avvenne l’incidente. A seguito dell'incidente la Spagna è intervenuta con alcune disposizioni vincolanti poi trasposte nel "Protocolo de colaboracion sobre la vigilancia radiologica des los materiale metalicos".

Nella Regione Piemonte nel periodo giugno 2000 - ottobre 2001, si sono registrati almeno cinque eventi anomali, quattro relativi alla fusione di sorgenti di Americio 241 (73 Bq/Kg) ed uno relativo alla fusione di una sorgente di Radio 226 (19 Bq/Kg) con la conseguente contaminazione non solo dei pani di alluminio ma anche delle scorie di fusione, dell’allumina, delle polveri di abbattimento fumi e dell’ambiente interno alla fonderia. In tutti i casi si è trattato di sorgenti di bassa attività presumibilmente riconducibili a rivelatori di fumo o a parafulmini radioattivi e questo ha limitato l’impatto radiologico sia sull’ambiente che sulla salute.

In seguito all’incidente presso l’Alfa Acciai, la Regione Lombardia ha ritenuto necessario un provvedimento che concretizzasse l’obbligo della sorveglianza radiometrica sui rottami. E’ stata quindi adottata dal Presidente della Giunta regionale una ordinanza contingibile e urgente, la n. 57671 del 20 giugno 1997 che impone una serie di controlli da effettuarsi all’esterno dei contenitori utilizzati per il trasporto del carico di rottami o altri materiali, al momento dello scarico e nelle fasi che precedono la lavorazione, dopo la fusione, sulle scorie e le polveri derivanti dall’impianto di abbattimento e nelle aree di lavoro a maggior rischio di contaminazione.

Da quando è entrata in vigore l’ordinanza lombarda e le aziende si sono attrezzate per la sorveglianza radiometrica agli ingressi merce sono stati rilevati, fino al 1999, più di 100 carichi di rottami metallici radiocontaminati, quasi tutti nella provincia di Brescia ove risiede la maggiore concentrazione di impianti di seconda fusione. Circa l’80% dei carichi era trasportato su gomme, il resto su rotaia. L’84% dei carichi era costituito da rottami ferrosi. L’ordinanza è tuttavia decaduta.

Per quanto riguarda il resto del mondo gli incidenti più gravi sono stati:

Una "sorgente radioattiva sigillata" è una sorgente la cui struttura è realizzata in modo da prevenire, nella normali condizioni d’uso, qualsiasi dispersione di radionuclidi nell’ambiente. Le sorgenti sigillate sono utilizzate nell’industria, nella medicina e nella ricerca. Fino agli anni 50 si utilizzavano radionuclidi di origine naturale come il Radio-226. Poi con l’avvento delle centrali nucleari si sono resi disponibili anche altri radionuclidi di origine artificiale. In accordo con il tipo di radiazione ci sono quattro principali categorie di sorgenti:

La presenza di queste sorgenti nei rottami metallici a volte è imputabile a errore umano, altre volte è dolosa. La Ue denomina queste sorgenti con la definizione di "orfane" proprio per sottolineare il fatto che della loro provenienza se ne è persa ogni traccia e non è possibile ricostruirne il percorso a ritroso.

In accordo con il Codice di Condotta sulla Sicurezza e la Salute nella manipolazione delle sorgenti radioattive (IAEA/CODEOC/2001 – Vienna 2001) si intendono per sorgenti orfane le sorgenti:

Secondo un recente studio sono circa 500.000 le sorgenti radioattive utilizzate in Europa negli ultimi 50 anni. Di queste 110.000 sono ancora in attività, mentre le rimanenti 390.000 sono temporaneamente o permanentemente in "disuso". Questo tuttavia non significa che la loro radioattività sia trascurabile o che le sorgenti siano diventate innocue per l'uomo o per l'ambiente.

In Europa le sorgenti in disuso che si trovano in deposito presso gli utilizzatori hanno una significativa probabilità di sottrarsi ai controlli e diventare orfane. Le ragioni perché ciò può avvenire sono diverse e in ordine di importanza:

Infine le sorgenti sigillate possono lesionarsi e perdere il contenuto. Questo evento incrementa drammaticamente le conseguenze derivanti dalla loro manipolazione sia nelle condizioni normali che accidentali.

Le ragioni per cui le sorgenti radioattive vengono sottratte ad un controllo pubblico nella UE possono essere raggruppate in queste categorie:

 

Le norme e i controlli

Nel nostro paese l'attuale regolamentazione sulle sorgenti radioattive sigillate è dettata dal Decreto Legislativo n°230 del 17 marzo 1995: "Attuazione delle direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 92/3/Euratom e 6/29/Euratom in materia di radiazioni ionizzanti". Il decreto è stato successivamente modificato e integrato con il DM 26 maggio 2000, n. 187, per l'attuazione della direttiva 97/43/Euratom il DM 26 maggio 2000, n. 241 per l'attuazione della direttiva 96/29/Euratom e il DM 9 maggio 2001, n. 257, di integrazione e correzione al D.L.vo n. 241/2000.

Ai sensi dell'art.1 le disposizioni del decreto si applicano:

a) alla costruzione, all'esercizio ed alla disattivazione degli impianti nucleari;

b) a tutte le "pratiche" che implicano un rischio dovuto a radiazioni ionizzanti provenienti da una sorgente artificiale o da una sorgente naturale nei casi in cui i radionuclidi naturali siano o siano stati trattati per le loro proprietà radioattive fissili o fertili e cioè:

1) alla produzione, trattamento, manipolazione, detenzione, deposito, trasporto, importazione, esportazione, impiego, commercio, cessazione della detenzione, raccolta e smaltimento di materie radioattive;

2) al funzionamento di macchine radiogene;

3) alle lavorazioni minerarie secondo la specifica disciplina di cui al capo IV;

b bis) alle attività lavorative diverse dalle pratiche di cui ai punti 1, 2 e 3 che implicano la presenza di sorgenti naturali di radiazioni, secondo la specifica disciplina di cui al capo III bis;

b ter) agli interventi in caso di emergenza radiologica o nucleare o in caso di esposizione prolungata dovuta agli effetti di un'emergenza oppure di una pratica o di un'attività lavorativa non più in atto, secondo la specifica disciplina di cui al capo X .

Per "pratica" si intende l'attività umana che è suscettibile di aumentare l'esposizione degli individui alle radiazioni provenienti da una sorgente artificiale, o da una sorgente naturale di radiazioni, nel caso in cui radionuclidi naturali siano trattati per le loro proprietà radioattive, fissili o fertili, o da quelle sorgenti naturali di radiazioni che divengono soggette a disposizioni del presente decreto ai sensi del capo III-bis. Sono escluse le esposizioni dovute ad interventi di emergenza.

Le funzioni ispettive sono descritte all'art.10.

1. Oltre alle competenze delle singole amministrazioni previste dalle disposizioni in vigore, comprese quelle attribuite agli organi del Servizio Sanitario Nazionale, ed a quelle stabilite nei capi IV, VIII e IX, le funzioni ispettive per l'osservanza del presente decreto nonchè, per quanto attiene alla sicurezza nucleare ed alla protezione sanitaria, della legge 31 dicembre 1962, n. 1860, sono attribuite all'ANPA (ora APAT), che le esercita a mezzo dei propri ispettori.

2. Gli ispettori di cui al comma 1 sono nominati con provvedimento del presidente dell'ANPA stessa.

3. Gli ispettori dell'ANPA hanno diritto all'accesso ovunque si svolgano le attività soggette alla loro vigilanza e possono procedere a tutti gli accertamenti che hanno rilevanza per la sicurezza nucleare e la protezione dei lavoratori, delle popolazioni e dell'ambiente. In particolare possono:

a) richiedere dati ed informazioni al personale addetto;

b) richiedere tutte le informazioni, accedere a tutta la documentazione, anche se di carattere riservato e segreto, limitatamente alla sicurezza nucleare ed alla radioprotezione;

c) richiedere la dimostrazione di efficienza di macchine e apparecchiature;

d) procedere agli accertamenti che si rendono necessari a loro giudizio ai fini di garantire l'osservanza delle norme tecniche e delle prescrizioni particolari formulate ai sensi del presente decreto.

4. Copia del verbale di ispezione deve essere rilasciata all'esercente o a chi lo rappresenta sul posto, i quali hanno diritto di fare inserire proprie dichiarazioni. L'ispettore fa menzione nello stesso verbale delle ragioni dell'eventuale assenza della sottoscrizione da parte dell'esercente o dal suo rappresentante.

5. Nell'esercizio delle loro funzioni gli ispettori della ANPA sono ufficiali di polizia giudiziaria.

6. L’ANPA informa gli organi di vigilanza competenti per territorio degli interventi effettuati (ved.art.59).

L'importazione, la produzione, il commercio di sorgenti radioattive è soggetto ad informativa ai sensi dell'art.19

1. Chiunque importa o produce, a fini commerciali, o comunque commercia materie radioattive, prodotti e apparecchiature in genere contenenti dette materie, deve provvedere a che ogni sorgente immessa in commercio sia accompagnata da una informativa scritta sulle precauzioni tecniche da adottare per prevenire eventuali esposizioni indebite, nonchè sulle modalità di smaltimento o comunque di cessazione della detenzione.

Lo smarrimento od il rinvenimento di sorgenti radioattive è descritto all'art. 25

1. Il detentore, nell’ipotesi di smarrimento o di perdita, per qualsiasi causa, di materie radioattive, comunque confezionate, e di apparecchi contenenti dette materie, deve darne immediatamente comunicazione agli organi del Servizio sanitario nazionale e al Comando provinciale dei vigili del fuoco competenti per territorio, alla più vicina autorità di pubblica sicurezza, al Comandante di porto e all'Ufficio di sanità marittima, ove di loro competenza, e all'ANPA.

2. Il ritrovamento delle materie e degli apparecchi di cui al comma 1 da parte di chi ha effettuato la comunicazione deve essere immediatamente comunicato alla più vicina autorità di pubblica sicurezza.

3. Il ritrovamento di materie o di apparecchi recanti indicazioni o contrassegni che rendono chiaramente desumibile la presenza di radioattività deve essere comunicato immediatamente alla più vicina autorità di pubblica sicurezza.

L'impiego di sorgenti radioattive è soggetto a speciale nullaosta ai sensi dell'art.27 e seguenti:

1. Gli impianti, stabilimenti, istituti, reparti, gabinetti medici, laboratori, adibiti ad attività comportanti, a qualsiasi titolo, la detenzione, l'utilizzazione, la manipolazione di materie radioattive, prodotti, apparecchiature in genere contenenti dette materie, il trattamento, il deposito e l'eventuale smaltimento nell’ambiente di rifiuti nonchè l'utilizzazione di apparecchi generatori di radiazioni ionizzanti, debbono essere muniti di nulla osta preventivo secondo quanto stabilito nel presente capo. Le attività di cui al presente comma sono tutte di seguito indicate come impiego di sorgenti di radiazioni ionizzanti.

All'art.30 sono dettate particolari disposizioni per l’allontanamento dei rifiuti

1. L’allontanamento di materiali destinati ad essere smaltiti, riciclati o riutilizzati in installazioni, ambienti o, comunque, nell'ambito di attività a cui non si applichino le norme del presente decreto, se non è disciplinato dai rispettivi provvedimenti autorizzativi, è comunque soggetto ad autorizzazione quando detti rifiuti o materiali contengano radionuclidi con tempi di dimezzamento fisico maggiore o uguale a settantacinque giorni o in concentrazione superiore ai valori determinati ai sensi dell'articolo 1 (1000 Bq/kg). I livelli di allontanamento stabiliti negli atti autorizzatori debbono soddisfare ai criteri fissati con il decreto di cui all'articolo 1, comma 2, che terrà conto anche degli orientamenti tecnici forniti in sede comunitaria.

La vigilanza sulle attività descritte all'art.1 alle quali siano addetti lavoratori subordinati o ad essi equiparati ai sensi dell'articolo 60, ivi comprese le attività esercitate dallo Stato, dagli enti pubblici, territoriali e non territoriali, dagli organi del Servizio Sanitario Nazionale, dagli istituti di istruzione, dalle università e dai laboratori di ricercaè demandata, ai sensi dell' art. 59, oltre che all'ANPA, al Ministero del lavoro e della previdenza sociale, che la esercita a mezzo dell'Ispettorato del lavoro e, nel caso di macchine radiogene, agli organi del servizio sanitario nazionale (ASL) competenti per territorio.

Questi sono solo alcuni estratti del Decreto Legislativo n° 230, peraltro estremamente imponente (163 articoli, 105 pagine più numerosi allegati) e complesso tecnicamente per le specificità della disciplina. Da quanto si può già arguire si tratta comunque di una regolamentazione effettivamente molto dettagliata e con diversi punti a favore rispetto a quello che può essere il controllo preventivo e periodico esercitato in altri paesi membri. Tuttavia sull'argomento di cui stiamo trattando, il rischio di contaminazione di rottami con sorgenti radioattive orfane, non siamo ancora nelle migliori condizioni.

 

La sorveglianza radiometrica sui rottami

L'unica indicazione dettata in proposito è l'art.157 del Decreto Legislativo n°230 del 17 marzo 1995. Questo recita così:

1.I soggetti che, a scopo industriale o commerciale, compiono operazioni di fusione di rottami o di altri materiali metallici di risulta sono tenuti ad effettuare una sorveglianza radiometrica sui predetti materiali e rottami, al fine di rilevare la presenza in essi di eventuali sorgenti dismesse. Nel caso di ritrovamento si applica quanto disposto dall'articolo 25, comma 3.

2.Agli obblighi di cui al comma 1 sono altresì tenuti i soggetti che esercitano attività, a scopo commerciale, comportanti la raccolta ed il deposito dei predetti materiali e rottami. Sono escluse le attività che comportano esclusivamente il trasporto.

3.Con decreto del Ministro della sanità, di concerto con i Ministri dell'industria, del commercio e dell'artigianato, del lavoro e della previdenza sociale e dell'ambiente, sentita l'ANPA, sono stabilite le condizioni di applicazione del presente articolo, indipendentemente dal verificarsi delle condizioni fissate ai sensi delle disposizioni di cui all'articolo 1, e le eventuali esenzioni.

Il decreto che doveva essere emanato ai sensi del terzo comma dell'art.157 non ha ancora visto la luce. Sono passati ormai 8 anni. Considerato l'elevato rischio che si corre nel sottoporre a fusione una sorgente radiogena ad alta attività e le probabilità che ciò possa avvenire, visto che in Italia arrivano qualcosa come 7 milioni di tonnellate l'anno, si tratta di una grave mancanza, vieppiù osservando il tempo che si perde in Parlamento nella discussione dei testi unici sull'ambiente, tanto illusori quanto di breve durata.

E' pur vero che molte aziende, come la Beltrame, si sono volontariamente dotate di strumentazioni di rilevamento, i cosiddetti portali. Ma per una che si è attrezzata, l'altra non l'ha ritenuto indispensabile. E non si tratta solo di acciaierie che recuperano il rottame ferroso, ma anche di fonderie di rottami di zinco od alluminio. Il nostro Paese può permettersi di lasciare al caso e alla buona volontà dei singoli questa scelta di prevenzione? Peraltro si tratta in concreto di stabilire quali apparecchiature, metodi e criteri devono essere assicurati in modo che lo stesso livello di prevenzione sia presente in tutte le condizioni. Servono cioè regole tecniche che solo un autorità pubblica ha la responsabilità e il compito di definire.

"Se il materiale radioattivo è correttamente schermato, non c’è apparecchiatura in commercio che possa verificarlo". Questo è quello che dice Egidio Turchetti, direttore di Assofermet, l’associazione dei commercianti di prodotti siderurgici che conta circa 500 ditte in tutta Italia e che ha seguito da vicino l’allarme alla Beltrame. "L’articolo 157 del decreto legislativo 230 del 1995 prevede che vi siano dei controlli sulla radioattività, ma anche che la questione venga affrontata con un decreto attuativo. Una carenza che il legislatore non ha ancora colmato. Con una campagna promozionale, l’Assofermet ha convinto le aziende, grazie anche a delle convenzioni, ad acquistare le apparecchiature per verificare eventuali sorgenti pericolose, ed oggi quasi tutte ne sono dotate. Se c’è stato un incidente significa che qualcuno l’ha smaltito illegalmente. "

Come si è visto nell'incidente della Beltrame l'allarme è scattato solo dopo la fusione della sorgente. Il portale, da solo, non è quindi in grado di dare grandi certezze, se non troppo tardi rispetto all'accadimento. Questo non può quindi costituire una giustificazione, occorre che il legislatore invece ci dica dove il sistema di prevenzione e allarme possa essere migliorato.

In una interrogazione urgente al Ministero dell'Ambiente l'On. FRANCESCO NUCARA, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio, alla domanda se installare un rilevatore nell’impianto di abbattimento dei fumi e nei pozzetti per le colate e poi verificare come funzionano i controlli in altre grosse acciaierie non ha fornito alcuna risposta, tanto che l'interrogante ha concluso "Ho capito: siamo ancora soli - in questo caso nella mia città - e dobbiamo sbrigarcela nel miglior modo possibile, con il buon senso e con l'iniziativa delle autorità cittadine; in sostanza, con le nostre forze, perché dal Governo non viene nulla."

E dire che l'argomento era già stato ampiamente sviscerato in una sede importante come la Commissione Bicamerale d'Inchiesta sul Ciclo dei Rifiuti nel dicembre del 1997. Lì l'allora Sottosegretario di Stato per la Sanità, senatrice Monica Bettoni, così relazionava: "Su questa specifica materia, il decreto ministeriale previsto dal richiamato articolo 157 è già predisposto ma deve ancora essere sottoposto al concerto tra i ministeri competenti. Il ritardo finora accumulato in riferimento all'iter del decreto (ed anche quello che presumibilmente andrà accumulandosi, anche se mi auguro che ciò non accada) è dovuto ad alcuni problemi che credo vadano prospettati in modo molto chiaro.

Anzitutto, va riaffermata l'esigenza di considerare insufficienti i controlli alle frontiere; in secondo luogo, va acquisita la consapevolezza che, per esercitare i controlli, è necessaria una attrezzatura adeguata. Il decreto legislativo n. 230 prevede un onere per l'utilizzatore; ciò significa che quest'ultimo deve attrezzarsi in modo adeguato e deve sostenere una serie di costi. Noi riteniamo che tali costi debbano essere sostenuti dai diretti utilizzatori, così come del resto si evince dalla filosofia sottesa ad alcuni importanti provvedimenti, quale è il decreto legislativo n. 626, in materia di sicurezza sul lavoro. Naturalmente, questa impostazione dovrebbe prevedere alcune eccezioni, soprattutto con riferimento alle piccole realtà dedite alla lavorazione dei rottami. Chi, ad esempio, distrugge una piccola automobile, non può disporre di un apparato di controllo adeguato, né potrebbe sostenere i relativi oneri economici. Si tratta quindi di stabilire le modalità attraverso le quali garantire un supporto a queste realtà particolari."

Per quale motivo un decreto già predisposto nel 1997 non è mai stato emanato?

Nella stessa seduta il Sottosegratario di Stato svolgeva una riflessione anche sul tema dei controlli: "Quando il regime dei controlli si frammenta tra vari organismi istituzionali (Servizio Sanitario Nazionale, ANPA, Presidi Multizonali di Prevenzione che ancora non sono diventati ARPA, quelli che sono già ARPA, ISPESL, Vigili del Fuoco per certe competenze, Regioni), obiettivamente il quadro diviene molto dispersivo ed il controllo, soprattutto a carattere preventivo, non migliora. E' una riflessione che stiamo facendo e che vogliamo approfondire: essa riguarda in particolare la radioattività (per la quale vi è stato un radicale cambiamento) ma anche tutto il sistema della prevenzione." Anche questo elemento di preoccupazione non è mai stato oggetto di alcun intervento chiarificatore.

E' comunque vero che il recuperatore finale non è che l'ultima parte della filiera riguardante i rottami ferrosi e non ferrosi e che, per quanto attiene alle sue responsabilità su eventi del genere, queste siano comunque da mettersi in secondo piano rispetto a quelle dell'utilizzatore di una sorgente radiogena in disuso che, in qualche modo, la abbandona al suo destino. La prevenzione deve cioè essere assicurata molto più a monte, laddove la distrazione dell'uno o l'inconsapevolezza dell'altro può causare gravi danni a terzi sia lavoratori che imprese che semplici cittadini.

La Comunità Eurpea a questo proposito ha recentemente (e finalmente) emanato la Direttiva 2003/122/Euratom.

 

La Direttiva 2003/122/Euratom sul controllo delle sorgenti sigillate ad alta attività e delle sorgenti orfane

La Direttiva, pubblicata sulla G.U.C.E. del 31/12/2003, fornisce alcune definizioni importanti:

a) "sorgente orfana": una sorgente sigillata il cui livello di attività al momento della sua scoperta è superiore ai valori esenti di cui all'articolo 3, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 96/29/Euratom e che non è sottoposta a controlli da parte delle autorità o perché non lo è mai stata o perché è stata abbandonata, smarrita, collocata in un luogo errato, rubata o trasferita ad un nuovo detentore senza che sia stata debitamente inviata una notifica all'autorità competente o senza che il destinatario sia stato informato;

b) "sorgente ad alta attività", in appresso sorgente: una sorgente sigillata contenente un radionuclide la cui attività al momento della fabbricazione o, se questo non è noto, della prima immissione sul mercato è uguale o superiore al pertinente livello di attività indicato nell'allegato I;

f) "sorgente dismessa": una sorgente non più utilizzata, né destinata ad essere utilizzata per la pratica per cui è stata concessa l'autorizzazione;

Il detentore di una sorgente è assoggettato ad autorizzazione preventiva per ogni pratica concernente una sorgente, compresa l'entrata in possesso di una sorgente, ma prima di concedere un'autorizzazione devono essere state adottate le misure opportune per la gestione sicura della sorgente, compreso il momento in cui verrà dismesse. Peraltro diventa obbligatorio per il detentore prestare una garanzia finanziaria o altri strumenti equivalenti nel momento in cui la sorgente verrà dismessa, anche nel caso in cui il detentore diventi insolvente o cessi l'attività. La preoccupazione principale risiede nell'assicurarsi che il detentore sia disincentivato dall'abbandonare la sorgente per l'alto costo che comunque dovrebbe sostenere a causa del ristoro della fideiussione. E una riflessione viene spontanea: quanti danni, non solo economici, potremmo evitare se la detenzione di sostanze pericolose per l'ambiente o per la salute fosse assoggettata a garanzia finanziaria? Se si svolgesse un censimento sui fallimenti che hanno lasciato gravose eredità ambientali sulle spalle delle casse comunali ci si sorprenderebbe delle cifre che girano.

La Direttiva prevede inoltre l'istituzione di un inventario nel quale devono risultare i trasferimenti delle sorgenti da un fornitore ad un utilizzatore e da un utilizzatore ad un altro fino allo smaltitore finale.

Ogni detentore deve tenere un registro in cui ubicare le sorgenti e trascrivere i trasferimenti. Copia cartacea o su supporto informatico del registro deve essere trasmesso periodicamente alle Autorità, almeno ogni 12 mesi. Il detentore ha poi altri obblighi riguardanti la manutenzione e la sorveglianza dell'integrità della sorgente. Ogni sorgente deve essere identificata, marcata e registrata. Deve essere redatto un protocollo per impedire l'accesso non autorizzato, lo smarrimento o il furto o il suo danneggiamento.

Per quanto riguarda l'elemento più critico del ciclo di vita di una sorgente radioattiva, la sua dismissione, la Direttiva richiede che questa, una volta non più in uso, sia restituita tempestivamente al fornitore, ad altro detentore autorizzato o alla smaltitore finale.

Il problema delle sorgenti orfane è trattato all'art.9. Gli Stati Membri devono predisporre piani di intervento per prepararsi al possibile ritrovamento di una sorgente orfana, fornendo consulenza immediata a chi effettua la segnalazione e non ha normalmente una conoscenza adeguata dei rischi radiologici che si possono correre.

Sul tema della sorveglianza radiomentrica dei rottami la UE richiede che gli Stati membri incoraggino l'introduzione di sistemi diretti al ritrovamento di sorgenti orfane in luoghi come i grandi depositi di rottami e gli impianti di riciclaggio dei rottami metallici, in cui è in genere possibile che le sorgenti orfane vengano rinvenute, o i principali nodi di transito, ove opportuno, quali le dogane.

Inoltre è previsto che siano promosse campagne di recupero delle sorgenti orfane che sono state tramandate da attività del passato. Le campagne possono comprendere anche ricerche negli archivi storici delle autorità competenti, come le dogane, e dei detentori, come gli istituti di ricerca, i laboratori per prove sui materiali o gli ospedali.

 

Conclusioni

In attesa che la Direttiva 2003/122/Euratom venga recepita nel nostro Paese vi sono gli strumenti per poter pianificare una campagna straordinaria di controllo sulle sorgenti orfane e, prima ancora, sulle sorgenti di cui attualmente è noto il detentore e quindi la relativa localizzazione. Si tratta di garantire non solo che sia assicurata l'integrità delle sorgenti nei confronti dei lavoratori e dei pazienti, ma anche e soprattutto di accertare il reale utilizzo delle stesse affinchè si possa evitare che le condizioni di disuso alle quali possono essere assoggettate non costituiscano l'anticamera per un loro smarrimento, più o meno intenzionale. Da raccomandare a questo proposito la scheda di sopralluogo dell'A.S.L. Città di Milano - U.O. Tossicologia ed Epidemiologia Ambientale - Protocollo di sopralluogo inerente la gestione dei rifiuti radioattivi e/o delle sorgenti sigillate esauste in attivita’ sanitarie.

 

Letture correlate

DIRETTIVA 2003/122/EURATOM DEL CONSIGLIO del 22 dicembre 2003 sul controllo delle sorgenti radioattive sigillate ad alta attività e delle sorgenti orfane

Svizzera - Ordinanza concernente la manipolazione di sorgenti radioattive sigillate in medicina

Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attivita' illecite ad esso connesse - Audizione del Sottosegretario alla Sanità sulle sorgenti radioattive

Decreto Legislativo del Governo n° 230/1995 modificato dal 187/2000 e dal 241/2000 "Attuazione delle direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 92/3/Euratom e 96/29/Euratom in materia di radiazioni ionizzanti.".

 

COM(2002) 130 final - Proposal for a COUNCIL DIRECTIVE on the control of high activity sealed radioactive sources

 

Radioactive Waste Management in European Union - Derek M.Taylor Head, Nuclear safety, regulation and radioactive waste management European Commission

 

Interrogazione UE - Insufficienza dei controlli sulla presenza di materiali radioattivi nel trasporto, nell'immagazzinamento e nella trasformazione dei rottami

  AUTORITA' PORTUALE DI VENEZIA Ordinanza n 57 del 8 giu 1998 - norme procedurali per lo scarico di rottami di ferro di provenienza extra comunitaria.

 

Toscana - Legge Regione 7 luglio 2003, n. 32 - Disciplina dell'impiego di sorgenti di radiazioni ionizzanti

 

Ordinanza del Presidente della Regione Lombardia del 20 giu 1997 - Ordinanza finalizzata alla definizione delle modalità temporanee di attuazione della sorveglianza radiometrica, prevista dal d.lgs. 17 marzo 1995, n. 230, su rottami o su altri materiali metallici di risulta destinati alla fusione

 

Spagna - Protocolo de colaboracion sobre la vigilancia radiologica des los materiale metalicos

 

Radioactive scrap metals

 

RISOLUZIONE DEL CONSIGLIO 2002/C 119/05 sulla creazione di sistemi nazionali di sorveglianza e controllo della presenza di materie radioattive nel riciclaggio di materiali metallici negli Stati membri

 

RADIOATTIVITA’ – Trasporto involontario di una sorgente radioattiva

 

A.S.L. Città di Milano - U.O. Tossicologia ed Epidemiologia Ambientale - Protocollo di sopralluogo inerente la gestione dei rifiuti radioattivi e/o delle sorgenti sigillate esauste in attivita’ sanitarie.

 

 

 

 

 

 

home page
l'autore
mappa del sito
tutti i links

 

 

documenti
leggi e sentenze
chiarimenti
interventi

 

 

 

UNA SORGENTE RADIOATTIVA TRA I ROTTAMI FERROSI