interventi
20 maggio 2005

L'ultimo "effetto collaterale" delle procedure semplificate in materia di rifiuti non pericolosi è stato messo in luce dal Corpo Forestale dello Stato della Regione Veneto che, dopo un anno di indagini, su impulso del magistrato inquirente, ha provveduto a sequestrare due stabilimenti di produzione del calcestruzzo più quattro chilometri della Linea Alta Velocità Venezia-Milano, un cavalcavia, un cantiere di una zona industriale ed una strada. Il reato: aver utilizzato come sottofondo una miscela di cemento contenente rifiuti non consentiti o comunque non sufficientemente inertizzati. Le persone indagate sono 28 tra chi ha esercito i due impianti di produzione, chi ha conferito rifiuti perché venissero introdotti nella miscela cementizia e chi ha utilizzato la stessa per la realizzazione delle opere descritte.

Il reato è naturalmente quello di traffico illecito di rifiuti consistente nell'utilizzazione di un paravento come quello della produzione di "conglomerati nelle forme usualmente commercializzate"per poter smaltire rifiuti che altrimenti sarebbe stato troppo oneroso eliminare secondo le modalità corrette.

All'origine del fatto c'è un'impresa di produzione di calcestruzzo, peraltro certificata ISO 14001 (il che renderebbe necessaria una riflessione sulla relativa facilità con cui vengono rilasciate questo tipo di certificazioni), che si è messa sul mercato come impianto di recupero di rifiuti in procedura semplificata. Una volta ottenuto l'assenso l'impresa si è specializzata nella produzione di "misti cementati, miscele cementizie fluide, miscele cementizie indurite" contenenti rifiuti in sostituzione dei normali aggregati (pietrisco, tout-venant).

Misti cementati e miscele sono in genere utilizzati come materiale di riempimento nella realizzazione degli infrastrati di corpi stradali da eseguirsi secondo i capitolati d'appalto dell'ANAS e le specifiche tecniche del CNR. Altri usi delle miscele fluide come sigillatura di fognature e gallerie, tamponamenti di opere provvisorie, inertizzazione di serbatoi in disuso, riempimenti di scavi non sono invece sottoposti a normazione.

Per comprendere cosa sia avvenuto è indispensabile un approfondimento.

Il primo aspetto che preme subito chiarire è che è del tutto lecito utilizzare rifiuti negli strati di fondazione dei corpi stradali, lecito naturalmente alle condizioni dettate dal Decreto Ministeriale 5 febbraio 1998. C'è una serie di rifiuti il cui codice rientra tra quelli appartenenti alle diverse tipologie del decreto che possono adeguatamente sostituire gli aggregati attualmente utilizzati sia per la realizzazione di rilevati che di sottofondi, come si legge dalla tabella seguente.

Tabella 1 : utilizzo per rilevati o sottofondi stradali

CLASSE CER

DESCRIZIONE

TIPOLOGIA

010100

Rifiuti di estrazione di minerali

.

010102

Rifiuti di estrazione di minerali non metalliferi

7.17

010200

Rifiuti derivanti dal trattamento di minerali

.

010202

Rifiuti derivanti dal trattamento di minerali non metalliferi

7.2 – 7.17 – 12.3

010300

Rifiuti derivanti da ulteriori trattamenti chimici e fisici di minerali metalliferi

.

010302

Polveri e rifiuti polverosi

7.17

010399

Rifiuti non specificati altrimenti

7.2

010400

Rifiuti derivanti da ulteriori trattamenti chimici e fisici di minerali non metalliferi

.

010401

Ghiaia e rocce triturate di scarto

7.2 – 7.17

010403

Polveri e rifiuti polverosi

7.2 – 12.3

010406

Rifiuti derivanti dalla lavorazione della pietra (sfridi)

7.2 – 12.3

020400

Rifiuti della raffinazione dello zucchero

.

020402

Carbonato di calcio fuori specifica

7.16 – 7.17

020499

Rifiuti non specificati altrimenti

7.16 – 7.17

020700

Rifiuti della produzione di bevande alcoliche e analcoliche

.

020701

Rifiuti da operazione di lavaggio, pulizia e macinazione della materia prima

7.17

020799

Rifiuti non specificati altrimenti

7.16 – 7.17

030100

Rifiuti della lavorazione del legno e della produzioni di pannelli e mobili

.

030199

Rifiuti non specificati altrimenti

12.15

030300

Rifiuti della produzione e della lavorazione della carta, polpa e cartone

.

030306

Fibra e fanghi di carta

13.2

030399

Rifiuti non specificati altrimenti

13.2

050600

Rifiuti del trattamento pirolitico del carbone

.

050699

Rifiuti non specificati altrimenti

7.24

060300

Sali e loro soluzioni

.

060301

Carbonati (tranne 020402 e 191003)

7.18

060800

Rifiuti della produzione di silicio e di derivanti del silicio

.

060801

Rifiuti della produzione di silicio e di derivanti del silicio

13.11

060900

Rifiuti da processi termici del fosforo

.

060902

Scorie contenenti fosforo

4.1

061300

Rifiuti da altri processi chimici inorganici

.

061399

Rifiuti non specificati altrimenti

7.24

070100

Rifiuti da PFFU di prodotti chimici organici di base

.

070199

Rifiuti non specificati altrimenti

7.18

100100

Rifiuti di centrali termiche ed altri impianti termici (eccetto 190000)

.

100101

Ceneri pesanti

13.2

100102

Ceneri leggere

13.2

100199

Rifiuti non specificati altrimenti

7.24

100200

Rifiuti dell’industria del ferro e dell’acciaio

.

100202

Scorie non trasformate

4.4 – 5.17

100201

Rifiuti della trasformazione delle scorie

4.4

100206

Rivestimenti e refrattari inutilizzati

7.25

100299

Altri rifiuti non specificati altrimenti

5.18 – 7.17 – 7.25

100600

Rifiuti della metallurgia termica del rame

.

100601

Scorie (prima e seconda fusione)

4.1

100602

Incrostazioni e loppe (prima e seconda fusione)

4.1

100800

Rifiuti di altri processi metallurgici non ferrosi

.

100801

Scorie (prima e seconda fusione)

4.1

100802

Incrostazioni e loppe (prima e seconda fusione)

13.11

100900

Rifiuti della fusione di materiali ferrosi

.

100901

Forme di scarto contenenti leganti organici inutilizzate

7.25

100902

Forme contenenti leganti organici utilizzate

7.25

100903

Scorie di fusione

4.4

100904

Polveri di fornace

7.25

101000

Rifiuti della fusione di materiali non ferrosi

.

101003

Scorie di fusione

4.1

101099

Rifiuti non specificati altrimenti

7.5

101100

Rifiuti della fabbricazione del vetro e prodotti di vetro

.

101103

Materiale di scarto a base di vetro

12.9

101200

Rifiuti della fabbricazione di prodotti di ceramica, mattoni, mattonelle e materiali da costruzione

.

101299

Rifiuti non specificati altrimenti

7.5

101300

Rifiuti della fabbricazione di cemento, calce, gesso e manufatti con questi materiali

.

101304

Rifiuti della calcinazione e dell’idratazione della calce

7.18

120100

Rifiuti di lavorazione ( forgiatura, saldatura, stampaggio, trafilatura, smussamento, perforazione, taglio, troncatura e limatura)

.

120101

Limatura, scaglie e polveri di metalli ferrosi

7.10

120102

Altre particelle di materiali ferrosi

7.10

120103

Limatura, scaglie e polveri di materiali non ferrosi

7.10

120104

Altre particelle di materiali non ferrosi

7.10

120200

Rifiuti di trattamento meccanico di superficie (sabbiatura, frantumazione, rettificazione, lappatura, lucidatura)

.

120201

Polvere per sabbiatura esausta

7.10

120202

Fanghi da rettifica, affilatura e lappatura

12.11

120203

Fanghi di lucidatura

12.11

170300

Asfalto catrame e prodotti catramosi

.

170301

Asfalto contenente catrame

7.6

170500

Terre e fanghi di dragaggio

.

170502

Terra di dragaggio

12.2

Il riutilizzo come sottofondo o nei rilevati è ammesso a condizione che i rifiuti individuati soddisfino i requisiti stabiliti dal test di cessione descritto nell'allegato III del decreto. Questo test prevede che il rifiuto sia immerso in una soluzione acquosa deionizzata, da rinnovare ad intervalli di tempo prestabiliti, per un totale di durata della prova di 16 giorni. Le determinazioni analitiche per la ricerca dei microinquinanti sono effettuate su ogni soluzione ottenuta da otto fasi di eluizione (ogni 2, 8, 24, 48, 72, 102, 168, e 384 ore) ricercando i parametri significativi e rappresentativi del campione in esame. Il confronto con i valori limite stabiliti nella tabella seguente va effettuato con il valore risultante dalla sommatoria delle concentrazioni riscontrate nelle soluzioni ottenute nelle singole otto fasi di estrazione

Parametri

Unità di misura

Concentrazioni limite

Nitrati

mg/l NO3

50

Fluoruri

mg/l F

1,5

Solfati

mg/l SO4

250

Cloruri

mg/l Cl

200

Cianuri

µg/l Cn

50

Bario

mg/l Ba

1

Rame

mg/l Cu

0,05

Zinco

mg/l Zn

3

Berillio

µg/l Be

10

Cobalto

µg/l Co

250

Nichel

µg/l Ni

10

Vanadio

µg/l V

250

Arsenico

µg/l As

50

Cadmio

µg/l Cd

5

Cromo totale

µg/l Cr

50

Piombo

µg/l Pb

50

Selenio

µg/1 Se

10

Mercurio

µg/l Hg

1

Amianto

mg/l

30

COD

mg/l

30

pH

5.5 < > 12,0

Il campione da sottoporre ad analisi deve essere nella stessa forma fisica in cui si prevede l'impiego.

Per i materiali inertizzati il test va condotto dopo un periodo sufficientemente lungo dalla loro preparazione (un mese minimo) al fine di minimizzare le variazioni dovute ai cambiamenti nella struttura porosa e nella fase minerale.

Con l'esclusione di tutti i codici di rifiuti "non specificati altrimenti", i quali nulla ci dicono sulle caratteristiche del rifiuto, si tratta nella maggiorparte dei casi di scarti che, con buona probabilità, sono in grado di superare il test e quindi di poter essere utilizzati come sottofondi.

La specificazione riguardante i materiali inertizzati è da sottolineare in quanto si desume che se l'utilizzo tal quale del rifiuto non è possibile a causa di un test non favorevole esiste l'alternativa di un trattamento di inertizzazione sottoposto al quale il rifiuto può essere ammesso al riutilizzo previsto.

Dalla lettura di una delle tipologie soprariportate si evince che i trattamenti di inertizzazione dati per efficaci sono sostanzialmente coincidenti con processi produttivi in cui le materie prime vanno soggette a fusione, cottura, vetrificazione e reticolazione in un legante idraulico o idrocarburico.

L'esempio delle scorie metallurgiche della tipologia 4.1 mostra bene le diverse alternative. In particolare per quanto riguarda il legante l'inertizzazione può essere ottenuta mescolando le scorie al conglomerato bituminoso, a quello cementizio e ad un conglomerato idraulico brevettato denominato CIC.

4.1 Tipologia: scorie provenienti dall'industria della metallurgia dei metalli non ferrosi, ad esclusione di quelle provenienti dalla metallurgia termica del Pb, Al e Zn, scorie dalla produzione del fosforo; scoria Cubilot [060902] [100601] [100602] [100801] [100802] [101003].
4.1.1 Provenienza: industria metallurgica; produzione di fosforo.
4.1.2 Caratteristiche del rifiuto: scorie costituite dalla '80 - 90% di FeO, CaO SiO2 Al2O3 MgO C<10% S <15%. Zn <20%. Pb < 8%, Cu < 1.4%. Cd <0.25%. As <0,4 %. Cr III< 0,6% sul secco.
4.1.3 Attività di recupero:
a) impianti di seconda fusione per il recupero dei metalli [R4];
b) industria metallurgica come correttivo [R4];
c) produzione conglomerati bituminosi [R5];
d) cementifici [R5];
e) industria vetraria [R5];
f) produzione di conglomerati cementizi [R5];
g) produzione di conglomerati idraulici catalizzati [R5]
h) realizzazione di rilevati e sottofondi stradali (il recupero è subordinato all'esecuzione del test di cessione sul rifiuto tal quale secondo il metodo in allegato 3 al presente decreto) [R5];
4.1.4 Caratteristiche delle materie prime e/o dei prodotti ottenuti:
a) e b) singoli metalli o leghe nelle forme usualmente commercializzate:
c) conglomerati bituminosi nelle forme usualmente o commercializzate:
d) cemento nelle forme usualmente commercializzate;
e) vetri nelle forme usualmente commercializzate non per uso alimentare o ospedaliero;
f) conglomerati cementizi nelle forme usualmente commercializzate;
g) conglomerati idraulici catalizzati per pavimentazioni stradali nelle forme usualmente commercializzate.

Dalla lettura delle categorie di rifiuto che possono essere riutilizzate come componenti di conglomerati cementizi si ottiene la tabella che segue:

Tabella 2: tipologie di rifiuti riutilizzabili nei conglomerati cementizi

4.1 Tipologia: scorie provenienti dall'industria della metallurgia dei metalli non ferrosi, ad esclusione di quelle provenienti dalla metallurgia termica del Pb, Al e Zn, scorie dalla produzione del fosforo; scoria Cubilot [060902] [100601] [100602] [100801] [100802] [101003]. 4.1.1 Provenienza: industria metallurgica; produzione di fosforo.

4.4 Tipologia: scorie di acciaierie. scorie provenienti dalla fusione in forni elettrici, a combustibile o in convertitori a ossigeno di leghe di metalli ferrosi e dai successivi trattamenti di affinazione delle stesse [100202] [100903] [100201]. 4.4.1 Provenienza: fonderie di seconda fusione di ghisa e di acciaio, produzione di ferroleghe, industria siderurgica.

7.2 Tipologia: rifiuti di rocce da cave autorizzate [010202] [010399] [010401] [010403] [010406].7.2.1 Provenienza: attività di lavorazione dei materiali lapidei.

7.5 Tipologia: sabbie esauste [101299] [101099]. 7.5.1 Provenienza: produzione di refrattari elettrofusi.

7.11 Tipologia: pietrisco tolto d'opera [170501] [170701].7.11.1 Provenienza: manutenzione delle strutture ferroviarie.

7.17 Tipologia: rifiuti costituiti da petrisco di vagliatura del calcare [010102] [020499] [020799] [010202] [020402] [020701] [010302] [010401] [100299]. 7.17.1 Provenienza: attività industriali dello zucchero, dell'alcool, del lievito e dell'estrazione, lavorazione e taglio del calcare, industria siderurgica.

7.24 Tipologia: scorie vetrose da gassificazione di carbone [061399] [100199] [050699]. 7.24.1 Provenienza: gassificazione di carbone, anche ad elevato tenore di zolfo, in impianti di produzione energia elettrica od in impianti chimici di sintesi.

7.25 Tipologia: terre e sabbie esauste di fonderia di seconda fusione dei metalli ferrosi [100299] [100904] [100901] [100902] [100206].7.25.1 Provenienza: fonderie di seconda fusione di ghisa e di acciaio.

7.27 Tipologia: materiali fini da filtri aspirazioni polveri di fonderia di ghisa e da rigenerazione sabbia [100203] [100299].7.27.1 Provenienza: fonderie di seconda fusione di ghisa.

12.3 Tipologia: fanghi e polveri da segagione e lavorazione pietre, marmi e ardesie [010202] [010403] [010406]. 12.3.1 Provenienza: lavorazione materiali lapidei di natura calcarea.

12.4 Tipologia: fanghi e polveri da segagione, molatura e lavorazione granito [010202] [010403] [010406]. 12.4.1 Provenienza: lavoratone materiali lapidei di natura silicea.

12.11 Tipologia fanghi da processi di pulizia manufatti in acciaio, decantazione acque di raffreddamento dei processi dell'industria siderurgica [120202] [120203]. 12.11.1 Provenienza: industria meccanica, industria siderurgica.

13.1 Tipologia: ceneri dalla combustione di carbone e lignite, anche additivati con calcare e da cocombustione con esclusione dei rifiuti urbani ed assimilati tal quali [100101] [100102] [100103]. 13.1.1 Provenienza: centrali termoelettriche.

13.2. Tipologia: ceneri dalla combustione di biomasse (paglia, vinacce) ed affini legno, pannelli, fanghi di cartiere [030306] [030399] [100101] [100102]. 13.2.1 Provenienza: impianti di recupero energetico di biomasse, legno e fanghi di cartiera.

Quello che importa sottolineare nella tipologie 4.1, così come nelle altre tipologie del decreto 5 febbraio 1998 riportate in tabella 2, è che il test di cessione è d'obbligo solo per l'utilizzo tal quale del rifiuto come rilevato o sottofondo stradale.

Nessuna prova è richiesta quando il recupero consiste nella produzione di una materiale finito identificato dalla particolare "forma usualmente commercializzata" o affini. Tra i materiali finiti è indicato per l'appunto il conglomerato cementizio che, nella vicenda di cui si narra, è servito come ricetta per la miscelazione di rifiuti i quali, come tali, molto presumibilmente non potevano superare il test di cessione.

La conclusione è quindi questa: il legislatore non si è purtroppo preoccupato di prescrivere l'applicazione del test di cessione ai "prodotti finiti" realizzati con i rifiuti descritti. La preoccupazione è presente solo nel momento in cui il rifiuto è utilizzato "tal quale" nei sottofondi stradali e nei rilevati, ma, qualora il rifiuto rientri nella ricetta per la preparazione di uno dei prodotti finiti indicati, si ritiene una garanzia "la forma usualmente commercializzata". Il controllo che invece richiede il decreto 5/2/98 sugli impianti di produzione di conglomerati che forniscono un prodotto commercialmente riconosciuto è orientato sulle caratteristiche del rifiuto all'origine, rifiuto che deve assicurare determinati requisiti, in alcuni casi richiesti ai fini di limitarne la pericolosità ambientale ma nella maggiorparte suggeriti dalla necessità di non portare pregiudizio al prodotto finale del processo individuato. La riflessione che presumibilmente è stata fatta al momento di scrivere le norme è che ragionevolmente nessun produttore avrebbe da guadagnare dal mettere in circolazione un prodotto che il mercato può rifiutare a causa di una perdità evidente di qualità, di un mancato rispetto dello standard industriale.

Tuttavia il caso finito in cronaca non può che far emergere più di un dubbio su questa conclusione. La domanda che ci si pone è se il processo di produzione del conglomerato cementizio è sempre e comunque efficace nell'inertizzare le eventuali sostanze pericolose presenti nei rifiuti utilizzati come sostitutivi della materia prima. In una parola se i requisiti che il mercato richiede debbano essere posseduti dal conglomerato cementizio per la varie destinazioni finali siano in grado di assicurare nel contempo anche la protezione dell'ambiente qualora, tra i suoi componenti, siano stati aggiunti rifiuti.

Per poter rispondere a questa domanda è necessario conoscere cosa si intende per "conglomerato cementizio nelle forme usualmente commercializzate" e a quali standard deve rispondere per essere immesso sul mercato.

I conglomerati cementizi

La prima cosa è chiarire cosa si intende per conglomerato cementizio:

Gli impasti di un legante (idraulico o non idraulico) con acqua, con o senza aggiunta di sabbia o pozzolana (tufo vulcanico ricco di silicato), prendono il nome di malte. Queste diconsi semplici se l'impasto è fatto di solo legante (cemento o gesso) ed acqua, o composte, se a formare l'impasto concorrono oltre al legante e l'acqua, anche la sabbia o la pozzolana. Le une e le altre vengono distinte a loro volta in aeree ed idrauliche, a seconda della loro attitudine a far presa solo nell'aria, oppure tanto all'aria che sott'acqua. Calcestruzzi o conglomerati cementizi (fr.béton) sono malte idrauliche composte che si ottengono impastando con acqua un legante idraulico, sabbia e ghiaia o pietrisco (diconsi aggregati)

Le dizioni di aggregato e di conglomerato sono entrate a far parte del lessico standard relativo ai materiali da costruzione con le norme UNI 8520 emesse a partire dal 1976.

A livello nazionale le norme che regolamentano la produzione del calcestruzzo sono la legge 5 novembre 1971, n. 1086, recante norme per la disciplina della opere in conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica, il D.M. 14 febbraio 1992 e il D.M 9 gennaio 1996 recanti norme tecniche per l'esecuzione delle opere in cemento armato normale e precompresso e per le strutture metalliche.

Per avere un quadro più preciso sulla standardizzazione è utile consultare le "Linee guida sul calcestruzzo strutturale" prodotte dal Servizio Tecnico Centrale del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici del dicembre 1996. Da queste linee guida è possibile comprendere quanto segue.

Il calcestruzzo è specificato in funzione della classe di resistenza, della classe di esposizione, della dimensione nominale massima degli aggregati, della classe di consistenza e della prevista vita in servizio.

Un sinonimo di consistenza è la lavorabilità, cioè il comportamento del calcestruzzo nell'intervallo di tempo tra la produzione e la compattazione dell'impasto in situ nella cassaforma o tra la produzione e la finitura. Le proprietà del calcestruzzo fresco collegate con la lavorabilità sono:

1) la stabilità, ossia la capacità dell'impasto a mantenere, sotto l'azione di forze esterne, l'uniformità di distribuzione dei componenti;

2) la mobilità , ossia la facilità con la quale l'impasto fluisce nella cassaforma fino a raggiungere le zone meno accessibili;

3) la compattabilità, ossia la facilità con la quale l'impasto può essere assestato nella cassaforma e l'aria intrappolata rimossa.

Si tratta di propretà che dipendono dall'impasto, cioè dal contenuto di acqua, dalla temperatura, dalle caratteristiche degli aggregati, dalla presenza di additivi. Le prove di consistenza (abbassamento al cono, prova Vèbè ecc) permettono di classificare il calcestruzzo secondo diverse scale.

La lavorabilità diminuisce man mano avvengono le reazioni di idratazione del cemento e il calcestruzzo si indurisce. E' importante che la lavorabilità sia mantenuta al momento della posa in opera e per questo si aggiunge acqua o/o additivi superfluidificanti. La perdita di lavorabilità avviene nell'arco di due ore dal termine delle operazioni dell'impasto.

Perché il calcestruzzo si trasformi in un materiale resistente, privo di fessure e durevole è necessario un periodo di stagionatura protetto durante il quale si mettono in atto precauzioni tali perché rallenti il processo di essiccazione superficiale, non avvenga un congelamento dell'acqua e non si generino movimenti in grado di generare fessure. In funzione di temperatura e umidità costanti il calcestruzzo sviluppa una "resistenza alla compressione" che è il parametro più importante sulla base del quale si esprime la calssificazione più conosciuta.

La resistenza a compressione viene espressa come resistenza Rck oppure fck. La resistenza caratteristica Rck viene determinata sulla base dei valori ottenuti da prove a compressione a 28 giorni su cubi di 150 mm di lato; la resistenza caratteristica fck, viene determinata sulla base dei valori ottenuti da prove a compressione a 28 giorni su cilindri di 150 mm. di diametro e 300 mm. di altezza; i valori, espressi in N/mm2, risultano compresi in uno dei seguenti campi:

Classi di resistenza per calcestruzzo normale.

.

fck

Rck

Categoria del calcestruzzo

Classe di resistenza

N/mm2

N/mm2

.

C8/10

C12/15

8

12

10

15

NON

STRUTTURALE

C16/20

C20/25

C25/30

C30/37

C35/45

C40/50

C45/55

16

20

25

30

35

40

45

20

25

30

37

45

50

55

ORDINARIO

C50/60

C55/67

C60/75

50

55

60

60

67

75

ALTE

PRESTAZIONI

C70/85

C80/95

C90/105

C100/115

70

80

90

100

85

95

105

115

ALTA

RESISTENZA

Questa classificazione è la più significativa non solo ai fini di un utilizzo industriale del calcestruzzo, ma anche per quanto riguarda i riflessi sotto il profilo ambientale. Ad una maggiore resistenza del calcestruzzo corrisponde una maggiore durabilità il che costituisce una garanzia per l'eventuale cessione di sostanze pericolose presenti nella mescola. Parimenti ci dice che vi sono usi per i quali il calcestruzzo deve presentare elevate caratteristiche ed altri in cui non sono così necessarie: pertanto tra calcestruzzo strutturale e non strutturale la differenza è rilevante.

Per esempio ai sensi del D.M. 9 gennaio 1996 per strutture armate non è ammesso l'impiego di conglomerati con Rck < 15 N/mm2.

Per durabilità del calcestruzzo si intende la risposta del materiale in una specificata condizione ambientale.

E' fondamentale per la durabilita del calcestruzzo evitare:

a) la presenza di vuoti dovuti ad inadeguata compattazione o a non omogenea distribuzione dell'impasto nella cassaforma;

b) la formazione di fessure da ritiro plastico;

c) l'interruzione anticipata della stagionatura protetta.

La durabilità è correlata al coefficiente di permeabilità K. Se il calcestruzzo è permeabile allora sarà più facilmende aggredibile dagli agenti esterni. Per essere durabile il calcestruzzo dovrebbe avere un coefficiente di permeabilità K inferiore o uguale a 1 -11 m/s.

Nella pratica ordinaria non si effettuano prove di durabilità attraverso prove di permeazione all'acqua, salvo non sia richiesto dal tipo particolare di opera a cui è destinato. Per la durabilità ci si basa sul rapporto che esiste tra permeabilità, rapporto acqua/cemento (a/c) e resistenza meccanica.

Se si diminuisce il tenore di acqua nella mescola diminuisce il volume dei pori capillari o penetrabili dalle sostanze presenti nell'ambiente di esposizione e di conseguenza diminuisce la permeabilità mentre aumenta la resistenza meccanica. Per chiarire il tipo di relazione che c'è tra contenuto d'acqua e resistenza meccanica è utile la tabella seguente:

Tabella (Cemento Portland 32.5R, dmax 20 -32 mm)

a/cmax

Contenuto minimo di cemento (kg/m3)

Resistenza caratteristica minima N/mm2

Classi di esposizione (Tab. 12)

0,60

280

30

XC1, XC2

0,55

300*

37

XC3, XF1, XA1, XD1

0,50

320*

37-40

XS1, XD2, XF2, XA2, XF3, XC4

0,45

350*

45

XS2, XS3, XA3, XD3, XF4

* In presenza di solfati impiegare cemento resistente ai solfati.

X0 - Nessun rischio di corrosione delle armature o di attacco chimico

XC - Corrosione indotta da carbonatazione

XD - Corrosione indotta dai cloruri

XS - Corrosione indotta dai cloruri dell'acqua di mare

XF - Attacco da cicli di gelo e disgelo

XA- Attacco chimico

La stagionatura influisce molto sulla durabilità. Se viene interrotta prima del tempo la permeabilità agli agenti aggressivi sarà maggiore perché diminuisce il grado di idratazione del legante. Anche se il rapporto a/c è piuttosto basso il fatto che l'acqua presente sulla superficie del calcestruzzo a contatto con l'ambiente non possa reagire provoca proprio sullo strato superificiale un elevata porosità capillare, strato che invece avrebbe il compito di rallentare la penetrazione dall'esterno.

La velocità della presa del cemento aumenta rapidamente con la temperatura. Il caldo secco e l’insolazione diretta sono dannosi, perché producono l’evaporazione dell’acqua superficiale. Il getto in estate deve essere tenuto coperto e bagnato. Se l'essiccazione è eccessiva entro le prime 24 ore può avvenire una fessurazione da ritiro plastico. La presa e l'indurimento dell'impasto cementizio dipendono dalla continua presenza d'acqua e se questa evapora troppo velocemente ( > 1kg/mq h) occorre prendere delle contromisure.

Il freddo rallenta la presa. Se l’acqua gela, la formazione del ghiaccio interrompe il processo e la dilatazione rompe i legami già formati.

In accordo ai dati della letteratura i calcestruzzi durabili specificati nella tabella dovrebbero assicurare una vita in servizio di circa 40-50 anni purche la struttura sia stata costruita a regola d'arte e le condizioni di esposizione restino quelle previste in sede di progetto.

Altre proprietà misurabili del conglomerato cementizio sono resistenza a trazione semplice, il modulo elastico il coefficiente di Poisson, il coefficiente di dilatazione termica, il ritiro, la viscosità.

I componenti del calcestruzzo

La resistenza meccanica dipende anche in ultima analisi dai componenti della mescola, dagli additivi, dal metallo. Secondo il D.M 9 gennaio 1996 i componenti del conglomerato cementizio deve avere queste caratteristiche:

Requisiti dei materiali

1. Leganti.

Nelle opere oggetto delle presenti norme devono impiegarsi esclusivamente i leganti idraulici definiti come cementi dalle disposizioni vigenti in materia (legge 26 maggio 1965, n. 595), con esclusione del cemento alluminoso. L'impiego dei cementi di tipo C è limitato ai calcestruzzi per sbarramenti di ritenuta.

2. Inerti.

Gli inerti, naturali o di frantumazione, devono essere costituiti da elementi non gelivi e non friabili, privi di sostanze organiche, limose ed argillose, di gesso, ecc., in proporzioni nocive all'indurimento del conglomerato od alla conservazione delle armature. La ghiaia o il pietrisco devono avere dimensioni massime commisurate alle caratteristiche geometriche della carpenteria del getto ed all'ingombro della armature.

3. Acqua.

L'acqua per gli impasti deve essere limpida, priva di sali (particolarmente solfati e cloruri) in percentuali dannose e non essere aggressiva.

4. Armatura.

Non si devono porre in opera armature eccessivamente ossidate, corrose, recanti difetti superficiali, che ne menomino la resistenza o ricoperte da sostanze che possano ridurne sensibilmente l'aderenza al conglomerato.

5. Impasti.

La distribuzione granulometrica degli inerti, il tipo di cemento e la consistenza dell'impasto, devono essere adeguati alla particolare destinazione del getto, ed al procedimento di posa in opera del conglomerato. Il quantitativo d'acqua deve essere il minimo necessario a consentire una buona lavorabilità del conglomerato tenendo conto anche dell'acqua contenuta negli inerti. Partendo dagli elementi già fissati il rapporto acqua-cemento, e quindi il dosaggio del cemento, dovrà essere scelto in relazione alla resistenza richiesta per il conglomerato. L'impiego degli additivi dovrà essere subordinato all'accertamento dell'assenza di ogni pericolo di aggressività. L'impasto deve essere fatto con mezzi idonei ed il dosaggio dei componenti eseguito con modalità atte a garantire la costanza del proporzionamento previsto in sede di progetto.

I cementi normati dalla Legge 595/65 sono: il Portland (macinazione di clinker, un silicato idraulico di calcio, con aggiunta di gesso o anidrite), il cemento pozzolanico (macinazione di portland e pozzolana assieme a gesso o anidrite), il cemento d'altoforno (macinazione di clinker e loppa basica granulata con gesso o anidrite)

I fattori che agiscono sulla resistenza iniziale e su quella finale di un cemento sono la composizione del clinker e la finezza di macinazione. Per il clinker è importante il rapporto tra silicato tricalcico (C3S) e silicato bicalcico (C2S). Il primo si idrata più rapidamente, sviluppando una notevole quantità di calore, il secondo più lentamente. Più fine è il cemento maggiore è la superficie disponibile e quindi maggiore è la velocità di idratazione.

Per ottenere la lavorabilità richiesta qualora sian prescritti bassi rapporti a/c è indispensabile ricorrere all'impiego di superfluidificanti la cui attività deve essere tanto maggiore quanto minore è il rapporto a/c. Insieme ai superfluidificanti si usano spesso ritardanti per ritardare la perdita di lavorabilità dell'impasto, aeranti quando la struttura è esposta a cicli di gelo e disgelo, e a volte inibitori della corrosione dell'armatura.

Le aggiunte minerali sono richieste in caso di calcestruzzi ad alte prestazioni. Da tempo (1965) è diffuso l'impiego di ceneri volanti, di loppa granulata d'altoforno e di fumo di silice (silica fumes: silice amorfa in particelle sferiche dalla produzione di leghe ferro-silicio). Sostituendo una parte del cemento con fumo di silice si ottiene un miglioramento della resistenza a tutte le stagionature con un notevole incremento della resistenza finale e perciò l'impiego del fumo di silice permette di evitare dosaggi troppo alti di cemento.

L'azione positiva dele aggiunte minerali, in particolare del fumo di silice, è legata alle dimensioni submicroniche delle particelle. Nella fase iniziale le particelle agiscono come centri di nucleazione per gli idrati in via di formazione e quindi sono in sostanza degli acceleranti. In più c'è l'effetto densificante o di riempimento (effetto "filler") grazie al quale le aggiunte minerali possono inserirsi nei vuoti esistenti tra le particelle del cemento cosicchè si riduce maggiormente la permeabilità, la matrice legata è molto più compatta.

Le ceneri volanti e le loppe granulate migliorano la durabilità all'attacco solfatico, hanno un ruolo nella riduzione della reazione alcali/aggregato, riducono il calore sviluppato nel corso del processo di idratazione e determinano una diminuzione di permeabilità.

Gli aggregati ha un ruolo chiave nella produzione del calcestruzzo. Gli aggregati ordinari di buone caratteristiche permettono di raggiungere resistenze fino a 120-140 N/mm2. Non è la resistenza meccanica della roccia ma la forza del legame che si stabilisce all'interfaccia tra l'aggregato e la pasta a garantire la resistenza finale del conglomerato.

Dai dati della letteratura risulta che per ottenere la resistenza ottimale occorre impiegare preferibilmente aggregati con dimensione massima, nominale, piuttosto bassa, fino a 10-12 mm.

Dal punto di vista normativo tecnico, l’utilizzo degli aggregati è regolamentato da varie norme, quali:

Tutte queste norme si riferiscono genericamente a "materiali lapidei naturali" e solo la CNR UNI 10006 contempla specificamente l’impiego di materiali di diversa provenienza (nel caso specifico da scavo).

La norma UNI 8520 si riferisce specificamente agli aggregati per confezione di calcestruzzi ma ormai da molti anni viene utilizzata come riferimento per tutte le funzioni d’uso degli aggregati. Essa individua tre gruppi di criteri di accettazione in funzione della classe di resistenza prevista per il calcestruzzo da produrre; i principali parametri considerati sono:

Nella tabella 1 sono riassunti i limiti di accettazione degli aggregati per conglomerati cementizi secondo la norma UNI 8520.

Tabella 1: limiti di accettazione validi per aggregati destinati ai conglomerati cementizi secondo la norma UNI 8520

.

Categoria

Metodo di prova UNI 8520

.

A

B

C

Caratteristica

Valori limite

Esame petrografico

Assenza di gesso, anidride, silice amorfa.

Accettata silice amorfa solo come impurità.

--

Parte 4

Miche e scisti xillini come minerali accessori: £1%

Miche e scisti xillini come minerali accessori: £2%

.

Analisi granulometrica

Classi granulometriche separate

Classi granulometriche separate

Accettato un misto naturale o artificiale con variazione¹20% max.su stacci da concordare.

Parte 5

Per a.f.: 2,3£MF£3,1

Per a.f.:2£MF£3,3

Per a.g.: almeno 2 classi granulometriche

Per a.g.: almeno 2 classi granulometriche

Contenuto di passante a 0,075 mm

Per a.f., N: £ 3%

Per a.f., N: £5%

£ 5% se N - £ 7% se F

Parte 7

Per a.f., F: £ 5%

Per a.f., F: £7%

Per a.g., N: £0,5%

Per a.g., N: £1%

Per a.g., F: £1%

Per a.g., F: £1,5%

Per a.f. + a.g., N: £3%

Per a.f. + a.g., N: £5%

Per a.f. + a.g., F: £5%

Per a.f. + a.g., F: £7%

Contenuto di grumi di argilla e particelle friabili

Per a.f.: 2%

Per a.f.: £3%

£ 10%

Parte 8

Per a.g.: assente

Per a.g.:£1%

Contenuto di particelle leggere e frustoli vegetali

Per a.f.: £ 1%

Per a.f.: £2%

£5%

Parte 9

Per a.g.: £ 0,5%

Per a.g.: £1%

Degradabilità agli attacchi di soluzioni solfatiche

Perdita di massa dopo 5 cicli: £10% (£15% se con soluzione di MgSO4)

Perdita di massa dopo 5 cicli: £12% (£18% se con soluzione di MgSO4)

--

Parte 10

Contenuto di solfati

SO3 £0,20%

Parte 11

Contenuto di cloruri solubili

CI £0,05%

CI £0,10%

--

Parte 12

Massa volumica e assorbimento superficiale

MV³2 400 kg/m3 Ass.£5% per calcestruzzi impermeabili.

MV³2 200 kg/m3 Ass.£10%

--

Parte 13 e 16

Contenuto di sostanze organiche

Per a.f.: colore della soluzione più chiaro dello standard di riferimento.

Per a.f.: colore della soluzione almeno uguale allo standard di riferimento.

Colore della soluzione almeno uguale allo standard di riferimento.

Parte 14

Equivalente in sabbia e valore di blu

ES ³80

70 £ ES £ 80

ES 70

Parte 15

VB £ 0,6 cm3 /g di fini.

VB £ 1,0 cm3 /g di fini.

.

Resistenza a compressione

R³ 100 N/mm2

R³ 80 N/mm2

--

Parte 17

Coefficienti di forma e di appiattimento

Cf ³0,15 (Dmax = 32 mm)

--

--

Parte 18

Cf ³0,12 (Dmax = 64 mm)

.

.

Perdita di massa per urto e rotolamento

LA£ 30%

LA£ 40%

--

Parte 19

Resistenza ai cicli di gelo e disgelo

D LA£ 4% dopo 20 cicli.

--

--

Parte 20

Confronto in calcestruzzo con aggregati di caratteristiche note

R³ 85% di quella della prova di riferimento.

R³ 70% di quella della prova di riferimento.

--

Parte 21

Potenziale reattività in presenza di alcali

Espansione dei prismi di malta

Parte 22

£ 0,08% a 3 mesi

£ 0,10% a 6 mesi

Il processo di inertizzazione

Da tempo si sperimenta l'utilizzo di leganti idraulici (cemento/silicati o calce) per ridurre la mobilità degli inquinati all'interno di una matrice di rifiuto.

La tecnica si basa sulla reazione del legante cemento/silicati o calce in acqua. Dapprima si forma uno strato gelatinoso e semipermeabile di silicato di calcio idrato sulla superficie dei grani di silicato di calcio. Poi, a seguito della dissoluzione della calce, si generano delle fibrille che, aumentando rapidamente di numero e lunghezza, vanno a formare quella rete che è responsabile del fenomeno di presa. L’inquinante viene inglobato in questa rete di gel rigonfiati.

Il processo a fronte dei numerosi vantaggi che presenta ha mostrato anche alcuni svantaggi:

• i prodotti a bassa resistenza possono essere attaccati dagli acidi, provocando il rilascio del materiale fissato;

• possono essere necessari pretrattamenti, tipi di cemento speciali o additivi costosi quando nel rifiuto sono presenti sostanze che agiscono sulla presa e sulla resistenza del cemento;

• il cemento e gli additivi aumentano la massa del rifiuto da smaltire;

• il meccanismo della fissazione non è del tutto chiaro.

A seconda del pH del rifiuto al momento del dosaggio del reagente, i trattamenti di cementazione possono essere a base neutra e a base acida.

Nel processo a base neutra con l'aggiunta del cemento avviene una precipitazione degli ioni calcio sottoforma di sali a bassa solubilità i quali favoriscono la solidificazione. Inoltre il silicato tricalcico reagisce con ossidi e idrossidi di metalli (zinco, rame, cromo, ferro, nichel, manganese, arsenico) formando dei complessi insolubili. L'idratazione del cemento comporta un incremento notevole della superficie sulla quale avvengono queste reazioni. Infine il processo si conclude con la fissazione fisica di tutti questi composti incluse le sostanze che non hanno reagito.

Nel processo a base acida l'aggiunta di un acido inorganico (solforico, cloridrico) porta alla solubilizzazione completa dei metalli in forma cationica. La reattività dell'acido silicico a pH 1-2,5, ottenuta con l'additivazione di scorie d'altoforno o di fonderia, è la premessa per un'efficace fissazione degli inquinanti. L'aggiunta di latte di calce o di soda provoca la polimerizzazione dell'acido silicico il cui gruppo Si (OH) si deprotona sostituendo l'idrogeno della catena con un catione metallico. La reazione avviene prima che i metalli si trasformino in idrossidi, precipitando. La solidificazione si ottiene con ulteriore aggiunta di loppa e calce al polimero siliceo.

Nel processo a calce la reazione è assicurata dalla presenza di materiali pozzolanici o, meglio ancora, dai loro sostituti costituiti da rifiuti come ceneri volanti, scorie metallurgiche, argille cotte. Questi in pratica favorirebbero le reazioni di scambio ionico e quindi i legami tra questi, i metalli e la calce.

Come detto diversi sono i fenomeni che contrastano la reazione di idratazione del legante idraulico. Nell'ambito dei processi di inertizzazione le interferenze negative sono soprattutto dovute alla presenza delle sostanze inquinanti contenute nei rifiuti che, trattandosi i rifiuti di materiali eterogeni e con scarse caratteristiche di ripetibilità, possono variare grandemente. Gli inquinanti danno luogo ad altre reazioni di adsorbimento, colmplessazione, precipitazione in grado di ostacolare il trasporto d'acqua sui centri di enucleazione del silicato tricalcico. In particolare i metalli bloccano l'idradatazione del cemento formando un rivestimento protettivo di idrossidi. Per ridurre l'azione interferente degli idrossidi si usa aggiungere come additivo il solfuro di sodio il quale reagisce formando sali insolubili con i metalli. Anche le ceneri possono fissare i metalli grazie al loro potere adsorbente. Altre interferenze sono determinate da borati, nitrati e solfati: i difetti vanno dalla diminuzione della resistenza meccanica del conglomerato alla formazione di fessurazioni. Tra i cloruri solo il sale di calcio è un ritardante di presa. Anche le sostanze organiche interagiscono fortemente limitando i tempi di presa e la resistenza meccanica come è stato dimostrato da studi condotti su glicoli e fenoli.

Tra le applicazioni commerciali del processi di inertizzazione a base neutra vi sono: processo Chemifix, Litosintesi, Sealosafe–Stablex, Petracem, Canadese, Chemiter, FWCA e Terra–Tite. Con il processo Chemifix si ottiene un materiale del tipo terriccio utilizzato per riempire cave, ricoprire e formare strati intermedi di discariche vista la proprietà di rifurre la quantità di inquinanti nei percolati

Tra quelle a base di calce: processo Petrifix, Ciribelle ed Envirosafe. Tra quelle a base acida il processo Soliroc sviluppato anche in Italia: con questo processo si ottiene di ridurre la pericolosità dei rifiuti (fanghi industriali) permettendo di destinarli a discariche di tipo 2B invece che di tipo 2C risparmiando sui costi finali.

Si tratta, come è evidente, di processi dedicati in cui i parametri di controllo sono stati studiati per ridurre al minimo le interferenze delle sostanze inquinanti con la reazione di idratazione del cemento e per garantire la massima durabilità della matrice una volta consolidatasi. Nella maggiorparte dei casi si trattano rifiuti pericolosi contenenti elevate concentrazioni di inquinanti e per questo il prodotto finale viene comunque sottratto all'ambiente con destinazioni come la discarica.

Diversi sono gli impianti autorizzati nel nostro paese per il trattamento inertizzante di rifiuti tramite miscelazione con leganti idraulici. Vista l'estrema variabilità di composizione dei rifiuti da trattare non è per nulla scontato che i risultati positivi ottenuti tramite prove sperimentali siano ripetibili nella dimensione industriale. E' utile la lettura delle prescrizioni tipo che il Ministero dell'Ambiente inserisce nei decreti di V.I.A. dei progetti esaminati:

La complessità dei meccanismi preposti al processo di inertizzazione, la possibilità di interazioni chimico- fisiche tra rifiuto e rifiuto e tra elementi tossici e matrice di contenimento, la variabilità stessa delle matrici anche nell’ambito di tipologie simili di rifiuto rendono estremamente difficoltosa la valutazione dell’efficacia di un trattamento sulla base di considerazioni teoriche sul tipo di processo proposto. Solo un efficace ed articolato sistema di controllo operato sul materiale in uscita dagli impianti può validare un sistema del trattamento dei rifiuti che assicuri la produzione di materiali inertizzati smaltibili, senza pericoli per l’ambiente, negli impianti di discarica ad essi destinati. Tale controllo non può inoltre essere limitato alla verifica delle caratteristiche degli inertizzati alla fine del ciclo di trattamento ma, in considerazione delle possibili variazioni nel tempo di tali caratteristiche, deve potersi effettuare anche in date successive. Relativamente all’affidabilità del processo di inertizzazione, prima dell’esercizio ordinario la Società ( ) dovrà effettuare, sotto controllo dell’Autorità competente, un periodo di prove volte a verificare le caratteristiche dei rifiuti trattati e la loro idoneità allo smaltimento in discarica. Durante l’esercizio ordinario, dopo i previsti controlli interni, prima dell’avvio in discarica, dovrà essere prelevato e conservato in idoneo contenitore, sigillato a cura del responsabile dell’impianto, un campione di rifiuto trattato per ogni partita avviata allo smaltimento finale. Il campione, contrassegnato da un codice specifico e dalla data di avvio in discarica, deve essere registrato su apposito registro sul quale saranno annotate le coordinate della cella di smaltimento in discarica. I predetti campioni devono essere conservati per almeno 60 giorni in apposito locale a disposizione dell’Autorità competente. I rifiuti inertizzati dovranno essere smaltiti solamente in discariche gestite con opportuno sistema di mappatura, con celle di adeguate dimensioni che assicurino la individuazione spaziale dei rifiuti progressivamente messi a dimora.

I sottofondi stradali

Sono circa dieci anni che si sta svolgendo nel nostro paese un'intensa attività di ricerca per poter dimostrare la validità dei materiali di recupero in sostituzione degli "aggregati" che come tali vanno a costituire il sottofondo delle infrastrutture stradali, ferroviarie ed aeroportuali, nell’ambito delle costruzioni in terra in genere, delle costruzioni civili, della prefabbricazione. Per ognuno di questi impieghi occorre garantire che la realizzazione corrisponda a determinati requisiti, sotto i diversi aspetti della funzionalità, della durabilità e della pratica fattibilità.

Nel caso di costituzione di strati del corpo del rilevato e del sottofondo (ultimo strato del rilevato), i materiali granulari vengono normalmente utilizzati come aggregati non legati, senza correzioni o trattamenti particolari. Analogamente agli aggregati più pregiati il principale requisito prestazionale è che le sollecitazioni prodotte dal passaggio dei mezzi stradali o dei convogli ferroviari non provochino cedimenti di entità tale da compromettere l’integrità e la regolarità della pavimentazione stradale o del binario (C.B.R. prova di carico con piastra, etc.)..

Poiché non tutti i materiali reperibili in natura hanno caratteristiche idonee per la realizzazione di rilevati la scelta si basa su alcune loro proprietà intrinseche come la composizione granulometrica e mineralogica, la sensibilità all’acqua ed al gelo.

La classificazione dei materiali granulari da utilizzarsi per il corpo del rilevato e per il sottofondo viene eseguita sulla base della classifica AASHO-CNR. La classifica AASHO-CNR é adoperata per terre di qualsiasi provenienza e costituzione mineralogica e pertanto può essere applicata senza limitazioni anche ai materiali di scarto edilizio.

Per esempio nei capitolati, per consolidata esperienza, si indicano come idonee le terre dei gruppi Al-a, A1-b, A3, A2-4, A2-5, e con qualche cautela rispetto al contenuto di fino ed alle sue caratteristiche, anche A4.

Gli aggregati come tali o in matrice legata sono utilizzati per la costruzione di strade secondo la norma CNR 139/92 che ne fissa i requisiti di accettazione per svariati impieghi stradali in funzione del livello di traffico. In essa sono definiti i criteri di prova e le caratteristiche fisico-chimiche, meccaniche e mineralogiche minime che un materiale per usi stradali deve possedere.

La norma definisce le caratteristiche di aggregati per sottofondi stradali e strati di base non legati, per strati di base, addizionati con legante cementizio o bituminoso, per strati di collegamento ed usura, addizionati con legante bituminoso.

Per le tipologie di prove alle quali sono sottoposti gli aggregati non c'è stato finora grande spazio nei capitolati speciali adottati dalle amministrazioni centrali o periferiche o dalle società concessionarie per i rifiuti provenienti da costruzione o demolizione. Solo a seguito di precisi indicazioni governative circa un riutilizzo di prodotti da riciclo in ambito pubblico per un 30% rispetto alle materie prime tradizionali si inizia a vedere qualche risultato.

Attualmente questa attenzione è presente in uno studio a carattere pre-normativo di norme tecniche a carattere prestazionale per capitolati speciali d'appalto curato dal CIRS (Centro Sperimentale Interuniversitario di Ricerca Stradale) incaricato dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Nell'ampia documentazione sulla base della quale si dovrebbero predisporre i Capitolati Speciali d'Appalto c'è spazio anche per l'utilizzo di rifiuti da riciclo.

Nel capitolo dedicato alla formazione del corpo stradale l'impiego di materiali di riciclo è previsto fino alla profondità di circa 1 metro a partire dal piano di posa della sovrastruttura, oppure per strati di rilevato, per bonifiche del piano di posa e similari. La norma prevede che i materiali da riciclo siano solo quelli appartenenti alle tipologie 7.1, 7.2, 7.11 e 7.17 del D.M 5 febbraio 1998 sul recupero di rifiuti non pericolosi. Pertanto è prescritto che il loro riutilizzo nel corpo stradale sia subordinato all'effettuazione del test di cessione descritto nell'allegato III al decreto e quindi al rispetto dei limiti in esso indicati. Non sono ammessi materiali contenenti amianto e/o sostanze pericolose e nocive e con significativi contenuti in gesso. Viene inoltre richiesto che il contenuto di solfati e solfuri degli aggregati di riciclo sia determinato con l'applicazione del test previsto dalla EN 1744 -1 e che risulti inferiore all'1%. Se il materiale viene posto in opera a contatto con strutture in calcestruzzo armato tale valore deve risultare inferiore allo 0,5%.

7.1 Tipologia: rifiuti costituiti da laterizi, intonaci e conglomerati di cemento armato e non, comprese le traverse e traversoni ferroviari e i pali in calcestruzzo armato provenienti da linee ferroviarie, telematiche ed elettriche e frammenti di rivestimenti stradali, purché privi di amianto.

[101303] [170101] [170102] [170103] [170104] [170701] [200301].

7.2 Tipologia: rifiuti di rocce da cave autorizzate

[010202] [010399] [010401] [010403] [010406].

7.11 Tipologia: pietrisco tolto d'opera

[170501] [170701].

7.17 Tipologia: rifiuti costituiti da petrisco di vagliatura del calcare

[010102] [020499] [020799] [010202] [020402] [020701] [010302] [010401] [100299].

La norma prestazionale restringe fortemente le casistiche del riutilizzo riducendo ad un numero molto più contenuto le tipologie di rifiuto originariamente ammesse dal decreto 5 febbraio 1998. In particolare i settori di provenienza sono unicamente quello della costruzione e demolizione (C&D) e quelle delle attività estrattive e di lavorazione della pietra, settori dai quali, salvo errori, ben difficilmente ci si può attendere che contengano sostanze pericolose per l'ambiente.

Conclusioni

Come ci si è resi conto il settore dei conglomerati cementizi è un mondo in costante evoluzione sia in termini di nuovi prodotti, nuovi mercati che di nuove regole. Nella condizione di dover operare un confronto con i contenuti di una normazione di massima parte orientata verso gli usi industriali ci si deve sottoporre ad uno sforzo non comune per poter determinare se vi siano pericoli e di quale entità nel riutilizzare un rifiuto in sostituzione di una materia prima all'interno di un processo di produzione di tutt'altra natura, che segue altri obiettivi.

Ciò che in pratica richiede il legislatore con l'art.3 del D.M. 5 febbraio 1998 non è quindi agevole da dimostrare: "i prodotti le materie prime e le materie prime secondarie ottenuti dal riciclaggio e dal recupero dei rifiuti individuati dal presente decreto non devono presentare caratteristiche di pericolo superiori a quelle dei prodotti e delle materie ottenuti dalla lavorazione di materie prime vergini". Si tratta in questo caso, come in altri, di una mera affermazione di principio.

Il maggior rischio è inoltre correlato alla definizione industriale di un prodotto che può offrirsi ad un vastissimo numero di utilizzazioni e quindi alle altrettanto numerose variabili in termini di prestazioni.

Considerando il caso esaminato di miscele fluide utilizzate come riempimenti di strati di fondazione o rilevati stradali, composte da cemento, aggregati selezionati e additivi specifici, i requisiti richiesti non sono i medesimi previsti per il calcestruzzo in opera. Nei cataloghi sono infatti descritte come un "prodotto con elevata stabilità volumetrica e una resistenza meccanica di poco superiore a quella dei terreni costipati, da utilizzarsi in sostituzione dei più tradizionali terreni da riporto, misto granulare e misto cementato, e consigliate per la facilità e la rapidità con cui si effettua la stesura, risparmiando in termini di manodopera e migliorando l'omogeneità "

Verificandone le caratteristiche, alla luce di quanto si è detto in termini di classificazione, in particolare la resistenza a compressione a 28 gg (Rck) [N/mm2] pari a 1 - 3, le miscele fluide non possono rientrare tra i calcestruzzi non strutturali, la cui Rck sta i 10 e i 20 N/mm2, né a maggior ragione tra quelli strutturali i quali richiedono prestazioni ancora superiori. Sono conseguentemente assenti prestazioni tipicamente richieste al calcestruzzo come la durabilità, il basso coefficiente di permeazione, che invece rappresentarerebbero una garanzia anche in termini di rilascio di inquinanti. Per le miscele fluide non sono quindi richieste informazioni sulle altre proprietà misurabili del conglomerato cementizio come resistenza a trazione semplice, modulo elastico, coefficiente di Poisson, coefficiente di dilatazione termica, ritiro, viscosità. Più spesso i cataloghi fanno quindi riferimento allo standard del C.N.R. U.N.I. 10006 cioè alla classificazione funzionale degli aggregati. In relazione ad un capitolato speciale d'appalto sono sostitutivi solo di quest'ultimi.

Per il resto si tratta di usi "poveri" sui quali non esiste standard alcuno. In effetti le esigenze minime richieste per il "riempimento di cavità" quali scavi in trincea per condutture (acqua, gas, cavi elettrici, telefonici, fognature), livellamento di fondazioni e diaframmature, scarpate, tamponamenti ed opere provvisorie, riempimenti di gallerie, in genere tutti i lavori che richiedono un riempimento stabile e senza assestamenti, non giustificano la necessità di ricorrere a requisiti standardizzati.

In sostanze le miscele cementizie non sono altro che aggregati aggiunti di cemento e acqua più qualche additivo in modo tale da ottenere quelle caratteristiche di fluido che assicurano una omogeneità di stesura del materiale di riempimento nello stesso tempo permettendo di riparmiare sulla manodopera e riducendo considerevolmente i tempi. Tuttavia il mercato le conosce come conglomerati cementizi, di qui l'equivoco (intenzionale o meno) sul quale si basa l'origine del fatto di cronaca.

Alla luce delle interferenze che possono compromettere il processo di indurimento richiesto ad un normale calcestruzzo, tanto maggiori quanto questo processo è utilizzato per rendere inerti le caratteristiche di pericolosità di un rifiuto, non può che sollevarsi più di una perplessità sul fatto che si lasci alle regole del mercato fornire garanzie dal punto di vista ambientale semplicemente stabilendo che il prodotto finale sia corrispondente ai "conglomerati cementizi nelle forme usualmente commercializzate". Il processo di inertizzazione va invece seguito attraverso un articolato sistema di controllo "che non può inoltre essere limitato alla verifica delle caratteristiche degli inertizzati alla fine del ciclo di trattamento ma, in considerazione delle possibili variazioni nel tempo di tali caratteristiche, deve potersi effettuare anche in date successive".

Le numerose tipologie di rifiuto che il D.M. 5 febbraio 1998 ammette come componente della mescola per la produzione di conglomerati e riconducibili a fanghi, polveri, scorie delle più diverse provenienze richiederebbero un'attenzione per i parametri del processo che le procedure semplificate invece non possono richiamare, a partire da quella incomprensbile esclusione del test di cessione che invece andrebbe applicato periodicamente al prodotto finito. E lo stesso si potrebbe analogamente sostenere in tutti le condizioni in cui il D.M. 5 febbraio 1998 rinvia ad altre "forme usualmente commercializzate" come per "prodotti per l'edilizia", "manufatti per l'edilizia", "cemento", "laterizi ed argilla espansa", "calce idraulica".

In conclusione un motivo in più, che sia aggiunge a quelli già esaminati, per mettere in discussione le norme in materia di recupero semplificato di rifiuti, pericolosi e non.

 

 

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