interventi
20 maggio 2005

L'odore è la forma più antica di inquinamento dell'aria. I primi conflitti ambientali si possono ascrivere a questa particolari immissioni aeriformi, descritte già nel 600, negli studi di Carlo Cipolla, come "miasmi ed umori, velenosissimi ed appiccicaticci". Ancor oggi costituisce uno degli aspetti di più difficile risoluzione.

L'approccio seguito per la sua regolamentazione rimane quello individuato con il Testo unico delle Leggi Sanitarie approvato con il Regio Decreto del 1934 il quale, agli artt.216 e 217, stabilisce che, se una nuova attività di produzione beni e servizi rientra in un elenco emanato dal Ministero della Sanità, aggiornato con periodicità decennale, allora è inquadrabile come insalubre e in virtù di questa classificazione può essere ammessa solo se isolata nelle campagne e tenuta lontana dalle abitazioni (I classe) o comunque solo se adotta speciali cautele per il vicinato (II classe). Nonostante gli evidenti limiti di queste indicazioni invocare l'insalubrità di una determinata produzione continua ad essere una scelta efficace perché l'autorità sanitaria, il Sindaco, si decida a porre un limite alla emissione di effluvi maleodoranti. In effetti la forza dell'articolato sta tutta nella sua indeterminatezza (delega in bianco) e quindi nella notevole discrezionalità che conferisce al Sindaco il potere di imporre misure più restrittive, c.d. extra legem, rispetto alle disposizioni vigenti, in modo da far cessare l'insopportabile olezzo. Ciò nonostante l'impianto normativo del '34 presenta anche una debolezza strutturale dal momento che per poterne applicare i presupposti è necessario motivare adeguatamente l'atto amministrativo, di fatto un'ordinanza, cioè indicare concretamente le prove dell'asserita insalubrità, pena l'annulllamento avanti al tribunale amministrativo. Dal momento che si tratta di odori, molto percettibili all'olfatto, ma assai meno rilevabili agli strumenti di misura, la concretezza della prova, unitamente alla dimostrazione di un qualsiasi effetto sanitario, spesso e frequentemente non sono presenti.

In effetti le molecole capaci di produrre un'odore sono in genere caratterizzate da una soglia olfattiva molto bassa, cioè l'odore viene bene percepito anche a concentrazioni in aria del tutto irrisorie. Nessuna apparecchiatura è ancora in grado di raggiungere l'estrema specializzazione dei tratti superiori del nostro naso sia nell'avvertire che nel riconoscere gli odori.

Se questo odore è riconosciuto come spiacevole, o peggio, e' ben difficile che non si avverta anche il timore di qualche conseguenza per la propria salute. Il fatto di non poterne avere dimostrazione né soddisfazione in tempi ragionevoli accresce e radica in profondità questa convinzione fino a sfociare in un'aperta contestazione di quelle che dovrebbero essere le "autorità preposte" accusate di incapacità, incompetenza, se non di collusione con il "nemico". I conflitti generati da emissioni odorigene sono quindi tra i più problematici da gestire, in parte per la sfiducia negli attori istituzionali e in parte perchè le soluzioni appaiono spesso inefficaci.

In realtà, come detto, non è per niente semplice individuare e quindi contenere adeguatamente una fonte di sostanze odorigene. La presenza di un odore è spesso subdola perché non è chiara la sua provenienza, si avverte nell'aria per periodi e condizioni del tutto variabili, senza che se ne possa stabilire la natura. Mentre un profumo è raramente percebile a distanze maggiori di qualche metro dalla sorgente, anche ad elevate concentrazioni, ammine e mercaptani, responsabili dell'odore di putrefazione, si avvertono a centinaia o migliaia di metri. Le rispettive soglie di identificazione variano di diversi ordini di grandezza, vanno da 0,1-10 ppm dei primi agli 0,00001-0,1 ppm dei secondi.

Composti odorosi e relative soglie di odore

.

.

Soglia di odore

Composto

Formula

bassa in g/m

alta in g/m

Composti dello zolfo

idrogeno solforato

H2S

0,7

14

disolfuro di carbonio

CS2

24,3

23000

dimetilsolfuro

(CH3)2S

25

50,8

dimetildisolfuro

(CH3)2S2

0,1

346

dimetiltrisolfuro

(CH3)2S3

6,2

6,2

metilmercaptano

CH3SH

0,04

82

etilmercaptano

CH3CH2SH

0,032

92

Ammoniaca e composti dell'N

ammoniaca

NH3

26,6

39600

metilammina

(CH3)NH2

255,2

12000

dimetilammina

(CH3)2NH

84,6

84,6

trimetilammina

(CH3)3N

0,8

0,8

scatolo

C6H3C(CH3)CHNH

4,0·105

268

Acidi grassi volatili

acido formico

HCOOH

45

37800

acido acetico

CH3COOH

2500

25000

acido propionico

CH3CH2COOH

84

64000

acido butirrico

CH3(CH2)2COOH

1

9000

acido valerianico

CH3(CH2)3COOH

2,6

2,6

acido isovalerianico

CH3CH2CH(CH3)COOH

52,8

52,8

Chetoni

acetone

CH3COOH3

47500

161000

butanone (MEK)

CH3COOH2CH3

737

147000

2-pentanone (MPK)

CH3COOH2CH2CH3

28000

45000

Altri composti

benzotiozolo

C6H4SCHN

442

2210

acetaldeide

CH3CHO

0,2

4140

fenolo

C6H5OH

178

2240

Tipicamente alcuni odori sono facilmente riconoscibili in quanto richiamano sensazioni già provate, per es l'odore di bruciato, di fogna, di metano (che come tale è inodore, per questo viene aggiunto di tetraidrotiofene) e quindi indirizzano ed orientano l'accertamento. Altri invece sono avvertiti per la prima volta e quindi descritti in analogia a odori conosciuti, ma in termini del tutto soggettivi, quindi diversi l'uno dall'altro. In entrambi i casi è indispensabile una conferma delle caratteristiche odorigene descritte. Serve cioè che la segnalazione sia tempestiva al momento in cui si verifica il fenomeno e che questo abbia una durata tale da poter permettere un contatto sufficiente per il suo riconoscimento. La difficoltà maggiore sta nella diffusione di odori anche a notevoli distanze, tali da non permettere una correlazione con qualche possibile fonte conosciuta. Inoltre esistono, in questo campo, effetti sinergici e di mascheramento per cui la concentrazione di odore di una miscela di composti non è affatto data dalla somma algebrica delle concentrazioni dei singoli elementi, ma da relazioni ancora poco note.

Le sostanze che sono all’origine della diffusione degli odori nelle aree circostanti ad un sito produttivo possono essere costituite da prodotti gassosi di natura inorganica o da composti organici particolarmente volatili.

Tipo di attività

Possibili sostanze maleodoranti emesse

Depuratori

idrogeno solforato, ammoniaca, metilmercaptano, metano, ecc

Compostaggi

etanolo, limonene, cadaverina, putrescina, ammoniaca, idrogeno solforato, metilmercaptano, ecc

Industrie alimentari

alcoli, aldeidi, chetoni, acidi organici, esteri

Essiccamento letame

ammoniaca, idrogeno solforato, mercaptani, ecc

Altre

toluene, terpene, benzene, etilacetato, butilacetato, butanolo, dimetilsolfuro, paraffine

Ad una descrizione di un'odore può essere associata un'attività.

Fonti conosciute di odori

Tipo di odore

Intensità

Industrie chimiche e farmaceutiche

fenolico, medicinale

2,5

Industrie alimentari, carta

butirrico

3,0

Raffinerie, fonderie

amminico

2,0

Materie plastiche

stirenico

2,5

Verniciature

solvente

2,0

Industrie metallurgiche

fetido

2,5

L'intensità di un odore aumenta con la concentrazione secondo una relazione di tipo esponenziale.

I = kCb

Dove:

I = intensità dell'odore in una scala arbitraria

k = costante di scala

C = concentrazione della sostanza odorigena

b = 0,2 -0,7

oppure espressa in una relazione di tipo logaritmico

I = a logC + k'

Un'odore può essere caratterizzato in base a tre aspetti: concentrazione, intensità, tono edonico (gradevolezza/sgradevolezza).

Intensità di odore

.

Tono edonico dell'odore

.

impercettibile

0

nessun fastidio

0

appena percettibile

1

fastidio molto leggero

1

debole

2

fastidio leggero

2

distinto

3

fastidio distinto

3

forte

4

fastidio serio

4

molto forte

5

fastidio molto serio

5

intollerabilmente forte

6

fastidio intollerabilmente serio

6

La relazione che c'è tra intensità dell'odore e la concentrazione della sostanza non è proporzionale. In pratica se si interviene con un dimezzamento della concentrazione dell'odore l'intensità si riduce solo del 10%. Questo spiega anche i motivi per cui una soluzione efficace sotto il profilo tecnico per i normali composti volatili non lo è per quelli che sono anche odorigeni. Ma prima ancora di arrivare a definire le misure di intervento è necessario indagare le caratteristiche della sorgente emissiva.

Il problema vero nasce nel momento in cui si deve ricorrere all'analisi per poter determinare natura ed entità delle specie chimiche che compongono l'odore. Perciò è necessario raccogliere una determinata quantità d'aria che, viste la bassissime concentrazioni in gioco, richiede una particolare specializzazione dei mezzi di prelievo. La diluzione per effetto della dispersione in aria può comportarne la scomparsa rendendo inutile continuare nella raccolta. Inoltre è possibile non sia disponibile uno standard di riferimento per la/e sostanza/e da indagare: mancando una concentrazione nota di confronto, non permette di risalire a quella ignota. Oppure non si rintraccia alcuna metodica analitica. Tutte queste difficoltà, spesso presenti, non fanno altro che allungare i tempi di risposta delle strutture tecniche coinvolte (Arpa). In assenza di un'adeguata "comunicazione istituzionale" questi ritardi vengono scambiati per inefficienza se non peggio mentre servirebbe invece approfondire la reciproca conoscenza, anche perché ci possa render conto delle condizioni in cui queste operano (non sempre esemplari a causa delle difficoltà di bilancio).

L'odore è sfuggente, inafferabile in quanto è spesso legato ad eventi occasionali, non riproducibili, come perdite da serbatoi, sversamenti accidentali (poche gocce di acrilato di etile sono avvertibili a qualche chilometro di distanza), fughe di gas o vapori, fuori servizio oppure a condizioni di processo che non si ripetono sempre nello stesso modo sia in dipendenza dall'uso di particolari materie prime, additivi o reagenti, che a causa della regolazione di fattori come temperatura e pressione in grado di provocare la formazione di nuove molecole appunto odorigene.

Pertanto è da considerare già un successo quando l'odore è noto e ancor di più se questo è riconducibile a qualcosa di conosciuto all'interno di una determinata porzione di territorio. Le ricerche in questo caso sono mirate e facilmente portano ad individuarne la causa, il che tuttavia non significa che la soluzione sia altrettanto rapida.

Se si sta considerando come sorgente lo stabilimento di un'impresa di produzione beni o servizi la strada per arrivare a risolvere, o mitigare se non altro, la causa all'origine dell'odore, si costruisce sulla base di una collaborazione con l'impresa stessa. Questa collaborazione è infatti indispensabile nel corso dell'indagine in quanto occorre capire modi, tempi e condizioni perché si formi l'odore. L'indisponibilità a fornire informazioni precise, documentazioni aggiornate o procedure di norma applicate in impianto rappresenta di solito uno dei maggiori ostacoli alla comprensione del fenomeno. Qualora, dopo un dispendio notevole di risorse, si riesca finalmente a conoscere con un buon margine di sicurezza quali siano le possibili cause e, ancor meglio, si possano individuare i primi rimedi, il passaggio successivo, l'adozione dei provvedimenti, è lasciato al soggetto istituzionale che la legge riconosce come competente, Comune, Provincia, Regione.

Come detto il soggetto che più spesso interviene è il Comune nella persona del Sindaco viste le attribuzioni riconosciute a questa figura di autorità sanitaria locale. Non da meno è tuttavia la competenza istituzionale della Regione o della Provincia delegata, in virtù della ripertizione di compiti e funzioni decisi attraverso il D.P.R 24 maggio 1988 n°203 in materia di emissioni in atmosfera prodotte da impianti industriali.

L'art. 2 del decreto così definisce l' inquinamento atmosferico: "ogni modificazione della normale composizione o stato fisico dell’aria atmosferica, dovuta alla presenza nella stessa di una o più sostanze in quantità e con caratteristiche tali da alterare le normali condizioni ambientali e di salubrità dell’aria; da costituire pericolo ovvero pregiudizio diretto o indiretto per la salute dell’uomo; da compromettere le attività ricreative e gli altri usi legittimi dell’ambiente".

Tuttavia, sebbene presente nei principi, l'alterazione delle normali condizioni di salubrità dell'aria provocata da emissioni odorigene non ha avuto una coerente attenzione da parte del legislatore. Le limitazioni introdotte attraverso il D.M. 12 luglio 1990 alle emissioni contenenti sostanze organiche volatili, suddivise in classi, tengono in scarso conto le caratteristiche odorigene, preferendo utilizzare il criterio di pericolosità basato sul profilo tossicologico. Così per esempio lo stirene, che costituisce tipicamente una causa di molestie olfattive in molti contesti abitati (da produzione od utilizzazione di resine poliestere c.d. vetroresine), presente in classe III paragrafo 4 tabella C dell'Allegato 1 al decreto, può essere emesso fino a concentrazioni di 150 mg/Nmc nonostante la soglia olfattiva sia di circa 1000 volte inferiore.

Tra i mezzi a disposizione per la quantificazione degli odori si sono aggiunti recentemente alcune metodiche di tipo sensoriale che valutano l’effetto della miscela odorosa utilizzando il naso umano come sensore. Tale misura viene eseguita attraverso l’identificazione della cosiddetta "soglia di odore" da parte di un gruppo selezionato di soggetti utilizzati come annusatori. Questo metodo utilizza una metodologia di esecuzione delle analisi ed interpretazione dei risultati standardizzata, già in uso in Germania (VDI 3881/2 Blatt 1-4, 1986) e recentemente adottato a livello della Unione Europea (Comitato Europeo di Normalizzazione, Documento 064/e, Odour concentration measurement by dynamic olfactometry: CEN TC264/WG2 "Odours"), e diventata nel 2003 Standard Europeo EN 13725 "Air quality - Determination of odour concentration by dynamic olfactometry".

Per soglia di odore si intende la quantità di sostanze odorifere presenti in un campione di aria e percepite come odorigene da parte di almeno il 50% dei soggetti utilizzati per la misura. Per valutare questa soglia è necessario diluire il campione di aria odorosa con aria pulita, secondo rapporti noti ed accurati in un intervallo di diluizione compreso tra 1:1 e 1:10.000 (parte/parti in volume). Il rapporto di diluizione necessario per iniziare a percepire l’odore alla massima diluizione del campione originario (soglia di odore), viene per convenzione definito come indice nominale della concentrazione dell’odore e viene espresso in unità odorimetriche (U.O.) per metro cubo di aria analizzata (U.O./m³). 1 OUE/m3 è, per definizione, la concentrazione di odore alla soglia di percezione.

Data la soggettività delle misure e la variabilità interindividuale delle stesse, la stima delle UO viene formulata utilizzando per le misure un gruppo di almeno 8 soggetti. Di questi soggetti ne viene valutata la capacità olfattive individuali (integrità funzionale dell’apparato olfattorio e acuità olfattiva) mediante l’uso di test di valutazione ("smell-test" e "sniff test"). La selezione viene effettuata utilizzando un odorante di riferimento: il n-butanolo, del quale si conosce la concentrazione corrispondente alla soglia di percezione: 123 mg di n-butanolo evaporati in 1 m3 di aria in condizioni standard (t=20°C; p=101.3 kPa) producono una concentrazione di 0.040 mmol/mol, che viene definita come 1 EROM = European Reference Odour Mass, valore di riferimento adottato come Unità di Odore Europea = OUE. Per essere selezionato come rino-analista, il soggetto, cui viene presentato n-butanolo a una definita concentrazione, deve fornire risposte che cadono, in media, entro un certo intervallo di valori, e che si discostino poco le une dalle altre (bassa deviazione standard).

E' importante sottolineare come, attraverso tali tecniche, sia possibile effettuare il confronto tra le concentrazioni olfattivamente percepibili di un odore (rappresentato come il 100% dei componenti il panel 100% ORC - odour recognition concentration) ed il corrispondente limite sanitario, se disponibile, definito nella maggioparte dei casi per gli ambienti di lavoro (Thereshold Limit Value TLV). Dalla comparazione emergono quelle che sono le evidenti differenze in termini di standard tra un effetto e l'altro.

Sostanza

100 % ORC

TLV

.

mg/Nmc

mg/Nmc

Idrogeno solforato

1,4

14000

Metilmercaptano

70

1000

Dimetildisolfuro

16

-

Trimetilammina

9,8

24000

Acido butirrico

73

-

Acido esanoico

29

-

Acetaldeide

549

180000

Se le metodologia è ben delineata ciò che manca tuttavia è definire una regolamentazione con la quale stabilire quale possa essere la concentrazione odorimetrica accettabile in un determinato contesto nel quale opera una specifica attività. In assenza i risultati, seppur validi, ottenuti tramite questa nuova tipologia d'indagine stentano ad imporsi come strumento di controllo e prevenzione nella prassi quotidiana. Spesso inoltre accade che i risultati delle misure olfattometriche effettuate da laboratori diversi presentino differenze anche significative. Questo può portare a ripercussioni sul versante tecnico-amministrativo, capaci di generare inconvenienti e contenziosi spesso di difficile gestione.

Il problema degli odori nello specifico è stato affrontato da molti paesi europei ed extraeuropei con l'adozione di standard e linee guida.

Summary of odour limits in European countries.

Country

Limit and description

Austria

Mech.Biological Treatment plants : 500 OU/m³ with a minimum distance from residential property of 500m

Composting plants: 300 OU/m³ with a maximum total emission of 5000 OU/sec

Belgium

No set limit.

Denmark

500-meter distance to the nearest neighbour,
5 to 10 OUE /m³ at the nearest neighbour

Finland

250-2000 OUE /m³ as measured by the CEN draft standard prEN13725

Germany

Relative frequency of 10% (percentage of hours a year with odour hours considered to be a significant nuisance) for residential areas. For industrial areas the percentage rises to 15%. An 'odour hour' is any hour in which there is a continuous odour perception for a period of 6 minutes (Federal Standard, GIRL)

Holland

1.5 OUE /m³ as 98 percentile for green waste and household organic waste composting

Iceland

No set limit

Ireland

Based on olfactometry
• 3 OUE /m³ at the 98th percentile for new facilities
• 6 OUE /m³ at the 98th percentile for existing plants

Italy

No set limit.

Various controls from the chemical industry including:
• Detection of chemical component, e. g. methyl mercaptane
• Closure of intensive process steps
• Olfactometry
• Design of bio-filter bed

Norway

5 to 10 OUE /m³ at the nearest neighbour

Spain

No set limit. Any of the standards in Europe could be applied

Sweden

No set limit.

UK

No set limit. Any of the following could be applied :
• No nuisance
• No odour at the plant boundary
• X ppb H2S
• 6 OUE /m³ at the 98th percentile for existing facilities.

Nel nostro paese i primi segnali di una regolamentazione basata sulle tecniche olfattometriche si ritrova nella normativa regionale, in specie in quella della Regione Lombardia: nella Delibera della Giunta Regionale 16 aprile 2003 n° 7/12764, con la quale sono state adottate linee guida per la costruzione e l’esercizio degli impianti di compostaggio, il limite per le emissioni di sostanze odorigene è pari a 300 OU/m3.

Da ultimo bisogna sottolineare, come già in altre occasioni, l'importanza di mettere mano alla pianificazione. Senza una accurata scelta del tipo di sviluppo che si vuole perseguire sul proprio territorio i conflitti per molestie olfattive sono dietro l'angolo. Naturalmente uno dei problemi è l'elevatissima densità abitativa del nostro paese, accanto a quel fenomeno negativo che si chiama sprawl urbano, cioè la diffusione di ville, condomini e capannoni in area agricola senza alcun disegno, anzi in spregio a qualsiasi principio di sostenibilità ambientale. In questo modo non esisterà più nessuno spazio relativamente isolato nel quale confinare le attività più inquinanti. Non a caso tra le contestazioni più frequenti si registrano proprio quelle determinate dalla vicinanza con le attività agricole, allevamenti compresi.

Più a livello di curiosità che di utilità vera e propria è interessante conoscere come viene affrontato il problema delle incompatibilità tra gli usi territoriali in un paese lontano come l'Australia. L'Agenzia di Protezione Ambientale (EPA) ha diramato nel 2000 le linee guida per la definizione delle distanze "Guidelines for sepation distances". Nel documento EPA ha individuato quali possano essere le distanze minime tra le nuove attività produttive, identificate tra quelle più problematiche a causa di odori, rumori ed emissioni accidentali, e le zone sensibili cioè aree residenziali, scuole, ospedali, ecc. EPA tiene a specificare che "the use of separation distances is not an alternative to the provision of appropriate policies and zoning schemes in the Development Plan " e che "the separation distances are not an alternative to source control and cleaner production methods". La distanza viene misurata in metri a partire dal confine del sito produttivo.

Table 1: Recommended separation distances for airborne emissions.

.

Activity

Schedule 1

EP Act ref *

Comment

Recommended separation distance (m)

Petroleum and Chemical

Chemical fertilisers

1

.

1000

Coke production

1

.

1000

Polyester resins

1

production

1000

Synthetic resin/rubber

1

production

1000

Explosives

1

.

1000

Formaldehyde production

1

production

300

Paint/ink manufacture

1

.

1000

Paint mix/blending:

a) solvent based

b) water based

1

.

 

300

200

Pharmaceutical/ veterinary products

1

.

1000

Biocides

1

.

1000

Soap/detergents

1

production

300

Cosmetics etc

1

production includes toiletries

100

Inks

1

.

200

Petroleum refinery

1

.

2000

Other petroleum/coal products

1

.

500

Petroleum/crude oil>2000 t

(a) fixed rooves

(b) floating rooves

1

storage

 

300

100

Bulk volatile organic compounds >1000 t

1

storage

1000

Organic industrial chemicals

1

.

1000

Inorganic industrial chemicals

1

.

1000

Other chemical products — non-industrial

1

.

300

Refractories:

large >10000 t p.a.

small <10000 t p.a.

1

.

 

5001

Artificial textiles and synthetic fibres

1

.

500

Wood preservation plants

• not including the use of creosote-based preservative

• including the use of creosote-based preservative

1

.

 

100

500

Industrial gases

1

production

1000

Plaster products

1

.

100

Manufacturing and Mineral Processing

Iron ore smelting

2

production of iron from the ore

1000

Concrete batch plants

2

.

100

Bitumen batch plants

2

.

500

Concrete/stone products

2

.

100

Cement manufacture

>150 kt p.a.

> 5 kt p.a. < 150 kt p.a.

< 5 kt p.a.

2

.

 

1000

500

300

Ferrous foundries large

(>500 t p.a.)

2

.

500

Ferrous foundries medium

(100 to 500 t p.a.)

2

.

500

Ferrous foundries small

(<100 tonnes pa)

2

.

200

Non-ferrous foundries large (> 500 t p.a.)

• use of resin sand moulding

• diecasting

2

.

 

500

500

Non-ferrous foundries medium (100 to 500 t p.a.)

• use of resin sand moulding

• diecasting

2

.

 

300

200

Non-ferrous foundries small ( < 100 t p.a.)

• use of resin sand moulding

• diecasting

 

2

2

.

 

200

100

Aluminium by electrolysis

2

.

2000

Rubber production/mixing

2

using either organic solvents or carbon black

300

Sawmills

2

.

500

Wood fibre/chip production

2

.

300

Joineries

2

wood working

50

Pulp or paper works

- Paper products or pulp involving combustion of sulphur or sulphur containing materials

- Paper products or pulp from prepared cellulose and rag

- Paper products or pulp from semi-processedmaterials

- Paper products or pulp from other methods

2

.

 

5000

 

200

100

2

Hot mix asphalt

2

.

300

Abrasive blast cleaning in the open:

- dry abrasive cleaning

- wet abrasive cleaning

Using a blast cleaning cabinet or a totally unclosed automatic blast cleaning unit:

- all abrasive cleaning

2

.

500

100

 

 

50

Surface coating, including spray painting

2

3

50

Electroplating

2

.

100

Scrap metal recovery

2

.

Glass/glass production/wool

2

.

500

(glass fibre)

.

Rock wool manufacture

2

.

500

Structural/sheet producers large

2

.

2000

Structural/sheet producer medium

2

.

1000

Printing and coating works with heat curing ovens

.

100

Waste Treatment and Disposal

Sewage works with capacity of <50 000 equivalent population

3

5Refer to Section 6 for larger capacity installations. The EPA must also be consulted

.

Landfill

3

Refer to Section 9

200 to 3000

Refuse transfer station

(a) general refuse

(b) green waste

.

for green waste compaction and removal for composting off site within 1 week

 

300

150

Temporary storage industrial waste

3

.

300

Treated aqueous waste not sewage

3

.

300

Treated organic waste not sewage

3

.

500

Incineration for plastic/rubber waste

3

.

500

Incineration for chemical/ bio-medical/organic waste

3

.

500

Crematoria

3

.

150

Recycle centre

3

.

300

Refuse collection vehicle depot

3

.

100

Incineration for wood waste

3

.

300

Industrial dry cleaners

3

.

100

Animal husbandry, aquaculture and other activities

Cattle feedlots (refer Section10)

5

.

8

Piggeries (Refer Section 10)

5

.

6

Ostrich and emu farming

.

.

3007

Stockyards, saleyards

5

.

500

Food production, animal and plant processing

Smokehouses - curing and drying works

6

.

100

Abattoirs, including bird processing

6

Killing of animalsor human consumption

500

Processing and rendering works

6

.

1000

Smallgoods

6

Smallgoods production

100

Milk products

6

.

100

Mushroom production

6

.

2

Wool scouring

6

Degreasing and primary treatment of wool

300

Rendering/casing works

6

.

1000

Tanning/leather dressing

6

.

300

Poultry production

(a) surrounding poultry sheds 7

.

urban residential zone dwelling on another property

dwelling on same property

public road

side or rear boundary

1000

500

100

250

20

(b) surrounding waste disposal areas

.

urban residential zone rural farm residence not owned by poultry sheds

public area

public road significant use

public road minor use any watercourse as defined by a blue line on the current 1:50 000 SA government topographical map

500

100

50

50

20

50

Other livestock

.

.

2

Compost

(a) containing ‘green’ organic waste

(b) containing organic waste

.

.

 

500

2

Vegetable oil/fats processing using solvents

6

.

300

Wineries or distilleries

6

Untreated winery waste water in an open lagoon

Winery operations (based on noise attenuation principles)

1000

 

300

Notes to Table 1

* a full description is included in Schedule 1 of the Environment Protection Act 1993

1 Refractory industries can emit fluoride to which some plants are extremely sensitive. Buffer distances to prevent damage in these instances would be impractically large. It is preferable that this industry is not located in the vicinity of sensitive agriculture. The EPA must be consulted for this industry.

2 Separation distances for any existing or proposed establishment in this category will be determined by the EPA on a site-specific basis.

3 Refer to Technical Bulletin TB 17 Control of Air Pollution and Noise from Spray Booths for spray booths.

4 The separation distances for sewage treatment or effluent disposal works must be determined in consultation with the EPA.

5 The separation distance for any landfill operation should be calculated in accordance with the procedure set out in this guideline (see Section 9). Further information regarding Major Landfill Depots can be obtained from the Guidelines for Major Solid Waste Landfill Depots (EPA October 1998).

6 Guidelines for Establishment of Intensive Piggeries in South Australia. March 1998. Dept. for Primary Industries and Resources, Environment Protection Authority, South Australian Farmers’ Federation, Murraylands Regional Development Board. The distances allow for different pig numbers, size of pig, design standards and management standards as well as for different types of receptors. For very large piggeries, buffer distances should be determined in consultation with the EPA.

7 Refer to South Australian Farmers’ Federation Guidelines for the Establishment and Operation of Poultry Farms in South Australia (March 1998).

8 Guidelines for Establishment and Operation of Cattle Feedlots in South Australia (EPA and SA Department of Primary Industries, 1994) are being used as a standard to establish buffer distances. Buffer distances for cattle feedlots given in the Guidelines allow for variation in cattle numbers, cattle size, treatment process and management standards, as well as allowing for different types of receptors.

home page
l'autore
mappa del sito
tutti i links

 

 

documenti
leggi e sentenze
chiarimenti
interventi

 

 

 

LE EMISSIONI ODORIGENE