chiarimenti
13 dicembre 2002

Su questo aspetto spesso si sentono voci discordanti, è un argomento controverso. Vediamo di fornire un contributo alla discussione portando esempi e riflessioni che non siano solo di carattere giuridico.

Partendo dall'origine si dovrebbe sottolineare come tutte le iniziative volte a semplificare il rapporto dei cittadini con le istituzioni sono benvenute. La prima semplificazione si deve alla legge 4 gennaio 1968 n.15, ora abrogata dal D.P.R. 445/00, pur avendone conservato i suoi contenuti. Questa stabiliva la possibilità di sostituire atti e documenti prodotti dalla pubblica amministrazione tramite dichiarazioni rese dall'interessato nelle quali lo stesso asseriva l'esistenza di determinate condizioni che lo riguardavano, come data e luogo di nascita, residenza, cittadinanza ecc. senza dover essere costretto a provarne l'autenticità con l'esibizione del documento pubblico vero e proprio.

Nella legge si parla di dichiarazioni sostititutive di certificazioni o di notorietà, anche se è entrato in uso il termine "autocertificazione" perchè è lo stesso soggetto interessato che testimonia di fatti personali. E' già evidente da questa breve sintesi che si ragiona in termini di sostituibilità di un atto, di qualsiasi tipo esso sia, questo atto deve essere già stato emanato. Siamo già fuori dall'ambito di cui si discute in quanto non è possibile sostituire una autorizzazione ambientale che deve essere ancora rilasciata. Pertanto se qui si utilizza il termine autocertificazione lo si fa impropriamente. Si potrebbe obiettare che è lo stesso legislatore che fa uso di questa terminologia, per es. all'art. 18 della legge n. 93/2001 (ved. più avanti), tuttavia, a ben leggere, in questo caso, all'autocertificazione in questione è allegata la ormai nota certificazione EMAS. E' inoltre ammessa solo per il rinnovo di un atto in scadenza e, pertanto, già emanato.

Se si vuole discutere di semplificazione per quanto riguarda l'insediamento di nuove attività di produzione beni e servizi, o loro trasformazioni, allora il riferimento corretto non è la legge del 1968, ma il regolamento istitutivo dello sportello unico, approvato con D.P.R. n.447 del 20 ottobre 1998. Il capo III del regolamento tratta appunto di procedimento mediante autocertificazione, ma, sempre a leggere esattamente, anche in questo caso chi dichiara non è il solo interessato, legale rappresentante o altro, ma anche uno o più professionisti abilitati che sottoscrivono il documento comprovando la sussistenza la conformità dei progetti alle varie norme discipline richiamate dal testo, compresa la tutela ambientale.

Correttamente il legislatore ha ritenuto che, per i contenuti tecnici e per la complessità normativa che distingue questo particolare campo di interesse della pubblica amministrazione, non sia sufficiente che a rendere attestazioni di conformità sia il solo legale rappresentante, ma serve la firma di soggetti terzi i quali possiedono conoscenza ed esperienza sulla materia. Anzi, salvo casi rari, è ben difficile che il legale rappresentante di un'impresa possa vantare una simile professionalità, per cui si può parlare, a ragione, di vera e propria "certificazione", cioè di una attestazione resa da soggetto esterno all'impresa. Il quale naturalmente risponde di quanto afferma in prima persona.

Se si deve trovare un precedente possiamo citare l'"asseverazione" che è la terminologia utilizzata in edilizia per assicurare la sussistenza dei requisiti di una costruzione rispetto ai regolamenti locali. Sempre nello stesso campo si parla di asseverazione a proposito dell'ormai nota D.I.A,. cioè denuncia di inizio attività, disciplinata per la prima volta dalla Legge 4 dicembre 1993 n.493, art.6, come procedimento semplificativo per realizzare determinate opere minori e adesso estesa anche alle costruzioni ex-novo. Anche qui la denuncia deve essere accompagnata dalla relazione del progettista che "assevera" la conformità delle opere alle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie.

Sia il D.P.R. 447/98 che l'art.6 della L.493/93 trovano la loro giustificazione nella disciplina generale del procedimento amministrativo dettata dalla Legge 241/90 ed in particolare agli artt.19 e 20. L'art. 19 così recita: "In tutti i casi in cui l'esercizio di un'attività privata sia subordinato ad autorizzazione, licenza, abilitazione, nulla-osta, permesso o altro atto di consenso comunque denominato, (ad esclusione delle concessioni edilizie e delle autorizzazioni rilasciate ai sensi delle L. 1089/1939, 1497/1939 e 431/1985), il cui rilascio dipenda esclusivamente dall'accertamento dei presupposti e dei requisiti di legge, senza l'esperimento di prove a ciò destinate che comportino valutazioni tecniche discrezionali, e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo per il rilascio degli atti stessi, l'atto di consenso si intende sostituito da una denuncia di inizio di attività da parte dell'interessato alla pubblica amministrazione competente, attestante l'esistenza dei presupposti e dei requisiti di legge, eventualmente accompagnata dall'autocertificazione dell'esperimento di prove a ciò destinate, ove previste. In tali casi, spetta all'amministrazione competente, entro e non oltre 60 giorni dalla denuncia, verificare d'ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti di legge richiesti e disporre, se del caso, con provvedimento motivato da notificare all'interessato entro il medesimo termine, il divieto di prosecuzione dell'attività e la rimozione dei suoi effetti, salvo che, ove ciò sia possibile, l'interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro il termine prefissatogli dall'amministrazione stessa."

Il testo in corsivo dell'articolato è importante in quanto permette di circoscivere i procedimenti che possono seguire un iter veloce, rispetto ad altri sui quali la prudenza del legislatore mantiene in capo alla pubblica amministrazione l'obbligo di esprimersi attraverso atti. Quando questo esclude quei procedimenti per i quali è richiesto l'esperimento di prove sta a voler significare come non sia sufficiente una attestazione, una dichiarazione o altro documento dal quale si tragga la certezza sui requisiti richiesti, ma sia necessario, se non obbligatorio, che si fornisca una dimostrazione tangibile di quanto asserito: tipicamente è l'esempio che ci interessa dove, per ottenere una autorizzazione, è indispensabile siano allegati elaborati nei quali, attraverso metodi di calcolo, stime o utilizzo di modelli di simulazione, si portano prove per dimostrare che emissioni, scarichi o rumori rientreranno, con le misure da adottarsi, all'interno dei limiti che il legislatore ha fissato. Per non parlare del fatto che altre prove, autocontrolli o collaudi vengono comunque richiesti al momento della messa in esercizio d'impianto.

Prima ancora che una valutazione discrezionale, è quindi necessario che la pubblica amministrazione effettui una valutazione tecnica delle prove apportate, tenendo conto che vi è un limite .... per il rilascio degli atti stessi, inteso nel senso più generale di una considerazione del contesto all'interno del quale questo procedimento si è avviato. Tipicamente è proprio l'esempio della materia ambientale che è in grado di chiarire lo spirito della legge: non vi è dubbio che la crescita industriale debba essere governata perchè sia resa compatibile e questa compatibilità non è un mero fatto amministrativo, di semplice sovrapposizione, ma è frutto di un sistema informativo che, attraverso i dati raccolti, è in grado di consegnare un'immagine del particolare contesto nel quale questa crescita è avvenuta. Non esiste un ambiente uguale all'altro, una medesima condizione all'intorno, ma ogni territorio ha le sue peculiarità, i suoi valori, le sue risorse.

Per essere ancora più chiari, posto che oggi non è consentito, se si volesse certificare la conformità di uno scarico industriale alla normativa sulla tutela delle acque questo avverrebbe a prescindere dal carico inquinante che già gravita sul corpo idrico destinato a ricevere lo scarico. Eppure la legge prevede che tra le valutazioni da effettuarsi per il rilascio dell'atto vi sia anche quella che riguarda la compatibilità del corpo recettore. E' cioè evidente che, mentre le altre discipline stabiliscono standard avulsi dallo stato dei luoghi, il fondamento di quelle ambientali trova la propria ragion d'essere nell'analisi di ciò che c'è e che potrebbe essere danneggiato. E' giusto, è corretto porre questa responsabilità in capo al privato? O piuttosto deve essere la pubblica amministrazione che mantiene, oltre alla discrezionalità nel decidere, anche la responsabilità delle sue decisioni?

Queste sono riflessioni che si dovrebbero fare, indipendentemente da ciò che dettano le norme in materia.

Ma per tornare a queste è importante sottolineare come ancora non sia reso ammissibile asseverare i requisiti ambientali in luogo dell'autorizzazione espressa. Tale indicazione si ritrova nel DPR 447/98 sopracitato e nella legge delega che ne costituisce i presupposti, la L.127/97 c.d. Bassanini. Proprio per salvaguardare l'ambito di responsabilità che deve rimanere in capo alle istituzioni il testo del regolamento esclude l'autocertificazione:
1) in tema di valutazione di impatto ambientale;
2) in materia di controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con sostanze pericolose;
3) in materia di prevenzione e riduzione dell'inquinamento;
4) nelle ipotesi per le quali la normativa comunitaria europea prevede la necessità di un'apposita autorizzazione esplicita.

Unica eccezione alla regola, come visto sopra, è prevista dall'art.18 della L.n.93/2001 - Disposizioni in campo ambientale: "L'autocertificazione di cui al comma 1 deve essere accompagnata da una copia conforme del certificato di registrazione ottenuto ai sensi del regolamento (CEE) n. 1836/93 del Consiglio, del 29 giugno 1993, e successive modificazioni, nonche' da una denuncia di prosecuzione delle attivita', attestante la conformita' dell'impresa, dei mezzi e degli impianti alle prescrizioni legislative e regolamentari, con allegata una certificazione dell'esperimento di prove a cio' destinate, ove previste."

Per concludere la risposta alla domanda posta nel titolo oggi è negativa, tuttavia il clima di deregulation che avvolge il settore della normazione riguardante la nascita di nuove imprese o la difesa di quelle esistenti fa ritenere che vi sarà presto anche in questo campo l'abbandono di ogni prudenza.

 

 

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IN MATERIA AMBIENTALE SI PUO' AUTOCERTIFICARE INVECE DI ATTENDERE I TEMPI LUNGHI DELL'AUTORIZZAZIONE?