chiarimenti
25 settembre 2004

Sono un funzionario della Provincia di ( ) e mi occupo di autorizzazioni allo scarico. Ultimamente sto curando lo scarico delle acque reflue urbane di un Comune con meno di 10.000 A.E. in mare. La  depurazione dei reflui è affidata ad una vasca Imhoff cui segue una fase di clorazione. L' art. 31 comma 2 del D. Lgs. 152/99, prevede che i Comuni con meno di 10.000 A.E. che recapitano i reflui urbani in mare, debbano dotarsi di "trattamento appropriato" entro il 31/12/05. Resta dubbio su cosa comporta l'applicazione di tale articolo. Fino al 31/12/05 i Comuni che si trovano in tali condizioni non sono obbligati al rispetto di alcuna norma? In teoria potrebbero sversare i propri reflui in mare senza alcun trattamento di depurazione? E' quindi possibile, rifacendomi al caso cui ho fatto cenno prima, rilasciare l'autorizzazione allo scarico considerando il trattamento dei reflui con fossa Imhoff quale "trattamento appropriato"? Qualora fosse possibile e tenuto conto di quanto previsto dall'art. 2 comma 1 lett. dd) che definisce il "trattamento appropriato", lo scarico non dovrebbe rispettare alcun limite tabellare previsto dal D. Lgs. 152/99, considerando anche il fatto che la Regione non ha ancora definito gli obiettivi di qualità per i corpi idrici recettori? Infine, qualora sia possibile l'autorizzazione e non debba essere rispettato alcun limite, non dovrebbe essere previsto alcun controllo da parte dell'ARPA sulla qualità dell'effluente?

Grazie per la disponibilità.


La domanda è articolata. Occorre prima di tutto mettere bene in chiaro che, prima ancora del D.Lgs 152/99 come modificato dal D.Lgs 258/200, la disciplina sullo scarico delle pubbliche fognature e degli insediamenti civili non allacciati alle p.f. era stata demandata alle regioni ai sensi della precedente L.319/76. Come è stata applicata queste delega nelle diverse regioni italiane? Con modalità molto discutibili, al solito, e questo senza una grande differenziazione tra regioni del sud o del nord come qualcuno sarebbe tentato di fare. Il risultato è che sullo stato della depurazione nel nostro paese non si può andare molto fieri. Ci si ritrova quindi all'alba del 13 giugno 1999, data di entrata in vigore del decreto di recepimento della direttiva acque reflue urbane 91/271/CEE (8 anni persi), con una condizione critica alla quale far fronte entro le date del 31/12/00 per gli scarichi provenienti da agglomerati con oltre 15.000 abitanti equivalenti e del 31/12/05 per tutti gli altri di potenzialità inferiore. Se vi sono dubbi sul fatto che si sia riusciti a rispettare la prima scadenza, è sicuramente purtroppo certa la previsione di una mancata ottemperanza alla seconda scadenza, tanto che non è in forse si possa già parlare di una litanìa di proroghe, con buona pace delle direttive comunitarie.

Ma vediamo cosa dicono gli articoli citati nel quesito:

Art. 31 - Scarichi in acque superficiali.

…..

2. Gli scarichi di acque reflue urbane che confluiscono nelle reti fognarie, provenienti da agglomerati con meno di 2.000 abitanti equivalenti e recapitanti in acque dolci ed in acque di transizione e gli scarichi provenienti da agglomerati con meno di 10.000 abitanti equivalenti, recapitanti in acque marino-costiere, sono sottoposti ad un trattamento appropriato, in conformità con le indicazioni dell'allegato 5, entro il 31 dicembre 2005.

3. Le acque reflue urbane devono essere sottoposte, prima dello scarico, ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente in conformità con le indicazioni dell'allegato 5 e secondo le cadenze temporali seguenti:

a) entro il 31 dicembre 2000 per gli scarichi provenienti da agglomerati con oltre 15.000 abitanti equivalenti;

b) entro il 31 dicembre 2005 per gli scarichi provenienti da agglomerati con un numero di abitanti equivalenti compreso tra 10.000 e 15.000;

c) entro il 31 dicembre 2005 per gli scarichi in acque dolci ed in acque di transizione, provenienti da agglomerati con un numero di abitanti equivalenti compreso tra 2.000 e 10.000.

4. Gli scarichi previsti al comma 3 devono rispettare, altresì, i valori-limite di emissione fissati ai sensi dell'articolo 28, commi 1 e 2.

Il quarto comma è in corsivo per indicare che è stato oggetto di modifica attraverso il D.Lgs 258/00. La curiosità ci porta a recuperare il testo originale e a confrontarlo con il nuovo:

4. Gli scarichi previsti al commi 2 e 3 devono rispettare, altresì, i valori-limite di emissione fissati ai sensi dell'articolo 28, commi 1 e 2.

4. Gli scarichi previsti al comma 3 devono rispettare, altresì, i valori-limite di emissione fissati ai sensi dell'articolo 28, commi 1 e 2.

La risposta al lettore è questa. Il legislatore ha cambiato idea ritenendo che gli scarichi del comma 2 non siano più da sottoporre ai limiti di emissione che verranno fissati dalle regioni. Per cui se rimaneva qualche regione che aveva obiettivi di maggiore rigore la nuova indicazione del decreto ha tolto anche questa residua velleità. Naturalmente le motivazioni sono comprensibili, si tratta di ridurre i costi di investimento che, in caso contrario, per un impianto che garantisca il rispetto di limiti, sarebbero molto superiori. Tolto l'obbligo rimane una maggiore flessibilità nella scelta di sistemi di trattamento, il che può equivalere ad una minore efficienza.

Da questo punto di vista tuttavia il decreto fornisce qualche indicazione di massima. Si veda il punto 3 dell'allegato5:

I trattamenti appropriati di cui all'articolo 31,comma 2 devono essere individuati con l 'obiettivo di:

a) rendere semplice la manutenzione e la gestione; b) essere in grado di sopportare adeguatamente forti variazioni orarie del carico idraulico e organico; c) minimizzare i costi gestionali. Questa tipologia di trattamento può equivalere ad un trattamento primario o ad un trattamento secondario a seconda della soluzione tecnica adottata e dei risultati depurativi raggiunti.

Per tutti gli agglomerati con popolazione equivalente compresa tra 50 e 2000 a.e, si ritiene auspicabile il ricorso a tecnologie di depurazione naturale quali il lagunaggio o la fitodepurazione, o tecnologie come i filtri percolatori o impianti ad ossidazione totale.

Peraltro tali trattamenti possono essere considerati adatti se opportunamente dimensionati, al fine del raggiungimento dei limiti della tabella 1, anche per tutti gli agglomerati in cui la popolazione equivalente fluttuante sia superiore al 30% della popolazione residente e laddove le caratteristiche territoriali e climatiche lo consentano.

Tali trattamenti si prestano, per gli agglomerati di maggiori dimensioni con popolazione equivalente compresa tra i 2000 e i 25000 a.e, anche a soluzioni integrate con impianti a fanghi attivi o a biomassa adesa, a valle del trattamento, con funzione di affinamento.

Come si legge, tra i 50 ed i 2000 a.e, si tratterebbe di affidarsi a tecnologie più efficaci rispetto ad una semplice fossa Imhoff. E' chiaro che un "auspicio" non è la stessa cosa di un obbligo. Lo stesso vale anche per impianti di potenzialità superiore, le indicazioni date hanno valenza di suggerimento, non di prescrizione. A questo punto la palla è in mano alle regioni il cui comportamento più o meno sensibile dal punto di vista ambientale i cittadini dovrebbero imparare a valutare.

Come esempio si cita la regione Emilia-Romagna. L'adeguamento ai sensi del D.Lgs 152, in sintesi, è previsto per gli scarichi di acque reflue urbane fino a 200 A.E. solo con fosse Imhoff, oltre i 200 sono richiesti impianti quali biodischi, filtri percolatori, fitodepurazioni, fanghi attivi tipo ossidazione totale. I limiti allo scarico rimangono quelli fissati dalle disposizioni previgenti per gli scarichi esistenti mentre per le modifiche o i nuovi impianti si deve far riferimento alla Delibera della Giunta Regionale 1053/03.

Riguardo ai controlli dell'Arpa: dovrebbero essere oggetto di una convenzione annuale sulla base della quale comuni, province e regione individuano i criteri della programmazione, tenendo conto delle risorse disponibili alle Arpa stesse. Tuttavia le Arpa possono essere attivate anche su richiesta della magistratura e degli organi di polizia e le conclusioni sui risultati delle analisi non possono dipendere che da quest'ultimi, con tutto quel che ne consegue sotto il profilo dell'interpretazione delle norme.

In conclusione rimane questo:

Le acque reflue urbane, provenienti da agglomerati fino a 2000 AE (ma se in aree marino-costiere fino a 10.000 AE), possono non essere più soggette a controlli dello scarico dal punto di vista quali-quantitativo, perché è questa la conseguenza pratica delle modifiche all'art.31 introdotte con il D.Lgs 258/00. Togliendo il vincolo del rispetto dei limiti, viene a perdersi l'elemento discriminante sulla base del quale può affermarsi o meno il rispetto della normativa e, quindi, nello stesso tempo, l' "incentivo" a intervenire per il risanamento delle reti comunali. Se si ritiene di dover dimostrare l'inefficienza di un sistema di trattamento attraverso le analisi ebbene questo non è più possibile, salvo nelle regioni dove l'art.28 del decreto è stato tradotto in termini più rigorosi prevedendo l'applicazione di limiti allo scarico anche per gli agglomerati sotto i 2000 a.e (in aree marino-costiere fino a 10.000 AE).

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