chiarimenti
30 gennaio 2003

Dovendo valutare l'insediamento di una attività di lavorazione del legno con recupero energetico degli scarti prodotti in proprio si è ritenuto di fare riferimento al D.M 5 febbbraio 1998 relativo al riutilizzo di rifiuti non pericolosi con procedura semplificata ai sensi degli artt. 31 e 33 del D.L.vo 22/97 ed in particolare all'allegato 2, suballegato 1, paragrafo 4. Tuttavia è sorto il dubbio se ora non sia invece applicabile il DPCM 8 marzo 2002 riguardante la disciplina delle caratteristiche merceologiche dei combustibili aventi rilevanza ai fini dell'inquinamento atmosferico. Qual'è la disposizione che si deve attuare?


Sulla nuova nozione di rifiuto contenuta nell'art.14 del D.L. 8 luglio 2002, n. 138, conv. in L. 8 agosto 2002, n. 178 è già stata aperta una procedura d'infrazione da parte della UE e, di conseguenza, è prevedibile che non sia destinata a permanere nel tempo. In attesa di questa data l'applicazione del DPCM 9 marzo 2002, per quanto riguarda il recupero energetico di pseudo-rifiuti, si pone in antitesi al D.M. 5 febbraio 1998. Bisogna riconoscere che si rimane disorientati di fronte a norme che si succedono senza un minimo di coordinamento. In questi casi, per cercare un punto di arrivo, è necessaria una ricostruzione dei passaggi che hanno portato alla loro emanazione, è indispensabile poter disporre di tutti gli elementi che compongono il problema.

In effetti la prima domanda che ci si dovrebbe porre è: per quale motivo si ritiene di dover regolamentare l'inquinamento prodotto dall'utilizzo degli scarti di lavorazione legna vergine come combustibile? Probabilmente questo ha a che fare con la strategia comunitaria sulle diossine, i furani e i bifenili policlorurati. Nella Comunicazione CE n° 322/02 del 17/11/2001 si fa spesso riferimento alla combustione del legno, specie se trattato, come fonte di diossine, mentre "Per quanto riguarda la combustione di carburanti solidi in ambienti domestici la Commissione intende elaborare un inventario che comprenda tutti gli Stati membri e i paesi in via di adesione e finanziare ulteriori ricerche per quantificare in modo specifico i livelli di contaminanti generati dalla combustione di legna e carbone ad uso domestico."

In effetti, per quanto ancora il processo di sintesi delle diossine non sia del tutto conosciuto, in uno studio finanziato dalla UE e pubblicato nel corso dell'anno 2000 si leggono le seguenti conclusioni: " PCDD/PCDF can be formed in other thermal processes in which chlorine-containing substances are burnt together with carbon and a suitable catalyst (preferably copper) at temperatures above 300 °C in the presence of excess air or oxygen. Preferentially dioxin formation takes place in the zone when combustion gases cool down from about 450 °C to 250 °C, i.e "de novo synthesis". This is, they are formed from the pyrolysis of chemically unrelated compounds such as polyvinyl chloride (PVC) or other chlorocarbons, and/or the burning of non-chlorinated organic matter such as polystyrene, cellulose, lignin, coal, and particulate carbon in the presence of chlorine-donors.

A proposito della produzione di diossine dalle diverse fonti sono disponibili diversi inventari, come per es quello del Regno Unito.

Valori calcolati e previsti nel 1995 per l'atmosfera, espressi in grammi I-TEQ (diossine equivalenti) all'anno


Processo                             1995         previsto qualità
                                min      max       max

Incenerimento RSU:              460      580        15       A/M
Incenerim. Rif. Ospedalieri:     18       88         5       A/M
Combustione industriale carbone:  5       67        67       A/M
Processi di sinterizzazione:     29       54        47       M/B
Traffico:                         1       45        45       A/B
Ferro e acciaio:                  3       41        14       M/B
Metalli non ferrosi:              5       35        10       M/B
Cremazione:                       1       35        35       A/B
Combustione domestica carbone:   20       34        34       B/B
Combustione domestica legno:      2       18        18       B/B
Incendi naturali:                 0,4     12        12       B/B
Produzione cemento:               0,2     11        11       A/M 
Combustione paglia:               3,4     10        10       B/B
Incenerimento rifiuti chimici:    1,5      8,7       0,3     M/M
Incenerimento fanghi di scarico:  0,7      6         0,9     A/A
Combustione gas discariche:       1,6      5,5       5,5     M/B
Combustione industriale legno:    1,4      2,9       2,9     M/B
Combustione residui petrolio:     0,8      2,4       2,4     M/B
Produzione calce:                 0,04     2,2       2,2     A/M
Produzione carbon coke:                    2         2       A/M
Incenerimento pneumatici:                  1,7       1,7     A/A
Mescolatura di asfalto:           0,047    1,6       1,6     A/M
PCF lavorazione legname:                   0,8       0,8     B/B
Produzione pesticidi:             0,1      0,3       0,3     B/M
Produzione ceramica:              0,02     0,06      0,06    B/M
Sost. chimiche alogenate:                  0,02      0,02    B/M
Produzione vetro:                 0,005    0,01      0,01    B/M
Rigenerazione carbonio:                    0,006     0,006   B/M

Totale:                         560     1100       350 g I-EQ/anno

Qualità: I valori vengono classificati in base all'attendibilità della previsione. 
La prima lettera relativa alla qualità dei dati si riferisce alla produzione in GB 
e la seconda ai dati sulle emissioni: 
         
A = Alta, M = Media e B = Bassa.

Fonte:PCDD/F emissions to atmosphere in the UK and future trends.

 

Una conferma di tali preoccupazioni emerge dalla Decisione CE/2000/532 di revisione della codifica rifiuti. I codici precedenti riferibili a scarti della lavorazione legno, 030102 e 030103, sono stati tradotti in voci specchio "contenenti sostanze pericolose" al fine di poter distinguere analiticamente gli scarti incontaminati da quelli provenienti da legno trattato.

Tra le sostanze pericolose che possono essere utilizzate per l'impregnazione del legno a fini di conservazione ci sono per es. i sali di CCA (rame, cromo, arsenico), l'olio di catrame.

Se la preoccupazione che ha mosso il nostro legislatore è la stessa allora si capisce per quale motivo le prescrizioni autorizzative riguardanti il recupero energetico degli scarti di legna sono così puntuali, sia che si tratti di prodotto vergine che di materiale trattato.

Secondo la cronistoria delle leggi e relativamente all'argomento che si sta discutendo possiamo ricordare nella disciplina in materia di smaltimento dei rifiuti il Decreto Ministeriale del 16 gennaio 1995 titolato "Norme tecniche per il riutilizzo in un ciclo di combustione per la produzione di energia dai residui derivanti da cicli di produzione o di consumo".

In questo DM , emanato sulla base del decreto-legge 7 gennaio 1995 n. 3, recante "Disposizioni in materia di riutilizzo dei residui derivanti da cicli di produzione o di consumo in un processo produttivo o in un processo di combustione" (una delle tante reiterazioni caratteristiche di quel periodo), c'è la prima regolamentazione riguardante i residui della lavorazione di legno e affini e residui tessili di filatura e di tessitura (biomasse) non trattati definiti come: scarti anche in polvere a base esclusivamente di legno vergine o sughero vergine derivanti dall'industria della carta e del legno (prima e seconda lavorazione, produzione pannelli di particelle, di fibra e compensati, mobili, semilavorati per il mobile, articoli per edilizia, pallets ed imballaggi ecc.), scarti anche in polvere, a base vegetale, derivati dalle lavorazioni tessili di filatura e di tessitura.

Gli impianti esistenti dovevano adeguati entro 24 mesi dall'entrata in vigore del decreto applicando, oltre ai limiti riguardanti l'uso di combustibile solido, la seguente disposizione:

"Nel caso l'impianto abbia una potenza termica nominale superiore ad 1 MW esso deve essere provvisto di:


Questa disposizione è rimasta invariata fino alla entrata in vigore del D.M 5 febbraio 1998, in applicazione degli artt.30 e 33 del D.Lvo 22/97.

Tuttavia, ben prima di tale ultimo decreto, era stato emanato il DPCM 2 ottobre 1995 recante "Disciplina delle caratteristiche merceologiche dei combustibili aventi rilevanza ai fini dell'inquinamento atmosferico nonché delle caratteristiche tecnologiche degli impianti di combustione." Come dice il titolo con tale provvedimento si intendeva porre le basi per un controllo preventivo delle emissioni prodotte nel corso della normale combustione per fini produttivi, in particolare quando il combustibile utilizzato potesse essere di tipo alternativo rispetto ai tradizionali, attraverso la fissazione della relativa composizione merceologica e dei modi di utilizzazione.

Tra i combustibili ammessi senza particolari limitazioni era indicata, all'art.3, comma 1: "legna tal quale e carbone di legna", cioè in sostanza il normale combustibile solido a tutt'oggi commercializzato per questo fine. Per evitare confondimenti tuttavia il legislatore aggiungeva all'art.4: "Negli impianti di cui all'art. 2 è consentito l'uso come combustibile dei residui individuati dal decreto del Ministero dell'ambiente del 16 gennaio 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 24 del 30 gennaio 1995, e successive modificazioni, con le limitazioni e prescrizioni ivi previste, anche ai sensi e per gli effetti delle leggi n. 9 e n. 10 del 9 gennaio 1991". In questo modo si chiariva come l'utilizzo di scarti di lavorazione legna dovesse rimanere normato dal DM emanato dieci mesi prima, con le prescrizioni soprariportate.

Arriviamo ai giorni nostri.

Il nuovo DPCM 8 marzo 2002 riguardante la medesima disciplina è stato emanato nel corso della situazione critica determinatasi a Gela per il sequestro degli impianti AGIP nei quali si riutilizzava pet-coke come combustibile. La vicenda è già stata trattata su questo sito. Che ne sia una diretta conseguenza si comprende dalle premesse nelle quali figura il decreto-legge 7 marzo 2002, n. 22, recante: "Disposizioni urgenti per l'individuazione della disciplina relativa all'utilizzazione del coke da petrolio (pet-coke) negli impianti di combustione". L'iniziativa dei magistrati di Gela è stata allora contrastata su due fronti: da una parte sostenendo l'uso del pet-coke come combustibile industriale e quindi annoverandolo tra quelli ammessi per decreto, dall'altra fissando al'art.8 del D.Lvo 22/97 una precisa esclusione dello stesso dal campo di applicazione della normativa sui rifiuti. Trattandosi in effetti di andare contro un consolidato indirizzo di natura giurisprudenziale era indispensabile fissare per legge questa esclusione, in quanto il primo intervento avrebbe potuto non rivelarsi sufficiente.

Nel nuovo testo del decreto, che ha abrogato il precedente del 1995, la dizione relativa al combustibile legnoso è adesso diversa: legna da ardere alle condizioni previste nell'Allegato III, punto 2. Se si legge l'allegato ci si accorge che la definizione è andata estensivamente a coprire anche il campo della normativa sui rifiuti: "materiale vegetale prodotto dalla lavorazione esclusivamente meccanica di legno vergine e costituito da cortecce, segatura, trucioli, chips, refili e tondelli di legno vergine, granulati e cascami di legno vergine, granulati e cascami di sughero vergine, tondelli, non contaminati da inquinanti, aventi le caratteristiche previste per la commercializzazione e l'impiego."

Come sia potuto avvenire questo cambio di indirizzo è' facile comprendere. Ha avuto successo l'azione lobbista delle associazioni di settore. Tuttavia, se dobbiamo prendere come esempio la vicenda del pet-coke, si tratta di successo in realtà effimero, non essendo gli scarti legnosi espressamente esclusi nell'art.8 del decreto Ronchi. E' qui che la interpretazione autentica viene in aiuto: se si tratta effettivamente di riutilizzo diretto come tale viene svincolato dalla normativa sui rifiuti.

Rimandando la discussione dottrinale ad altri autori ben più preparati, è invece interessante porre a confronto le diverse disposizioni dettate dai due decreti in modo da evidenziare pro e contro l'una o l'altra disciplina. Per questo è stata preparata la seguente tabella (i limiti sono riferiti ad un ora di funzionamento dell'impianto esclusi i periodi di avviamento, arresto e guasti, salvo quanto indicato nelle note (a) e n.3 ):

Potenza termica nominale complessiva installata (MW)

(1) > 0.15 ¸ < 1

> 1 ¸ < 3

> 3 ¸ < 6

> 6 ¸ < 20

> 20

mg/N m3 (2)

mg/N m3 (2)

mg/N m3 (2)

mg/N m3 (2)

mg/N m3 (2)

 

 

 DPCM 8.3.02

DM 5.2.98

DPCM 8.3.02

DM 5.2.98

DPCM 8.3.02

DM 5.2.98

DPCM 8.3.02

DM 5.2.98

DPCM 8.3.02

DM 5.2.98

polveri totali

100

50(3)

100

30(a)

10(3)

30

30(a)

10(3)

30

30(a)

10(3)

30
10(3)

30(a)

10(3)

carbonio org. totale (COT)

-----

-----

-----

20(a)

10(3)

-----

20(a)

10(3)

30

20(a)

10(3)

20
10(3)

20(a)

10(3)

monox di carbonio (CO)

350

100(3)

350

100(a)

50(3)

300

100(a)

50(3)

250
150(3)

100(a)

50(3)

200
100(3)

100(a)

50(3)

ox di azoto come NO2

500

-----

500

400
200(3)

500

400
200(3)

400
300(3)

400
200(3)

400
200(3)

400
200(3)

ox di zolfo come SO2

200

-----

200

200(a)

50(3)

200

200(a)

50(3)

200

200(a)

50(3)

200

200(a)

50(3)

Note

  1. Il DM 5.2.98 stabilisce un limite per mezzora di campionamento

  1. Agli impianti di potenza termica nominale complessiva pari o superiore a 0.035 MW e non superiore a 0,15 MW si applica un valore limite di emissione per le polveri totali di 200 mg/Nm3
  2. I valori limite sono riferiti al volume di effluente gassoso secco rapportato alle condizioni normali:
    0° Centigradi e 0.1013 MPa.
  3. Valori medi giornalieri.

Dal confronto emergono alcune considerazioni. Il DPCM sui combustibili industriali ha avuto "comprensione" per un maggior numero di impianti, rispetto al DM sul recupero. Infatti limiti meno restrittivi si applicano a partire da potenze termiche nominali inferiori ai 3 MW, contro le potenze termiche inferiori ad 1 MW individuate nel primo decreto.

Il parametro più rilevante è polveri totali. Stabilire un limite pari a 100 mg/Nmc contro i 30 mg/Nmc della classe successiva, come prevede il DPCM, significa in sostanza, nella maggiorparte dei casi, non dover installare alcun impianto di abbattimento del particolato. Mentre il DM sul recupero richiede il limite di 30 mg/Nmc già a partire da impianti di potenza nominale pari a 1 MW.

Anche l'assenza di un limite per il carbonio organico totale fino a 6 MW di potenza è significativa. Combinato con il limite del monossido di carbonio, che, nel caso del DPCM, è pari a 350 mg/Nmc, rende praticamente ammissibile una combustione "non proprio regolare."

Consideriamo adesso l'altro aspetto, quello relativo ai sistemi di regolazione e controllo delle condizioni di esercizio.

Potenza termica nominale complessiva installata (MW)

<1

> 1 ¸ < 3

> 3 ¸ < 6

> 6 ¸ < 20

> 20

condizioni di esercizio

 

 DPCM 8..3.02

DM 5.2.98

DPCM 8..3.02

DM 5.2.98

DPCM 8..3.02

DM 5.2.98

DPCM 8..3.02

DM 5.2.98

DPCM 8..3.02

DM 5.2.98

alimentaz. autom.ca del combustibile

no

si

si

si

si

si

si

si

si

si

registr. t° e O2 in camera di combust.e

no

-----

no

----

si

-----

si

-----

si

-----

regolaz. autom. rapporto aria/comb.le

no

si

no

si

si

si

si

si

si

si

bruc. pilota a comb. gassoso o liquido

no

si

no

si

no

si

si

si

si

si

monitoraggio in continuo dei fumi

temperatura

no

no

no

si

no

si

si

si

si

si

monox di carbonio

no

no

no

si

no

si

si

si

si

si

ossigeno

-----

no

-----

si

-----

si

-----

si

-----

si

ox di azoto

no

no

no

no

no

no

si

si

si

si

vapore acqueo

no

-----

no

-----

no

-----

si

-----

si

-----

polveri

no

no

no

no

no

no

no

si

si

si

carbonio organico totale

no

no

no

no

no

no

no

si

si

si

ox di zolfo

-----

no

-----

no

-----

no

-----

si

-----

si

HCl

-----

no

-----

no

-----

no

-----

si

si

Come si vede, anche in questo caso, sono più restrittivi i sistemi di regolazione e controllo fissati dal DM sul recupero dei rifiuti non pericolosi, sia perchè si applicano per potenze termiche nominali inferiori che per il numero dei parametri da considerare. Uniche novità positive del DPCM sono quelle di prevedere la registrazione in continuo di temperatura e ossigeno direttamente all'interno della camera di combustione e le misurazioni con frequenza almeno annuale delle concentrazioni negli effluenti gassosi delle sostanze i cui limiti sono fissati nella tabella, ove non sia prevista la misurazione in continuo. Il DM 5.2.98 non stabilisce nulla a proposito della periodicità degli autocontrolli.

Per concludere nel caso in esame l'applicabilità del DM 5 febbraio 1998 è legata alla nozione di rifiuto. Esclusa questa si passerà al DPCM 8 marzo 2002.

 

 

 

 

 

 

 

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