interventi
20 maggio 2004

E’ prevedibile che l’applicazione della Direttiva 1999/13/CE detta comunemente "direttiva solventi", recepita con D.M. 16 gennaio 2004 n°44, incontrerà notevoli difficoltà nella sua applicazione pratica, dovendosi calare in una realtà multiforme che è quella delle regioni o ancora, laddove il principio della sussidiarietà sia stato effettivamente rispettato, delle province italiane.

Occorre infatti ricordare come la normativa in materia di emissioni in atmosfera abbia una storia molto travagliata: basti dire che il decreto di recepimento della direttiva 84/360/CE il D.P.R 24 maggio 1988 n° 203 non è mai stato attuato per la parte di regolamentazione che riguarda gli stabilimenti nuovi sorti dopo la sua entrata in vigore. In parole povere, dopo un’estenuante discussione tra le parti sociali avvenuta all’interno dei ministeri concertanti, si è arrivati ad introdurre nel nostro ordinamento solo una regolamentazione per le sostanze emesse dalle attività in esercizio in quella particolare fase storica, i c.d. impianti esistenti. Tale regolamentazione è stata emanata con D.M 12 luglio 1990 e, a tutt’oggi, è rimasta l’unica a livello nazionale. A distanza ormai di 15 anni non abbiamo ancora una regolamentazione per quanto riguarda l’applicazione dell’art.6 e dell’art.15 del decreto e questo ha comportato conseguenze diverse presso le amministrazioni alle quali è stata demandata la competenza ad autorizzare le modifiche e i trasferimenti di impianti con emissioni in atmosfera, compresi quelli di nuova costruzione.

Non è possibile conoscere esattamente come si siano comportate tutte le diverse regioni italiane in questa condizione. Indicativamente gli atteggiamenti tenuti potrebbero essere i seguenti:

  1. i limiti del D.M 12 luglio 1990 per impianti esistenti sono stati applicati anche alle modifiche, ai trasferimenti e agli impianti di nuova costruzione;
  2. sono stati emanati criteri per l’autorizzazione ed il controllo riguardanti le modifiche, i trasferimenti e gli impianti di nuova costruzione di tutte le categorie produttive attraverso un organo tecnico delegato come il Comitato Regionale per l’Inquinamento Atmosferico (CRIA);
  3. sono stati emanati i criteri per le sole autorizzazioni generali riguardanti cioè le attività i cui impianti possono essere considerati a ridotto inquinamento atmosferico, lasciando alla valutazione caso per caso le domande presentate per attività di più elevato impatto ambientale;
  4. è stata effettuata una valutazione caso per caso di tutte le domande presentate;
  5. non sono state rilasciate autorizzazioni alle emissioni in atmosfera per nessun tipo di impianto.

Probabilmente la situazione reale è il prodotto di una combinazione tra le diversi opzioni. A questo dobbiamo aggiungere l’ulteriore stratificazione che si è creata con le eventuali deleghe alle province, laddove questa delega è stata consegnata "in bianco" senza cioè precise istruzioni sull’approccio autorizzativo e, soprattutto, senza le risorse di personale e strumenti indispensabili per far fronte al nuovo carico di lavoro.

Con premesse del genere non ci si può sorprendere poi che vi siano differenze macroscopiche tra regione e regione o tra province confinanti della stessa regione riguardo ai limiti da applicare alle emissioni in atmosfera. Oggi si chiama eufemisticamente "federalismo ambientale" in ossequio ai nuovi principi del decentramento, ma questo "fai da te" nella materia delle emissioni in atmosfera, come abbiamo visto, non ha natali così nobili. Come in tutte le cose questa sorta di autarchia locale può produrre risultati positivi o negativi, dipende naturalmente dalla sensibilità del soggetto istituzionale che dispone dell’autorità per (ri)scrivere le regole ambientali.

Ciò detto appare in tutta la sua evidenza la difficoltà di esemplificare l’applicazione di una normativa del tutto nuova in un contesto mutevole tipo quello descritto. Per limitare la complessità prenderemo in esame una delle opzioni più utilizzata, quella di considerare applicabili ai nuovi impianti i limiti per impianti esistenti dettati dal D.M 12 luglio 1990.

Il D.M 12 luglio 1990

Nella struttura del decreto l’approccio alla problematica delle emissioni è sostanzialmente di due tipi: quello per sostanze emesse, mutuato dalla disciplina tedesca, e quella per categorie produttive, più affine a quella inglese. In pratica il titolare di un‘attività ricadente nell’allegato 2 al decreto, predisposto per specifiche tipologie di impianti, deve rispettare i limiti stabiliti nel paragrafo corrispondente alla definizione del proprio processo produttivo. Qualora non si riconoscesse in questo elenco i limiti da applicare sono quelli dell’allegato 1, sostanza per sostanza, a partire dal c.d. flusso di massa, cioè dal totale emesso nell’unità di tempo da tutto l’impianto. Quest’ultima procedura è evidente che si riesce ad attivare solo nella condizione in cui l’impianto è già in esercizio, cioè esistente, in quanto è indispensabile individuare tutte le emissioni convogliate ed analizzare la concentrazione delle sostanze in esse contenute.

Pertanto si comprende come sia molto diverso il risultato in termini autorizzativi: nel primo caso i limiti sono fissi indipendentemente dal carico inquinante emesso da tutto l’impianto, nel secondo sono applicati solo quando si superano i corrispondenti flussi di massa.

Proviamo ora con un esempio partendo dallo stato di fatto cioè da un’autorizzazione espressa rilasciata per l’impianto di nuova costruzione del impresa "Rossi Infissi", nel cui ciclo di produzione esiste una fase di verniciatura ed appassimento di infissi di alluminio effettuata tramite impianto automatico su superfici piane. Tale fase non è riconducibile all’allegato 2 del decreto in quanto gli unici due paragrafi che trattano di verniciatura sono i seguenti:

par.48 – verniciature in serie di autoveicoli e componenti degli stessi, esclusi autobus

par.49 – altre verniciature

Il quadro riassuntivo delle emissioni derivante dall’indagine analitica effettuata camino per camino è la seguente:

punto di emissione

Provenienza

Portata

(Nm3/h)

Durata

Frequenza nelle 24 ore

Temp.tura

Sostanze emesse

Conc. in emissione

mg/Nmc

Impianto di

abbattimento

Criterio

Criaer

E1

saldatura

1800

2 ore al giorno

1

ambiente

polveri

7

FT*

.

E2

saldatura

1800

2 ore al giorno

1

ambiente

polveri

2,5

FT

.

E3

verniciatura

70.000

8 ore

1

ambiente

Polveri

SOV

8

125

.

.

E4

essicazione

25.000

8 ore

1

.

Polveri

SOV

8

32

.

.

* filtro a tessuto per emissioni polverulente

Per non complicare il quadro non considereremo altre fonti di sostanze organiche volatili (come il diluente eventualmente aggiunto alle vernici per aumentarne la viscosità o quello utilizzato per la pulizia dell'impianto).

Dovendo applicare la metodologia dell’allegato 1 al D.M 12 luglio 1990 è necessario calcolare il flusso di massa per il solvente emesso, ricordando che il F.M. = Flusso di Massa o massa per unità di tempo si ottiene moltiplicando la concentrazione dell’inquinante nel flusso gassoso per la portata, cioè la quantità d'aria emessa in 1 ora dal condotto di scarico in atmosfera.

L’espressione di questo risultato è quindi la massa dell’inquinante per unità di tempo (per es. in secondi) emessa al camino.

 Volendo calcolare il flusso di massa della "Rossi Infissi" (in kg/ora) per quanto riguarda il solvente emesso dobbiamo ricordare che questo sarà il risultato del calcolo applicato ai camini di emissione E3 ed E4 in quanto è solo in queste emissioni che sono presenti sostanze organiche volatili (S.O.V.). Come dice il decreto all’art.2, comma 3, "nei casi in cui negli allegati 1 e 2 siano indicati valori di flusso di massa i valori limite di emissione devono essere rispettati se i valori di flusso di massa stessi sono raggiunti o superati".

Il primo problema che sorge è che l’inquinante è espresso in una forma convenzionale, SOV, che nulla ci dice sulla reale composizione della miscela solvente, mentre l’allegato 1 al decreto richiede che il calcolo del flusso di massa sia eseguito sostanza per sostanza nominalmente identificate. E’ necessario quindi conoscere esattamente come si ripartisce la concentrazione misurata in mg/Nmc di SOV nei vari inquinanti che si possono ritrovare nelle emissioni E3 ed E4.

Mettiamo di conoscere esattamente questo dato (ci inventiamo la composizione della miscela solvente):

Punto di emissione

sostanza

Conc. mg/Nmc

Classe allegato I

E3

acetato di etile

isobutilacetato

metiletichetone

alcool isobutilico

xilene

40

30

22

10

23

V

IV

IV

III

IV

E4

 acetato di etile

isobutilacetato

metiletichetone

alcool isobutilico

xilene

10

8

8

2

6

V

IV

IV

III

IV

Tutte queste sostanze si trovano nominalmente nella tabella D paragrafo 4 dell'Allegato 1 al DM 12 luglio 1990.

Ora siamo nelle condizioni di calcolare il flusso di massa:

punto

sostanza

portata Nmc/h

F.M. Kg/h

E3

acetato di etile

isobutilacetato

metiletichetone

alcool isobutilico

xilene

70.000

2,8

2,1

1,5

0,7

1,6

E4

 acetato di etile

isobutilacetato

metiletichetone

alcool isobutilico

xilene

25.000

0,25

0,2

0,2

0,05

0.015

Il paragrafo 4 dell'allegato 1, tabella D, del decreto stabilisce che: "In caso di presenza di più sostanze di classi diverse alle quantità di sostanze di ogni classe vanno sommate le quantità di sostanze delle classi inferiori (ad esempio alle quantità di sostanze della classe III vanno sommate le quantità di sostanze delle classi I e II)"

Ora sommiamo i flussi di massa classe per classe e confrontiamoli con quelli del paragrafo 4 del decreto.

.

.

.

Allegato 1 al DM 12 luglio 1990

punto

sostanza

f.m. Kg/h

f.m Kg/h

limite mg/Nmc

E3 + E4

acetato di etile

3,05

V = 4

600

isobutilacetato

metiletichetone

xilene

2,3

1,7

1,61

IV = 3

300

alcool isobutilico

0,75

III = 2

150

totale

9,31

.

.

"In caso di presenza di più sostanze di classi diverse, al fine del rispetto del limite in concentrazione, fermo restando il limite per ciascuna classe, la concentrazione totale non deve superare il limite della classe più elevata." Nel nostro caso la classe più elevata è la quinta ed il limite è di 600 mg/Nmc.

Adesso confrontiamo i limiti stabiliti dal decreto con i valori in concentrazione misurati ai camini E3 ed E4. Come è possibile arguire i limiti per ciascuna classe e per la classe più elevata sono rispettati senza necessità di installare alcun impianto di abbattimento.

.

.

.

Allegato 1

punto

sostanza

conc.misurata mg/Nmc

conc.limite mg/Nmc

E3 + E4

acetato di etile

50

600

isobutilacetato

metiletichetone

xilene

97

300

alcool isobutilico

12

150

totale

159

600

A questo punto vi sono tutte le condizioni per il rilascio di un'autorizzazione alle emissioni in atmosfera nella quale verranno stabiliti i limiti che devono essere rispettati camino per camino.

Il fatto è che la decisione riguardo ai limiti contiene un elemento di discrezionalità: si sceglie di applicare i limiti nazionali che, come si può vedere, sono superiori dalle 3 alle 10 volte i valori reali oppure si deve osservare il principio stabilito all'art. 13 comma 5 del decreto "devono essere adottate tutte le misure necessarie ad evitare un peggioramento anche temporaneo delle emissioni"?

I casi sono due.

Autorizzazione A: conoscendo le variabili di processo che si possono presentare alla "Rossi Infissi" un'amministrazione pubblica, sensibile alle tematiche dell'ambiente, stabilirebbe che i limiti da rispettare sono approssimati per leggero eccesso rispetto ai dati di consuntivo (in modo da tenere conto di possibili oscillazioni nei consumi di solvente).

Autorizzazione B: al contrario per un'amministrazione insensibile non varrebbe il caso di applicare altro se non i limiti nazionali, il che equivale, nel caso esaminato, ad autorizzare un flusso di massa ben più elevato e, quindi, ad approvare un aumento incontrollato delle emissioni totali.

In effetti le differenze apparirebbero in tutta la loro dimensione se si mettesse a confronto il flusso di massa effettivo rispetto a quello teorico risultante dall'applicazione dei limiti nazionali.

.

.

.

Autorizzazione A

Autorizzazione B

punto

portata Nm3

sostanza

conc.misurata mg/Nmc

conc.limite mg/Nmc

E3

70.000

acetato di etile

45

600

isobutilacetato

metiletichetone

xilene

75

300

alcool isobutilico

12

150

totale

132

600

E4

25.000

acetato di etile

15

600

isobutilacetato

metiletichetone

xilene

25

300

alcool isobutilico

3

150

totale

43

600

.

.

flusso di massa

9,5 kg/h

57 kg/h

La modifica sostanziale

Nel caso siate sopravvissuti all’esempio occorre sottolineare che, con questo tipo di meccanismo, non sono necessarie altre informazioni riguardanti:

Con l’entrata in vigore della nuova disciplina invece, qualora la "Rossi Infissi" intenda apportare modifiche al proprio processo tali da portare ad una variazione quali o quantitativa delle emissioni totali, queste sono tutte informazioni che vanno recuperate. Vediamo perché.

La prima è una informazione strategica in quanto ci dice che, oggettivamente, dallo stabilimento "Rossi Infissi" non possono essere emesse più di tante tonnellate/anno in solvente. La capacità nominale dell’impianto è la massa giornaliera massima teorica di solventi organici immessi in un impianto, se l'impianto funziona in condizioni di esercizio normale e alla potenzialita' di prodotto prevista a livello di progetto.

Dalla documentazione trasmessa dalla nostra ditta dovrebbe emergere un dato riguardante il consumo giornaliero di vernici utilizzate. Poiché prima dell’entrata in vigore del Decreto 16 Gennaio 2004, n. 44 non erano richieste grandi speculazioni sulla capacità nominale dell’impianto è probabile che l’informazione riguardanti le quantità sia stata data in relazione al consumo effettivo dell’anno precedente alla domanda, rapportato alle giornate lavorative. Ora si dovrà esplicitare se il consumo effettivo dichiarato corrisponde anche alla potenzialità di progetto e sarà bene chiarire esattamente attraverso quali considerazioni o quali formule si è arrivati a definire tale potenzialità perché il dato deve essere confutabile.

Connessa alla definizione di capacità nominale c’è quella di:

soglia di consumo: il valore di consumo di solvente espresso in tonnellate/anno, riferito alle attivita' di cui all'allegato I, determinato in riferimento alla capacita' nominale dell'impianto. Tale valore si determina in riferimento alla potenzialita' della singola attivita', come prevista a livello di progetto, e tenendo conto delle condizioni di esercizio normali.

Da sottolineare il fatto che, secondo la direttiva, l’impianto è un'unita' tecnica permanente in cui sono svolte una o piu' attivita' di cui all'allegato I e qualsiasi altra attivita' direttamente associata che sia tecnicamente connessa con le attivita' svolte nel sito e possa influire sulle emissioni.

Nel nostro ordinamento (ex DPR 203/88) l’impianto è: lo stabilimento o altro impianto fisso che serva per usi industriali o di pubblica utilità e possa provocare inquinamento atmosferico, ad esclusione di quelli destinati alla difesa nazionale. Uno stabilimento può essere costituito da più impianti. Il singolo impianto all’interno di uno stabilimento è l’insieme delle linee produttive finalizzate ad una specifica produzione. Le linee produttive possono comprendere a loro volta più punti di emissione derivanti da una o più apparecchiature e/o da operazioni funzionali al ciclo produttivo.

Dalla lettura incrociata delle due definizioni per uno stabilimento che comprenda più impianti le attività descritte nella direttiva corrispondono alle linee produttive finalizzate ad una specifica produzione. Pertanto, se in uno stabilimento sono presenti più linee produttive, sarà necessario indicare tante capacità nominali quante sono le singole linee produttive.

Accanto alla soglia di consumo per linea produttiva dovrà essere anche definita la soglia di produzione cioè la quantita' espressa in numero di pezzi prodotti/anno riferita alla potenzialita' di prodotto prevista a livello di progetto dell'impianto. E’ pur vero che, in questo caso, il decreto 44/04 la richiede solo per le attività di cui all'appendice 1 dell'allegato II, cioè quelle di rivestimento autoveicoli. Tuttavia non è possibile considerare l’informazione sui consumi disgiunta da quella dei prodotti finiti, sarebbe un'informazione incompleta.

Con l’input solventi andremo a definire la quantita' di solventi organici e la loro quantita' nei preparati utilizzati nello svolgimento di un'attivita', inclusi i solventi recuperati all'interno e all'esterno dell'impianto, che devono essere registrati ogni qualvolta vengono riutilizzati per svolgere l'attivita'.

Qui vi sono altre criticità da superare.

La prima è dovuta al tipo di informazione consegnata dalla scheda di sicurezza delle vernici. In quanto preparati le vernici sono sottoposte alla disciplina in materia di etichettatura, classificazione e imballaggio di sostanze e preparati pericolosi. Tale disciplina prevede che vadano menzionati esplicitamente tutti i componenti pericolosi presenti nella vernice solo se la loro percentuale in peso supera la soglia stabilita dalla norma, variabile a seconda della classe di pericolosità del composto. Pertanto, ai fini della direttiva solventi, tale informazione è incompleta sia per i componenti pericolosi presenti in percentuali inferiori alla relativa soglia sia per i componenti non pericolosi.

Occorre quindi che il fornitore delle vernici dichiari come minimo qual è il residuo secco della vernice in modo da poter ricavare la percentuale di solvente presente. Inoltre serve conoscere se tra i componenti della miscela solvente sono presenti composti cancerogeni, mutageni o tossici per la riproduzione etichettati con R45, R46, R49, R60, R61 e composti organici alogenati etichettati con R40, R68. La presenza di queste sostanze comporta un calcolo del corrispondente flusso di massa e un limite in concentrazione più restrittivo riferito alla somma delle loro rispettive masse (art. 3, co.10 e 11, DM 44/04).

Tuttavia ciò potrebbe non essere sufficiente. Bisogna infatti evidenziare come i limiti previsti dalla direttiva siano espressi in mg di Carbonio per mc d’aria normalizzati a condizioni standard di temperatura ed ossigeno (mgC/Nmc). Questo significa che per avere i mgC/Nmc occorre considerare una sostanza costituita per es. da C,H,O come se fosse unicamente composta da atomi di carbonio. Pertanto si applicherà la seguente formula:

Conc. (mgC/Nm3) = Conc. (mg/Nm3) x (n° atomi di C della sostanza x 12)/peso molecolare sostanza

Qualora il titolare della "Rossi Infissi" intendesse presentare un piano di riduzione dei solventi utilizzando gli algoritmi dell’allegato III al decreto per dimostrare che si raggiunge il medesimo risultato (equivalenza) con cio’ che invece si sarebbe ottenuto rispettando i limiti dell’allegato II dovrà necessariamente conoscere il contenuto di carbonio organico delle miscele solventi di tutti i prodotti utilizzati, cioè, di fatto, la loro esatta composizione. Non sorprenda tuttavia che, con la conversione in carbonio organico totale, si riescano ad ottenere margini di riduzione molto elevati: è il risultato dell'applicazione della formula sopra indicata.

A questo punto, riguardo alla "Rossi Infissi", dovremmo essere in possesso dei seguenti dati

n° di linee produttive = 1

orario lavorativo = 8 h/die

giorni lavorativi = 220 g/anno

capacità nominale dell'impianto = 3800 mq/giorno di infissi

residuo secco delle vernici = 50%

S.O.V. = acetato di etile, isobutilacetato, metiletichetone, xilene, alcool isobutilico*

flusso di massa = 9,5 kg/ora

soglia di consumo = 152 kg/giorno, 33440 kg/anno di vernici

fattore di emissione = 40 g di vernice al mq, 20 g di solvente al mq

soglia di produzione = 836000 mq/anno di infissi

input solvente = 16270 Kg/anno di solventi

* non sono presenti sostanze etichettate R45, R46, R49, R60, R61 e composti organici alogenati etichettati con R40, R68.

Finalmente la "Rossi Infissi" comunica la sua intenzione di aumentare i turni arrivando ad un orario lavorativo di impianto di 16 ore giornaliere e chiede di sapere se deve presentare domanda di autorizzazione ai sensi dell'art.15 A del DPR 203/88 ovvero se si tratti di "modifica sostanziale" ai sensi dell'art.2 lettera bb) del D.M. 44/04 per quanto riguarda l'uso di solventi.

  1. per un impianto che rientra nell'ambito di applicazione del decreto legislativo n. 372 del 1999 la definizione ivi specificata;
  2. per un piccolo impianto, una modifica della capacita' nominale che porta ad un aumento delle emissioni di composti organici volatili superiore al 25%;
  3. per tutti gli altri impianti, una modifica della capacita' nominale che porta ad un aumento delle emissioni di composti organici volatili superiore al 10%;
  4. qualsiasi modifica che, a giudizio dell'autorita' competente, potrebbe avere effetti negativi significativi sulla salute umana o sull'ambiente;
  5. qualsiasi modifica della capacita' nominale che comporta variazione della soglia di consumo e conseguente variazione dei valori limite applicabili secondo l'allegato II.

Per quanto riguarda il campo di applicazione della direttiva occorre inquadrare l'attività tra quelle elencate all'allegato1. Si tratta di

2) Attività di rivestimento

Qualsiasi attività in cui un film continuo di un rivestimento è applicato in una sola volta o in più volte su:

….

c) superfici metalliche e di plastica (comprese le superfici di aeroplani, navi, treni, ecc ...) con una soglia di consumo di solvente superiore a 5 tonnellate/anno;

La "Rossi Infissi" ha una soglia di consumo pari a 16,7 t/annue, la direttiva, il decreto di recepimento, si applica.

Ora vediamo se si tratta di modifica sostanziale secondo il punto 5) dell'art.2 lettera bb).

Con il raddoppio delle ore lavorate giorno raddoppia di conseguenza la capacità nominale dell'impianto e quindi la soglia di consumo, passando da 152 kg/g a 304 kg/g di vernici da utilizzare.

Ma questo comporta una variazione dei valori limite applicabili secondo l'allegato II del decreto? L'attività di rivestimento di infissi in alluminio è inquadrabile al punto:

8.Altri rivestimenti, compreso il rivestimento di metalli, plastica, tessili, tessuti, film e carta (>5)

La soglia di consumo annuo indicata in seconda colonna è >15 t.

La "Rossi Infissi", superando tale consumo, rientra nella seconda riga del punto 8 nella quale si stabiliscono limiti rispettivamente di 75 mgC/Nmc (applicazione) e 50 mgC/Nmc (essiccazione). Questi quali andranno paragonati ai limiti di cui attualmente dispone l'azienda in base alla sua autorizzazione:

punto di emissione

limite in mgC/Nm3

Autorizzazione A

Autorizzazione B

E3 applicazione

75

132

600

E4 essiccazione

50

43

600

% di emissioni diffuse

20

non determinata

non determinata

emissione totale

L'eventuale valore limite di emissione totale si determina secondo la procedura indicata nell'allegato III

.

.

Alla previsione di un raddoppio delle ore lavorate giorno, senza che sia effettuato alcun intervento a livello di impianto, non farà seguito un medesimo incremento dei valori in emissione. In effetti il regime dell'impianto è lo stesso, viene semplicemente fatto funzionare per più ore rispetto a quelle preventivate: in questo caso quello che cambia è il flusso di massa giornaliero, cioè il carico inquinante dell'impresa.
Cosa succederà a questo punto? I valori limite stabiliti per l'allegato II sono comunque superati per quanto riguarda la fase di applicazione, la soglia di consumo è aumentata con l'aggiunta del nuovo turno di lavoro: è sufficiente per rientrare nel campo di applicazione della direttiva.
Se l'autorizzazione rilasciata è del tipo A occorre quindi presentare domanda per "modifica sostanziale", se è del tipo B la conclusione dovrebbe essere la medesima salvo che l'amministrazione non preferisca effettuare altri confronti.
Si può infatti osservare che, in assenza della direttiva solventi, con il margine concesso dai limiti nazionali applicati come da autorizzazione B, una modifica comportante il raddoppio nelle ore lavorate e quindi nel consumo di vernici e solventi avrebbe potuto non essere presa in considerazione.

Conclusioni

Come dovrebbe essere chiaro dall'esempio presentato l'applicabilità del DM 44/04 dipende da un certo numero di informazioni riguardanti il processo produttivo che è necessario acquisire prima di emettere qualsiasi giudizio riguardante possibili modifiche ad impianti esistenti. Sull'effettiva applicazione del decreto può pesare un'incognita rappresentata dallo status amministrativo nel quale si trova l'azienda esaminata sotto il profilo delle emissioni in atmosfera.

 

 

 

 

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