chiarimenti
7 aprile 2003

Mi sconforta il fatto che dal mese di settembre 2002 sia stata segnalata la presenza di una tettoia in cemento amianto, all' apparenza in cattivo stato  di conservazione, di oltre 90 metri quadrati, che si trova in un cortile di proprietà comunale A POCHI METRI DALLE FINESTRE DI UNA SCUOLA MATERNA frequentata da 70 bambini. Del fatto è stata informata l' ARPA, la ASL, il Comune, lo stesso sindaco, ma nessuno si è attivato per lo meno per verificare la pericolosità della tettoia. La dirigente della scuola ormai da mesi ha fatto divieto di aprire le finestre della materna, con ovvie conseguenze sul piano igienico-sanitario per i bambini e le educatrici. Io e un altro genitore abbiamo infine fatto un esposto ai carabinieri perchè si accertino eventuali (?!) responsabilità a carico di enti pubblici, ma per il momento (sono passati oltre 40 giorni dal deposito dell' esposto) non è successo nulla.Mi chiedo se c'è qualche altra strada da seguire, perchè voglio fare tutto il possibile per la salute di mia figlia e degli altri bambini, senza lasciare nulla di intentato. Grazie


Quando i pericoli con i quali si convive tutti i giorni si trovano a contatto dei soggetti deboli per eccezione, i bambini, vorremmo che fossero eliminati con la massima rapidità, ritenendo che la maggiorparte degli adulti condividano queste paure e che quelli che ne detengono le competenze si mettano velocemente all'opera aderendo alle ansie dei genitori. Il caso delle coperture di cemento-amianto è uno dei pericoli più temuti assieme al "totem" dei campi magnetici. Ma è proprio in condizioni analoghe a quelle descritte che si prova una frustrazione crescente ed una rabbia vera e propria quando ci si accorge delle inerzie o delle omissioni, ancora più intollerabili perchè si tratta di eliminare i rischi inutili che corrono i bambini.

Come di solito accade si tratta di una difficoltà comunicativa che esiste nella nostra società tra coloro che detengono le conoscenze in materia e chi, cittadino semplice, si deve invece misurare con questo rischio. Tipicamente è un problema di linguaggio, cioè una mancanza di un terreno comune per discutere, ma anche di intangibilità delle prove portate a sostegno, il che rende praticamente inaccettabile qualsiasi rassicurazione. Se alle difficoltà citate aggiungiamo la generale transumanza dei media verso la strategia dell'allarme sociale come politica di vendita, sorretta da quelle nuove figure professionali che sulle paure della gente hanno costruito un business, ci si rende conto delle fatiche che si devono compiere per riportare un po' di razionalità tra le persone.

Che l'amianto sia un temibile killer non è più messo in dubbio da nessuno, almeno in Italia, che nel 1993 ne ha sancito la definitiva eliminazione commerciale. Rimane una grande eredità di manufatti di cui liberarsi. I tetti in cemento-amianto sono una di queste, forse la più preponderante. Tuttavia bisogna sottolineare come, al momento di scrivere la Legge di fuoriuscita, la L.257/92, le proccupazioni maggiori fossero dedicate all'amianto allo stato friabile e non a quello in matrice cementizia, dove si trova legato in un rapporto di 30:70.

Per quanto riguarda il primo il rischio conclamato è richiamato esplicitamente all'interno delle varie disposizioni così come ne è prevista la rimozione in sicurezza, mentre per le coperture in cemento-amianto le cose non sono così chiare. Si può dire che l'attenzione maggiore del legislatore sia stato dedicato alla tutela dei lavoratori delle imprese alle quali viene affidato il compito di ricoprire o rimuovere le lastre. Ma chi e quando deve provvedere a rimuoverle non è detto con la stessa precisione..

Il tutto viene lasciato ad una valutazione del degrado delle coperture così come viene stabilito al punto 7 dell'allegato al Decreto Ministeriale del 06/09/1994 "Normative e metodologie tecniche di applicazione dell'art. 6, comma 3, e dell'art. 12, comma 2, della legge 27 marzo 1992, n. 257, relativa alla cessazione dell'impiego dell'amianto."

Le lastre piane o ondulate di cemento-amianto, impiegate per copertura in edilizia, sono costituite da materiale non friabile che, quando è nuovo o in buono stato di conservazione, non tende a liberare fibre spontaneamente. Il cemento-amianto, quando si trova all'interno degli edifici, anche dopo lungo tempo, non va incontro ad alterazioni significative tali da determinare un rilascio di fibre, se non viene manomesso. Invece, lo stesso materiale esposto ad agenti atmosferici subisce un progressivo degrado per azione delle piogge acide, degli sbalzi termici, dell'erosione eolica e di microrganismi vegetali. Di conseguenza, dopo anni dall'installazione si possono determinare alterazioni corrosive superficiali con affioramento delle fibre e fenomeni di liberazione.

I principali indicatori utili per valutare lo stato di degrado delle coperture in cemento-amianto, in relazione al potenziale rilascio di fibre, sono:

  • la friabilità del materiale;
  • lo stato della superficie ed in particolare l'evidenza di affioramenti di fibre;
  • la presenza di sfaldamenti, crepe o rotture;
  • la presenza di materiale friabile o polverulento in corrispondenza di scoli d'acqua, grondaie, ecc.;
  • la presenza di materiale polverulento conglobato in piccole stalattiti in corrispondenza dei punti di gocciolamento.

La bonifica delle coperture in cemento-amianto viene necessariamente effettuata in ambiente aperto, non confinabile, e, pertanto, deve essere condotta limitando il più possibile la dispersione di fibre.

Da quanto letto non si evince certo quale sia l'entità del pericolo tale per cui si presenti come urgente la rimozione in sicurezza delle coperture. In effetti le indagini sulla quantificazione di fibre disperse nell'aria ambiente nelle condizioni di evidente usura superficiale delle lastre non hanno mai segnalato valori superiori a quelli "normalmente" presenti nelle aree urbane. E' importante sottolineare questo dato, proprio per ridimensionare le paure di chi ci deve convivere.

Considerato che non abbiamo un riferimento oggettivo, la misura delle fibre aereodisperse, attraverso il quale stabilire il momento in cui si renda necessario rimuoverle, né peraltro alcuna disposizione di legge dove reperire un obbligo in tal senso se non nei termini piuttosto sfumati che abbiamo letto, si deve operare attraverso questa modalità della valutazione del degrado delle coperture, il che mostra, per insufficienza, perché vi siano tante incertezze nel rispondere alle domande poste da genitori ansiosi. Non si tratta quindi né di inerzie né di omissioni, ma semplicemente di un lascito legislativo piuttosto insoddisfacente, almeno sotto il profilo del rischio associato a coperture. Pur nella consapevolezza che lo stato di usura del cemento-amianto possa essere più o meno accentuato a seconda delle condizioni nelle quali hanno "vissuto" le onduline, tutti gli studiosi sono infatti concordi nel ritenere che il degrado si manifesti con molta evidenza dopo vent'anni dalla posa. E allora perché non prevedere un uscita anche dal cemento-amianto entro una determinata data?

Rimanendo così le cose, si può solo ricorrere a strumenti di carattere regolamentare od ordinatorio i quali non rendono affatto semplice l'approccio.

Chi fa cosa

Prima di tutto è necessario sottolineare che se il degrado è riconosciuto evidente gli oneri della rimozione incombono al proprietario dell'immobile, sia privato che ente pubblico. Se si tratta di una scuola saranno a carico dell'Amministrazione Comunale o Provinciale a cui appartiene il fabbricato.

Ma anche la stessa valutazione del degrado, non essendo chiarito altrimenti nel DM 6/9/94, ricade tra i compiti del proprietario o dell'amministratore di condominio. Nessuna sanzione è posta a tutela dell'obbligo, sempre che di obbligo vogliamo parlare, il che spiega come, in assenza di alcun termine perentorio, sia ancora molto limitato il numero dei soggetti che si sono autonomamente mossi per questa incombenza.

Nella maggiorparte dei casi avviene quindi che il problema venga sollevato da chi si trova a dover fare i conti con questa presenza scomoda a pochi passi da casa, se non dalle proprie finestre. Allora parte l'esposto ai principali istituti con compiti in materia di prevenzione AUSL, ARPA o lo stesso Sindaco.

E' bene subito sgombrare i dubbi sull'ARPA, in quanto questo ente, per competenze attribuite dalla legge istitutiva, ha solo compiti analitici, sempre sia a ciò richiesto. Il vero soggetto attuatore delle disposizioni in materia di amianto è la AUSL ed in particolare il Servizio Igiene Pubblica (SIP) se si sta parlando di un problema che riguarda la collettività, del Servizio di Prevenzione e Sicurezza sugli Ambienti di Lavoro (SPSAL) se l'oggetto riguarda i lavoratori. Tuttavia anche l'AUSL non è tenuta a svolgere quella valutazione del degrado che abbiamo detto, i suoi compiti si limitano a richiamare l'obbligo a carico del proprietario dell'immobile.

A questo punto le procedure possono essere diverse da realtà a realtà, dipende dall'attenzione posta dai legislatori regionali, o dalle iniziative locali degli organi sanitari. Ciò può spiegare eventuali rimpalli di competenze o indecisioni o rimandi ecc.

Dell'esperienza che si conosce, le AUSL della Regione Emilia-Romagna, si resoconta quello che di solito avviene.

Se la segnalazione è chiara e circostanziata il Servizio USL competente, a seconda che si tratti di collettività o lavoratori, richiede al proprietario/amministratore di eseguire la valutazione dello stato della copertura e del programma di manutenzione e controllo del materiale contenente amianto, e in caso di inerzia, propone ordinanza al Sindaco.

Per la valutazione del degrado delle lastre il soggetto obbligato farà riferimento a consulenti o studi professionali. Tuttavia, desiderando che questa valutazione sia il più possibile oggettiva, le AUSL dell'Emilia-Romagna hanno prodotto un interessante opuscolo denominato Linee Guida per la Valutazione dello stato di conservazione delle Coperture in Cemento-Amianto e per la Valutazione del rischio (pubblicato nella sezione "documenti" di questo sito) i cui contenuti vanno seguiti passo per passo fino ad arrivare ad un giudizio condiviso.

Se la segnalazione risulta carente di informazioni (tipo di copertura e suo stato, proprietà dell'immobile, possibili soggetti esposti, attuale utilizzo dell'immobile, situazione ambientale circostante, ecc.) l'AUSL programma un primo sopralluogo conoscitivo allo scopo di acquisire le informazioni essenziali mancanti. Viene valutato se si tratta di prestazione svolta nll'interesse di privati ovvero a fini di vigilanza o per tutela della salute pubblica e quindi si decide quale procedura più idone a attivare:

Se dagli elementi acquisiti si ravvisa un rischio specifico l'AUSL provvederà a proporre al Sindaco l'emanazione di una ordinanza per imporre la bonifica in un determinato tempo (di norma si accorderanno 60 giorni per la presentazione del piano di lavoro da parte di una ditta specializzata ed altri 60 per la sua realizzazione).

I segnalanti verranno informati del sopralluogo effettuato dal Servizio AUSL che si riserverà di intraprendere ulteriori azioni nei confronti della proprietà in conformità alle norme vigenti.

Se non si ravvisa un rischio di esposizione specifico l'AUSL richiederà alla proprietà:

Qualora il proprietario non risponda entro i limiti di tempo concessi (di norma 60 giorni) l'AUSL inoltrerà al Sindaco la proposta di ordinanza per ottenere quanto richiesto.

I segnalanti verranno informati che, sulla base del sopralluogo e/o della documentazione acquisita dal proprietario, non si è aravvisato un rischio specificio e che comunque si è provveduto a rammentare al prorpietario l'obbligo di controllare e valutare periodicamente lo stato della copertura in conformità alle norme vigenti in materia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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