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Interrogazione sulla presenza di cromo esavalente nelle falde idriche del Comune di Treviglio

LOCATELLI e CACCIARI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nell'anno 2000 si è rilevato l'inquinamento da cromo nelle falde acquifere del comune di Treviglio dovuto alla dispersione nel sottosuolo della sostanza a causa della perdita di un serbatoio di uno stabilimento ubicato in comune di Ciserano (Bergamo) adibito alla galvanizzazione di materiale plastico;
attualmente la società responsabile ha in corso un processo di bonifica tramite l'esecuzione di pozzi di spurgo in barriera;
ad oggi la concentrazione rilevata allo spurgo in acque superficiali è pari a 50 microgrammi/litro (contro i 150 rilevati nel 2001);
tuttavia la diffusione dell'inquinamento, ha interessato, oltre alla falda più superficiale anche la falda confinata destinata all'uso potabile acquedottistico;
la concentrazione nei pozzi potabili acquedottistici del comune arriva a 20/30 microgrammi/litro di cromo VI e la sostanza non è rimovibile tramite l'installazione di comuni filtri a carboni attivi;
il cromo si presenta già in natura in due stati di ossidazione, Cr(III) e Cr(VI). Le due specie si comportano in modo completamente diversa, tanto da giustificare quello che è noto come il paradosso del cromo. In particolare "Il Cr(III) è un micronutriente per i mammiferi e per l'uomo, essendo un costiuente essenziale di un fattore di tolleranza del glucosio (GTF), tale fattore sembra modulare la velocità di rimozione del glucosio del sangue con un meccanismo di potenziamento dell'insulina (...) la dose giornaliera necessaria di Cromo(III) è di 10-40 microgrammi per bambini fino a sei mesi, e di 50-200 microgrammi per le altre età". Il Cr(VI) "non ha ruoli biologici noti, ed è caratterizzato da una tossicità orale acuta e cronica, per inalazione, dermica e sistematica, di citotossicità, genotossicità e, infine, di cancenogenicità" ("Inquinamento delle matrici ambientali: caso di studio 2, il caso cromo". Gallileo 2001);
esistono prove sperimentali che i composti di Cr (VI) usati nei processi di produzione dei cromati, dei pigmenti e nel processo di cromatura siano cancerogeni per l'uomo e che (in seguito alla sperimentazione su animali) i cromati di calcio, zinco, stronzio e piombo siano cancerogeni. Non esistono prove sperimentali (in seguito a sperimentazioni su animali) che il triossido di cromo e il bicromato di sodio siano cancerogeni;
i dati relativi alla MRL Minimal Risk Level (soglia di concentrazione alla quale l'uomo non incorre in rischio di cancerogenesi) per il CR(VI) è stato stabilito il valore di 1 microgrammo/mcubo nell'atmosfera mentre non è stato previsto alcun rischio per le altre forme di assunzione;
i dati relativi alla RdF Reference Dose (quantitativo di sostanza che può essere assunto per tutta la vita per via orale senza rischi di cancerogenesi, anche negli individui sensibili) per il CR(VI) è di 5 microgrammi/giorno per il Kg di peso corporeo;
il CR(VI) è caratterizzato da un'elevata mobilità ambientale, tuttavia non è dimostrato il rischio di migrazione nel sistema linfatico dei vegetali e nelle catene alimentari;

 

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la quantificazione nelle acque attraverso il metodo standard (IRSA e US EPA) ne determina la rilevabilità all'incirca fino a 0.5 milligrammi/litro. Esistono altri metodi analitici adeguatamente sensibili che ne determinano la rilevabilità nelle acque fino a 0.001 milligrammi/litro;
il decreto ministeriale n. 471 del 25 ottobre 1999 stabiliva quale valore di concentrazione limite accettabile nelle acque sotterranee per il CR VI 5 microgrammi/litro e per il CR totale 50 microgrammi/litro, valore riconfermato nel TU sull'ambiente;
il decreto legislativo n. 31 del 2 febbraio 2001 fissa a sua volta 50 microgrammi/litro quale valore di parametro in ordine alla qualità delle acque destinate al consumo umano alla voce "cromo", senza specificazione alcuna sulla forma (CR III o CR VI);
conseguentemente le acque destinate al consumo umano vengono classificate potabili dalla vigente normativa e a seguito dei controlli effettuati dagli Enti gestori fino alla concentrazione di cromo totale pari a 50 microgrammi/litro, ignorando la determinazione della percentuale di cromo VI su quello totale presente nell'acqua distribuita in rete acquedottistica pubblica (e nei pozzi destinati ad uso potabile per gli approvvigionamenti autonomi nelle zone non servite da pubblico acquedotto). Si rileva inoltre che il controllo del cromo non è obbligatorio nel controllo di routine;
a seguito di richiesta scritta del comune di Treviglio al Ministero della salute sulla questione, in data 3 marzo 2005 lo stesso, nella Direzione Generale della Previdenza Sanitaria, Ufficio n. 6, con nota prot. DGPREV VV5376/I I e, d l.l., a firma del Dirigente Ing. Enrico Sapienza, ha indicato "in risposta al quesito prot. 2097 MF/gr i pari oggetto, si precisa che il valore di concentrazione massima di 50 microgrammi/litro di cui all'Allegato I del decreto legislativo n. 31 del 2001 si riferisce a cromo totale. Anche nella recente terza edizione delle linee guida dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (2004) tale valore è individuato come provvisorio, alla luce di alcune incertezze di ordine tossicologico, e totale dal momento che permangono difficoltà analitiche per la valutazione delle sola forma esavalente. Solo per quest'ultima forma è infatti accertata l'elevata tossicità con evidenza di effetti carcinogeni per via inalatoria, mentre non sono noti gli effetti di ingestione. Ciò nonostante il cromo esavalente è stato classificato dallo IARC come carcinogeno umano di gruppo I e pertanto non ne viene definita la concentrazione ammissibile (che dovrà essere inferiore al limite analitico di determinazione);
il limite di 50 microgrammi/litro nelle acque destinate al consumo umano potrebbe significare la presenza nelle stesse di 50 microgrammi/litro di CR VI (e di 0 microgrammi/litro di CR III);
il limite di 5 microgrammi/litro di CR VI stabilito per le acque di falda non è compatibile con quello di 5 microgrammi/litro di CR VI nelle acque destinate al consumo umano -:
se il Ministro ritiene di verificare la congruità dei limiti sopra citati, soprattutto la loro compatibilità con l'esigenza di tutela della salute umana;
se intenda adottare gli opportuni provvedimenti affinché si chiarisca la necessità di intervento degli operatori preposti alla tutela della salute, pubblici e privati, in merito ai metodi di determinazione analitica da adottare e ai limiti di concentrazione di CR VI nelle acque definite "potabili" da raggiungere per la messa in rete delle stesse.
(4-01431)