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Audizioni sul sistema delle bonifiche dei siti inquinati di interesse nazionale: Gianfranco Mascazzini, direttore generale per la tutela delle acque interne (TAI) del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio.

Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività ad esso connesse

Seduta del 28/7/2005

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Audizione di Gianfranco Mascazzini, direttore generale per la tutela delle acque interne (TAI) del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del direttore generale per la tutela delle acque interne (TAI) del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, dottor Gianfranco Mascazzini, che viene ascoltato in merito agli aspetti inerenti ai profili di competenza della Commissione.
La Commissione ha attivato specifiche iniziative di indagine sulla gestione e sulle modalità di smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi e sul sistema delle bonifiche dei siti inquinati di interesse nazionale. L'obiettivo dell'indagine consiste nella verifica dei sistemi esistenti di smaltimento di tale tipologia di rifiuti al fine di acquisire dati ed elementi di valutazione in ordine ai profili di criticità riscontrati e ad eventuali carenze normative che possono causare anche indirettamente situazioni di irregolarità ed illiceità nella gestione del ciclo dei rifiuti speciali pericolosi e nelle procedure di bonifica dei siti inquinati. L'ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi ha concordato sull'opportunità che la Commissione proceda nella odierna seduta all'audizione del dottor Mascazzini in ordine al ruolo svolto dal ministero in relazione alle procedure di bonifica dei siti di interesse nazionale.
Nel rivolgere un saluto e un ringraziamento al dottor Mascazzini per la sua disponibilità, già in altre occasioni manifestata (anche per la sua cortesia di essere tornato qui a distanza di così pochi giorni), gli do subito la parola, riservando eventuali domande dei colleghi della Commissione al termine della sua relazione. Il dottor Mascazzini è accompagnato dal dottor Marco Giangrasso e dal dottor Emilio Tassoni, funzionari del dipartimento.
È inutile sollecitarla anche sull'altra vicenda che sta avendo grande eco sulla stampa napoletana, quella dell'arenile di Bagnoli.
GIANFRANCO MASCAZZINI, Direttore generale per la tutela delle acque interne (TAI) del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio. Vi ringrazio per averci dato l'occasione di illustrare alla Commissione lo stato di attuazione degli interventi di bonifica, in particolare di quelli dei cosiddetti siti nazionali (sono i famosi cinquanta siti, per i quali il legislatore ha deciso l'inserimento nel quadro complessivo dei siti nazionali). Per questi siti l'amministrazione procede con un'azione diretta, nel senso che approva i progetti di caratterizzazione, le misure di messa in sicurezza e di emergenza, i progetti di bonifica, che poi vengono attuati dai soggetti interessati e controllati e collaudati dalle amministrazioni provinciali. Il controllo tecnico di queste operazioni è svolto dalle agenzie regionali di protezione dell'ambiente, e alla formazione del nostro indirizzo, in sede di Conferenza dei servizi, partecipano i comuni, le province, le regioni interessate, le ARPA, molte volte le ASL, gli istituti scientifici dello Stato, in particolare l'Istituto superiore di sanità, l'APAT, l'Icram e, per quanto riguarda i rischi per i lavoratori, anche l'ISPES. Nella Conferenza dei servizi si incontrano tutti coloro che sono portatori di interessi (non soltanto i proponenti i progetti), e gli orientamenti vengono tradotti in deliberati, nell'ambito di una conferenza decisoria. Quindi, i progetti definitivi di bonifica vengono approvati mediante decreti ministeriali, adottati con le firme di tre ministri, di intesa con la regione.
Non faccio una disamina lunga e, se lei mi consente, presidente, lascio agli atti della Commissione un documento aggiornato ed una carta dell'intero paese, sulla quale sono indicati i siti di bonifica. Richiamo soltanto l'attenzione sul fatto che finalmente ci sono stati i primi decreti di approvazione dei progetti definitivi di bonifica. Siamo arrivati a 46 decreti, il che vuol dire che abbiamo avviato concretamente la bonifica definitiva di 46 siti.
C'è un crescendo di attenzione e i soggetti obbligati hanno percepito l'importanza del problema e acquisito una maggiore sensibilità. Vediamo finalmente pervenire elaborati progettuali, soprattutto sui siti più critici del paese, che sono stati o sono sede di petrolchimici - Venezia, Brindisi, Porto Torres, Gela, Priolo -, e vediamo crescere la qualità della progettazione. Le agenzie regionali di protezione dell'ambiente stanno svolgendo meglio il loro ruolo; esse sono chiamate, infatti, ad un'operazione di controllo prevista dal legislatore sull'esecuzione delle analisi da parte dei privati, che devono fare le analisi, mediante ricorso ad istituzioni pubbliche o a laboratori privati (le agenzie regionali devono controllare i prelievi e i risultati).
Questo lavoro, che prima veniva svolto con difficoltà dalle agenzie, oggi sta migliorando e i tempi dell'operazione si vanno restringendo.
Questo sta accadendo nel paese evidentemente con velocità e situazioni diverse, comunque è significativo il fatto che in quasi tutte le regioni ci sia un evidente miglioramento nelle risposte delle pubbliche amministrazioni. C'è un forte interesse da parte delle associazioni ambientaliste, soprattutto in alcuni casi - cito il caso di La Spezia -, e, di conseguenza, le conferenze di servizio a volte sono spesso seguite da polemiche. Le indicazioni che ci vengono dai soggetti che partecipano alle conferenze aggiunge qualità al nostro lavoro e, in sede preparatoria, la qualità della nostra prestazione è migliorata. Siamo sempre in ritardo, questo è evidente, però stiamo svolgendo in maniera più soddisfacente il nostro lavoro.
Esiste un caso, che il presidente ha richiamato, riguardante il sito di Bagnoli Coroglio. Tale sito è nato in due tempi: la bonifica ha inizialmente riguardato l'area ex ILVA ed ex Eternit (si tratta dell'area marina antistante alla medesima) e, successivamente, è stato inserito come sito nazionale di bonifica uno più grande, comprendente quello della prima fase, che si chiama Bagnoli Coroglio. Il problema sollevato sui giornali in questi giorni si riferisce alle spiagge antistanti lo stabilimento ex Italsider ed ex ILVA ed ora sotto bonifica. È emersa, purtroppo durante la stagione balneare, una situazione - già tutto sommato anticipata altre volte - di evidente contaminazione. La spiaggia di Coroglio Bagnoli, soprattutto nel tratto antistante il sito industriale, è interessata dalla gigantesca cassa di colmata che è compresa tra le due spiaggette, la quale, realizzata con materiali costituiti da rifiuti di varia qualità, danneggia le superfici circostanti, costituite da un litorale più o meno alterato, ma non interessato dalla cassa di colmata medesima. È evidente che il mare miscela, trascina e sposta e, di conseguenza, distribuisce l'inquinante su una superficie più vasta di quella origine dell'inquinamento medesimo. La situazione era evidente tant'è che, nella legge con la quale il Parlamento ha provveduto per la prima volta ad avviare la bonifica del sito di Bagnoli e di Sesto San Giovanni, fu compresa in maniera esplicita all'articolo 2, comma 14, la previsione di un intervento di bonifica sul litorale, cioè sulla parte emersa ed immersa antistante lo stabilimento medesimo; a tal fine il legislatore ha introdotto una previsione di spesa di 25 miliardi delle vecchie lire.
L'attività svolta in sede di definizione del progetto di bonifica dell'area industriale, della superficie marina e della colmata antistante consentirono di individuare - nel 1999, se ricordo bene - una situazione di inquinamento che interessava non solo la colmata, ma anche le due spiagge circostanti; la notizia fu trasmessa agli enti competenti, che furono sollecitati a procede alla bonifica della medesima. Evidentemente la bonifica dei litorali ha senso solo se si bonifica la colmata, altrimenti sarebbe un lavoro inutile, perché il mare ridistribuirebbe alla prima mareggiata l'inquinante presente sulle superfici laterali circostanti. Questo, quindi, porta a sollecitare l'attuazione di tutta la bonifica del tratto marino e di quello terrestre, in quanto non possiamo escludere che, in mancanza della bonifica del tratto terra, ci possano essere influenze, attraverso il naturale percorso della falda, che potrebbero trasferire l'inquinamento dall'interno verso l'esterno.
Indubbiamente la bonifica di Bagnoli è di particolare complessità; infatti, si incontrano delle difficoltà sia nel lato terra - stabilimento - sia nell'alto mare - colmata. Sia la colmata sia il lato terra furono inseriti in un accordo di programma tra il Ministero, la regione, la provincia, il comune di Napoli e il commissariato regionale per le bonifiche che prevedeva una serie di interventi; ad esempio quello riferito alla colmata veniva articolato ponendolo in capo al porto di Napoli, che possiede al suo interno una cassa di colmata non pienamente realizzata, che si presta, per alcuni tipi di materiali giacenti nella cassa di colmata di Bagnoli, ad un opportuno trasferimento. Evidentemente si potrà procedere in questo senso dopo aver effettuato tutta una serie di analisi che garantiscano la qualità del materiale trasferito; comunque, a parere nostro, nella colmata di Bagnoli è presente una cospicua quantità di materiale che potrebbe correttamente entrare nella cassa di colmata del porto di Napoli.
L'autorità del porto di Napoli ha fatto un lungo percorso; infatti, partendo dal citato accordo di programma, che risale al 17 luglio 2003, ha eseguito una serie di accertamenti e, finalmente, ha presentato un progetto definitivo di intervento relativamente alla sua area di competenza. La cassa di colmata del porto di Napoli, denominata darsena di levante, è semirealizzata (manca un lato); per questo motivo stiamo procedendo con decreto all'approvazione del progetto di completamento presentato dall'autorità portuale di Napoli, che già nel prossimo mese di settembre dovrebbe avviare i lavori. Di conseguenza spetterà al commissario delle bonifiche, che in questo momento è il presidente della regione, bonificare il tratto marino per consentire una fruizione piena e totale alla cittadinanza. È evidente che fino a quando la colmata non si dismette ci sono problemi che rendono il lavoro a rischio di dover essere ripetuto con una frequente periodicità.
Il commissariato di Governo, nel corso del 2004, verificando che il porto finalmente stava sbloccando il problema relativo alla cassa di colmata, ha avviato gli accertamenti analitici affidandoli all'ICRAM, che ha eseguito una serie di prelievi e ha consegnato, nel corso della Conferenza dei servizi sul sito Bagnoli Cordoglio, tenutasi giovedì della scorsa settimana, il dossier recante i risultati degli accertamenti eseguiti. Nella lettera di accompagnamento del dossier (indirizzata sia a me sia al commissario) l'ICRAM suggeriva interventi di messa in sicurezza, cioè che garantissero sicurezza per la fruizione che, nel frattempo, risultava essere in corso. La riunione si è tenuta giovedì pomeriggio della scorsa settimana e nella stessa serata ci siamo messi in contatto con il presidente dell'autorità portuale di Napoli; il venerdì pomeriggio il commissario ha convocato una conferenza alla quale hanno partecipato l'Istituto superiore di sanità, l'APAT, gli enti locali e ovviamente l'ICRAM, che ha illustrato dettagliatamente le indagini fatte.
La conferenza ha deciso di informare immediatamente l'utenza della possibile situazione di pericolo; inoltre, è stata avviata l'analisi di rischio, che si è completata lunedì scorso, mentre martedì l'Istituto superiore di sanità ha rilasciato il proprio parere nel corso di un altro incontro che si è svolto sempre a Napoli in presenza degli stessi soggetti. Questo parere, con criteri massimamente cautelativi, suggeriva sostanzialmente l'applicazione di misure di messa in sicurezza di emergenza in attesa di poter fare la bonifica; infatti, fin quando rimane la colmata la bonifica finisce per diventare una spesa pubblica da ripetersi con frequenza periodica. Siamo in attesa che il commissariato e l'autorità portuale di Napoli ci presentino le misure di messa in sicurezza ed emergenza che intendono adottare al fine di portare in Conferenza dei servizi, convocata, mi sembra, per i primi di agosto - non ricordo bene la data perché in genere a fine luglio, primi di agosto, si cerca di definire tutte le questioni - dove prenderemo atto delle misure di messa in sicurezza che verranno proposte; va comunque detto che tutte le amministrazioni preposte saranno presenti e potranno, come prevede la legge, prescrivere ulteriori misure di messa in sicurezza.
A tal proposito voglio palesare che la valutazione del rischio è fatta con criteri assolutamente garantisti e che, anche nel caso specifico, ci siamo riferiti a tali principi. È stato applicato semplicemente il manuale d'analisi di rischio così come definito che applichiamo, ormai, da quando è stato emesso dagli istituti, in tutta Italia e in ogni situazione.
PRESIDENTE. Do ora la parola ai colleghi che desiderano intervenire.
DONATO PIGLIONICA. Vorrei rivolgere una domanda di carattere generale ed alcune di carattere particolare. Nell'elenco dei siti che lei ha citato sono contemporaneamente presenti siti dismessi ed altri in cui, invece, continua a svolgersi un'attività industriale. Ovviamente, i due tipi di siti presentano problematiche del tutto differenziate. La domanda, allora, è quali sono le principali differenze tra queste due tipologie e, soprattutto, se voi intervenite anche sulla quota in produzione per ridurre al minimo i rischi di un ulteriore inquinamento, altrimenti, questa storia assomiglia a quella sentita per la colmata: cioè, da un lato, togliamo e, dall'altro, qualcun altro riversa. Penso all'ILVA di Taranto, ma lei ha citato anche Gela e Priolo, con i dati drammatici che abbiamo letto tutti in questi giorni. Quali sono gli interventi che si fanno in quell'area e come si conciliano con le attività che ancora continuano?
In secondo luogo, per quanto riguarda la Fibronit, credo che essa stia subendo un'evoluzione quasi tumultuosa, nel senso che, all'improvviso, sembra essersi sbloccata una condizione. La soluzione individuata di non consentire l'edificabilità dell'area ha reso più agevole la programmazione degli interventi? Quali sono le vostre considerazioni al riguardo? Anche per quanto riguarda Bari mi pare che vi sia un fenomeno molto simile a quello di Bagnoli, anche se per motivi diversi, perché ci sono delle spiagge molto vicine agli impianti di produzione di amianto della Fibronit che risultano profondamente contaminate da questa sostanza. Si tratta di spiagge che sono state attivate per la balneazione: questo è il paradosso della situazione!
PRESIDENTE. Peraltro, si tratta di spiagge "sociali", nel senso che non sono, come nel caso di Capri o Portofino, spiagge frequentate dai VIP!
DONATO PIGLIONICA. Il comune le ha riattivate per farne dei lidi comunali, ma trovo paradossale che l'amministrazione lo abbia fatto senza porsi il problema di caratterizzare l'area dove l'intervento veniva posto in essere al fine di consentire una balneazione che, proprio in quanto "sociale", non poteva che risultare di grandi dimensioni, con l'afflusso di parecchie persone.
Inoltre, può darci qualche ulteriore notizia sulla situazione di Marghera?
Infine, per quanto riguarda la bonifica di Cengio, l'operazione sta procedendo con la stessa speditezza oppure la sostituzione dell'attore ha provocato qualche rallentamento?
EGIDIO BANTI. Ringrazio il dottor Mascazzini per la disponibilità che, insieme ai suoi collaboratori, ha manifestato verso la Commissione (posto che i lavori parlamentari della volta precedente ci hanno imposto un aggiornamento dell'audizione con voi prevista).

Penso che i due casi di Cengio e di La Spezia, di cui vorrei trattare, per il valore che assumono, siano tali da andare al di là dei confini della sola Liguria.
Per quanto riguarda Cengio, la preoccupazione è legata al continuo tourbillon di commissari anche se, naturalmente, questa situazione non è attribuibile alla responsabilità del Ministero dell'ambiente. Tuttavia, trovo giusta la preoccupazione del collega Piglionica secondo cui, per ragioni oggettive estranee alla bonifica in quanto tale, si corre il rischio di rallentare le procedure, il che sarebbe un fatto negativo, posto che in questo caso, invece, le procedure sembravano essere state avviate. Se quindi ci sono notizie in merito, sarei interessato ad ascoltarle. Per quanto riguarda La Spezia, vorrei porre tre questioni. So che nei giorni scorsi c'è stata una Conferenza dei servizi ma, innanzitutto, sul piano normativo, erano state sollevate delle questioni relative alla possibilità che il decreto n. 471 del 1999 riuscisse o meno a tenere in una situazione come quella, del tutto particolare, della bonifica del sito portuale di La Spezia, come area a mare del sito di Pitelli (anche se un po' a se stante). Come sono state superate - come vengono superate - le difficoltà giuridiche sollevate anche in occasione di ricorsi precedenti? La situazione, a mio giudizio, è legata alla compresenza di attività in essere e di aree da bonificare. Nel caso dell'area portuale, questo fatto è evidente. Il decreto n. 471 già stabilisce, parlando anche di bonifica per fasi, che comunque le attività produttive vanno tutelate, ma è evidente che una cosa è a terra e una cosa è a mare, soprattutto in un campo portuale; quindi, vorrei qualche informazione al riguardo.
Nel merito, vorrei poi sapere su quali tecnologie di bonifica vi siete orientati - o si è orientata la Conferenza dei servizi dell'altro giorno - per quanto riguarda i primi interventi a stralcio o settoriali relativamente al porto di La Spezia.
Infine, mi pare che si sia parlato della Germania quale destinazione dei fanghi di risulta; come si pensa di risolvere la questione della destinazione del materiale che residua dalla bonifica?
DONATO PIGLIONICA. Dottor Mascazzini, lei ritiene, sperimentando sul campo continuamente l'efficacia del decreto n. 471, che ci sia già qualche carenza all'orizzonte tale da suggerire o rendere necessaria una "manutenzione legislativa"?
Avete riscontato qualche efficacia in merito a quei provvedimenti, che ormai datano due o tre anni, con cui si tentava di coinvolgere i privati all'interno dei processi di bonifica? C'è stata qualche applicazione pratica in questa direzione o sono rimaste norme sostanzialmente vuote?
Infine, vorrei sapere se cresce il numero dei soggetti responsabili che, ormai consapevoli del principio per cui "chi inquina paga", mostrano di comprendere questo meccanismo predisponendo le misure necessarie per contribuire alla risoluzione dei danni cagionati.
PRESIDENTE. Abbiamo avuto la sensazione che, a fronte di una prima fase in cui c'era stata una certa sollecitazione di altre aree e siti ad entrare nell'elenco dei siti nazionali, vista la condizione un po' frenata nell'azione, di appesantimento complessivo, adesso non vi sia più neppure questa grande sollecitazione. In questo caso, sulla base della vostra esperienza e grazie al vostro privilegiato osservatorio, vorremmo sapere a quali opzioni possiamo pensare sul piano del rimessaggio della norma. Non solo, ma anche sul piano delle risorse (sia dal fronte pubblico, sia da quello privato) vorremmo capire quale sia l'atteggiamento del sistema delle imprese di coloro che inquinano: come risponde il sistema industriale a queste vicende?
Inoltre, per tornare al problema specifico di Bagnoli, vorrei sapere se siano state concluse delle transazioni con le società che hanno inquinato le aree interessate, in modo tale che le spese di bonifica non ricadano esclusivamente sulle casse dello Stato e quali siano i rischi che voi percepite dall'eventuale immissione nei circuiti illeciti dei rifiuti provenienti dalle attività di bonifica (di Bagnoli in modo particolare, ma anche rispetto ad altre questioni).
Vorrei capire un po' meglio un aspetto che, da quello che ho potuto intendere, riguarda anche altre aree del paese. La questione relativa all'inquinamento dell'arenile era già stata sollevata altre volte? Dal punto di vista formale l'autorizzazione spettava all'autorità portuale, al comune, alla regione o al commissariato? Ormai sui giornali leggiamo notizie strazianti di anziani costretti a chiudere la loro stagione balneare. Insomma, bisogna tentare di chiarire meglio le cose al fine di evitare un coinvolgimento generale per quanto concerne questa vicenda. L'area occupata dalla città della scienza è da considerarsi anch'essa inquinata? Quello di cui sto parlando è un sito fortemente visitato da tutte le scolaresche della Campania ed un luogo di attrazione per i giovani.
Infine, vorrei sapere da cosa sia composta la colmata.
GIANFRANCO MASCAZZINI, Direttore generale per la tutela delle acque interne (TAI) del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio. Riguardo ai siti attivi dimessi, normalmente non si presentano ostacoli ad interventi di bonifica anche radicale; ad esempio, le bonifiche realizzate a Sesto San Giovanni e a Bagnoli hanno preso le mosse dalla dismissione della siderurgia.

A Sesto San Giovanni, per settembre o per ottobre, è prevista l'inaugurazione di 55 mila metri quadrati di negozi costruiti su un'area bonificata: ciò sta a dimostrare che alla bonifica può seguire in tempi rapidi la riutilizzazione delle aree. Pertanto, vi sono aree dimesse obiettivamente appetibili sotto il profilo commerciale ed aree che, di contro, vengono rese appetibili da intese tra regioni, comuni e parti interessate.
Riguardo ai siti attivi interveniamo anche con ripetuti accertamenti sul posto. Il ministro ha dato disposizioni al NOE ed alla nostra direzione di procedere congiuntamente nel monitoraggio degli interventi di bonifica e dei siti da bonificare; i risultati del nostro lavoro amministrativo sono positivamente condizionati da questa collaborazione. Per i grossi siti - quali, ad esempio, quelli di Gela e di Venezia - il monitoraggio è continuo, costante; tra l'altro, si registrano segnalazioni all'autorità giudiziaria in tutti i casi nei quali si verifica una non corretta applicazione delle norme. Vi è il pericolo, infatti, che i materiali derivanti dalle bonifiche dei siti inquinati finiscano in altri siti: ciò decuplicherebbe la spesa per la nuova bonifica. Questo è un rischio che il NOE sta cercando di contrastare in tutti i modi.
Riguardo alla Fibronit, se ad esempio il comune espropria per motivi di pubblica utilità viene presentato un progetto di bonifica basato sulla rimozione dell'amianto, in parte sulla rimozione, in parte sul congelamento, ovvero sull'integrale. Potrebbero, però, porsi dei limiti di utilizzazione dell'area medesima nel caso in cui i rifiuti di amianto venissero semplicemente incapsulati. Il bosco delle querce di Seveso, ad esempio, è bellissimo da vedere e da non molto può essere visitato con l'ausilio di una guida, ma non ne è consentita la piena fruizione. Nelle aree che, invece, vengono bonificate la piena fruizione può essere garantita: è questo, da quanto mi è parso di capire, l'indirizzo che il comune sta assumendo.
Torre Quetta e Pane e Pomodoro non sono comprese nel sito nazionale, di conseguenza le notizie che abbiamo sono quelle riportate dai giornali.
Il sito nazionale di bonifica di Priolo comprende uno stabilimento ex Eternit, la spiaggia e, soprattutto, l'area marina antistante dove sono presenti discariche di rifiuti contenenti cemento ed amianto. Al riguardo, è stato presentato un progetto di bonifica finanziato dal CIPE, e Sviluppo Italia si sta occupando della progettazione e dell'esecuzione degli interventi. Si tratta di un'esperienza molto importante per noi poiché è la prima volta che asportiamo questo tipo di rifiuto dal mare.
Quello di Porto Marghera è stato il primo sito nominato dal legislatore, di conseguenza noi lo consideriamo il primo sito sul quale fare applicazioni sia per le sue dimensioni sia per la sua specificità di collocazione. Ci sono decine di chilometri di superfici contaminate verso i canali lagunari (55-60 chilometri da mettere a posto). Questa è un'operazione di sicurezza d'emergenza che abbiamo cominciato e, se le cose andranno come si pensa, entro settembre potremo avere sotto marginamento 35 chilometri complessivi, dei quali 27 marini e 8 di cosiddetto retromarginamento.
DONATO PIGLIONICA. Con l'utilizzo di quei famosi soldi del lodo Montedison?
GIANFRANCO MASCAZZINI, Direttore generale per la tutela delle acque interne (TAI) del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio. Indubbiamente. Non soltanto abbiamo chiuso il lodo Montedison, ma abbiamo avviato e chiuso una serie di transazioni (in particolare con ENEL, con API e IES);
inoltre, stiamo concludendo una transazione con Esso e con il gruppo ENI Syndial. Abbiamo già concluso una transazione importante con il gruppo ENI, che ci ha consentito di completare il marginamento di due macroisole, quella della raffineria e quella dei serbatoi (l'isola dei serbatoi è composta da 3.000 metri di perimetro, quella delle raffinerie da 7.260 metri di perimetro, e questi 10.260 metri sono a contatto con l'acqua).
DONATO PIGLIONICA. Quello che abbiamo chiamato volgarmente il pannolone, il marginamento!
GIANFRANCO MASCAZZINI, Direttore generale per la tutela delle acque interne (TAI) del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio. Sì.
Queste due macroisole stanno per essere completate, visto che ci sono le risorse finanziarie (160 milioni di euro per il marginamento). Attenzione, siamo su affacci di canali con il circuito di evoluzione delle navi, per cui vi è un sistema di marginamento che ha caratteristiche assolutamente specifiche, dovendo reggere il traffico marittimo di fronte. Queste isole hanno normalmente delle darsene e, di conseguenza, va garantito che la darsena rispetti non solo i principi di impermeabilità, ma anche le condizioni necessarie per l'approdo di navi di dimensioni notevoli. Ne stiamo chiudendo altre quattro (Fusina, Vecchio e Nuovo petrolchimico e Malcontenta). Ai 10 chilometri di marginamento ne vanno aggiunti altri 17 più 8 di retromarginamento. Il retromarginamento avviene tra terra e terra (si tratta di un muro che viene posto nel mezzo); nel caso dell'isola, invece, si ha l'entrata della falda in modo tale da evitare di dover continuare a pompare. Questa, indubbiamente, è un'opera di grande rilevanza, che rappresenta l'essenza della bonifica; non si tratta solo di un
intervento di messa in sicurezza di emergenza, ma è l'elemento necessario per la strategia della bonifica.
Le aree di Marghera sono costituite in larga parte da rifiuti (per la costruzione, invece di usare terra da riporto, sono stati usati rifiuti), di conseguenza immaginare una bonifica tradizionale in queste situazioni vuole dire immaginare l'impossibile; dovremmo pensare di demolire l'intero petrolchimico, di asportare circa 20 milioni di metri cubi di rifiuti per portarli da qualche parte e scavare una montagna dove collocare 20 milioni di metri cubi di roba pulita. È impensabile e si tratta di una follia diseconomica ed ambientale. Dobbiamo scommettere su tecnologie diverse (marginamento totale blindato, iniezioni di varie sostanze chimiche, estrazioni). Esiste in proposito un protocollo redatto dall'Istituto superiore di sanità e da altri istituti per garantire certe condizioni, considerato che si tratta di prodotti chimici che servono ad eliminare le molecole negative presenti nel sito.
Per quanto riguarda Venezia, si sta cambiando passo; si è passati dalla polemica alla collaborazione tra l'amministrazione e le imprese. Ovviamente, le imprese fanno il loro mestiere e tutelano i loro interessi e l'amministrazione persegue i suoi obiettivi, però stiamo finalmente vivendo un momento di grande positività. Con il commissario è cominciata anche l'operazione sui sedimenti presenti nei canali; si tratta di dieci milioni di sedimenti che impediscono alle navi di entrare nel porto di Venezia, difficilissimi da togliere e da collocare per il livello di inquinamento. Il Governo ha dichiarato l'emergenza su richiesta dell'autorità ed è stata avviata una grande collaborazione interistituzionale (ci sono organismi che rappresentano comune, provincia, regione, e si sta lavorando su questo). Ci sono ormai dei capitolati pronti per gare europee, che rappresenteranno - e qui mi collego anche ad
altri siti - il primo vero interpello del mercato, evitandoci di dover portare i rifiuti in Germania a 100 euro al metro cubo. Ci auguriamo che le cifre cambino e che compaiano le tecnologie di trattamento, di riduzione dell'inquinante presente, di separazione tra l'inquinante e ciò che invece è composto da sabbia e ghiaia, che può essere più facilmente riutilizzato.
Esiste anche un progetto di sperimentazione promosso dal magistrato delle acque, al quale stiamo prestando molta attenzione, perché si possano sperimentare tecniche di trattamento di sedimenti. Stiamo svolgendo delle transazioni (si tratta di 400 milioni per Venezia) e ci auguriamo di portarle a buon fine nel secondo periodo dell'anno. L'impegno dello Stato è gravoso (siamo ad un miliardo e mezzo di euro); una parte di queste risorse sono state gestite dalla regione, con il decollo di un project financing per il trattamento dell'acqua di falda (il progetto PIF - progetto integrato Fusina), e ci sono altre questioni che stanno andando nella direzione giusta. Ci sono voluti molti anni - ricordo che la prima ordinanza riguardante Venezia fu del ministro Ronchi nel 31 ottobre del 1996 - , però ora si stanno finalmente vedendo i risultati che erano stati previsti in quella stessa ordinanza.
Siamo stati interpellati di nuovo dal commissario prefetto di Genova sul problema di Cengio; abbiamo visto che giacevano alcuni progetti e abbiamo avviato una collaborazione istituzionale. Ci auguriamo vivamente che questa situazione di impasse possa essere superata. Noi non possiamo intervenire, perché, pur essendo un sito nazionale, esso è fuori dalla nostra competenza; di conseguenza, compete al commissario approvare i progetti che l'azienda ha presentato (approvarli con prescrizione, nel caso). Riteniamo assolutamente urgente risolvere questo problema (se si intende mantenere il commissariato).

Ho sollecitato che ciò avvenga al più presto, perché altrimenti è meglio tornare alla situazione ordinaria, senza commissariamento (in questo modo, almeno i progetti che Enichem Syndial ha presentato potranno essere approvati e portati a realizzazione). Un privato non può permettersi di investire decine di milioni di euro su progetti che non siano debitamente approvati. La situazione non è bella a Cogoleto, perché le attività, che fino ad aprile si svolgevano regolarmente e ci consentivano di dire che la messa sicurezza di emergenza stava andando avanti, si sono interrotte (ci sono delle contestazioni tra l'esecutore del lavoro e il committente dei lavori medesimi, problemi relativi al pagamento), e di conseguenza si sono fermati i trasferimenti di rifiuti pericolosi che giacciono all'interno dell'insediamento. È stata operata l'eliminazione dei rifiuti dal sito di Pian Masino verso una discarica autorizzata (Pian Masino è vuoto e sotto controllo, come anche la falda). Sono tante, però, le cose che non funzionano e, per questo motivo, sono in corso attività ispettive da parte del NOE.
Il TAI ha posto un problema anche riguardo alla spiaggia di Cogoleto Arenano, dove esiste un insediamento, nonostante recentissimi dati dell'ARPA ci hanno segnalano la presenza di cromo 6 nella sabbia. Non so il perché, ma questi dati ci arrivano sempre d'estate; infatti, anche quelli riguardanti la Liguria sono giunti poche settimane fa. Anche in questo caso abbiamo intimato al soggetto titolare dell'area di provvedere, ma ci è stato risposto che gli inquinanti non sono ...
Indubbiamente saremo costretti a ricorrere all'esecuzione in danno e questo ci preoccupa, perché dovremo trovare i fondi per far ricorso (Commenti)... Sì, certamente. È vero che ci hanno scritto...
PRESIDENTE. È quella che abbiamo visto (Commenti del deputato Piglionica)?

GIANFRANCO MASCAZZINI, Direttore generale per la tutela delle acque interne (TAI) del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio. No, è solo giallo cromo.
Per la messa in sicurezza ed emergenza delle spiagge dove c'è il famoso crostone abbiamo allarmato i comuni invitandoli a vigilare che siano rispettati sia il divieto di balneazione sia il contatto dermico con la sabbia; la conferenza istruttoria, che abbiamo avuto ieri l'altro, è servita anche a questo.
EGIDIO BANTI. Mi risulta che quella spiaggia sia stata interessata ai processi relativi al naufragio della Haven, in seguito al quale hanno sicuramente ricevuto dei fondi per sistemare la situazione. Non si possono integrare i due progetti?
GIANFRANCO MASCAZZINI, Direttore generale per la tutela delle acque interne (TAI) del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio). Noi ci avvaliamo del contributo degli enti locali; le conferenze dei servizi si muovono proprio in questa direzione per creare sinergia; però, spetta a noi eliminare il crostone, perché è talmente specifico, tipico e vincolato a quel tipo di azienda e di scarichi che non sarebbe corretto farlo rientrare in altre coperture finanziarie.
PRESIDENTE. Il crostone (Commenti)...
GIANFRANCO MASCAZZINI, Direttore generale e per la tutela delle acque interne (TAI) del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio. Il crostone è come una specie di crosta, di sabbia che raggruppata (Commenti)... Sì, una concrezione quasi rocciosa nella quale è presente il cromo 6-450. L'azienda ormai non produce più, non scarica più e di conseguenza tutto ciò non è certamente legato all'attività di oggi, ma indubbiamente il danno continua ad esserci, perché i siti dove il crostone è in mare sono sterilizzati in maniera totale. Questo evidentemente segnala l'inadeguatezza del fondale marino. Una cosa simile si è verificata proprio allo sbocco del torrente Erone, dove esiste una concrezione che ha le stesse caratteristiche e su cui bisogna intervenire.
Nel caso specifico subentra il discorso privato-pubblico; infatti, il privato, gli enti locali e la regione Liguria sono stati interessati ad un progetto di trasformazione urbanistica che prevede la realizzazione di una specie di porto canale sul finale del torrente Erone; esattamente, però, non so quale sviluppo abbia avuto la cosa, anche se credo che stia in corso di valutazione.
Tutto questo rientra nella titolarità degli enti locali, mentre per noi, invece, sarebbe estremamente positiva qualsiasi decisione che porti l'azienda ad intervenire sollecitamente per asportare tutte le situazioni di pericolosità legate alla presenza di inquinanti in acqua. Di conseguenza, quindi, fermo restando che l'autonomia degli enti locali e della regione in materia di urbanistica è totale, questo può essere un modo estremamente interessante. Credo che se questo progetto andasse in porto il discorso diventerebbe interessante anche per la stessa azienda - ammesso che gli organi societari si ricostituiscano - perché gli interventi pubblici hanno risorse limitate che non possono essere utilizzate in maniera indiscriminata. La soluzione al problema dovrebbe consistere nel far rispettare il principio "chi inquina paga", facendo in modo che chi ha provocato l'inquinamento provveda subito, a sue spese, a realizzare l'intervento di bonifica, senza che la cosa sia anticipata dal pubblico; al contrario, infatti, c'è il rischio che non ci sia più nessuno che restituisca ciò che lo Stato ha speso per bonificare. Non vorrei, infatti, che lo Stato si trovasse ad essere
titolare di aree degradate dove il costo della bonifica è dieci e quello dell'area è uno, perché questo sottrarrebbe risorse a molti altri bisogni ambientali del paese.

Il progetto di La Spezia, che prevede di portare i rifiuti in Germania, è dell'autorità portuale; a tal proposito riteniamo che debba essere fatta una gara sull'esempio di Venezia, perché pensiamo sia utile capire se esiste la possibilità di intervenire a minor prezzo. A La Spezia ci sono 7 milioni di metri cubi complessivi, di cui solo 800 mila in condizioni preoccupanti; quindi, i 6 milioni restanti potrebbero essere riferiti in una cassa di colmata. Non tocca, però, a noi dire dove si deve realizzare tale colmata, ma è necessario che si arrivi ad un accordo, ad una coincidenza di volontà, tra il comune, la provincia, la regione e l'amministrazione centrale. Se venisse un'indicazione di questo tipo da realizzarsi nel golfo di La Spezia noi saremmo molto favorevoli, in caso contrario ci auguriamo che da qualche altra parte altri enti pubblici, altri soggetti titolari di competenze specifiche possano avere in corso di realizzazione opere marittime tali da poter convenientemente utilizzare tale materiale (Commenti)... Non solo deve nascere da gara, ma i prezzi finiscono per avere anche un doppio significato; ad esempio, si potrebbe realizzare un'opera pubblica utile, costruendo una cassa di colmata che renda più ampi i porti che, a causa delle nuove attività che stanno intraprendendo (le autostrade del mare, il trasporto marittimo e così via) hanno bisogno di nuove grandi superfici di cui non dispongono più perché ormai sono circondati dalle città, che rendono impossibile il loro sviluppo.
La realizzazione verso il mare, quindi, può rappresentare una soluzione ottimale per risolvere i problemi non solo di La Spezia, ma anche nel resto del paese, dove il volume di materiale sedimentato con condizioni mediocri è elevato. A mio avviso la gara di Venezia farà emergere anche le tecnologie di trattamento, però preferirei che fosse lo stesso commissario ai fanghi di Venezia, dopo aver lanciato le relative gare, dopo aver ricevuto le sue offerte e magari aver optato per le soluzioni migliori, a venire qui in Commissione per rappresentare i fatti in modo concreto.
DONATO PIGLIONICA. È il magistrato alle acque?
GIANFRANCO MASCAZZINI, Direttore generale per la tutela delle acque interne (TAI) del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio. Non è il magistrato alle acque. È stata dichiarata un'emergenza ed è stato nominato un commissario, un dirigente della regione veneta, l'ingegner Roberto Casarini.
EGIDIO BANTI. Mi scusi, cosa comprende il bando di gara per Venezia?
GIANFRANCO MASCAZZINI, Direttore generale per la tutela delle acque interne (TAI) del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio. È un bando di gara di cui non posso anticipare i dettagli perché gli organi competenti ne concludono l'esame lunedì prossimo; tuttavia, il tentativo è di aprirsi davvero al mercato secondo un ragionamento per cui a fronte di un problema si chiede un'offerta per risolverlo nel rispetto, naturalmente, di tutte le norme ed i vincoli e facendo opera di riutilizzo, se possibile: questo è il pregio del bando. Vi è un'apertura intelligente con delle opzioni che possono essere colte dagli operatori nell'intesa di lavorare con altri soggetti pubblici che abbiano la titolarità del posto dove collocare il materiale.
Ritengo che La Spezia possa trovare una soluzione a breve in questa direzione. Comunque, noi abbiamo visto sette progetti presentati dall'autorità portuale; ne avevamo già approvato due progetti prodotti da singoli soggetti operatori e abbiamo intimato l'esecuzione obbligata al soggetto titolare del pontile, cioè SNAM Rete Gas, posto che quest'ultimo è protetto da un divieto di navigazione. Se infatti c'è un divieto di navigazione ma è sporco non possiamo rivolgerci a coloro che non potrebbero comunque passare per quella via, ma dobbiamo ritenere che l'intervento sia posto in essere da chi usa quell'area marina. Essendoci un concessionario, a questi abbiamo chiesto l'intervento diretto: deve pensarci lui.
Per quanto riguarda poi il porto nella fascia più interna, verso nord, l'autorità militare competente - lo è per tutta l'area - è la Marina militare. Ci sono, infine, due concessionari - Navalmare e Fincantieri - che si trovano davanti al cosiddetto ex stabilimento Pertusola, per i quali stiamo procedendo all'intimazione. Naturalmente, noi non possiamo affermare che Fincantieri abbia sporcato perché, probabilmente, il materiale che si trova lì è venuto giù dalla montagna quando era ancora in funzione Pertusola. Comunque sia, prima di sostenere l'onere come pubblica amministrazione abbiamo il dovere di procedere all'intimazione verso quei soggetti che possono avere concorso in una certa misura a commettere il danno.
EGIDIO BANTI. Mi scusi, l'autorità militare ha già presentato dei progetti?
GIANFRANCO MASCAZZINI, Direttore generale per la tutela delle acque interne (TAI) del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio. Sta presentando progetti di caratterizzazione (sta facendo la caratterizzazione) ed è tenuta a perseguire gli stessi obiettivi che noi prefissiamo per i civili. Forse, ci saranno difficoltà a reperire le risorse; potremmo intenderci tra ambiente e difesa, pur continuando i ministri a fare ciò che ritengono, tuttavia è sporco e noi lo abbiamo detto. Stiamo anche cercando di fare un'opera di prevenzione. Il comune, la provincia e la regione sono impegnati a mettere un argine a tutte quelle fuoriuscite d'acqua dalla terraferma che finiscono per rappresentare delle vie d'inquinamento (altrimenti, noi puliamo ma poi si sporca di nuovo e quindi ricominciamo daccapo). Certamente, non è facile immaginare di poter tutelare tutta l'area, che è di 15 chilometri. Lo sviluppo costiero è notevole e chi conosce il golfo di La Spezia lo sa bene; tuttavia, gli enti stanno lavorando in questa direzione in modo sinergico, e di conseguenza pensiamo che essi arrivino, in tempi rapidi, a individuare i soggetti titolari di concessioni (o i veri soggetti che, a terra, possono produrre un inquinamento che poi, fluendo in mare, determina l'inquinamento da sedimenti), in modo da poter chiedere loro il rispetto delle norme. In realtà, si tratta di sempre di perseguire una regola amministrativa necessaria secondo cui se dalla proprietà di questi concessionari fuoriescono determinate sostanze, che poi si ritrovano identiche nel mare circostante, costoro devono farsene carico (naturalmente, il giudice potrà sempre dirimere eventuali querelle).
Il presidente ha posto una domanda molto difficile: perché nessuno chiede più di entrare tra i siti nazionali di bonifica. Inizialmente, c'era stata una forte pulsione, perché si avevano le risorse finanziarie; ora, invece, abbiamo inserito ben 9 nuovi siti nazionali di bonifica con la legge n. 179 del 2002, ma non abbiamo ancora erogato una lira; di conseguenza, l'inserimento nell'elenco genera problemi e costi perché, evidentemente, la pubblica amministrazione centrale agisce in maniera univoca: gli oneri sono quelli che sono! Però, vi è la richiesta da parte di qualche grande azienda nel senso di preferire un interlocutore nazionale. In realtà non vi è solo il Ministero dell'ambiente ma anche quello dell'industria, della salute, insieme con province, regioni e comuni con tutti gli enti tecnici. In pratica, i grandi soggetti preferiscono avere a che fare con un referente unico nel quale si mediano le posizioni.
Per quanto riguarda le transazioni su Bagnoli, alla colmata di Bagnoli è stata intimata l'eliminazione. Una delle azioni che il commissario mise in moto sulla base di una nostra insistente richiesta consistette proprio nell'intimare al soggetto titolare della colmata di asportarla. Tra l'altro, la colmata di Bagnoli è stata eseguita negli anni sessanta e settanta - non due secoli fa - sulla base di un capitolato di concessione nel quale si prevedeva che alla cessazione delle attività industriali il sito venisse reso nelle condizioni in cui era all'origine.
Ci sono le fotografie di una delle più belle spiagge che io abbia mai visto: la spiaggia di Bagnoli Coroglio, nelle fotografie degli anni sessanta, è bellissima. C'è un puntuale capitolato di concessione in cui si prevedeva che alla fine si dovesse portare via la colmata, nel senso che si doveva riconsegnare la spiaggia nelle condizioni in cui era stata trovata. È stato messo in atto dal commissario dell'epoca - mi pare che fosse proprio il presidente Bassolino - un procedimento a carico dei responsabili, ma non saprei dirvi adesso se il giudizio sia ancora pendente o addirittura sospeso. Comunque sia, il principio secondo cui "chi inquina paga", nel mare, è stato perseguito.
Per il sito industriale, invece, il destino è stato diverso, perché c'è stata una legge ad hoc con previsioni puntuali; di conseguenza, si è avuta una forma specialissima di normativa legata al sito.
Mi piace l'idea di Venezia: siringare dentro dei reagenti, far durare magari dieci anni la bonifica ma senza portare via i residui o mandare treni, navi o camion non si sa dove. Infatti,
in questo modo, almeno sapremo di cosa ci stiamo occupando e gli utilizzatori dell'area sapranno di che cosa preoccuparsi. È meglio che vi sia cognizione di causa, altrimenti, rischiamo (purtroppo come nel caso del litorale flegreo) di creare siti di destinazione di materiale residuale da operazioni di bonifica (le operazioni del NOE testimoniano quanto siano gravi gli effetti di tali operazioni). La patologia del sistema sta proprio nella frequenza con cui questa ricorre.
Chi sapeva? Che la spiaggia fosse inquinata lo sapeva anche il legislatore, che affermava la necessità di una bonifica, ma questi non parlava dell'entità dell'inquinamento. Dal 1999, però, si conosceva bene quale fosse l'origine di tale inquinamento. Non è magia se l'inquinamento cresce o cala. A volte, infatti, una semplice mareggiata può causare un più diretto interessamento delle spiagge esterne: evidentemente, quindi, le cause sono diverse, ma gli inquinanti sempre gli stessi. Può essere soggetta a modifiche anche la loro collocazione topografica, nonché lo spessore: nel 1999, ad esempio, si è visto che gli inquinanti erano collocati ad una maggiore profondità, al dicembre 2004 sembrerebbe invece che la situazione si sia capovolta. Non ci è dato sapere se simili cambiamenti derivino dall'azione dell'uomo o da altri fattori; sta di fatto, però, che la messa in sicurezza va attuata.
Per quanto concerne la città della scienza abbiamo sollecitato la presentazione del piano di caratterizzazione. Nel caso in cui nessuno se ne occupi sarà il commissario per le bonifiche - presidente della regione a prendere in mano la situazione, poiché su questa materia ha competenza generale.
PRESIDENTE. Quando l'avete chiesto?
GIANFRANCO MASCAZZINI, Direttore generale per la tutela delle acque interne (TAI) del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio. Durante l'ultima Conferenza dei servizi: per quanto riguarda la relativa documentazione, ve la farò pervenire tramite fax.
Il sintomo riguardante l'esterno richiede un'accurata indagine: nell'area, infatti, insiste uno stabilimento di Agricoltura Spa che potrebbe presentare inquinanti specifici dell'attività ivi esercitata. Mi rendo conto, comunque, che sto avanzando un'ipotesi assolutamente da dimostrare.
PRESIDENTE. Riguardo, invece, ai composti già rilevati dall'ICRAM?
GIANFRANCO MASCAZZINI, Direttore generale per la tutela delle acque interne (TAI) del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio. Martedì scorso l'ICRAM ha ripetuto 22 prelievi superficiali - concernenti cioè lo strato a più diretto contatto - i cui risultati ci verranno comunicati il 4 agosto, quindi fra circa una settimana.
PRESIDENTE. Che cosa hanno trovato?
GIANFRANCO MASCAZZINI, Direttore generale per la tutela delle acque interne (TAI) del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio. Prevalentemente IPA, ma anche altri inquinanti.
PRESIDENTE. Dottore, gli IPA da dove provengono?
GIANFRANCO MASCAZZINI, Direttore generale per la tutela delle acque interne (TAI) del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio. Mi è stato riferito che è stata registrata la presenza di pezzi di catrame, anche se il parere rilasciato dall'Istituto superiore di sanità - che vi farò avere al più presto - è piuttosto cauto al riguardo.

TOMMASO SODANO. Direttore, sono del parere che la domanda del presidente concernente il sistema autorizzatorio richiedeva un altro genere di risposta. Da ciò che abbiamo letto sui giornali e dalle cose che lei ci ha riferito abbiamo compreso che il problema non risale a ieri o all'anno scorso; stiamo parlando infatti di una bonifica mai effettuata.
PRESIDENTE. Se ho capito bene, il dottore ha detto che i fatti risalgono al 1999.
GIANFRANCO MASCAZZINI, Direttore generale per la tutela delle acque interne (TAI) del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio. L'accertamento qualitativo risale al 1999.
TOMMASO SODANO. In quella zona vi sono due lidi privati ed uno comunale. Quindi, anche a causa della questione sociale che poneva il presidente, molto persone si troveranno a dover sostare per molte ore al giorno su questo arenile.
Riguardo al fiume Sarno mi ha incuriosito la sua osservazione sulla preferenza a siringare piuttosto che ad asportare grandi quantità di materiale.
GIANFRANCO MASCAZZINI, Direttore generale per la tutela delle acque interne (TAI) del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio. Questo, però, non vale per i sedimenti.
TOMMASO SODANO. Volevo capire cosa succede nel caso dell'azione di dragaggio del fiume Sarno, poiché l'ultimo decreto di protezione civile prevede la possibilità di discarica in loco.
GIANFRANCO MASCAZZINI, Direttore generale per la tutela delle acque interne (TAI) del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio. Stiamo parlando di 50 milioni di finanziamenti CIPE.

TOMMASO SODANO. Come si effettuerà la bonifica dei sedimi che verranno depositati in loco in siti di stoccaggio provvisori?
Il 17 giugno, tra l'altro, vi è stata la relazione della Sogin relativa all'inquinamento delle acque sotterranee nel territorio di Acerra. Le aree interessate sono due e si trovano rispettivamente a valle della FIAT e della Montefibre: i problemi più seri interessano il territorio nei pressi della FIAT. Il reparto verniciatura dell'azienda provocherebbe un inquinamento da sostanze cancerogene molto preoccupante ed esteso: si parla di 375 milioni di metri cubi. A tale proposito, nella nota si ritiene importante evidenziare che eventuali provvedimenti di limitazione all'uso delle acque sotterranee, che le autorità sanitarie intendessero adottare, dovrebbero riferirsi a tutti i pozzi presenti in una certa area.
Sono stati attivati ulteriori approfondimenti e stabiliti contatti con le ASL di competenza?
PRESIDENTE. Dottore, può fornirci il decreto di perimetrazione dell'area domiziana e flegrea? Vorrei sapere qualcosa dei 61 comuni interessati. Avete anche i dati che riguardano l'ICRAM e l'Istituto superiore di sanità?
GIANFRANCO MASCAZZINI, Direttore generale per la tutela delle acque interne (TAI) del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio. Nel pomeriggio le faremo avere la documentazione da lei richiesta.
Il senatore Sodano voleva sapere chi autorizza l'uso delle spiagge.
TOMMASO SODANO. In base alla sua esperienza, si poteva dare in concessione un arenile in queste condizioni?
GIANFRANCO MASCAZZINI, Direttore generale per la tutela delle acque interne (TAI) del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio. Dipende dall'uso che se ne fa, visto che la concessione può consentire usi diversi. Certamente, considerate le informazioni che ho ricevuto, io all'epoca non l'avrei data di sicuro. Ma non compete a noi fare questo; abbiamo soltanto avvertito gli enti interessati che vi era una situazione che derivava semplicemente dall'elaborato presentato dall'ICRAM e abbiamo compiuti degli accertamenti analitici, che erano stati resi noti ai soggetti interessati.
Per quanto riguarda la falda di Acerra, c'è un rapporto continuo con l'amministrazione comunale, non soltanto per la determinazione dei livelli di contaminazione, che ormai sono ampiamente noti, ma anche per l'intervento di messa in sicurezza di emergenza. Mi risulta che si stia pensando, tra l'altro, ad un impiego razionalizzato di risorse finanziarie destinate a questa finalità, per superare le difficoltà derivanti dalle regole che lo Stato ha fissato recentemente agli enti locali. Stiamo seguendo con molta attenzione la situazione, anche perché non vorremmo che si arrivasse ad una spesa pubblica in cambio di un inquinamento privato; vorremmo piuttosto che ci fosse un atto immediato compiuto dopo avere intimato il soggetto.
La falda non sempre ha un nome e un cognome; non è possibile determinare in ogni caso con assoluta certezza che l'inquinante deriva da un certo soggetto e che quello è l'unico ad aver inquinato, però ci stiamo attrezzando in modo tale da chiedere al soggetto interessato di procedere e da avere pronto il soggetto pubblico esecutore in danno. Credo che ci sia già il progetto per il prelievo e il trattamento delle acque di falda, almeno per le situazioni note di inquinamento; si tratta solo di risolvere il problema finanziario.
I sedimenti vanno bonificati. Lei parlava prima dei sedimenti del Sarno, ma essi hanno qualità diversissime, a seconda del luogo in cui vengono pescati, del tipo di scarichi che ci sono. Verso la foce molti volumi, che il generale Jucci intende scavare, sono legati anche all'allargamento della sezione del fiume, effettuato per consentire un facile allontanamento dell'acqua di piena; di conseguenza, presumo che quelli possano essere di migliore qualità rispetto a quelli immediatamente adiacenti ad importanti scarichi. Però, ormai le capacità analitiche sono tali da permettere di immaginare un percorso diverso a seconda di quello che viene trovato. Penso che i sedimenti più simili ai materiali di terra vergine di scavo possano essere riutilizzati per qualsiasi opera pubblica, fermo restando naturalmente il rispetto delle leggi.
Credo che sia oggi in Conferenza Stato-regioni il nuovo testo del decreto per la gestione delle discariche; c'è un manuale precisissimo su quello che si deve fare ed è scritto in piena conformità al disposto comunitario. Pertanto, non c'è più spazio per la fantasia: si sa com'è e si sa dove si deve mettere, a seconda della qualità. Certamente può esserci un trattamento, è auspicabile, ma quanto possa essere economico e produttivo è tutto da dimostrare; evidentemente bisogna immaginare anche in quel caso delle gare o una sperimentazione per capire bene cosa fare, dove e con che risultati.
PRESIDENTE. Non mi meraviglia la puntualità delle osservazioni svolte dal dottor Mascazzini, che ringraziamo, insieme ai dottori Giangrasso e Tassoni, per la squisita cortesia di essere stati qui. L'ennesima audizione che abbiamo fatto con lei è per noi elemento di straordinario rilievo per consentire a questa Commissione una panoramica più vasta ed un ulteriore approfondimento. Mi sembra di aver colto, rispetto alle precedenti audizioni, una sensazione di maggiore positività e ovviamente per noi questo è motivo di piacere. La ringraziamo ancora, in attesa dei documenti che vorrà fornirci nel pomeriggio.
Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 15,10.

 

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