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Commissione Parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti

Audizione del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Venezia, Vittorio Borraccetti, e del questore aggiunto del Corpo forestale dello Stato, nucleo investigativo di Polizia ambientale e forestale di Treviso, Gianfranco Munari.

Smaltimento illecito di rifiuti impiegati per la costruzione di terrapieni in alcune tratte della linea dell'alta velocità delle Ferrovie nel territorio veneto.

Seduta del 12/4/2005

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Venezia, Vittorio Borraccetti, e del questore aggiunto del Corpo forestale dello Stato, nucleo investigativo di Polizia ambientale e forestale di Treviso, Gianfranco Munari.
La Commissione ha convenuto di procedere all'odierna audizione in merito agli aspetti inerenti ai profili di competenza della Commissione connessi alle attività del suo ufficio, con particolare riferimento alle indagini relative alla vicenda del presunto smaltimento illecito di rifiuti impiegati per la costruzione di terrapieni in alcune tratte della linea dell'alta velocità delle Ferrovie nel territorio veneto.

Nel rivolgere un saluto ed un ringraziamento per la disponibilità manifestata, do ora la parola al dottor Borraccetti, riservando eventuali domande dei colleghi della Commissione al termine del suo intervento.
VITTORIO BORRACCETTI, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Venezia. Signor presidente, ho portato con me un appunto riepilogativo ed una copia dell'ordinanza di applicazione della misura cautelare di custodia in carcere, che è stata disposta dal GIP di Venezia, su richiesta del pubblico ministero, in cui è descritta analiticamente tutta la vicenda. Se lei lo ritiene opportuno, posso lasciare agli atti entrambi i documenti.
PRESIDENTE. La ringrazio.
VITTORIO BORRACCETTI, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Venezia. La vicenda riguarda una società, denominata C&C, che ha sede legale a Mestre e che gestisce un'attività di recupero di rifiuti con procedura semplificata, volta all'ottenimento di conglomerati cementizi, di prodotti per l'edilizia e di conglomerati di calcestruzzo e cementi. Le sedi dove vengono svolte queste operazioni sono gli stabilimenti di Malcontenta di Mira, in provincia di Venezia, e di Pernumia, in provincia di Padova. Nelle stesse sedi la ditta svolge attività di stoccaggio degli scarti derivanti da lavorazione nonché di stoccaggio dei rifiuti da destinare poi ad altri impianti autorizzati ad attività di recupero.
In sostanza, cosa è successo e cosa ha portato alla luce l'indagine? Questa attività di recupero finalizzata all'ottenimento di prodotti per l'edilizia, in realtà, era solo apparente; nei fatti abbiamo potuto accertare che si trattava di un'attività
illegale di smaltimento dei rifiuti, che venivano - se posso usare questa espressione - camuffati e poi destinati ad essere collocati in luoghi nei quali si stanno realizzando delle opere, come, per esempio, ad Arino, dove sono in costruzione opere per l'alta velocità (la tratta Venezia-Milano), a Padova, dove è in costruzione un cavalcavia, oppure in altre località (anche fuori dal Veneto), dove sono stati appaltati dei lavori di costruzione di strade. Sostanzialmente, attraverso la miscelazione con altre sostanze, in violazione di tutte le disposizioni di legge, questi rifiuti venivano camuffati e destinati ad uno smaltimento illegale.
La procedura semplificata consente a chi voglia intraprendere questa attività di presentare domanda e di avvalersi del decorso del termine di 90 giorni posto all'amministrazione per la risposta, superato il quale l'impresa può cominciare la propria attività senza documentare alcun particolare requisito e senza alcun accertamento; dopodiché, l'attività può essere iniziata. È vero che esistono delle regole che devono essere osservate nello svolgimento di quelle attività volte a produrre conglomerati cementizi, prodotti per l'edilizia o conglomerati di calcestruzzo e cementi (regole che disciplinano le quantità di sostanze che devono essere impiegate), però è facile disattenderle, perché i controlli sono piuttosto rari e spesso non tutti gli organi che possono effettuarli sono in grado di svolgerli; in ogni caso, questi controlli possono essere aggirati. Dico questo perché dall'indagine compiuta - ed è quello che volevo segnalare maggiormente alla Commissione - , in particolare da una serie di intercettazioni telefoniche disposte mentre andava avanti l'attività di accertamento della polizia giudiziaria, è risultato...

PRESIDENTE. Vorrei ricordarle che, qualora lo ritenga opportuno, può chiedere che il suo intervento prosegua in seduta segreta.
VITTORIO BORRACCETTI, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Venezia. Sono tutte circostanze riferite nel provvedimento di custodia cautelare, quindi penso che non ci sia alcuna esigenza di tutela del segreto di indagine; si tratta, infatti, di vicende ormai a conoscenza degli interessati.
Da queste intercettazioni telefoniche si evince che esiste un'organizzazione che cerca di trarre in inganno, di creare delle situazioni apparenti, addirittura al cospetto di un organo che sta intervenendo con i poteri di polizia giudiziaria (non di un organo amministrativo che svolge dei controlli). È facile pensare che, se questo comportamento viene posto in essere per aggirare i controlli della polizia giudiziaria, forse ancora più agevolmente può essere tenuto per evitare i controlli - non frequentissimi, per la verità - di tipo amministrativo.
Se vi sono delle domande specifiche, siamo disponibili a rispondere. Mi pare che la sostanza sia comunque questa. Credo che il dottor Munari voglia aggiungere qualcosa.
GIANFRANCO MUNARI, Questore aggiunto del Corpo forestale dello Stato, nucleo investigativo di Polizia ambientale e forestale di Treviso. Ciò che ha appena detto il procuratore è corretto. Vi è da aggiungere che la normativa per il riutilizzo di questi rifiuti, in regime semplificato, consente una certa facilità di controllo, perché i parametri che vanno verificati e i valori di questi parametri sono abbastanza contenuti e quindi facilmente verificabili, ma il problema deriva dal fatto che questi rifiuti vengono normalmente camuffati; difficilmente ci si trova di fronte a dei rifiuti che sono realmente quelli che risultano dai documenti. Ciò avviene perché esistono dei
passaggi di questi rifiuti tra i diversi impianti di stoccaggio e i centri di raccolta dei rifiuti stessi che fanno perdere le loro tracce.
Per essere più precisi, per i fanghi industriali, che vengono classificati in un certo modo ed escono con un certo tipo di analisi, le analisi non sono precise, perché vengono fatte normalmente una volta l'anno. Abbiamo potuto accertare che a volte la cosiddetta analisi di omologa in realtà non corrisponde al rifiuto trasportato. Nel momento in cui il rifiuto entra in qualche impianto, abbiamo accertato l'esistenza del cosiddetto giro bolla, che consiste nel lasciare il rifiuto sul camion dov'è, cambiando semplicemente il nome e il codice, come tale destinandolo ad altri impianti. Quindi non si sa mai se il rifiuto, che in base alla normativa vigente potrebbe entrare in quell'impianto, in realtà corrisponda alle caratteristiche richieste dall'impianto stesso.
A fronte di una normativa che sicuramente offre delle garanzie e delle cautele per chi opera in questo settore, esiste una serie di rapporti tra produttori e gestori di rifiuti, che in qualche modo compromette questa normativa. Abbiamo accertato più volte che il rifiuto difficilmente corrisponde a quanto scritto nei documenti di trasporto.
PRESIDENTE. L'indagine ha evidenziato responsabilità delle imprese che hanno utilizzato i materiali? C'è la consapevolezza di questo camuffamento oppure no?
GIANFRANCO MUNARI, Questore aggiunto del Corpo forestale dello Stato, nucleo investigativo di Polizia ambientale e forestale di Treviso. Se parliamo dell'alta velocità, sicuramente le imprese che avevano l'appalto o le ditte locali, che avevano in subappalto dalla Maccarese le opere da eseguire, erano a conoscenza di questo fatto.

PRESIDENTE. Erano a conoscenza del fatto che si trattava di camuffamenti?
VITTORIO BORRACCETTI, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Venezia. Ci sono imprese che sono state indagate in concorso nella gestione di queste attività.
GIANFRANCO MUNARI, Questore aggiunto del Corpo forestale dello Stato, nucleo investigativo di Polizia ambientale e forestale di Treviso. Di questo fatto erano a conoscenza e si trova traccia nelle fatturazioni perché, a fronte di vendite a prezzi irrisori di questo prodotto alla ditta appaltante, quest'ultima, oltre a ricevere la materia prima, emetteva fatture nei confronti del soggetto che aveva venduto il materiale, che rappresentano il prezzo dello smaltimento del rifiuto. Non ci sarebbe nessuna ragione perché, a fronte della vendita di un prodotto, chi riceve il prodotto debba emettere nei confronti di chi la vende una fattura notevolmente superiore al prezzo di vendita.
Per quel che riguarda il cavalcavia di Padova, sono state intercettate delle comunicazioni tra il geometra responsabile del cantiere ed il titolare della C&C, dove, a fronte di preoccupazioni manifestate relative ad una perquisizione da parte della Guardia forestale, si faceva riferimento all'esigenza di far sparire immediatamente la merce.
SERGIO AGONI. Questa è una cosa che non avviene soltanto purtroppo nelle grandi imprese e nel corso dello svolgimento di grandi lavori. Mi trovo in un piccolo comune e nella zona artigianale del mio comune, che vanta 1.500 abitanti, è stata sequestrata un'area perché sono stati trovati dei materiali sospetti. È un malcostume molto comune. Quali sono questi rifiuti? Si tratta soltanto di fanghi? E che tipo di fanghi sono?

GIANFRANCO MUNARI, Questore aggiunto del Corpo forestale dello Stato, nucleo investigativo di Polizia ambientale e forestale di Treviso. Si tratta di fanghi che derivano dal processo di trattamento dei rifiuti industriali. Dopo aver subito il trattamento, dal quale viene estratto il fango, con la precipitazione dei metalli, tra cui il cromo, che viene neutralizzato, alla fine del processo il fango è un concentrato di inquinanti, da oli minerali ai metalli pesanti. Sono fanghi che per poter essere avviati al recupero, in regime semplificato, devono essere per legge non pericolosi e devono contenere livelli molto bassi di cadmio, arsenico e mercurio.
SERGIO AGONI. Questo procedimento dove viene fatto?
GIANFRANCO MUNARI, Questore aggiunto del Corpo forestale dello Stato, nucleo investigativo di Polizia ambientale e forestale di Treviso. Negli impianti di trattamento autorizzati, che producono un fango che, per essere avviato al recupero, deve avere determinate caratteristiche.
SERGIO AGONI. Dalla ditta che ha l'autorizzazione ad effettuare questi trattamenti esce il fango, che deve giungere ad un altro impianto?
GIANFRANCO MUNARI, Questore aggiunto del Corpo forestale dello Stato, nucleo investigativo di Polizia ambientale e forestale di Treviso. Sì, deve andare ad un altro impianto, che, in regime semplificato, è autorizzato a recuperare questi fanghi che, dopo il trattamento, attraverso l'aggiunta del conglomerato cementizio, di sabbia e di cemento, vengono inviati nei siti, dove vengono utilizzati.
SERGIO AGONI. Il camuffamento?

GIANFRANCO MUNARI, Questore aggiunto del Corpo forestale dello Stato, nucleo investigativo di Polizia ambientale e forestale di Treviso. Avviene a questo livello.
Noi abbiamo accertato che le irregolarità sorgono sin dal momento in cui l'impianto ha prodotto il fango. Si pongono in essere una serie di attività, quali l'utilizzo di analisi non conformi al carico che in effetti viene movimentato (con valori compiacenti), per poterlo avviare al recupero.
SERGIO AGONI. Lei mi sta dicendo quindi che non vi è un unico momento nel quale questa operazione di camuffamento avviene, ma che si tratta di un procedimento.
PRESIDENTE. Viene infatti preordinato già nella fase della produzione dei fanghi.
SERGIO AGONI. Penso che questo procedimento debba servire come procedimento pilota anche per le altre procure della Repubblica.
VITTORIO BORRACCETTI, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Venezia. A monte vi sono le imprese e le industrie che, come conseguenza del ciclo produttivo, producono rifiuti. In questa fase può avvenire, ed avviene, che nella produzione dei fanghi si cerchi di presentare un quadro che consenta di evitare l'applicazione delle discipline più rigorose in materia, come, ad esempio, quella sui rifiuti pericolosi. Si cerca quindi di presentare le cose come se si trattasse di rifiuti non pericolosi.
Successivamente, interviene un soggetto che richiede l'autorizzazione a gestire i rifiuti, attraverso una procedura semplificata, e che comporta la possibilità di trattare rifiuti non pericolosi, trasformandoli in prodotti per l'edilizia. È
questo il soggetto che compie la vera e propria operazione di camuffamento. È questo il soggetto la cui attività viene descritta nei documenti che ho lasciato all'attenzione di questa Commissione.
Naturalmente, vi è un interesse, anche a monte, dei produttori per fare in modo che i rifiuti pericolosi non compaiano. In alcune situazioni, com'è ovvio, non si possono fare analisi di comodo; tuttavia, laddove è possibile si effettua un'analisi di comodo, in modo da potersi poi applicare una disciplina meno rigorosa.
SERGIO AGONI. Vorrei fare un esempio: chi ha buttato un uomo in un lago, facendolo annegare, è, a mio avviso, responsabile come colui che, avendo la possibilità di lanciargli un salvagente, non lo ha fatto. Ritengo quindi molto importante esaminare anche quelle fasi precedenti, che hanno creato le condizioni perché chi di dovere facesse ciò che non si doveva fare. In caso contrario, si rischia di giocare di rimbalzo tra di noi, senza concludere alcunché.
PRESIDENTE. Vorrei sapere se l'indagine ha coinvolto anche i laboratori di analisi.
GIANFRANCO MUNARI, Questore aggiunto del corpo forestale dello Stato, nucleo investigativo di Polizia ambientale e forestale di Treviso. Anche i produttori di cui si parlava.
VITTORIO BORRACCETTI, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Venezia. Per reati diversi.
PRESIDENTE. Ho più volte sentito il dottor Borraccetti riferire di controlli, invero, rari! Qual è lo stato dell'arte sul punto?

VITTORIO BORRACCETTI, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Venezia. In questo procedimento vi sono alcuni consulenti imputati di reati concernenti le proprie funzioni. Per quanto riguarda i controlli, occorre precisare che di norma ne sono previsti pochi. Pertanto, il problema non è tanto quello del funzionario infedele, perché qui non vi è prova. Anzi, tutti quelli che effettuano i controlli si comportano poi molto bene.
Piuttosto occorre dire che è facile eludere tali controlli. È un'attività, quella relativa al caso di specie, che ha raggiunto questi risultati perché si è avvalsa dei poteri che il codice di procedura penale prevede per le attività investigative. Tuttavia, dalle osservazioni fatte in precedenza si evidenzia come strutturalmente il settore sia disciplinato in modo da facilitare un'attività di elusione. Questa almeno è la nostra impressione sulla base di tale accertamento.
GIANFRANCO MUNARI, Questore aggiunto del corpo forestale dello Stato, nucleo investigativo di Polizia ambientale e forestale di Treviso. Per completare quanto diceva il presidente Borraccetti, occorre precisare che quando abbiamo effettuato le prime analisi sul conglomerato cementizio - ne parlavamo con i tecnici dell'ARPA e della provincia - è emersa la circostanza per cui il materiale in questione viene definito alla stregua di materia prima. Pertanto, per il semplice fatto che questo materiale viene definito conglomerato cementizio, non vi possibilità di effettuare alcuna analisi. Questo è il limite dell'organo amministrativo: l'analisi, anche se svolta, non ha valenza giuridica. Tuttavia, tutti i comportamenti facevano trasparire in maniera molto precisa che non si trattava di materia prima, in quanto essa non aveva subito quei trattamenti tali da trasformare un rifiuto in materia prima.

PRESIDENTE. Avete esercitato la vostra opera anche rispetto ad altre attività che le medesime imprese hanno effettuato in loco o magari altrove?
GIANFRANCO MUNARI, Questore aggiunto del corpo forestale dello Stato, nucleo investigativo di Polizia ambientale e forestale di Treviso. L'attività è ancora in corso e, per quanto riguarda certe imprese, stiamo allargando il campo dell'indagine per comprendere cosa esse abbiano fatto in un passato più recente.
SERGIO AGONI. Mi si perdoni l'insistenza: chi attribuisce la qualità di conglomerato cementizio a quel materiale?
GIANFRANCO MUNARI, Questore aggiunto del corpo forestale dello Stato, nucleo investigativo di Polizia ambientale e forestale di Treviso. La normativa: dal processo di recupero, fra i materiali che è possibile ottenere, abbiamo infatti prodotti per l'edilizia, in termini generici, oppure conglomerato cementizio o ancora laterizi.
SERGIO AGONI. In funzione di un'analisi, suppongo.
GIANFRANCO MUNARI, Questore aggiunto del corpo forestale dello Stato, nucleo investigativo di Polizia ambientale e forestale di Treviso. Non necessariamente.
SERGIO AGONI. In funzione di un procedimento, allora.
GIANFRANCO MUNARI, Questore aggiunto del corpo forestale dello Stato, nucleo investigativo di Polizia ambientale e forestale di Treviso. Sì, di un procedimento.
SERGIO AGONI. Il discorso è chiaro: non è soltanto il singolo, bensì è una procedura che, automaticamente, arriva a definire questo materiale come conglomerato cementizio, senza che vi sia alcun colpevole.

GIANFRANCO MUNARI, Questore aggiunto del corpo forestale dello Stato, nucleo investigativo di Polizia ambientale e forestale di Treviso. Tant'è che questi rifiuti escono con un documento di trasporto, non con formulari, come se fosse una scrivania, per esempio.
SERGIO AGONI. Esiste quindi una procedura a monte che consente di definire questo materiale come conglomerato cementizio.
VITTORIO BORRACCETTI, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Venezia. Le norme tuttavia prescrivono che questi prodotti abbiano determinate caratteristiche e che, per esempio, presentino cemento.
GIANFRANCO MUNARI, Questore aggiunto del corpo forestale dello Stato, nucleo investigativo di Polizia ambientale e forestale di Treviso. In secondo luogo, non si entra nello specifico: dipende dal tipo di processo che l'interessato ha proposto e che è stato approvato.
In questo processo il limite del cemento doveva essere del 30 per cento; in realtà, difficilmente arrivava ad una percentuale del 13- 14 per cento.

PRESIDENTE. Approvato da...?
GIANFRANCO MUNARI, Questore aggiunto del corpo forestale dello Stato, nucleo investigativo di Polizia ambientale e forestale di Treviso. Si trattava di un processo messo a punto dall'interessato attraverso studi compiuti da liberi professionisti e trasmesso per il tramite della procedura semplificata: questa prevede che, trascorsi tre mesi, si possa avviare l'attività.

VITTORIO BORRACCETTI, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Venezia. Nessuno effettua controlli.
SERGIO AGONI. Scusate, non occorrono controlli se io stabilisco che il conglomerato che esce da quel processo è composto da questi elementi; tuttavia, io ne sono responsabile, perché so benissimo che una delle componenti presente nel prodotto non dovrebbe esserci. Qualcuno sa questo!
PRESIDENTE. Altrimenti non ci sarebbero state le iniziative della magistratura.
SERGIO AGONI. Ma è fatto in modo tale che scompaia il responsabile unico.
GIANFRANCO MUNARI, Questore aggiunto del corpo forestale dello Stato, nucleo investigativo di Polizia ambientale e forestale di Treviso. Noi avevamo individuato in questo meccanismo, ovvero dietro tale vendita di conglomerato, un'evidente attività di smaltimento abusivo di rifiuti.
VITTORIO BORRACCETTI, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Venezia. Si tratta di un processo molto consistente, gli imputati sono molti e altrettante sono le contestazioni che comprendono reati più gravi attribuiti ai gestori e reati meno gravi attribuiti ai produttori dei rifiuti. Al tutto va aggiunta poi la contestazione di associazione a delinquere, a dimostrazione del fatto che questa situazione è stata ricostruita in modo esauriente. Naturalmente poi tocca ai giudici decidere, anche se un giudice ha già deciso emettendo il provvedimento.
SERGIO AGONI. Affinché rimanga agli atti vorrei rilevare che a mio avviso il responsabile principale di tutto questo è colui che falsifica le analisi.

PRESIDENTE. A prescindere dalla sua legittima considerazione, tenterei di far partire un'attività di indagine su scala nazionale da parte di questa Commissione sul fronte dei laboratori di analisi. Rivolgendomi nuovamente ai nostri auditi vorrei avere da loro qualche ragguaglio riguardo alla criminalità organizzata.
VITTORIO BORRACCETTI, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Venezia. Escluderei che in questo caso vi siano dei nessi con organizzazioni criminali; tra l'altro non abbiamo neanche collegamenti investigativi con uffici di zone in cui siano attive delle organizzazioni criminali, diversamente da quanto verificatosi in altri casi nel passato.
PRESIDENTE. Quindi, più che di mafie, nella fattispecie si tratta di una imprenditoria deviata?
VITTORIO BORRACCETTI, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Venezia. Certamente, siamo nel campo dell'illegalità, ma sulla base degli elementi di cui disponiamo nessuno può affermare che vi siano dei collegamenti con delle organizzazioni di tipo mafioso.
SERGIO AGONI. Premettendo che si è avuta notizia da poco di una grande truffa scoperta dalla dottoressa Boccassini grazie a delle intercettazioni telefoniche casuali, vorrei sapere se avete scoperto questo traffico in modo casuale o se avevate delle tracce ben precise da cui partire.
PRESIDENTE. Io invece vorrei sapere a quanto ammontano i proventi di questo illecito.
GIANFRANCO MUNARI, Questore aggiunto del corpo forestale dello Stato, nucleo investigativo di Polizia ambientale e
forestale di Treviso. Siamo giunti ad individuare questa attività perché controlliamo il territorio e perché dove andiamo cerchiamo di vedere appieno le cose.
PRESIDENTE. In sostanza ci sta dicendo che non si è trattato di una casualità?
GIANFRANCO MUNARI, Questore aggiunto del corpo forestale dello Stato, nucleo investigativo di polizia ambientale e forestale di Treviso. Abbiamo constatato certi comportamenti e certe azioni che si potevano notare già nel corso del 2002. Abbiamo cominciato a trovare del materiale definito "conglomerato cementizio in cordoli", una massa disomogenea che, come abbiamo scoperto, è stata addirittura utilizzata per riempire le fosse tra terreno e mura delle abitazioni. Raccogliendo delle informazioni su chi aveva consegnato questo materiale abbiamo individuato tre ditte nella zona del trevigiano; si tratta di tre imprese che operano nel mondo della lavorazione della ghiaia piuttosto che nella movimentazione dei rifiuti o di materiali inerti. Da qui siamo poi giunti alla C&C, che aveva la sede legale a Mestre.
SERGIO AGONI. Mi fa piacere che la scoperta sia dovuta ad un pieno controllo del territorio, perché se la vicenda fosse stata scoperta per caso avrebbe significato che ci trovavamo soltanto di fronte alla punta dell'iceberg.
GIANFRANCO MUNARI, Questore aggiunto del corpo forestale dello Stato, nucleo investigativo di Polizia ambientale e forestale di Treviso. Per rispondere ancora più precisamente rilevo che la C&C ha iniziato ad operare nell'estate del 2002, e noi già alla fine del 2002 avevamo individuato i primi materiali in circolazione, che ci hanno permesso poi di risalire
ad essa. Da alcuni documenti sequestrati presso la C&C, dove venivano valutati il giro d'affari del 2003 e le proiezioni del 2004, risulta che il fatturato tutto sommato non era molto elevato, perché se non ricordo male la cifra si aggirava intorno agli 800 mila euro; per quanto riguarda invece il recupero dei fanghi si indicava un milione di euro di utile, con la prospettiva di incrementarlo nel corso del 2004; lo stesso importo riguardava le scorie di acciaieria, e più o meno analogo era anche per ceneri provenienti dai processi termici delle caldaie. La cifra che grosso modo abbiamo stimato per l'anno 2003 è di circa 3 milioni di euro; immagino però che tutto ciò sarà oggetto di ulteriori valutazioni da parte di altri organi.
PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Borraccetti ed il dottor Munari non solo per la squisita disponibilità nell'essere qui oggi, ma anche per le utili indicazioni che ci hanno offerto. Alla Commissione interessa comprendere esattamente la dinamica dei fenomeni per capire quali strumenti, anche dal punto di vista normativo, potranno essere sottoposti all'attenzione del resto del Parlamento. Naturalmente, se non sarà di disturbo alle vostre attività di indagine, ci riserviamo la possibilità di riascoltarvi nuovamente per comprendere i passi in avanti su questo fronte in modo da sostenere meglio le ragioni delle iniziative che andiamo approfondendo.
VITTORIO BORRACCETTI, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Venezia. Nell'assicurare sempre la massima collaborazione - a parere nostro è importante mettere a disposizione della Commissione il risultato del nostro lavoro - vorrei che ci lasciaste aggiungere una battuta su una vicenda di una certa importanza.
PRESIDENTE. Prego.

GIANFRANCO MUNARI, Questore aggiunto del corpo forestale dello Stato, nucleo investigativo di Polizia ambientale e forestale di Treviso. Noi abbiamo accertato, ma credo che ciò sia noto anche alla Commissione, che i rifiuti transitano per molti impianti; il più delle volte si verifica un semplice giro bolla, perché in realtà il rifiuto rimane sul camion e prosegue il suo percorso. In ogni passaggio il rifiuto subisce un cambiamento; ad esempio, abbiamo notato che sistematicamente ad ogni passaggio vengono modificati l'unità di misura, la quantità ed il codice, per cui è facile immaginare che dopo due passaggi è impossibile rintracciare un rifiuto.
PRESIDENTE. Eppure è sempre lo stesso e rimane intrattato.
GIANFRANCO MUNARI, Questore aggiunto del corpo forestale dello Stato, nucleo investigativo di Polizia ambientale e forestale di Treviso. A ciò bisogna aggiungere un altro passaggio: nei formulari si possono leggere tre o quattro nomi di ditte cessionarie, le cosiddette ditte commerciali, che si passano il rifiuto dall'una all'altra, per cui mentre i passaggi reali sono tre, le fatturazioni diventano sette od otto. Chi riceve il rifiuto fattura alla ditta commerciale che glielo ha proposto, la ditta commerciale lo fattura all'impianto dal quale è arrivato, e non si riesce mai a ricostruire un percorso dall'inizio alla fine.
SERGIO AGONI. Almeno l'IVA la pagano sempre...!
GIANFRANCO MUNARI, Questore aggiunto del corpo forestale dello Stato, nucleo investigativo di Polizia ambientale e forestale di Treviso. Completo il discorso facendo l'esempio di un fango che viene portato ad una ditta. L'industriale spende
84 euro a tonnellata per smaltire il rifiuto, questo passa dalla ditta commerciale, che trattiene 10 euro, e così fa anche la ditta successiva; alla fine l'impianto che lo riceve ricava soltanto 55 euro. Si perdono 30 euro soltanto per sostenere le attività delle ditte commerciali; sono risorse che tutto sommato vengono sottratte alla possibilità di smaltire regolarmente, perché smaltire bene costa.
PRESIDENTE. Sono risorse, però, che servono a produrre utili.
GIANFRANCO MUNARI, Questore aggiunto del corpo forestale dello Stato, nucleo investigativo di Polizia ambientale e forestale di Treviso. Sono utili ad imprese commerciali che non vedono i rifiuti, perché li movimentano soltanto.
PRESIDENTE. Ringrazio nuovamente i nostri ospiti e dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 14.20.

 

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