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Thomas Hobbes: stato di natura e Stato.

Stato di natura e diritto naturale.

Lo stato di natura per Hobbes corrisponde ad una condizione presociale, o condizione di vita caratterizzata dall'assenza di leggi, e da una specie d’uguaglianza naturale tra gli uomini; uguaglianza intesa come uguale possibilità di nuocersi l’uno con l’altro.[1]

Il fine naturale per l’uomo è la sua autoconservazione. Quindi il diritto naturale si configura come diritto di usare tutti i mezzi e di compiere tutte le azioni senza di cui un uomo non può conservarsi[1]

…la natura ha dato a ciascuno il diritto su ogni cosa

…allo stato naturale la misura del diritto è l’utilità.

L’universale concorrenza ai medesimi beni, legittima dal punto di vista della tendenza naturale dell’uomo all’autoconservazione, è causa del conflitto generalizzato tra gli uomini: homo homini lupus e bellum omnium contra omnes.

Il conflitto generalizzato è a sua volta causa del timore della morte. E’ questo timore che spinge gli uomini a cercare un accordo, un patto sociale, per uscire dalla situazione di guerra e d’insicurezza, poichè la morte è la negazione dell’istinto fondamentale di autoconservazione. L’origine della vita associata secondo regole, in altre parole l’origine della società e dello Stato, risiede in un contratto artificiale stipulato per timore della morte; teoria opposta all’istinto naturale all’associazione sostenuto da Aristotele e dai giusnaturalisti.

Legge naturale.

Anche il concetto di legge naturale è fondato per Hobbes sull’istinto di autoconservazione. La legge naturale è un calcolo della retta ragione per ottenere il fine dell’autoconservazione. [1]( La ragione in questa prospettiva è capacità di calcolare l’utile).

Data la situazione di pericolo propria dello stato di natura, e dato il timore della morte che esso genera, i primi calcoli della retta ragione si esprimono in due leggi. La prima legge di natura prescrive che è necessario associarsi per difendersi, rinunciando all’originario diritto su tutte le cose.[1] La seconda legge di natura prescrive il rispetto dei patti stabiliti.[4]

Dato che i patti non servono se non esiste un potere in grado di imporre il loro rispetto, ognuno deve rinunciare al diritto originario su tutte le cose e trasferirlo ad una sola persona, il sovrano.

I contraenti il patto sociale rinunciano a tutti i propri diritti, ad eccezione del diritto alla sopravvivenza, e affidano tutti i poteri ad un sovrano che garantisce la pace per tutti.[1]

Il sovrano è stato riconosciuto dai contraenti il patto come un potere superiore; egli è quindi superiore ai sudditi, il suo potere è assoluto, non vincolato a nessun organo di controllo o di governo. Il sovrano diviene la fonte della legge e la regola del giusto e dell’ingiusto[1]. Nello stato di natura non esistevano comportamenti giusti o ingiusti, ma solo atti conformi, o meno, all’autoconservazione, istinto che determina in modo meccanico il comportamento umano.

Solamente dopo il patto sociale e l’istituzione di regole vincolanti si può stabilire che cosa è giusto o ingiusto fare in società. Lo stesso diritto di proprietà nasce dopo l’istituzione della società civile, dato che nello stato di natura ognuno aveva diritto a tutto.

Considerata la rinuncia volontaria dei cittadini ai propri diritti, ceduti al sovrano, il diritto alla rivolta è ingiustificabile e inconcepibile; si noto bene: inconcepibile o ingiustificabile da un punto di vista logico (sarebbe un assurdo logico ribellarsi ad un patto contratto per salvaguardare se stessi), non da un punto di vista morale.[1]

Esiste, tuttavia, almeno un limite al potere sovrano: nessun uomo può essere obbligato ad uccidersi o mutilarsi proprio perché il patto sociale è stato istituito al fine della conservazione degli individui.[1]



[1]De Cive, cap.III

Cfr. anche Leviathan , arte 1, 13

Arrigo Pacchi sottolinea che per Hobbes lo stato di natura inteso come « Bellum omnium contra omnes » più che indicare un’ipotetica condizione pre-sociale definisce il comportamento naturale dell’uomo in assenza di leggi o in quelle situazioni ambientali e sociali, non regolate da leggi : ad es. la società nobiliare o il mondo dei rapporti commerciali ai tempi di Hobbes stesso.

[2]De Cive, I, 10

[3]De Cive, II, 1

[4]Ibidem, II, 2 e II, 3

[5]ibidem, III,1

[6]ibidem, V, parr.6-11

[7] Dunque cosa siano il furto, l’omocidio, l’adulterio, e in generale il torto, lo si conosce dalla legge civile, cioè dai comandi di chi ha nello Stato il potere supremo.

De Cive, VI, 16

[8] De Cive, VI, 20

[9] Leviathan Parte II, cap. 21

altri siti sul'600

 Dualismo cartesiano.htm

 intestazione Meccanicismo.htm

 Temi e motivi del pensiero libertino.htm

 

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