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La strada e la prateria, i rumori, i colori, la birra, l'acciaio cromato, le facce ed i riflessi dei corpi tatuati.
Tasselli che tornano a ricomporre un mosaico americano, il puzzle del più grande raduno motociclistico del mondo.
Da 50 anni ad eccezione del periodo bellico, come i musulmani vanno alla mecca almeno una volta nelle vita, gli Harleisti vanno a Sturgis, al Black Hills Classic Rally.
Ogni anno il numero record delle presenze è polverizzato.
Il numero delle motociclette cresce ogni anno, come un'onda sommerge la piccola cittadina del South Dakota, si riversa per le mitiche Black Hills tocca Mount Rushmore, Custer, Hot Spring, Rapid City, Deadwood, invade strade e campi, sale in vetta ad ogni altura, copre sentieri, riempie ogni spazio non occupato da case o alberi: un'onda di nome Harley Davidson.
Da ogni parte d'America, dall'Europa, persino dall'Australia, Nuova Zelanda, i motociclisti hanno invaso le grandi freeway attraversando gli immensi spazi delle terre dei Cheyennes, degli Arrapahoes, dei Piedi Neri, dei Sioux, su fino alle Black Hills, le Paha Sapa, come le chiamano gli indiani che le veneravano come le terre sacre ed alle quali attribuivano il potere di trattenere gli spiriti degli uomini forti che erano venuti prima di loro.
Terre leggendarie che hanno conosciuto uomini dall'incredibile ardore pionieristico, come il generale Custer, morto a poche miglia da Belle Fourche nella disastrosa battaglia del Little Big Horn, o come James Butler Hickock, passato alla storia come Wild Bill, che uccise 36 uomini in duello prima di giungere alle miniere d'oro, una ricchezza che di questi luoghi, e beccarsi una pallottola nella schiena durante una partita di poker a Deadwood, saloon n.10.
Terre di cercatori d'oro e di pionieri, di grandi massacri e di personaggi che ancora sembra di scorgere fra le ombre lunghe dei canyons, dove la natura racconta le sue storie di grandi silenzi.
Silenzi rotti dal rombo delle marmitte aperte che in lontananza evocano il rullio dei tamburi indiani portato dal vento.
Passione, devozione, culto, fanatismo, ideale e curiosità, espressione della propria personalità attraverso un mito, un simbolo, un pezzo di storia americana che permette, unico al mondo, di essere trasformato, moltiplicato, allungato o accorciato, ricoperto o denudato, elaborato o dipinto; è il mondo dell'Harley Davidson e qui a Sturgis è la sua massima consacrazione di fronte ai motociclisti di tutto il mondo.
Una festa che J.C. Hoel, meglio conosciuto come "Pappy" Hoel, non avrà di certo immaginato quando negli anni trenta, con alcuni amici dell'RPM (Rapid City Motorcyclist) pensò di ripulire e rendere agibile in circuito automobilistico sul mezzo miglio ormai abbandonato e organizzare quasi per scherzo delle gare il cui unico scopo era il divertimento.
"Pappy", un vero pioniere della motocicletta, (nel 1920 circa ricevette la sua prima moto a pezzi e se la montò da solo nelle notti di un freddo inverno) riuscì in un paio d'anni ad avere i permessi ufficiali per le gare motociclistiche regolari e finalmente nel 1937 costituì la Black Hills Motor Classic, iscrizione $ 2 ancor oggi.
Grazie alla organizzazione impeccabile, ad un programma di manifestazioni entusiasmanti, alla massiccia presenza della polizia, e alla comune voglia dei presenti al raduno che si svolgesse in nell'allegria, questo "sabba" della motocicletta ha largamente superato le aspettative.
Sturgis è una cittadina di 5000 abitanti.
Calcolando (per difetto) 600000 visitatori al giorno per otto giorni (senza considerare i giorni precedenti e successivi alle date del calendario) 4800000 motociclisti sono passati lungo i cinque blocchi della Main Street, il centro del villaggio.
Hanno consumato milioni di lattine di birra, intere autocisterne di Coca-Cola, hanno divorato enormi quantità di cosciotti di tacchino e braciole di maiale arrostite sui giganteschi grill agli angoli delle strade.
L'indotto economico di una massa del genere è un vero toccasana per queste cittadine di collina.
Un mercato enorme, dove ogni pezzo in vendita riporta il logo del raduno.
Gli abitanti di Sturgis colgono l'occasione al volo per volgere a loro vantaggio questa pacifica invasone.
Come ogni cittadina americana le case unifamiliari hanno un giardino ombreggiato e ben curato che le separa dal marciapiede e regala un po di privacy ai proprietari; ovunque cartelli che mettono a disposizione dei "campeggiatori urbani" un fazzoletto di terra per la loro tenda, un bagno fresco per placare la calura del South Dakota e un piccolo spazio per l'adorato mezzo meccanico.
Già dal mese di giugno non si trovava un albergo libero nel raggio di duecento miglia intorno a Rapid City.
I concessionari Harley Davidson avevano esaurito le prenotazioni per le motociclette in affitto
(comprese quelle nipponiche) già da aprile.
Negli undici campeggi intorno a Sturgis, i motociclisti si contavano a decine di migliaia e la corrente in entrata e in uscita è simile ad una colonna di formiche ordinate per due in opposto senso di marcia.
Problematici gli incroci, sopportati con storica pazienza, sopportate le colonne interminabili e sopportato l'incredibile rumore di fondo; seicentomila drag-pipes sviluppano un suono impressionante, giorno e notte il discorso non cambia.
Le valli, le pianure, la stessa atmosfera sono saturi del borbottio sordo del tuono causato dall'onda in perpetuo andirivieni: la gara è all'ultimo decibel, una delle più intense emozioni di tutto il raduno.
Le motociclette sono preparate da tempo con cura, la quantità di cromatura e la ricchezza di pezzi unici fanno di queste meraviglie a due ruote esemplari da guardare e non toccare.
Ai box, come lungo la Main Sterret, gli Hell's Angels, gli Outlaw, i Bandidos: è un mondo a parte quello delle "confraternite" nate dal fenomeno Harley, un capitolo spesso punteggiato da fatti cruenti, cosparso di leggende e storie vere di malavita.
Nonostante gli alcolici consumati, la lunghezza delle lame appese alle cinture, i coloriti e vivaci commenti lanciati all'indirizzo delle pittoresche ragazze dei vari gruppi, non ci sono scontri fra le bande rivali: chi si aspetta scazzottate da saloon, cariche di poliziotti, moto a pezzi e fortunatamente deluso.
Naturalmente i fischiatissimi tutori dell'ordine hanno il loro bel da fare, ma più come direttori di traffico che per altri scopi.
E c'è la lotteria dove con solo 10 dollari e tanta fortuna puoi tornare a casa in sella al premio a due ruote debitamente customizzato per l'occasione.
E poi tatuaggi, tatuaggi, tatuaggi, tatuaggi, tatuaggi, tatuaggi, dappertutto, sulle braccia, sulle gambe, sulla schiena, sui sederi di belle ragazze; i corpi dipinti sono la stragrande maggioranza e lo show lungo i marciapiedi viene costantemente esaltato dalla presenza di fotografi intenti ad immortalare il più bizzarro.
Cammini in mezzo alle motociclette, ne sei circondato, sopraffatto a volte, fai su e giù dieci volte al giorno e alla decima tornata le moto parcheggiate lungo il marciapiede e in mezzo la strada come spartitraffico sono già cambiate tutte, in costante posteggio e parto, parto e posteggio, senza tregua ora dopo ora, giorno dopo giorno.
Main Sstreet è il cuore del raduno la meta di migliaia d'appassionati.
E allora evviva le esagerazioni, i caschi cornuti, giubbotti zeppi di stemmi, i corpi sapientemente tatuati, le enormi motocicliste che liberano strabordanti mammellone
Lungo il chilometro di questa passeggiata vengono regolarmente stipate fianco a fianco almeno duemila moto che raddoppiano con la fila al centro strada.
Un corridoio largo un paio di metri viene lasciato libero nei due sensi di marcia e serve per immettersi fra una moto e l'altra, per sgommare, sfilare, venire ed andarsene, assordare con sgassate a ottomila giri fra fiamme, fumo e odore di frizione.
Ogni mattina viene steso uno strato di bitume liquido, nero e appiccicoso per impedire che le sgommate di 50 metri si trasformino in catastrofi fisiche e finanziarie.
Nello spazio di qualche decina di metri, chi guida questa moto è al centro di un universo cromato, raccoglie applausi e fischi di approvazione, cattura l'obiettivo delle macchine fotografiche: da pubblico diventa attore e viceversa.
Così, tolti i veli della mediocrità, ecco tutti gli ingredienti per un trionfo da passerella, ecco le mille bandiere sventolare dai bauli delle Electra Glide, serpenti imbalsamati e non, corna di toro sui manubri, copricapi indiani e disegni di guerra sui volti barbuti, caschi da nazisti, da ussuari, da astronauti , e dire che in questo stato il casco non è obbligatorio.
È invece obbligatorio il divertimento nel senso più genuino della parola.
A completare lo scenario ecco le gare di Dragster, aHill Climbing, i concorsi per le vecchie Indian, concerti non stop, i faticosi rodei in sella a un colosso di trecento chili, il traino dei barili, la caccia alla patata nel pagliaio, il würstel appeso al filo, le feste per sole donne.
E ancora giri in elicottero per vedere dall'alto le colonne di formichine rombanti attraversare le pianure, intasare il piccolo centro abitato.
E di sera al bar, live music, qualche strip, una mezza dozzina di birre ghiacciate e ancora qualche passo fra le moto, qualche flash per immortalare un bel ricordo al quale non si vorrebbe lasciare.
Se non hai vissuto l'emozione è difficile descriverla.
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