Questa pagina la dedichiamo a tutti gli episodi occorsi durante la vita di Bordo del

*Vittorio Veneto*

Invito tutti coloro che sono stati imbarcati sulla nostra Gloriosa Nave di raccontare i vari episodi che provvederò a pubblicare. (presidente@anmisora.it)

Per ovvi motivi metterò dei nomi di fantasia salvo diversa indicazione.

 

I 24 Km più lunghi della mia vita.

Era il mese di Agosto del 1970 quando il nostro Vittorio Veneto fece tappa ad Algeri.

In cerca di avventure decidemmo, convinti da un collega, di andare a vedere la danza del ventre in una località distante circa 24 Km. Per il viaggio di andata non avevamo alcun problema in quanto c'era un autobus di linea che faceva regolare servizio che terminava, però, verso le 18.30. Il nostro collega, promotore, propose per il rientro l'autostop (ripensandoci ora era da veri incoscienti in quanto la famosa "Danza del Ventre" si svolgeva quasi in pieno deserto). A parere del nostro amico gli algerini erano tutte "brave persone" (sic) per cui ci avrebbero senz'altro riaccompagnati alla base.

Partimmo nel primo pomeriggio e facemmo una sosta in un villaggio turistico "Moretti" (se la memoria non m'inganna). Passato beatamente e allegramente il pomeriggio ci recammo, verso l'imbrunire, in quella tenda che avrebbe dovuto rappresentare il nostro "paradiso".

Ci godemmo lo spettacolo, anche se le donne che ci aspettavamo coperte di veli erano, in realtà, più vestite di noi.

A mezzanotte, terminato lo spettacolo, ci recammo sulla strada per tentare di "scroccare" un passaggio. Inutile dire che tutte quelle "brave persone" che passavano si allontanavano di corsa alla nostra vista. Dopo circa mezzora decidemmo di consigliarci con il custode della tenda il quale, tra un sorrisetto e l'altro, ci spiegò (a gesti) che eravamo dei temerari (leggi pazzi). Ci fece capire che gli artisti, suonatori e ballerine, avevano un pulmino che li avrebbe riportati ad Algeri e che avrebbe chiesto, per nostro conto, la cortesia di darci un passaggio.

Tornato fuori ci disse che la nostra richiesta era stata accettata e ci raccomandò, cosa che compresi solo dopo, di far entrare prima i nostri ospiti e poi noi. Eravamo alle stelle pregustando la conquista di qualche ballerina che, nonostante gli abiti pesanti, erano delle belle donne.

Arrivato il mezzo ci comportammo come da copione. Cedemmo il passo dopodiché entrammo noi. Appena sulla porta del piccolo bus notai che le donne erano sedute su fila singola sul lato destro del mezzo mentre, i maschietti (?) erano seduti in posti doppi ma scaglionati su di una sistemazione due e uno. Pensai, tra me e me, "almeno potevano lasciarci tre posti in fondo".

Non ci crederete ma di tutti i maschietti non ce ne era uno degno di questo nome. Appena seduti fummo letteralmente presi d'assalto con richieste di baci, abbracci e altro facilmente immaginabile. Ognuno di noi ne aveva addosso dai tre ai cinque. Premetto che non avevo né ho nulla contro i gay, anzi, sostengo i loro diritti ma le condizioni in cui ci trovammo nell'occasione erano davvero tragiche. Ci chiedevano le nostre generalità,  indirizzi per scriverci e venirci a trovare sia a bordo che in Italia in caso di loro visita. Devo essere onesto, fummo cattivelli in quanto, dopo tanta insistenza e assedio, demmo gli indirizzi e i nominativi di altri nostri colleghi. Chissà che faccia fecero i nostri colleghi, quando sono furono chiamati o ricevettero posta.

Come detto in apertura furono "I 24 Km più lunghi della mia vita."

 

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Quando fu progettato il Vittorio Veneto fu previsto il solito Quadrato Ufficiali, Sottufficiali ed Equipaggio. Dal periodo che va dalla progettazione alla realizzazione cambiò qualcosa. I Sergenti, invece di essere promossi dopo 6 anni vennero promossi dopo 3 anni.  Questo creò uno scompenso logistico per cui fu creato il Quadrato Sergenti in quanto quello Sottufficiali risultò essere inadeguato. All'uopo fu diviso il Quadrato marinai in modo da potervi inserire i Sergenti. Altro inconveniente fu quello che i Sergenti dovevano usufruire anche della mensa equipaggio. Sinceramente a noi Sergenti conveniva di più perché, tra le altre cose, non facevamo la fila per il rancio.

Ho voluto specificare questo perché detta situazione fu oggetto di un quasi ammutinamento.

Naturalmente l'equipaggio si lamentava di questa situazione perché, mentre loro dovevano fare la fila noi, tranquillamente passavamo per primi. Questo malcontento giunse, probabilmente, alle orecchie del nostro Comandante Marulli il quale, pensò bene (?) di emanare una disposizione in cui diceva che anche noi Sgt, dovevamo rispettare la fila. La cosa, naturalmente, non andava bene a noi. Eravamo, se non erro, a Puerto Rico. Decidemmo unanimi di non rispettare quell'ordine in quanto diminutivo per il nostro grado. Ci presentammo regolarmente alla mensa, non rispettammo la fila e una volta riempito il vassoio lo scaricavamo nel secchio dei rifiuti senza toccare cibo. Per i non addetti se ci rifiutavamo di prendere il pasto eravamo passibili di processo e il nostro "caro" Comandante non era certo persona da farcela passare liscia.

Vicino al bidone dei rifiuti c'era il nostro Capo Aiutante il quale ci guardava con una certa solidarietà me era obbligato e lo faceva, di prendere i nostri nominativi.

Portata la lista al Comandante questi ordinò, per il pomeriggio alle 16 circa un'assemblea dei Sgt. in tenuta Ordinaria invernale sotto nell'hangar. Per chi conosceva il Veneto sapeva che questi si provava sotto il ponte di volo e con la temperatura esterna di circa 40° vi lascio immaginare lo stato delle lamiere.

Arrivati e inquadrati ci venne dato l'attenti e il nostro "caro" Comandante ci fece una lavata di testa dicendoci, tra l'altro, che noi dovevamo "aiutarlo a tirare il carro". Non ci fu permesso di replicare altrimenti gli avremmo chiesto come poteva pretendere un aiuto da parte nostra se ci considerava alla stregua di un comune appena entrato in Marina.

Dopo un'ora di ramanzina, sempre sull'attenti, con il sudore che aveva fatto un lago per terra, revocò il suo ordine.

Questo è quello che ricordo con la speranza che il tempo non abbia alterato la memoria del fatto.