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G. Cavalli in una immagine
scattata da F. Ferroni.
In alto a destra S. Pellegrini. (1951/'52) |
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Fotografia di G. Cavalli
1949 |
Questo documento si può
considerare come una continuazione di quell'opera
iniziata con la pubblicazione del volume "Otto fotografi italiani
d'oggi" ma anche in maniera più generale, come impegno costante di
alcuni di questi artisti al servizio di un certo tipo di fotografia. In occasione, infatti,
del II° Concorso fotografico di Rimini del 1942 i nomi di Cavalli, Finazzi, Leiss e Vender
compaiono assieme ad Eugenio Bianchi, presidente dell' Azienda autonoma di
Soggiorno e a Guido Toni, probabilmente un rappresentante di regime, come
componenti della giuria. Fra i partecipanti
emergono come più innovativi Alex Franchini-Stappo, Eugenio Petraroli,
con la fotografia "Gli indispensabili", Francesco Giovannini, Riccardo Moncalvo
con "Riflessi di Firenze" e Vincenzo Balocchi, il quale già rivela
una particolare attenzione verso la ricerca formale che caratterizzerà un pò tutta la Bussola negli anni a seguire. |
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Torniamo
ora alla formazione del Gruppo. Il primo ad essere invitato a farne parte fu
Ferruccio Leiss, mentre Luigi Veronesi, che rappresent ava il vertice di quella che può essere
definita la sperimentazione fotografica italiana, rivolta verso
l’astrattismo, fu contattato solo nel ’47 alla vigilia dell’uscita del
manifesto. Fu invitato
a far parte della Bussola anche Alfredo Ornano il quale accettò
con entusiasmo a partecipare a questo nuovo impegno, preferendo però non
sottoscrivere il manifesto programmatico, ma fornendo una collaborazione
esterna in quanto inserito nell’azienda Ferrania. In
seguito aderirono altri come ad esempio nel 1948 Vincenzo Balocchi che
si era già rivelato un sorprendente animatore della fotografia degli anni
quaranta, nel 1951 Fosco Maraini, abile fotografo
di viaggi esotici e di antropologia culturale, e Mario Bonzuan
nel 1955, ed altre furono le candidature, molte delle quali rimasero
disattese in quanto entrare a far parte de La Bussola non era
cosa facile. Un anno dopo dalla adesione di Bonzuan,
vennero proposti ed accolti Mario Giacomelli, Piergiorgio
Branzi, Alfredo Camisa e
Giuseppe Möder i quali possedevano una buona
formazione ottenuta all’interno del Misa e, sempre “nel ’56, venne
organizzato il primo convegno del Gruppo al quale partecipò anche Gianni Berengo-Gardin”come invitato. Risale sempre a questa data il coinvolgimento del pittore
Virgilio Guidi (Roma,1892 – Venezia 1984) in occasione della presentazione
dell’esposizione organizzata a Roma il 15 – 25 maggio 1956 presso
l’Associazione Fotografica Romana, dove scriverà: “Voglio dire: che se
l’artifizio può essere dominato dall’arte, nella pittura, s’ammetta che
l’arte domini la macchina fotografica (…) tanto che può tutto oggi la
fotografia”. Sono sicuramente parole importanti che vanno a consolidare quel
primo discorso sull’artisticità della fotografia
intrapreso da Cavalli e amici nove anni prima ma che di li a poco sembra entrare in crisi. Ma Guidi nel 1953 si era già occupato di fotografia
scrivendo in un catalogo: «Io non ho esperienza della fotografia, che per essere ha
bisogno di scienza. Vedo la fotografia dal punto di vista dell'arte». |
Emanuele Cavalli, natura morta 1952 |
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Federico Vender e
Ferruccio Ferroni a Senigallia sulla Rotonda a Mare
(1952) |
Risale al 1951 la lettera
scritta a Senigallia da Cavalli e indirizzata a Fosco Maraini,
la quale ufficializza il suo ingresso e coglie l’occasione di
illustrare le presenze di “ottimi francesi, tedeschi, italiani, cinesi” che
hanno partecipato alla mostra al Piccolo Teatro e ricorda, inoltre, il
successo alla “Galleria d’arte del Cavallino di Venezia” e la mostra
organizzata da Fotoform a Saarbrüken.
Il coinvolgimento della
città di Senigallia nel dibattito foto-artistico fu del tutto casuale
in quanto è strettamente legato all’incontro fortuito di Cavalli con la città, che scoprì
durante uno dei suoi soliti viaggi annuali. Egli, infatti, con la sua
famiglia ogni anno si recava con la propria automobile, una potente Lancia, a
villeggiare sulle montagne dolomitiche percorrendo la SS. Adriatica. In uno
di questi suoi viaggi, si fermò per una sosta a Senigallia. “«Era l’estate del
1938 quando Cavalli e la famiglia pranzarono al ristorante Lido» - situato su
di una striscia di terreno fra la statale e il lungomare. Finito di mangiare,
invece di ripartire immediatamente, s’intrattenne forse più del dovuto sulla
spiaggia, così che furono costretti a pernottare prima di riprendere il loro
viaggio. La mattina seguente
non ripartirono subito, ma decisero di visitare la città ed evidentemente,
anche questa colpì il loro interesse a tal punto che, quell’estate
la famiglia Cavalli trascorse le ferie non in montagna, ma al mare. E’ quindi
da quest’incontro che si stabilì un legame forte
fra il fotografo e la città; così forte da divenire in un certo senso la
città adottiva di Cavalli. Infatti, dopo brevissimo tempo, con la sua
famiglia si trasferì da Lucera a Senigallia, dove
rimase fino alla sua morte (ottobre 1961). Nell’estate del 1948
Ferruccio Ferroni, dopo essere stato dimesso dal
sanatorio di Forlì, trascorre, sotto consiglio medico, un periodo di
convalescenza presso Belforte d’Isauro, un piccolo
centro al confine tra Marche e Toscana. Una volta la settimana però, egli
torna a Senigallia per acquistare del materiale fotografico in un magazzino
di proprietà del commendatore Tarini, per
continuare l’attività di sviluppo e stampa delle sue fotografie iniziata in
sanatorio. In seguito, il commendatore Tarini
entrato in maggior confidenza con l’allora Tenente Ferroni,
gli chiese se gli andava di mostrargli le sue foto, dal momento che anch’egli
si dilettava in fotografia ed un giorno, quando Ferroni decise di fargliele vedere, questi con fare
sorpreso gli rivelò che il suo modo di fotografare probabilmente sarebbe
potuto piacere al sig. Cavalli. Ora, se Cavalli fu colpito più dalle esperienze
personali vissute da Ferroni, o dalle sue prime
fotografie, questo non c’è dato saperlo, fatto sta che fra i due s’avviò,
oltre ad una grande amicizia e stima, anche un vero e proprio rapporto fra
maestro e allievo. Ferroni fu, infatti, il primo
allievo senigalliese a seguire le idee estetiche di
Cavalli e l’avvicinamento di questo giovane fotografo ad uno ben più
conosciuto, quale era già Cavalli, sicuramente aiutò i tanti altri giovani senigalliesi appassionati di fotografia. Questi non
rivolgendosi direttamente al maestro, forse perché suggestionati e timorosi
del suo giudizio, preferivano aprirsi con il coetaneo Ferroni,
il quale visionava le loro opere e ne parlava poi a Cavalli. In questo modo
fu presentato, intorno al 1950, il dottor Adriano Malfagia,
in seguito Silvio Pellegrini, poi nel 1953 Bice de Nobili, Mario Giacomelli e Lisa Ricasoli. A
questo punto il cenacolo cominciava ad allargarsi in quanto fin già dal ’52,
a Senigallia convergevano da Firenze Balocchi con i “suoi allievi” Bocci, Camisa, e Piergiorgio Branzi. |
M. Giacomelli osserva
Ferruccio Ferroni che fotografa un giovane
zingaro in una immagine scattata da Silvio Pellegrini
(1954). |
Evidentemente questa nuova situazione, creata
appunto dagli incontri fra i vecchi associati a “La Bussola” e i nuovi
giovani appassionati fotografi, suggerisce a Cavalli l’idea di creare proprio
in quella città un nuovo gruppo fotografico, il quale sarà, d’accordo con
tutti gli affiliati de “La Bussola”, registrato alla F.I.A.F.
(Federazione Italiana Associazioni Fotografiche) nel 1954 con il nome di
“Associazione Fotografica Misa”. Questa nuova associazione, che prende il nome dal fiume che attraversa la città, fu creata per il duplice compito di aggiornare le idee e le linee programmatiche seguite fino allora nel campo fotografico ed istruire alcune giovani leve per poi inserirle a pieno diritto nel ben più conosciuto gruppo “La Bussola” il quale nel 1953, in occasione della collettiva tenutasi a Milano, appare secondo Monti, aver «perduto di peso nel complesso della vita fotografica». Questo giustificherebbe appunto la creazione di una nuova associazione dalla quale sia possibile seguire e scegliere i migliori talenti in essa iscritti, per poi promuoverli all’interno de “La Bussola”. |
Ferruccio Ferroni
fotografato sulla scalinata del fiume Misa da Silvio Pellegrini (1954) |
La registrazione rivela un cambiamento d’idea dell’ispiratore del gruppo che si convinse, in seguito ad incontri informali con altri fotografi ed in particolare con P. Monti, dell’importanza d’operare all’interno dell’istituzione così da poter mutare sensibilmente la concezione estetica della fotografia. La F.I.A.F., infatti, era considerata da Cavalli e da Monti una roccaforte di vecchie glorie e di conseguenza di concezioni estetiche superate. |
L’attività del Misa,
composto da numerosi amanti della fotografia, era diretta da G. Cavalli, il
quale ricopriva la carica di presidente; l’incarico di vice presidente era
svolto da Adriano Malfagia; Mario Giacomelli cassiere e a seguire gli altri membri,
Piergiorgio Branzi, Vincenzo Balocchi, Paolo Bocci,
Ferruccio Ferroni, Riccardo Gambelli,
Silvio Pellegrini, Giovanni Salani, ed altri. Tutte le cariche direttive, compresa quella di
direttore artistico, erano rinominate con elezioni annue dei soci e
l’associazione si dichiarava aperta a tutti coloro che svolgessero l’attività
fotografica dilettantistica. L’attività del
“Misa” si rivela da subito molto animata e questo porta il gruppo ad uscire
da quella condizione di provincialismo al quale sembra inizialmente relegato
ed infatti, la prima grande mostra viene allestita a Roma, in Via del
Gallinaccio, 8, presso la sede dell’Associazione Fotografica Romana ad appena
quattro mesi dalla costituzione del gruppo. E’ il 4 maggio 1954 e sulla
presentazione-invito si legge: «L’abbiam costituita
ch’è poco. Essa raggruppa attorno sei o sette dilettanti “anziani” e molti
giovani che tengon vivo il proprio entusiasmo
curando amorosamente tecnica e gusto. I soci, giovani e anziani, sono d’ogni
parte d’Italia; prevalgono nel numero come è naturale, i marchigiani». Fra i partecipanti a
questa prima esposizione figurano Balocchi (Firenze), Paolo Bocci (Firenze),
Piergiorgio Branzi (Firenze), Bruno Bulzacchi (Vicenza), G. Cavalli (Lucera),
Mario Giacomelli ricorda così quei periodi: «Un gruppo libero
dalle polemiche in atto tra formalismo e neorealismo in cui ognuno parlava il
proprio linguaggio, con umiltà di fronte al soggetto, liberi da ideologie
politiche, pensando alla amicizia, al dialogo, al rispetto di ognuno di
fronte alla realtà». E’ l’amicizia,
infatti, a giocare un ruolo importante per questo nuovo gruppo fotografico,
definito da alcuni anche come “Scuola Misa”, ma che in realtà nulla aveva a
che vedere con quel concetto se non indirettamente. Numerosi furono gli incontri tra gli associati che spesso erano organizzati a Senigallia, nonostante provenissero da varie regioni e a Senigallia il punto di ritrovo era spesso la casa di Ferruccio Ferroni in quanto questa, situata in Via Trieste e quindi leggermente fuori del centro storico, si prestava maggiormente rispetto al centralissimo appartamento in Via Cattabeni di Cavalli. |
Ferruccio Ferroni con la sua Hasselblad,
dietro il profilo di Mario Giacomelli
(1954) |
«All’ora si usava
tenere la chiave sulla porta» – riflette Ferroni –
«arrivava Cavalli, che già sapeva dove era la bottiglia di cognac, arrivava
Monti, Fulvio Roiter, Giovannini
Francesco con Parmiani da Bologna e tanti altri.
Era un vero e proprio ritrovo; veniva Branzi da
Firenze in compagnia di Paolo Bocci in Lambretta». Sono questi gli incontri che
contribuiranno alla formazione di spiriti artistici, allenati a cogliere
quanto c’è d’artistico nella realtà. Naturalmente molto influì la personalità
di Cavalli, anche in questa occasione attento consigliere, ma questa nuova
associazione al contrario de “La Bussola” non possiede un vero e proprio
manifesto, se non la volontà di proseguire nella strada (quella artistica)
precedentemente intrapresa con “La Bussola”. Da questo punto di vista “Il
Misa” appare un gruppo più libero, anche se non si può certo nascondere
alcuni attriti tra i membri. E’ ancora Mario Giacomelli che, in un certo senso, svela la personalità
forte di Cavalli, ricordando le numerose domeniche trascorse nella casa dello
stesso Cavalli discorrendo d’arte e di filosofia, di musica ed anche di
fotografia. «Si discuteva delle fotografie
di Vender, Balocchi, Finazzi, e Cavalli faceva
un’analisi artistica di quelle immagini e diceva perché, secondo lui erano
valide e che cosa c’era che non andava e le ragioni di questo e di quello.
Erano però immagini che uscivano fuori da quello che io cercavo e volevo.[…]
Se Cavalli è stato importante per me, non lo è stato in quanto insegnante di
fotografia, ma in quanto amico, come un genitore, un fratello più grande ». In effetti il
“maestro” più vicino a Giacomelli è da individuare
nella figura di Ferruccio Ferroni, il quale su
precisa richiesta di Cavalli si occupò
delle prime erudizioni fotografiche, andando a scattare
immagini insieme a Silvio Pellegrini e
lo stesso Mario. «Silvio stava dietro me e mi fotografava mentre io (rif. Ferroni; N.d.A.) scattavo le mie riprese, Giacomelli ancora dietro guardava come fotografavo». Ancora una volta quest’associazione appare più come un ritrovo d’amici che possiedono una passione in comune che come una “Scuola”, sebbene è naturale che al suo interno si discutesse animatamente di resa fotografica, traduzione in sentimento dell’oggetto e, inevitabilmente, di tagli fotografici, ma queste digressioni erano rimandate a poi, in quanto l’autonomia individuale nel momento dello scatto e dello sviluppo era salvaguardata così come l’individualità creativa d’ogni associato, che più volte ebbe l’opportunità di farsi apprezzare nel corso di esposizioni e concorsi. |
Copertina catalogo edito da Arti grafiche Fantoni,1955 |
Non possiamo certo pensare ad un gruppo in
cui non ci sia stata mai la benché minima tensione tra i membri, ed anzi a
questo proposito è ancora Giacomelli che
puntualizza sulle eventuali osservazioni del fondatore: «Cavalli vedeva solo
da una parte e allora litigavamo sempre» Resta il fatto che fra battibecchi, incontri,
consigli accettati e respinti l'attività del Gruppo Misa prosegue molto bene,
tanto da aggiudicarsi il primo premio «per l'evidente superiorità qualitativa
delle opere» alla II^ Mostra nazionale di
Fotografia del 19 marzo 1955 e allo stesso tempo, Mario Giacomelli
ottiene il suo primo grande riconoscimento con quattro premi assegnati alle
altrettante fotografie presentate (Apprendista, Fiamme sul campo, Prima
amarezza, Sono cristiani anche loro). |
Mario Giacomelli,Fiamme sul
campo, 1955 |
La giuria[i] era
composta da Fulvio Roiter, Giovanni Comisso, Gino Oliva, Paolo Monti ed altri, ma fu proprio
il giudice e fotografo Monti, che in occasione della presentazione di un
catalogo per la mostra “Breve Omaggio a Mario Giacomelli”,
datata ottobre 1966 scrisse: «Ad un tratto fra le migliaia di copie che ci
franavano addosso, apparvero le fotografie di Giacomelli.
“Apparizione” è la parola più propria alla nostra gioia e emozione, perché di
colpo la presenza di quelle immagini ci convinse che un nuovo fotografo era nato».
La
Bussola entra in crisi verso il 1957, lo stesso anno in cui la rivista Ferrania si rifiuta di pubblicare le fotografie
selezionate per la mostra annuale del gruppo, ma in un articolo apparso su Ferrania nel marzo 1956 e firmato da Cavalli, egli appare
uomo preoccupato per gli ultimi sviluppi intrapresi dalla nuova fotografia,
sempre più indirizzata verso temi realistici e sociali ed amareggiato a causa
d’incomprensioni fra lui e alcuni giovani che «[…] avendo ottenuto qualche
successo iniziale si sono montati la testa al punto da ritenere fieramente
per nemici tutti quelli che non la pensano come loro, […], anche se sono
addirittura quelli stessi che gli hanno insegnato a tenere la macchina in
mano». Fu Cavalli inoltre che si raccomandò con gli amici de “La Bussola”
d’essere cauti nell’elogiare i lavori di Mario Giacomelli
in sua presenza proprio per evitare un accesso di entusiasmo.
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L'associazione Misa
- I fotografi del
Misa - Mario Giacomelli |