Il Museo Etnografico Val Trebbia appartiene a quella nuova genera­zione di esposizioni aperte al pubblico che hanno permesso e pro­mosso una nuova attenzione diffusa per l’istituzione museo.

Da anni in crisi d’identità e di fruizione pubblica, i musei in generale, trovano, verso la fine dello scorso millennio, nuova linfa propositiva nei confronti dell’opinione pubblica e da questa una nuova sensibi­lità e curiosità culturale.

Motivo del risveglio d’interesse nei confronti dell’Ente museale è sicu­ramente la riproposizione di una nuova rappresentanza ideale per la collettività, per il territorio e per la sua economia di risorse naturali, artistiche, d’intrapresa e di cultura diffusa.

Altresì è la variegata ed opportuna offerta di nuovi, interessanti e popolari testimonianze musealizzate, rese accessibili ai più, sia logi­sticamente che economicamente.

Dal concetto proprio del diciannovesimo secolo, del bello estetico, si è approdati a due diversi aspetti contemporanei.

Tra le nuove proposte, innovative e generalmente bene accolte, ci sono quelle squisitamente di settore specifico ( ess. orologi, cerami­che, macchine di trasporto, ecc.), ed altre definibili di rappresentanza trasversale quale i mestieri, i materiali, le filosofie, le generazioni con i propri usi e costumi.

In questo contesto notevole sviluppo ha ottenuto il settore Etnografico locale, acquistando un’importante ragione d’essere.

Il Museo Etnografico locale testimonia la vita quotidiana di intere generazioni nell’eccezionalità delle proprie caratteristiche latitudi­nali e longitudinali, anche se nella omogeneità di alcuni bisogni e nella necessità di doverli soddisfare; con filosofie di vita dettate dalle caratteristiche ambientali ed economiche o dai credo largamente dif­fusi, quest’ultimi in grado di condizionare ed omologare anche intere grandi aree geografiche.

Nello specifico contesto della VaI Trebbia il mondo tradizionale, sopravvissuto per molti aspetti fino all’immediato secondo dopo­guerra, legato al perdurare di una preponderante economia conta­dina, ha subito successivamente una rapida trasformazione e molti aspetti della cultura autoctona sono via via definitivamente scom­parsi, mentre altri sono giunti fino a noi, seppure modificati ed aggior­nati nelle nuove situazioni.

A questa realtà del mondo si collega, a iniziare dagli anni Cinquanta, una produzione di oggetti di fattura agricola che — senza soluzione di continuità con la produzione del passato in cui l’oggetto, ora bene etnografico, era integrato nella vita dell’individuo e nella cul­tura comunitaria — vengono realizzati a partire dalle stesse tecniche e dagli stessi modelli tradizionali.

La stessa dinamica di continuità nella rifunzionalizzazione si può rilevare in alcuni aspetti della feste tradizionali, soprattutto in quelle relative al ciclo dell’anno, in alcune relative al ciclo della vita, e in altre di carattere religioso.

Di certo tutto ciò costituisce una realtà interessante per l’osservazione diacronica, che permette allo studioso di rilevare le trasformazioni della cultura locale ed, eventualmente, attraverso una metodologia filologicamente corretta, volgersi alla ricerca del “capostipite”, della fonte originaria.

La VaI Trebbia vanta ed intreccia tra loro la forte Natura solo parzial­mente modificata, ma ben inserita, dall’uso agricolo di alcuni terreni e una tradizione culturale pari a poche altre nel mondo. L’Abbazia di S. Colombano è stata al centro, tra l’altro, della nascita e della diffu­sione dell’agricoltura in Europa.

Ecco le ragioni di un Museo Etnografico VaI Trebbia le cui collezioni sono caratterizzate anche dalla presenza di oggetti che racchiudono varie caratteristiche, in particolare quello dell’utilità e della artisti­cità. Pialle del seicento riccamente intarsiate, cavatappi dell’ottocento arricchiti con altorilievi, macchine agricole (ess. La Ventola) che pos­sono essere tranquillamente assimilate alle sculture d’arte moderna. Le collezioni sono esposte in un edificio storico, tipico della campa­gna bobbiense, la cui costruzione si può far risalire verosimilmente ai primi secoli del mille. Costruzione principalmente di pietre squadrate unite tra loro, nella parte più antica, solo da “terriccio rosso” man­cando completamente altri tipi di materiale legante quale la calce.

La porzione più antica è sormontata da una torre, mentre l’intera costruzione ha il tetto ricoperto di “ciap”, tipiche pietre piatte sovrap­poste.

Questa casa-torre, che vista la destinazione d’uso attuale può essere classificata tra le case-museo, fino agli anni cinquanta è stata abitata dai mezzadri dell’azienda agricola Magistrati.

Le sale espositive, disposte su tre piani, hanno una superficie di circa 400 metri ed ospitano più di 500 oggetti, testimonianza di un periodo storico che va dalla metà dell’ottocento alla metà del novecento.

Gli ambienti rappresentati sono quelli tipici di un casolare di campa­gna. Cucina, camera da letto, officina-rimessa dove si aggiustavano un po’ di tutto (attrezzi, suppellettili, ecc.), faiegnameria, cantina, granaio, stalle con le macchine per la lavorazione dei campi.

Il settore della tecnica agricola risulta sicuramente interessante per la completezza degli attrezzi presente, che caratterizzava la lavorazione del terreno tipico di valle.

Tra le macchine di costruzione nel periodo pre-industriale, prevalen­temente costituite di legno si trovano: il carro già all’epoca omolo­gato, il carro con il differenziatore alle ruote posteriori, il barroccio e la slitta, uno per andare in paese e l’altra per il trasporto del lavorato agricolo durante l’inverno, l’imballatrice, trebbiatrice a mano, verga per battere il grano e le macchine per pulire le granaglie, in partico­lare il frumento, quali il ventilatore, lo svecciatoio e il vaglio.

Anche il Museo Etnografico Vai Trebbia intende svolgere le attività specificatamente museali quali la raccolta di ulteriore materiale, la conservazione delle collezioni contestuandole nel proprio ambiente, lo studio e l’interpretazione del materiale raccolto curandone anche la diffusione.

Particolare attenzione il Museo la presta alla collaborazione con altre Istituzioni culturali e collettività sociali presenti sul territorio, cre­dendo altresì nella collaborazione tra pubblico e privato per creare un “sistema culturale” ed in particolare un “sistema museale” locale convinti che questo consentirebbe di ottenere maggiori risultati nella promozione culturale e turistica.

Un Museo Etnografico non statico ma, nella nuova concezione di centro creativo, proponendo oltre alla testimonianza della storica identità locale anche una serie di eventi culturali quali mostre artisti­che e corsi residenziali sui Beni e sulle Attività culturali.

Il Museo Etnografico VaI Trebbia è gestito da una associazione cultu­rale non profit di nome FOCOPI, che con una specifica delegazione locale provvede alla gestione amministrativa ed organizzativa.