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  I PALAZZI E LE "CURTI"  

 

Non solo le testimonianze pittoriche  poche ma molto indicative, ma anche le espressioni architettoniche dell’edilizia civile, offrono a Muro Leccese una veste e un contenuto gentilissimi.

La più interessante impostazione urbanistica di Muro è cinquecentesca. L’arte non è più presente solo nelle chiese ma è divenuta un fatto di costume. E raro trovare nei centri periferici del Salento esempi di una edilizia raffinata e ornata, nell’equilibrio tra spazio e linea, nelle proporzioni dell’assieme, nella logica delle facciate, nella curva degli infiniti portali, nella simmetria degli atri e dei giar­dini che sì aprono all’interno dei palazzi recintati, quali si ammirano a Muro, ad ogni passo, in ogni strada del centro storico, sulle piazzette e nei larghi, ad ogni svolta, con le caratteristiche denominazioni antiche, che il popolo predilige, perché fanno capo a famiglie del patriziato e della nascente borghesia dei secc. XVI e XVII, cui per tanti motivi, come per trasmissione ereditaria, era legato.

Il trapasso dalla struttura «ellenistica» della città e della casa all’impianto rinascimentale è evidente in Muro Leccese. Basta soffermarsi nei rioni Crocepinta, Portapannocchia, Brongo, Fosso, Onofrio, pur con le contaminazioni subite, per rendersene conto. Certi scorci e cunicoli, che uniscono la via cen­trale (via Salentina), che spacca in due il tessuto urbano, con le intricate vie in­terne, dimostrano quasi anagraficamente questo passaggio che configurò in maniera chiara la fisionomia urbana murese nel Cinquecento. Le strutture del­le case, gli atri, le scale esterne, gli ampi edifici, come quello dei Fiore, dei Pascale, dei Caputo (demolito nel 1975), dei Pagano, dei Papadia-Maggiulli, degli Spano, dei Negri, accostati a costruzioni popolari che costituivano le «corti»

In Muro, la «forma mentale» della curtis medioevale è penetrata fin dentro le mura cittadine, lì fenomeno dell’inurbamento, dalla fine del Quattrocento in poi, cominciava a dare un volto nuovo alle strutture socio-economiche, che s’innervavano stillo spaccato urbano, mentre le antiche masserie divenivano gradualmente centro di attività diurne. L’autonomia economico-sociale dei complessi edilizi, compatti e uniti nel tratto casa signorile-«corte». è un fatto di capitale importanza ai fini della spiegazione di molti avvenimenti storici. In quei complessi c’era tutto: dal frantoio per le ulive al mulino, al forno, alla cantina per il vino, alle stalle per i cavalli, alla cisterna o al pozzo per l’acqua, alla pila monolitica, in pietra locale, per lavare i panni (caratteristico era il lavatoio scanalato e ricavato nello stesso spazio interno della pila): ma c’era principalmente il legame politico-clientelare, che faceva delle «corti» i punti d’urto delle fazioni e delle lotte cittadine.

Il Cinquecento prorompe in Muro — è bene ribadirlo — con una esemplarità rara nell’intero Salento. A voler soffermarsi con attenzione per alcune vie del centro storico. densissimo di contenuto, ci si imbatte in costruzioni ad ampio respiro. Sulla via Brongo (oggi via Isonzo) si affacciano i palazzi dei Bevilacqua. dei Ferramosca-De Pascalis, degli Aprile-Traversa; sulla via Collina (oggi via Vittorio Veneto) si ammira il palazzo Marotta e lo stupendo vico Coldilana: sulla via dell’Orso (o Ursa) sbuca il vico degli Spano; sull’antica via Pozzodonde (o Puzzolonte: oggi, via Garibaldi) s’apre il palazzo Dragonetti; al largo Onofrio, di fronte alla torre dell’orologio, costruita negli anni dell’Unità 1865). si nota il palazzo dei Milanese, con la bellissima balaustra, ormai schiacciata da alti-e costruzioni; nel rione Crocepinta (sulla piazzetta oggi detta Savoia) c’è il palazzo dei Negro o Negri, che fu sede della civica amministrazione fino a quando il municipio non è passato in un edificio nuovo, ricavato dalla zona della «corte dell’ospedale» (oggi chiamata via Podgora), dove fer­veva la vita del popolo murese.

Fino a tutto il sec. XVIII la storia di Muro si è sviluppata entro questi limi­ti: che stringono la via Salentina, Crocepinta, largo Onofrio, Pozzodonde, Brongo. l’Ursa. piazza del Popolo, il palazzo del principe e i suoi ridossi. E un contesto dovizioso e leggero, di portali, pilastri, colonne, fregi, stemmi, archi, angiporti. che si richiamano, in definitiva, ad un tessuto didascalico di remini­scenza bizantina, d’una sobria ed equilibrata proporzione che è bellezza toucourt, e che indica il rapporto tra società e arte come espressione di vita e come fatto storico in senso stretto.

 

 

 

 

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Aggiornato il 10/02/2003