TERZA PROVA 

ESAME DI STATO

QUESITI A RISPOSTA APERTA :

 

 

 

L'Italia nell'età giolittiana

 

1. Quando avvenne il "decollo" dell'industria italiana?

POSSIBILE RISPOSTA:   

In Italia il superamento della "grande depressione" coincide con l'avvio del processo di industrializzazione, che "decolla" nel 1896 e continua con ritmo sostenuto fino alla crisi  economica del 1907-1908; dopo questa data continua a crescere alcune industrie importanti e si accentua il processo di concentrazione.

Con il 1880 si era conclusa la fase di apprestamento delle strutture essenziali e del mercato nazionale.

Il ritardo delle cedole va addebitato:

a) A fattori esterni: difficoltà per i nuovi paesi che intraprendono lo sviluppo industriale a causa del protezionismo dilagante dopo il 1870;

b) A motivi interni : scarso sviluppo capitalistico dell'agricoltura e crisi agraria; sviluppo abnorme del settore finanziario speculativo; scarsa organicità dell'azione economica dello Stato.

Le condizioni che permettono il decollo sono:

a) una fase di forte sviluppo e ripresa del capitalismo internazionale a partire dal 1896;

b) la fine della crisi agrari8a: lo slancio industriale si collega a una notevole ripresa della produzione agricola (settore chimico e alimentare);

c) la politica doganale protezionistica, da cui traggono vantaggi le industrie cotoniere e siderurgiche;

d) il riordinamento bancario: nel 1893 Giolitti istituì la Banca di Italia fra il 1894 e il 1895 sorgono la Banca Commerciale Italiana e il Credito Italiano, due banche "miste" credito commerciale e investimenti industriali.

 

2. Quali sono i caratteri dell' industrializzazione italiana?

POSSIBILE RISPOSTA:   L'industria si sviluppò quasi esclusivamente nelle regioni nordoccidentali, nel cosiddetto "triangolo industriale" (Genova, Torino, Milano).Il suo modello di crescita fu quello proprio della fase monopolistica, dominata del capitale finanziario con l'appoggio dello Stato. I settori più dinamici furono la siderurgia, la meccanica e l'industria elettrica. Il settore siderurgico (industrie a Terni, Savona, Piombino e Bagnoli) assunse presto l' aspetto di un potentissimo trust, assai influente sui circoli governativi. Nel settore meccanico ebbe notevole slancio l'industria automobilistica (Lancia, alfa Romeo e sopratutto Fiat) e l'industri di macchine per scrivere fondata da Camillo Olivetti. Grandi speranze suscitò la nuova industria elettrica (Società Edison) grazie alla ricchezza delle risorse idriche del paese (ma questo poteva valere solo per il Nord). L'industri chimica ebbe grande sviluppo nella produzione di fertilizzanti, di materiale elettrico e di prodotti di gomma (Pirelli). Nel settore tessile, vi fu un buono sviluppo dell'industria cotoniera, ma relativa stasi nell'industria laniera e della seta. Tra il 1896 e il 1907 lo sviluppo riguarda la produzione di beni strumentali più che di bene di consumo;si sviluppano sopratutto le imprese caratterizzate da un'altra composizione organica del capitale, che impiegano relativamente poca manodopera con un alto livello tecnologico. Anche per questa ragione, oltre che per lo sviluppo territorialmente illimitato, l'incremento della forza lavoro industriale non fu particolarmente notevole. Il rapido sviluppo di alcuni settori della tecnologia molto progredita si scontro con una scarsità di manodopera qualificata e un eccesso di lavoratori non qualificati, che presero in gran parte la via dell'emigrazione.

 

3. Quali sono le cause dello squilibrio territoriale dell'industrializzazione italiana?

POSSIBILE RISPOSTA:   

Le cause dello squilibrio territoriale si possono così sintetizzare:

1)il dislivello economico-sociale tra Nord e Sud antecedente l'unità;

2)la scelta conservatrice (soprattutto nei confronti delle strutture del Sud) al momento dell'unità;

3)la crisi agraria degli anni ottanta e la tariffa sul grano del 1887, che consolidarono il latifondo meridionale;

4)l'azione dello Stato e delle classi dominanti che si aggiunse alle già favorevoli condizioni del Nord, sia storiche (rotture più completa con il sistema feudale) sia geografiche.  

 

4. In cosa consiste la "svolta liberale" di inizio secolo?

POSSIBILE RISPOSTA:   Quando Vittorio Emanuele III nel 1901 affida il governo al liberale di sinistra Zanardelli, che chiama al ministero degli interni Giolitti, la crisi di fine secolo può dirsi conclusa con la sconfitta delle forze reazionarie e può dirsi avviata quella che sarà chiamata "l'età giolittiana".Giolitti indica le grandi linee di tutta la sua politica nel febbraio del 1901: lo Stato deve aprirsi alle nuove realtà sociali, cercando di integrarle nelle proprie strutture e non intervenendo nelle lotte fra capitale e lavoro: "Il governo quando interviene per tenere bassi i salari commette un'ingiustizia, un errore economico e un errore politico". 

 

5. In che cosa consiste il "sistema giolittiano"?

POSSIBILE RISPOSTA:   Il sistema di governo di Giolitti è stato interpretato come riproposizione in termini nuovi del trasformismo del Depretis, teso ad instaurare un rapporto di equilibrio fra mondo padronale e classe operaia fra Stato e partiti o movimenti di massa. Sindacati e partiti del movimento operaio furono chiamati alla collaborazione sulla base di un programma minimo di riforme sociali. il progetto di Giolitti legato alle spinte e agli interessi della borghesia imprenditoriale più moderna; non si applicò al Mezzogiorno, dove continuarono quando non vennero esasperate le formule di malcostume politico (violenze e brogli elettorali); gli organi dello Stato in queste regioni continuarono ad essere al servizio degli agrari per la repressione dei moti contadini.

 

6. Come si configura la «questione meridionale» nell'ètà giolittiana?

POSSIBILE RISPOSTA:   In questo periodo la questione del Mezzogiorno fu affrontata per la prima volta dal governo con una legislazione speciale.Alcuni meridionalisti, come l’economista e uomo politico lucano Francesco Saverio Nitti, ritenevano che il governo dovesse incoraggiare l’estensione dell’industria al Sud mediante agevolazioni fiscali, crediti e una politica di lavori pubblici. Altri, come Giustino Fortunato, Antonio De Viti De Marco o il socialista Gaetano Salvemini, ritenevano che l’industria in Italia fosse una creazione artificiale e parassitaria, che per sussistere doveva necessariamente tenere il Sud in una condizione di inferiorità, come un mercato semicoloniale. Salvemini, inoltre, rimproverava al partito socialista la difesa corporativa degli interessi della classe operaia settentrionale e l’indifferenza per i problemi del Sud. Le leggi speciali a favore del Mezzogiorno venivano criticate per la loro frammentarietà ed eccezionalità

 

7. Quale fu il carattere della politica estera nell'età giolittiana?

POSSIBILE RISPOSTA:   L'età giolittiana inaugurò un corso di politica estera detto di «compenetrazione delle alleanze e delle amicizie», in quanto si apri a rapporti amichevoli con la Francia, l’Inghilterra e la Russia, pur mantenendo la Triplice Alleanza con gli imperi Centrali. Giolitti mirava ad assicurare all’Italia uno sbocco sulle coste mediterranee dell’Africa: in cambio del riconoscimento degli interessi italiani in Libia, furono riconosciuti gli interessi francesi in Marocco e il protettorato inglese sull’Egitto e con la Russia fu stipulato un impegno per il mantenimento dello status quo nei Balcani (contro le pretese austriache).

 

8. Quali sono i principali provvedimenti giolittiani in materia di politica economica?

POSSIBILE RISPOSTA:   Lo Stato divenne la fonte delle direttive generali di politica econo­mica e finanziaria, essendo il maggior depositano del risparmio nazionale (emissione di cartelle di debito pubblico) che fu utilizzato per:

  -  la nazionalizzazione dei servizi di pubblico interesse (ferrovie) e i lavori pubblici (traforo del Sempione, inizio dell’acquedotto pugliese, bonifi­che nel Ferrarese);

  - non ricorrere a inasprimenti fiscali, che avrebbero contratto i consumi interni;

  - diminuire i debiti con l’estero.

Nel 1906 il governo annunziò la conversione della rendita pubblica (cioè del tasso di interesse pagato ai detentori di cartelle di rendita pubblica) dal 5 al 3,50%, che venne accettata volentieri dai risparmiatori, fiduciosi nella solidità finanziaria dello Stato. La lira arrivò al punto di fare aggio sull’oro, cioè sul mercato internazionale era quotata al di sopra dell’oro ed era preferita alla sterlina.

 

9. Quali sono i provvedimenti di carattere sociale emanati nell’età giolittiana?

POSSIBILE RISPOSTA:   I maggiori provvedimenti vennero presi da Giolitti durante il cosiddetto “lungo ministero» (1906-1909): fu reso obbligatorio il riposo domenicale;fu vietato il lavoro notturno delle donne e vennero introdotte delle facilitazioni per le lavoratrici gestanti;il limite di età per il lavoro infantile fu portato a dodici anni; venne migliorata la Cassa Nazionale di Previdenza per l’invalidità e vecchiaia; fu creato un Consiglio superiore del Lavoro e un Commissariato per l’Emigrazione.

 

10. Quali furono gli effetti più vistosi della crisi del 1907-1908?

POSSIBILE RISPOSTA:   La crisi, internazionale, fu determinata da un eccesso di investimenti da una insufficiente capacità di assorbimento da parte del mercato (crisi di sovrapproduzione). In Italia essa fu accentuata dall’occupazione austriaca della Bosnia - Erzegovina, che precludeva all’Italia i mercati balcanici. La soluzione della crisi portò a una maggior concentrazione monopolistica delle imprese più forti (trust siderurgico, trust del cotone, consorzio degli zolfi). Sul piano politico, si attenuò la scelta di sviluppo democratico e molti gruppi industriali si diedero a sostenere le tendenze autoritarie espresse dal partito nazionalista.

 

11. Come si configura il movimento nazionalista?

POSSIBILE RISPOSTA:   Il movimento nazionalista prese il via come movimento letterario di piccoli gruppi intellettuali (Papini,Prezzolino,Corradini) attorno a riviste come Leonardo e 11 Regno; si trasformò in partito nel Congresso di Firenze del 1910 ed ebbe il proprio organo nella rivista L’idea nazionale, fondata da Corradini, Federzoni e Coppola. L’obiettivo polemico dei nazionalisti, oltre che il socialismo, è il sistema liberale e democratico; in particolare, violenta è l’opposizione alla «mediocre» prassi giolittiana. L’ideologia del nazionalismo è imperialista, protezionista, aristocratica, bellicista. In essa si possono ritrovare:

a) motivi dell’opera letteraria del D’Annunzio: individualismo, superomismo;

b) motivi storiografici di Alfredo Oriani: esaltazione del Crispi, uomo forte, e del colonialismo;

c) motivi della nuova corrente futurista capeggiata da Marinetti: rottura con la tradizione di pacifismo e di liberalismo;

d) motivi della dottrina di Georges Sorel: esaltazione della violenza.

Il nazionalismo del Novecento si differenzia da quello ottocentesco, perché non è collegato alle lotte di emancipazione nazionale, ma guarda all’imperialismo, non sposa l’idea di nazione a quella di libertà, ma a quelle di gerarchia e di autorità;alla lotta fra le classi,dottrina propria del socialismo,sostituisce la lotta fra le nazioni dell’imperialismo. I nazionalisti comincia­rono a incidere sulle vicende politiche italiane quando le loro dottrine si saldarono con le mire espansionistiche dei gruppi capitalistici, colpiti dalla crisi del 1907-08

 

12. Quali sono le vicende del Partito Socialista nell’età giolittiana?

POSSIBILE RISPOSTA:   Con la svolta liberale di inizio secolo,l’organizzazione sia sindacale sia politica delle classi lavoratrici vede un notevole sviluppo. Nel 1906 si costituisce la Confederazione Generale del Lavoro, Il Partito Socialista non è omogeneo al suo interno:

a)  la maggioranza riformista, che fa capo a Turati, Treves, Bissolati e che si esprime nella rivista Critica Sociale, esercita la sua egemonia all’interno del partito a fasi alterne, sulla base di un «programma minimo» di graduali riforme; disponibili ad accordi tattici e parziali su singole iniziative di Giolitti, i riformisti rifuggono però da un accordo politico generale, timorosi di andare incontro all’incomprensione da parte della base;

b) la corrente intransigente di Enrico Ferri e i sindacalisti rivoluzionari di Arturo Labriola ed Enrico Leone. I sindacalisti rivoluzionari, ispirando­si alle idee di Georges Sorel, criticavano la separazione fra azione politica (partito) e rivendicazioni economiche (sindacato) condannava­no il «parlamentarismo» dei riformisti e propugnavano l’arma dello sciopero generale; essi guidarono lo sciopero generale del 1904 e lo sciopero agrario nel Parmense del 1908; nel Congresso di Firenze del 1908 furono espulsi dal partito. I rivoluzionari rimasti nel partito: cioè i «massimalisti» (sostenitori del «programma massimo») ebbero la maggioranza nel Congresso di Reggio Emilia del 1912: i riformisti di destra (Bissolati e Bonomi) che avevano accettato il revisionismo di Bernstein e aderito all’impresa libica, furono espulsi e costituirono quindi un nuovo partito (il Partito Socialista Riformista). I riformisti turatiani rimasero in minoranza. La direzione dell’Avanti fu affidata a Benito Mussolini, che diede al giornale un’impronta violentemente antimonarchica, antiparlamentare e antigiolittiana.

 

13. Quali sono i caratteri e gli sviluppi del movimento cattolico?

POSSIBILE RISPOSTA:   Accanto ai socialisti, l’altra componente dell’opposizione allo stato liberale è quella cattolica. Dopo l’iniziale scissione in intransigenti,avversi a qualsiasi forma di liberalismo, e transigenti, progressisti, inclini a un progressivo avvicinamento allo stato liberale, nel nuovo secolo i cattolici si mostrano più disponibili a un coinvolgimento nella vita politica. La prima eccezione al non expedit fu il consenso di Pio X a che i cattolici sostenessero i candidati liberali, in funzione antisocialista, nelle elezioni successive allo sciopero generale del 1904. Nello stesso anno Pio X sciolse l’Opera dei Congressi, in cui avevano preso il sopravvento i democratico -cristiani. La linea di alleanza con i liberali sfociò nel patto Gentiloni del 1913, un accordo elettorale con il Presidente dell’Unione elettorale cattolica, che prevedeva che nelle elezioni del 1913 (le prime a suffragio universale maschile) i cattolici avrebbero votato i candidati liberali che si fossero impegnati a opporsi a ogni legge (divorzio, insegnamento ecc.) che potesse ledere gli interessi cattolici: secondo le stime di Gentiloni più di duecento deputati liberali su trecentoquattro furono eletti con voti cattolici. Si andava così configurando una alleanza «clerico moderata», che rompeva gli schemi di quello che era stato il «sistema» giolittiano.

 

14. Come si giunse alla guerra di Libia?

POSSIBILE RISPOSTA:   La guerra per l’occupazione della Libia era già stata preparata con opportune azioni diplomatiche in campo europeo. Lo scopo di Giolitti era duplice:

1) prevenire una eventuale occupazione da parte di altre potenze;

2) dare uno sfogo alla vivace e sempre più rumorosa opposizione nazionalista.

Il fronte favorevole alla guerra era molto ampio:i nazionalisti, alcuni socialisti (Bonomi e Bissolati), alcuni sindacalisti rivoluzionari (Arturo Labriola), molti cattolici, che parlavano in termini di «crociata contro gli infedeli», gran parte dell’opinione pubblica della media e piccola borghesia, gli ambienti finanziari che avevano larghi interessi nei territori libici (Banco di Roma), il trust siderurgico, interessato alle commesse militari. Contrari all’impresa:una parte del partito socialista, che tentò con scarso successo uno sciopero generale di protesta, e un gruppo di intellettuali intorno alla rivista L’Unità di Salvemini.

La guerra contro la Turchia, cui apparteneva la Libia, si svolse fra il settembre 1911 e l’ottobre 1912 e fu molto più lunga e difficile di quanto si prevedesse;l’Italia ottenne la Libia e il Dodecanneso.

 

15. Come si configurò la riforma elettorale del 1912?

POSSIBILE RISPOSTA:   Nel 1912 venne introdotto in Italia il suffragio universale maschile (il diritto di voto fu esteso alle donne solo nel 1946): potevano essere elettori tutti i cittadini che sapessero leggere e scrivere e avessero compiuto ventun anni, oppure quanti avessero compiuto trenta anni e prestato servizio militare, anche se analfabeti. Giolitti, in questo modo, cercava di accontentare le richieste di democratizzazione della vita politica avanzate dai socialisti, prevedendo però che a questo avrebbero fatto da contrappeso i contadini, soprattutto meridionali, in gran parte controllati dalle autorità governative e dai proprietari.

 

16. Quali furono i risultati delle elezioni del 1913?

POSSIBILE RISPOSTA:   Le elezioni del 1913 furono le prime a suffragio universale (maschile) e videro il sostegno dei cattolici ai candidati liberali. La nuova Camera risultò così composta:304 liberali, 79 socialisti, 90 radicali e repubblicani, 6 nazionalisti, 29 cattolici. La maggioranza liberale era però piuttosto diversificata al suo interno, essendo essenzialmente il risultato di una eterogenea opposizione al pericolo socialista. Era la crisi del sistema giolittiano: Giolitti si dimise nel marzo 1914, lasciando il governo ad Antonio Salandra, un liberale conservatore, legato agli agrari del Sud, ma ben visto anche dagli ambienti industriali.

 

17. Quali furono i fattori che determinarono la crisi del sistema gio]ittiano?

POSSIBILE RISPOSTA:   I fattori che portarono alla crisi del sistema giolittiano, fondato essenzialmente su una politica di accordo e di compromesso fra le diverse forze politiche e le diverse componenti della vita sociale, possono essere così riassunti:

- la svolta in senso radicale del partito socialista;

- l’agitazione antiliberale e antidemocratica dei nazionalisti

- il nuovo ruolo dei cattolici;

- le divisioni interne al campo liberale;

- la crisi economica, che toglie spazio ai compromessi e inasprisce le tensioni sociali.

 

18. Quali sono i principali giudizi sull’opera del Giolitti?

POSSIBILE RISPOSTA:   Tra i contemporanei, il giudizio più duro è quello di Gaetano Salvemini, che definisce Giolitti «ministro della malavita», denun­ciando la sua politica di collusione con il corrotto sistema di potere dell’Italia meridionale.

Un giudizio ampiamente positivo è invece quello di Benedetto Croce, che nel 1928 definisce l’età giolittiana «il decennio felice», soprattutto se paragonata sia ai tentativi reazionari di fine secolo sia al successivo periodo fascista.

Gli storici oggi sottolineano soprattutto la sua politica volta allo sviluppo dell’economia e di una maggior giustizia sociale, individuando però una svolta in senso conservatore nell’ultimo periodo, a partire dalla crisi del 1907-1908 secondo alcuni, secondo altri a partire dalla guerra di Libia.

 

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