Questa pagina è dedicata alla serie televisiva Happy Days, arrivata in Italia nel 1977. Questo telefilm ha avuto un successo enorme, e a dimostrarlo è il fatto che su Italia 1 vengono ritrasmessi gli episodi ogni due anni circa, e ora vengono trasmessi anche su Fox Tv. In più è stato citato in varie canzoni come in "Frena" di Carlotta e in "Gli anni" di Pezzali.

Essendo stato socio del primo club ufficiale italiano dedicato al telefilm, ho deciso di creare questa pagina, consentendo a tutti di apprendere come è stata creata quest'opera indimenticabile. Il club purtroppo non c'è più, ma al suo posto è rimasto il sito che contiene tutto il materiale del club, con un archivio immenso. Quindi se volete informazioni più dettagliate sugli attori, sul telefilm, sulle attività dei fans o per vedere altro materiale, potete visitare il sito:

 

 

LA STORIA DI HAPPY DAYS

 

Siamo nel 1970. Gli Stati Uniti hanno il grosso problema della Guerra del Vietnam e dell'inflazione. Una notevole irrequietezza serpeggia nel mondo studentesco. La vitalità degli Stati Uniti è in declino: il paese si trova in uno stato di tensione politica, economica e culturale.

Che influenza ha avuto questa situazione sul mondo dello spettacolo?

Uno degli effetti immediati è stato quello di uno spostamento degli interessi nell'ambiente letterario, musicale e cinematografico. E un revival degli anni '50 rientra in questa forte tendenza "nostalgica": buona parte della popolazione americana sembra trovare "rassicurante" l'innocenza degli anni '50. Certo, il passato dà un senso di sicurezza (per quanto agli americani, come popolo, secchi riconoscerlo), comunque questa ondata di nostalgia rappresenta essenzialmente una forma di fuga dalla realtà, un tuffo nei ricordi, un salto indietro in un mondo che sembra innocuo solo perché non esiste più.

Nel 1970 la rete televisiva americana ABC cercò di andare oltre questo diffuso rimpianto degli anni '50 realizzando una nuova versione di una vecchia e popolarissima trasmissione ambientata negli anni '30, intitolato "I remember Mama". Alla base di questa iniziativa c'era il seguente ragionamento: "se il pubblico rimpiangeva gli anni cinquanta e li trovava rassicuranti, un ulteriore salto indietro di venti anni sarebbe stato ancora più rassicurante...".

Forse lo scopo primario era quello di fare qualcosa di "insolito".

Per quanto gli spettacoli in genere siano piuttosto conformisti nei confronti delle varie tendenze del momento, un'idea nuova (o per lo meno non sfruttata da anni) certo poteva avere più successo di una serie di rimaneggiamenti e scopiazzature: a parte la sicurezza implicita in ogni conformismo, il mondo dello spettacolo ha sempre bisogno di nuova linfa.

Scegliendo tra una rosa di una decina di autori di provato successo e una ventina di autori medi, la rete televisiva ABC affidò la realizzazione dell'idea a Garry Marshall. Si trattava di una scelta azzeccata: insieme a Jerry Belson, Marshall era stato l'autore della fortunata serie televisiva "The Odd Couple", e aveva scritto più di cento episodi per altre trasmissioni quali "The Danny Thomas Show" e l'originale "Dick Van Dyke Show". Inoltre aveva collaborato a "I Spy" e "Bob Hope Chrysler Show", e aveva creato la serie "Hey, Landlord" trasmessa dalla NBC.

Per questo la proposta venne rivolta a Marshall, che comunque in un primo momento la rifiutò. <<Al principio la proposta mi ha lasciato piuttosto freddo in quanto non provavo nessun interesse particolare per gli anni '30>> - mi ha dichiarato Marshall (!) - <<perciò l'ho rifiutata>>. Tuttavia l'idea di base di scrivere dei testi che facessero rivivere i vecchi tempi lo allettava; quindi disse alla ABC che, per quanto "I Remember Mama" non rientrasse nel suo genere, in fondo gli sarebbe piaciuto scrivere qualcosa ambientato negli anni '50 - i suoi tempi, il periodo corrispondente alla sua adolescenza, che gli era familiare e lo attraeva sentimentalmente.

Fu così che Marshall si mise all'opera, e inventò la famiglia Cunningham, il tipico, simpatico nucleo di personaggi su cui si impernia Happy Days. Da qui nacque il prototipo di mezz'ora "A New Family in Town", con Ron Howard, Anson Williams e Marion Ross. Tutti i personaggi erano gli stessi della trasmissione attuale, ad eccezione di Fonzie, la cui personalità non rientrava certo in quello che Marshall definiva "un simpatico, caldo quadretto di vita familiare".

Comunque l'esito di questo primo film fu piuttosto deludente per Marshall: il suo prototipo non suscitò un particolare interesse nella ABC, che alla fine lo usò per un episodio della serie "Love American Style", e poi lo archiviò.

Col tempo però la nostalgia per gli anni '50 cominciò a prendere sempre più piede: il musical di Broadway "Grease", ambientato appunto in quegli anni, aprì un nuovo filone di successo, e il film "American Graffiti" fu accolto entusiasticamente sia da pubblico sia dalla critica. Il fatto che Ron Howard figurasse anche nel cast di "American Graffiti" contribuì a creare l'idea sbagliata che Happy Days fosse stato all'origine del revival in campo cinematografico.

Questo non è esatto, in quanto "Happy Days" nacque sull'onda del successo di "American Graffiti" - anche se va ricordato che il film era pur stato preceduto dal prototipo di Happy Days.

Il successo di queste due produzioni gettò una nuova luce sull'idea iniziale di Happy Days: la ABC si rese finalmente conto della possibilità di successo commerciale implicita in ritorno agli anni '50, e prese di nuovo contatto con Marshall a questo proposito. Secondo Marshall, l'ABC era entusiasta di realizzare Happy Days, ma a condizione che fossero apportate certe aggiunte e certe modifiche: prima di tutto temeva che il telefilm originale fosse un pò troppo "melenso" e meno divertente di quanto avrebbe potuto essere.

Tenendo come punto di riferimento "American Graffiti", la rete televisiva intuiva l'opportunità di inserire il tema delle "bande" giovanili in una trasmissione essenzialmente imperniata su una famiglia borghese. Effettivamente questo aspetto degli anni '50 faceva parte integrante del periodo rappresentato, ma Marshall aveva delle riserve.

- <<Quando me l'hanno proposto, la cosa mi ha lasciato perplesso. Me ne sono tornato a casa e ho deciso che l'introduzione di una banda non sarebbe andata bene. Comunque avevo l'impressione che Eisner avesse ragione, sotto un certo punto di vista: la trasmissione aveva realmente bisogno di qualcosa di diverso, e di vivificante. Perciò invece di introdurre una banda di ragazzi, ho pensato di creare un personaggio che rappresentasse un tipo di ragazzo "diverso">>.

Così, in collaborazione con Toni Miller e Ed Milkins, che già avevano collaborato al primo telefilm, Marshall iniziò un lavoro di revisione. Oltre a introdurre l'elemento "banda" in forma attenuata (cioè il personaggio di Fonzie), ridisegnò il locale "da Arnold" e aggiunse molte altre figure di ragazzi.

Un ulteriore sviluppo fu apportato ad Happy Days dall'introduzione dell'elemento "auto" (anche in questo "American Graffiti" faceva testo). Le macchine avevano avuto un ruolo notevole nella vita degli anni '50: Marshall lo sapeva, avendo vissuto quel periodo, e si rendeva conto dell'efficacia che avrebbe avuto l'introduzione del tema "auto" nel ricreare lo spirito dell'epoca. Questa aggiunta comunque implicava l'uso di frequenti riprese in esterni, che avrebbero complicato la lavorazione dei telefilm. Si trattava di accettare un certo compromesso, uno dei tanti che si sarebbero presentati nel corso della realizzazione della trasmissione. In seguito però, dopo la prima serie televisiva, la ABC gli avrebbe chiesto di riportare Happy Days negli interni per aumentarne il potenziale umoristico.

Fin dal principio Marshall aveva ben chiara nella mente la linea tematica da seguire. Benché molti abbiano creduto che la chiave di Happy Days sia essenzialmente nostalgica, la realtà è diversa: alla base degli elementi superficiali degli anni '50, c'è il desiderio di Marshall di esplorare e analizzare i problemi tipici degli adolescenti. L'aspetto nostalgico può essere considerato incidentale. A parte l'interesse personale di Marshall per questo periodo, l'ambientazione negli anni '50 risultava anche obiettivamente conveniente: in un certo senso, l'elemento "anni '50" consentiva all'autore di sviluppare il tema che gli stava a cuore evitando però quegli aspetti tipici della gioventù contemporanea che sarebbero stati necessari per creare un certo realismo, ma che difficilmente sarebbero stati accettati sia dalla rete televisiva sia, presumibilmente, dal pubblico.

Spiega Marshall: <<E' molto difficile fare delle trasmissioni sui giovani senza parlare di "spinelli", di "buchi", e di cose del genere, tutte inaccettabili. E se la gente vede un film sulla gioventù moderna in cui non figurano queste cose, dice subito che non è realistico. Invece ambientando il tutto negli anni '50 si possono fare dei film sui giovani senza affrontare certi temi. Era un grosso vantaggio di cui ovviamente si è tenuto conto. La stessa cosa vale per il sesso. Quando Richie si limita a desiderare di dare il "bacio della buona notte" a una ragazza, la cosa è credibile perché allora il senso morale era diverso>>.

Nello sviluppo della tematica della trasmissione l'interesse è stato concentrato essenzialmente su due problemi tipici degli adolescenti: il primo riguarda i loro rapporti con le ragazze, e questo spiega la continua aspirazione di Richie, Potsie e Ralph ad abbordare le ragazze e la continua funzione di "maestro" che ha Fonzie per quanto concerne la tecnica di abbordaggio. Il secondo problema riguarda il dubbio angoscioso: - Non sarò un vigliacco?

In un episodio viene affrontato anche un problema diverso: l'accettazione della "mezza età".

E' per questo che l'interesse degli adulti per la serie televisiva in realtà era facilmente prevedibile. E' facile capire come mai gli adulti, separati dalla propria adolescenza da un mare di tempo, possano gustare Happy Days ricordando i propri problemi adolescenziali, e sorridendo di ciò che adesso possono vedere in chiave umoristica.

In definitiva i temi attorno a cui ruotano i vari episodi si possono ridurre in tre categorie: il Grande Fonzie, la famiglia Cunningham, e i "momenti di riflessione".

Una volta fissati i temi e le varie vicende, Marshall rivolse la propria attenzione alla scelta del cast. Un bel giorno Tom Miller, a cui era stata devoluta in gran parte la responsabilità di questa fase organizzativa, si presentò a Marshall con la soluzione di quello che stava diventando un vero problema: la scelta dell'attore che avrebbe dovuto interpretare il ruolo di Fonzie. Miller era eccitatissimo. Il candidato era Henry Winkler.

Marshall aveva fiducia in Miller, e ben presto si trovò a condividere il suo entusiasmo. Quando poi vide personalmente Winkler, si convinse definitivamente dell'opportunità della scelta. Quello che gli aveva detto Miller corrispondeva alla realtà: Henry Winkler era un Fonzie perfetto.

La scelta delle attrici che avrebbero dovuto interpretare le parti di Joanie e Marion Cunningham invece si dimostrò di tutto riposo: Marion Ross era l'interprete ideale, ed Erin Moran aveva già lavorato con Marshall. <<Se era divertente allora, sarà divertente anche adesso>>, pensò Marshall. Ed ebbe ragione.

Anche Ron Howard gli era già noto dai tempi di "The Andy Graffith Show". Ai suoi occhi Howard aveva il doppio merito di rappresentare il tipico ragazzo americano e di essere estremamente divertente.

Per la parte di Potsie Weber, Marshall propendeva per un attore coi capelli scuri, che contrastassero con quelli rossi di Ron Howard. Inoltre voleva un tipo simpatico che sapesse far sorridere il pubblico. E anche questa volta Tom Miller trovò il candidato giusto. Anson Williams aveva già un'esperienza televisiva alle spalle, e benché i suoi precedenti di attore non fossero straordinari, lavorava così bene con Ron Howard che ebbe la parte.

Comunque c'era anche un altro giovane attore che avrebbe avuto ottimi numeri per aspirare alla parte di Potsie: Donny Most. Il suo unico handicap erano i capelli rossi, però aveva già dato prova di saper far sorridere, e Marshall ci pensò a lungo. Most poteva essere una scleta sicura per la serie televisiva. Quel che accadde in seguito fu una grossa prova di fiducia nel talento ancora pressoché sconosciuto del giovane attore: Marshall gli creò su misura la parte di Ralph Malph.

Il problema più difficile si presentò per la scelta di Howard Cunningham. Harold Gould aveva già sostenuto la parte nel prototipo della serie, ma al momento era già impegnato nella lavorazione di un altro film. Secondo le parole di Marshall, la produzione cercava un tipo di padre "tutta saggezza", ma Marshall era altrettanto deciso nel volere un Howard Cunningham vulnerabile e realistico.

<<Un padre meraviglioso che sa sempre tutto non avrebbe funzionato>> sostiene ancora oggi Marshall. <<Io lo so che cosa fa sorridere... e so che uno stereotipo simile non ne avrebbe strappato neanche mezzo, di sorriso. Perciò ho detto alla rete televisiva: "Onestamente non ricordo che mio padre fosse un genio simile, quando ero un ragazzo, e voglio un padre credibile, non un fenomeno!">>.

Nel frattempo Marshall e Miller avevano trovato Tom Bosley, un Howard Cunningham ideale... ma quanto di più diverso si potesse concepire dall'immagine che se ne era fatta la produzione.

Ci fu una gran lotta tra la ABC e Marshall, ma alla fine la spuntò Marshall (cosa di cui Marshall va tuttora orgoglioso) in quanto Bosley non solo rappresentava perfettamente il personaggio, ma dà anche una certa stabilità al cast che, benché già maturo da un punto di vista professionale, anagraficamente è pur sempre molto giovane.

Anche le scene e i costumi comportarono diverse difficoltà. Ci si sforzò di procurarsi tutto quanto potesse garantire la massima autenticità. Comunque, benché esistessero anche dei problemi economici, il problema maggiore fu di tipo geografico: nato e cresciuto a New York, Marshall avrebbe potuto facilmente ambientare lì Happy Days, invece optò per Milwaukee, la città natale di Tom Miller. Era un'idea originale, nessuno aveva mai ambientato un film a Milwaukee; inoltre Milwaukee rappresentava una forma di compromesso tra l'est e l'ovest degli Stati Uniti.

A circa tre anni di distanza dalla creazione del prototipo, fu dato il via alla produzione di Happy Days. Con un impegno costante, si realizzò una collana di sedici episodi da mandare in onda nella seconda metà della stagione televisiva 1973-74. Siccome si trattava di un cast giovane, era prevedibile che sorgessero ben presto dei problemi; eppure come dice Marshall, la maggior fonte di problemi si rivelò fin dai primi giorni ben diversa.

Benché l'idea di introdurre in Happy Days l'elemento "bande giovanili" fosse stata dell'ABC, una volta creato il personaggio di Fonzie, la rete televisiva ebbe delle perplessità. Avendo un'esperienza personale di "bande" di ragazzi, Marshall sapeva che il teppista anni '50 doveva gran parte del proprio ascendente al fatto di essere taciturno. La ABC invece non era affatto d'accordo su questo punto. Trovava che Fonzie era troppo "duro": oltre ad avere un'aria irrecuperabile, aveva lo stesso difetto che era stato imputato a Bosley: quello di essere troppo realistico.

Dopo aver realizzato il primo episodio, Marshall andò nelle Hawaii per lavorare a "The Odd Couple", lasciando sul set l'aiuto regista e vecchio amico Bob Brunner, con l'incarico di controllare la veridicità del tutto. Al suo ritorno invece ebbe la sorpresa di trovare un Fonzie in giacca a vento e mocassini, che non si distingueva affatto dagli altri personaggi. Sbalordito, Marshall, chiese spiegazioni a Brunner e si sentì rispondere che la rete televisiva "lo aveva messo in croce".

Anche Winkler era alquanto deluso: essendogli stata accordata una certa autonomia nell'interpretazione della parte, era seriamente preoccupato che il personaggio di Fonzie fosse stato rovinato dalle modifiche apportate al suo aspetto e alla sua personalità.

Marshall andò alla ABC e disse che avevano completamente rovinato il personaggio: chi va in moto con la giacca a vento, se non vuole morire di freddo?

Alla fine l'ABC si arrese, a patto che Fonzie portasse il giaccone di pelle solo quando fosse stato in moto. Il risultato fu... che Fonzie non comparve mai più in scena senza la moto!!!

Un altro problema scaturì dal fatto che Marshall voleva un Fonzie perfettamente aderente al tipico teppista anni '50 e la rete televisiva invece voleva mitigarne la durezza, per paura che risultasse un personaggio sgradevole.

Tra le varie caratteristiche del duro anni '50, forse la più tipica era che ubbidiva a un codice morale che può sembrare contraddittorio alla mentalità borghese: pur essendo disposto a ricorrere a una violenza fisica apparentemente ingiustificata, il membro di una "banda" degli anni '50 ha un forte senso dei valori tradizionali - Dio, patria e famiglia. E' uno strano teppista, capace al tempo stesso di una cieca violenza e del massimo rispetto per i valori morali che sono alla base della società americana.

E' per questo che Dio, patria e famiglia costituiscono i cardini della moralità di Fonzie - il suo "lato buono".

Però la ABC avrebbe voluto una moralità più ampia: avrebbe voluto che Fonzie di tanto in tanto facesse delle "buone azioni", come aiutare i Cunningham, per esempio. Così arrivarono ad un compromesso: invece di far vedere Fonzie nell'atto di prendersi a botte con qualcuno, si sarebbe solo accennato alla cosa e si sarebbe invece dato spazio a qualche bel gesto nei confronti della famiglia Cunningham e degli amici.

Nel gennaio del 1974 venne trasmesso il primo episodio di Happy Days. Alla televisione molti avevano pronosticato un insuccesso, soprattutto per una questione di orario di trasmissione. In confronto ad altre serie di successo Happy Days partiva effettivamente handicappata.

Nonostante le previsioni negative, Tom Bosley invece era ottimista. E i fatti gli diedero ragione. Happy Days riscosse subito un alto indice di ascolto, battendo altre trasmissioni popolari fin dalla prima settimana: nelle settimane successive poi si trovò a competere solo con "Maude" - alternandosi al primo posto, e con scarti minimi.

Una cosa era certa: Happy Days era l'unico spettacolo che fosse mai stato in grado di tener testa a Maude. Tanto è vero che ben presto la CBS decise di spostare Maude a un altro orario e di sostituirlo con una serie che potesse veramente competere con Happy Days più o meno sullo stesso terreno, dando la possibilità a Maude di dominare incontrastata l'orario che le era stato riservato. Fu così che andò in onda la serie "Good Times", che si dimostrò subito molto più valida di Maude, e con le sue trovate divertenti e le sue battute frizzanti in breve superò il successo di Happy Days.

Per Happy Days quella fu una stagione di grande tensione: in poche settimane la serie aveva toccato le vette del successo ed era stata battuta; ma non tutto era perduto. D'altronde Marshall stesso riconosce che, essendo stata fatta partire in ritardo sulla stagione televisiva, la serie era stata preparata in modo affrettato, quindi alcuni episodi risultavano un pò approssimativi. Il rimedio era chiaro: bisognava rendere Happy Days più divertente, se lo si voleva far competere con Good Times. A questo scopo vennero effettuate due importanti modifiche. In primo luogo, in base al principio secondo cui l'umorismo può essere meglio controllato negli interni, Marshall ridusse il numero delle riprese in esterni. In secondo luogo si cominciò a girare alla presenza di un pubblico. La ragione è molto semplice: gli attori recitano meglio di fronte a spettatori in carne ed ossa, che davanti ala freddezza delle telecamere, e gli autori dei testi, attraverso lo stimolo e le reazioni del pubblico, sono spinti ad essere più spiritosi.

La nuova tattica funzionò: nella seconda serie (che è in realtà la prima vera serie), Happy Days cominciò ad ottenere un indice di gradimento sempre più alto, sino a raggiungere e superare quello di Good Times e a dominare incontrastata la propria fascia oraria.

Secondo Marshall la ABC era ancora preoccupata che Fonzie fosse troppo duro, ma poiché lo spettacolo aveva un gran successo non poté più muovere obiezioni.

Comunque fu solo alla terza serie che la trasmissione compì un giro di boa: a poco a poco Fonzie aveva fatto breccia nel cuore degli spettatori, tanto da diventare il punto focale del loro interesse per la trasmissione. La ABC se ne rese conto e decise di sfruttare la cosa: non era difficile prevedere che Fonzie sarebbe diventato ancora più popolare nella terza serie, e con lui anche Happy Days. La parola d'ordine fu allora: "dare più spazio a Fonzie".

Il creatore di Happy Days si trovò nuovamente di fronte al dover affrontare il compito arduo di modificare l'impostazione della trasmissione. Il problema era ovviamente quello di aumentare la presenza in scena di un personaggio che spesso non aveva strettamente a che fare con la scena rappresentata. Fondamentalmente si trattava di impostare una nuova tattica da far seguire agli sceneggiatori che collaboravano con lui.

La soluzione fu quella di trasferire Fonzie nella casa dei Cunningham fin dal primo episodio della terza serie. Marshall non era ancora convinto del fatto che adesso Fonzie, originariamente ideato come il duro di poche parole, dovesse non solo apparire in scena più spesso, ma anche parlare di più. Lo consolava comunque il successo di Happy Days e il pensiero che se dare più spazio a Fonzie poteva significare mantenere e aumentare questo successo...bisognava arrendersi!

Analogamente si presentò la necessità di apportare anche un'altra variazione: Marshall si rendeva conto che il pubblico di Happy Days stava cominciando a vedere Fonzie più come un eroe che come un duro, quindi bisognava modificare la sua figura in questo senso, modificandone essenzialmente le azioni. Inoltre se il pubblico voleva un eroe bisognava introdurre anche uno strumento che gli consentisse di realizzare delle azioni eroiche, e la scelta cadde su uno strumento alquanto fragoroso: la sua moto.Fu così che nacque il "Fonzie senza paura" del primo episodio, in cui appunto Fonzie esegue con la moto un memorabile salto dei bidoni della spazzatura. Ed è significativo il fatto che questa impresa venga compiuta da un eroe, per dimostrare il proprio coraggio; seguendo fedelmente il tema originale di Happy Days, l'eroismo di Fonzie in questo episodio altro non è che un espressione del classico problema adolescenziale "non sarò un vigliacco?".

La storia recente di Happy Days è nota a tutti e, come si sa, ruota in gran parte attorno al "culto di Fonzie". La serie televisiva ha raggiunto vertici di ascolto incredibili: in base alle statistiche risulta che all'ora della trasmissione il 29% di tutti i televisori americani esistenti, sia accesi che spenti, e il 43% di quelli accesi era sincronizzato su Happy Days: una percentuale da primato!

Durante la stagione 1975-76 la popolarità di Happy Days non è stata oscurata da nessun altro programma, ad eccezione della serie affine Laverne & Shirley, che comunque la batteva di una sola lunghezza.

L'indice di ascolto comunque non dice tutto. Il successo della trasmissione è dimostrato anche da molti altri elementi. Per esempio alla fine del 1975 si è sentito spesso dire che Henry Winkler fosse morto. Nonostante il desiderio di credere che tali voce fossero il frutto di una paradossale campagna pubblicitaria, in realtà il fatto che fossero nate e si fossero diffuse, trovando credito, non è altro che una manifestazione della paura del pubblico di perdere i propri eroi prediletti.

Un'ulteriore prova del fatto che Happy Days, e soprattutto Fonzie, siano diventati un fenomeno nazionale negli Stati Uniti è data dal successo commerciale dei vari articoli legati al personaggio di Fonzie che sono stati lanciati sul mercato: le T-shirt alla Fonzie da 5$, i calzini alla Fonzie a 2$ al paio, le giacche, i poster, i distintivi e così via. Tutto "alla Fonzie". Era dai tempi della Davy Crockett mania (che aveva fruttato milioni di vendite negli anni '50) che non si verificava un tale trionfo dell'idolatria commerciale.

Se a questo si aggiungono le 5000 persone in lista di attesa per assistere alle riprese di Happy Days, il crescente successo personale dei protagonisti della trasmissione, e in particolare modo per Winkler e Williams, e persino la popolarità della colonna portante dei telefilm, si avrà un quadro completo della portata del successo di questa fortunata serie televisiva. Quanto potrà durare?

<<Secondo me durerà un altro paio di anni, cinque in tutto>> dice Marshall. <<Faremo entrare nel college i protagonisti e probabilmente daremo ancor maggiore spazio alle imprese di Fonzie, in quanto l'interesse per il suo aspetto eroico può continuare a tempo indefinito. Se ho parlato di cinque anni è perché mi sono già occupato di molte trasmissioni e so per esperienza che dopo cinque anni il cast comincia a perdere lo smalto. La televisione non vuole ammetterlo ma è nell'ordine naturale delle cose>>. Cinque anni, dunque, basteranno? Il pubblico è notoriamente volubile e magari risulteranno anche troppi. Comunque, oggi come oggi, la cosa sembra piuttosto improbabile. Anche se Marshall fa notare che l'affiatamento tra gli attori non è sempre ideale come in altri cast, è innegabile che tutta l'équipe è notevolmente affiatata e lavora con gusto. Lo riconosce lo stesso Ron Howard, quando dice: <<Siamo andati tutti d'accordo fin dal primo momento. Ci siamo divertiti a fare la trasmissione e sono convinto che si sono divertiti anche gli spettatori>>.

C'è forse da dubitare?

Tratto dalla Fanzine del club