| home |

"La cosa più incomprensibile è che il mondo sia comprensibile" (Albert Einstein)

L'universo ha una storia
di Eric Amich
Sono tante le domande a cui si può dare una risposta abbandonando la filosofia intesa essenzialmente come metafisica (quindi come invenzione di miti, come quello platonico del demiurgo creatore, o quello aristotelico di un Dio a cui tutto ruota attorno per "amore") per un approccio fisico ai problemi stessi. Da dove viene l'universo? Esiste da sempre oppure si è formato un certo numero di miliardi di anni fa? Perché, oltre alla "materia", esiste anche la vita? Di cosa è fatta la materia e cosa rende possibile la vita? Ponendoci domande sempre meno generiche e sempre più precise, secondo il metodo inaugurato da Galileo, qualche risposta comincia ad arrivare, ad esempio nel campo della fisica astrale.
Nel corso dei secoli, la scienza moderna e contemporanea ha cercato di trovare risposte adeguate, in primis attraverso una particolare scienza, la cosmologia, che per evidenti motivi non è altro che una corrente di interessi particolari, ma quantomeno infiniti, all'interno della fisica e dell'astronomia..

Propongo un viaggio a ritroso, muovendo quindi dal presente della cosmologia, e cercando una spiegazione del come siamo arrivati fin qui. In questo primo intervento mi limiterò ad un'esposizione di carattere generale, dando rilievo in particolare alla teoria dell'inflazione, che costituisce un completamento della teoria standard del big bang caldo. Nei prossimi, cercherò di approfondire tematiche particolari, compresa quella cui accenno brevemente all'inizio.
C'è un'ultima "buona nuova", infatti, che rischia di sconvolgere le nostre concezioni.

L'universo è un computer...
tale la tesi di Seth Lloyd e Y. Jack Ng, che sul numero 437 di gennaio 2005 di Le Scienze, hanno trovato ospitalità per il loro articolo Computer e buchi neri.
"Per il solo fatto di esistere - recita l'abstract - tutti i sistemi fisici memorizzano informazione e la elaborano evolvendo dinamicamente nel tempo".
Ora, posto che l'informazione possa uscire dal buco nero, come sostiene una buona parte dei fisici, Lloyd e Ng ritengono che anche il buco nero sia un "computer". L'ipotesi di una materia che elabora le proprie strutture è affascinante. Tale capacità computazionale è dovuta alla natura quantomeccanica dell'informazione. Se non vi fossero effetti quantistici, un buco nero non elaborerebbe informazione, ma la distruggerebbe. In tale "computer" lo spazio di memoria è proporzionale al quadrato della velocità di elaborazione.
Già negli anni Settanta, Hawking aveva dimostrato che i buchi neri emettono qualcosa e "brillano come carboni ardenti", ma secondo lui la radiazione era casuale. Se per ipotesi, un essere umano fosse caduto in uno di essi, non ne sarebbe uscito il suo genoma ma una quantità di energia pari alla sua massa, altrimenti non decifrabile.
Ma, altri scienziati, tra i quali Susskind, Preskill e t'Hooft, osservarono poi che la radiazione emessa non era affatto casuale, bensì una forma rielaborata della materia in ingresso.
Per capire come si sia arrivati a tanto, ed anche per contribuire ad evitare che pappagalli entusiasti si mettano a ripetere la nuova interpretazione con slogan dogmatici, senza peraltro aver capito granchè di che si tratta ad un livello meno superficiale, occorre, un po' di storia dell'astrofisica, a partire quantomeno dagli inizi del Novecento.
Innanzi tutto...

Le quattro forze fondamentali
Secondo i fisici all'unanimità, l'universo è governato da quattro forze fondamentali e nessuna pare più importante delle altre: ciascuna gioca un ruolo determinante, anche se il senso comune continua a consigliare di preferire la forza di gravità. Essa trattiene i pianeti nelle orbite e l'uomo sulla terra. E' quella con cui abbiamo una confidenza quotidiana. Tutti sappiamo che se lasciamo andare un oggetto, esso cade al suolo per effetto della gravità . Anche la teoria di Einstein sulla relatività generale ha per oggetto la gravità. Secondo Newton, tuttavia, la gravità era una forza che agiva a distanza. La grande scoperta di Einstein fu che la materia stessa incurvava lo spazio e che un corpo seguiva "naturalmente" la traiettoria della curva.
La forza elettromagnetica lega gli elettroni di carica negativa al nucleo atomico dotato di carica positiva. Solo chi sa come riparare una lavatrice si è fondamentalmente ed empiricamente reso conto che questa forza è responsabile del passaggio della corrente dalla rete dell'ENEL ai nostri elettrodomestici.
La forza debole è già qualcosa di più misterioso: in realtà i fisici chiamano forza debole quella che assicura la produzione di luce e calore per opera della fusione nucleare che avviene nel Sole, ed anche il decadimento radioattivo dei nuclei di alcuni atomi. Ancora più misteriosa, posto che se ne sia sentito parlare, è la forza forte.
Essa è quella che mantiene "legati" i pezzettini più puntiformi della materia, i quark e i gluoni, che si trovano all'interno dei protoni e dei neutroni, impedendo ai nuclei atomici di disintegrarsi.
Ognuna di queste forze è responsabile, nella sua dimensione, di tutto ciò che accade o quasi, in termini fisici. Gli scienziati, a partire da Einstein, furono molto attratti dall'idea di un "campo unificato", stante l'impressione che tutte queste forze avessero qualcosa in comune. Il fatto che ancora non si sia riusciti ad avvicinarsi alla soluzione è motivo di grande insoddisfazione ed insieme uno stimolo a raddoppiare gli sforzi, anche con grandi investimenti di tipo finanziario in costosissimi impianti come gli accelleratori di particelle. Ed in realtà qualche successo è stato conseguito, ad esempio nell'unificazione delle forze debole ed elettromagnetica, dimostrando come esse siano solo due forme diverse della forza elettrodebole.
Tutto ciò è molto importante ai fini di una migliore comprensione del mondo in cui viviamo e del cosmo di cui facciamo parte. Paradossalmente, proprio lo studio delle leggi indeterministiche che governano l'infinitamente piccolo potrebbe portarci a comprendere anche ciò che è infinitamente grande e, quindi, a capire se sia ancora possibile una qualche forma di determinismo scientifico sulla grande scala, muovendo da alcune certezze circa quanto accaduto dal big bang fino ad oggi.
La teoria del big band non nacque per il particolare colpo di genio di qualcuno, ma di fatto costituì un'elaborazione collettiva svoltasi per approssimazioni successive. Oggi, necessariamente completata dalla teoria dell'universo inflazionario, costituisce il più plausibile e provato teorema sulle origini dell'universo, il quale si formò a seguito di un momento sconvolgente definibile come "singolarità", espressione che racchiude più di un mistero. Tra essi, uno dei più rilevanti fu per lungo tempo quello della formazione degli elementi. Poi venne il formarsi delle masse, e in un senso non molto preciso, ma non saprei spiegarmi meglio, la separazione della forza di gravità, in modo chiaro e distinto, dalle altre forze di cui abbiamo parlato. Uno dei problemi su cui si sono consumate le migliori menti del secolo trascorso è che mentre le altre tre forze sono quantizzabili, la gravitazione non lo è. Il che significa che negl istanti brevissimi del grande botto, prima di tale separazione, spazio e tempo dovevano essere quantizzati, e i singoli atomi potevano emettere o assorbire solo multipli interi di una determinata quantità di energia. Ciò implica il loro trovarsi in una condizione di stati discreti e non continui.
Il momento compreso tra 10-44 secondi e 10-35 secondi è chiamato GUT per via delle iniziali di Grand Unified Theory. In tale periodo brevissimo (ma brevissimo secondo il nostro modo di percepire e misurare il tempo) la forza forte, quella debole e l'elettromagnetismo erano un'unica forza. Solo all'età di 10-32 l'interazione forte si sarebbe distinta da quella elettrodebole.

Il big bang caldo e l'indizio della radiazione di fondo
"All'inizio fu la luce. Nelle condizioni estreme dell'universo primordiale la materia ionizzata emetteva radiazione che restava intrappolata al suo interno, come la luce in una nebbia fitta. Poi, via via che l'universo si espandeva, raffredandosi, elettroni e protoni, si unirono a formare atomi neutri, e la materia perse la capacità di catturare la luce. Oggi, circa 24 miliardi di anni dopo, i fotoni di quell'enorme emissione di radiazioni costituiscono la cosiddetta radiazione cosmica di fondo (CBR)" (1)
Quando gli astronomi esplorano la volta celeste per individuare queste microonde, trovano che il segnale appare quasi identico in ogni direzione. "L'ubiquità e l'isotropia della radiazione di fondo sono un indizio del fatto che essa venne generata in un passato più semplice, molto prima che si formassero strutture come i pianeti, le stelle e le galassie." (1)
Sembra strano, ma il rumore di fondo, opportunamente studiato, ci ha avvicinato alla soluzione di alcuni misteri circa l'origine dell'universo.
Arno Penzias e Robert Wilson scoprirono la radiazione cosmica di fondo nel 1965, mentre tentavano di individuare la sorgente di un misterioso rumore nella loro antenna radio. Non ci crederete, ma tale scoperta "fu una prova importante a favore della teoria dei big bang, secondo la quale l'universo, ai suoi primordi, era un plasma denso e caldissimo di particelle e di fotoni." (1)
In sostanza, la rapida espansione dell'universo nei primi istanti dopo il big bang caldo, diede origine a onde sonore che compressero ed espansero insieme il "plasma primordiale". Tuttavia, dopo che l'universo si fu raffreddato al punto da consentire la formazione di atomi neutri, circa 380.000 anni dopo, l'andamento delle variazioni di intensità causate dalle onde sonore venne, per così dire, congelato, nella radiazione cosmica di fondo a microonde. La temperatura dei gas diminuì a sufficienza affinchè i protoni catturassero gli elettroni. "Questa transizione, chiamata ricombinazione, modificò radicalmente lo scenario. I fotoni non venivano più diffusi dalle collisioni con le particelle cariche e, quindi, per la prima volta potevano propagarsi nello spazio quasi senza impedimento. I fotoni emessi dalle zone più calde e dense avevano un'energia più alta di quelli provenienti dalle zone rarefatte, cosicché lo schema di punti caldi e freddi indotto dalle onde sonore fu congelato nella radiazione di fondo." (1)

Ancora più indietro
Per capire questi punti è necessario un ulteriore passo indietro.
Solo intorno al 1940, cioè 65 anni fa, sembrava ragionevole attribuire al sistema solare un'età di 5 miliardi di anni. Ma ciò era in contraddizione col fatto che la totalità dell'universo sembrava molto più giovane. Tale convinzione derivava dagli studi delle galassie lontane messo a reagire con un fenomeno scoperto da C. J. Doppler, un fisico austriaco, già nel lontano 1842.
Doppler scoprì l'effetto Doppler, ovvero quel principio secondo il quale un suono emesso da una sorgente in movimento appare più acuto quando essa si avvicina e più grave quando esso si allontana. Doppler notò che il fenomeno interessava anche le onde luminose oltre che quelle sonore. Quando la luce proviene da una sorgente mobile, raggiungendo l'occhio, provoca un cambiamento di frequenza, cioè di colore, posto che la velocità sia sufficientemente elevata. Quando la sorgente si avvicina, la luce percepita si sposta verso il violetto. Quando si allontana, la luce si sposta verso l'estremo dello spettro dove le frequenze sono più basse e tendono al rosso.
Nel 1848, il francese A. H. L. Fizeau osservò che la posizione delle righe spettrali poteva servire per studiare meglio l'effetto Doppler. Si ebbe così l'effetto Doppler-Fizeau che trovò immediata applicazione nello studio del Sole e di tutta la galassia, purchè ovviamente, fosse possibile disporre dello spettro dell'oggetto studiato.
Nel 1868, l'astronomo inglese Sir William Huggins annunciò che la stella Sirio si stava allontanando dal Sole alla velocità di 46 km al secondo. La misura era un po' imprecisa, ma abbastanza vicina a quella calcolata più tardi. Nel 1890, l'americano J. E. Keeler mostrò che Arturo si stava invece avvicinando alla Terra alla velocità di 6 km al secondo. Ma già nel 1889, il tedesco H. K. Vogel aveva compiuto un ulteriore passo in avanti: studiando il variare delle frequenze di Algol, che un po' sembrava avvicinarsi ed un po' sembrava allontanarsi, giunse alla conclusione che Algol non era una, ma due, ovvero che si trattava di una stella binaria a eclissi. La loro rotazione portava in sostanza una stella ad eclissare l'altra di volta in volta.
Nulla si opponeva, ormai, all'applicazione dell'effetto Doppler-Fizeau allo studio di tutto l'universo. Così nel 1912, l'astronomo americano V. M. Slipher scoprì che la galassia di Andromeda si stava avvicinando alla Terra alla velocità di circa 200 km al secondo.
Proseguendo le ricerche, venne in chiaro che tutto l'universo era in movimento. Nel 1929 Edwin Powell Hubble, ipotizzò che le velocità di recessione crescessero con regolarità, proporzionalmente alla distanza delle rispettive galassie. Questa relazione è nota come La legge di Hubble, legge che da allora ha trovato infinite conferme sperimentali.
Quando entrò in funzione il telescopio da 200 pollici, poterono essere studiati oggetti cosmici ancora più distanti e venne osservata una velocità di recessione di 240.000 km al secondo. Le galassie, in sostanza si comportavano come se l'universo si stesse espandendo.

Già nel 1928 si era cominciato a parlare di nebulose extragalattiche. Parlare di altre galassie, implicava di fatto il riconoscimento che l'universo fosse molto più grande e complesso di quanto supposto fino ad allora.
Secondo Hubble i dati raccolti indicavano " una correlazione lineare tra le distanze e le velocità", che si poteva esprimere scrivendo v = Kr, essendo K una costante approsimativamente pari a 300 km al secondo per milione di parsec.
Enrico Bellone ha spiegato con chiarezza l'importanza storica della legge di Hubble: " Al fine di chiarire il significato profondo della relazione lineare tra velocità e distanza è necessario rilevare che la costante K, essendo proporzionale al rapporto v/r, è esprimibile in chilometri al secondo per milioni di parsec. Essa quindi, ha la dimensione dell'inverso del tempo. In altri termini, usando un valore realistico di K sulla base di conoscenze astronomiche affidabili, si ottiene per 1/K un valore approssimativo di due milioni di anni. Questa valutazione approssimata consente in parte di cogliere la portata di una dichiarazione fatta dallo stesso Hubble nell'articolo del 1929. Dopo aver commentato la relazione tra v e r, Hubble sottolineava che essa aveva una caratteristica cospicua, in quanto sembrava connessa alla 'possibilità che la relazione velocità-distanza rappresenti l'effetto de Sitter e che, quindi dati numerici siano introducibili nella discussione sulla curvatura generale dello spazio'. La costante K infatti forniva informazioni sulla dimensione temporale dell'universo e faceva parte di di una relazione empiricamente affidabile. Il fatto che 1/K fosse numericamente pari a circa 2 miliardi di anni non era in alcun modo trascurabile." (2)
Hubble era ben consapevole che nelle nuova descrizione dell'universo entrava potententemente in gioco "l'elemento del tempo" e che essa si contrapponeva alla concezione di un universo statico in cui credevano Albert Einstein e Willem de Sitter.
Ciò che occorre sapere è che la costante di Hubble è stata una delle categorie della fisica che ha conosciuto il maggior numero di correzioni ed aggiustamenti. E questo è uno dei punti che meriteranno una trattazione particolare.

La famigerata costante cosmologica di Einstein
Quanto ad Einstein, bisogna dire che, ultimata l'elaborazione della relatività generale, si trovò a considerare che un universo infinito, ma statico, sarebbe collassato sotto la pressione della forza di gravità. E fu per questo che egli immaginò l'esistenza di una "costante cosmologica" del tutto trascurabile a distanze minori, ma di pari efficacia alla forza di gravità negli spazi infiniti. Trascorsi appena pochi anni, nel 1922, il matematico russo Friedmann intervenne sulla teoria di Einstein in modo molto significativo.

Il ruolo del matematico russo Aleksandr Aleksandrovic Friedmann (1888-1925)
Fu questi, tanto geniale quanto sfortunato per la brevità della sua vita stroncata dal tifo, a dimostrare, però, che proprio a partire dai lavori di Einstein, si poteva arrivare a due modelli dinamici dell'universo. Il primo era unicamente espansivo. Il secondo ammetteva la contrazione. Lo stesso Einstein riconobbe la validità degli studi di Friedmann dopo un'iniziale fase di scetticismo.
Secondo Friedmann le due alternative si potevano descrivere così: "1) esiste nello spazio complessivo in grande una densità media della materia che è dovunque la stessa ed è diversa da zero. 2) L'ampiezza (raggio) dello spazio è indipendente dal tempo." Friedmann commentava: "mi sembrava inevitabile, giacché pensavo che, facendone a meno, ci si sarebbe addentrati in speculazioni senza fine."
Di fronte alle due alternative, Friedmann accettò la prima e respinse l'ipotesi due; a suo avviso "le originarie equazioni del campo ammettono una soluzione in cui il 'raggio dell'universo' dipende dal tempo". (cit. in 2)

e quello di Georges Lemaître
Indipendentemente da Friedmann, il belga Georges Lemaître, nato nel 1894, prima laureato in fisica e poi finito in seminario a studiare da prete, elaborò uno schema simile verso la fine degli anni Venti, sostenendo che se l'universo si andava espandendo, significava che in precedenza doveva essere stato più piccolo e più denso. Non solo, avrebbe potuto anche darsi il caso di un vero e proprio uovo cosmico originario. (L'Uroburo di alcune antichissime tradizioni orientali). In realtà, Lemaître aveva pensato che l'evoluzione cosmica fosse partita da un atomo primitivo e instabile, che aveva cominciato a scindersi in base a meccanismi "superradioattivi".
Purtroppo, il lavoro di Lemaître non raccolse che scarsissima attenzione, fino a quando Arthur Stanley Eddington non lo resuscitò.

Big bang v/s creazione continua
Tuttavia, fu il fisico russo-americano George Gamow che negli anni Trenta e Quaranta cominciò ad evangelizzare con la kerigmatica idea del big band, secondo lo schema FLRW (dalle iniziali di Friedmann, Lemaître, Robertson e Walker) ovvero la nascita dell'universo con una grande esplosione. Il nuovo verbo incontrò scetticismo e finanche opposizione aperta, al punto da stimolare il costituirsi di una teoria rivale. Due australiani, Hermann Bondi e Thomas Gold, che pure ammettevano il dato inoppugnabile dell'espansione universale, rifiutarono l'idea del big bang, cioè di un inizio dello spazio-tempo e asserirono piuttosto che, man mano che le galassie si allontanavano l'una dall'altra, venivano a formarsi nuove galassie nelle spazio vuoto. Il "materiale" delle nuove nebulose si sarebbe formato dal "nulla", ad una velocità troppo piccola perché lo si potesse rilevare con gli strumenti disponibili.
Tale teoria, nota come creazione continua, implicava una concezione stazionaria: l'universo, secondo Bondi e Gold, e poi anche l'inglese Fred Hoyle, esiste da sempre e non è altro che un moto continuo di allontanamenti tra galassie e di generazione successive di galassie nello spazio vuoto.
Contrastata e contestata dai nuovi dati sperimentali, la teoria naufragò nel "nulla" dopo qualche anno, consentendo l'imporsi della dottrina del big bang, la quale però, lasciava ampi margini di dubbio per la sua imperfezione.

Le riserve di Einstein
E' interessante notare che Einstein, pur consentendo alla teoria dell'espansione di Friedmann, osservava una "curiosa difficoltà" nella considerazione di Hubble sullo spostamento delle righe spettrali verso il rosso (e cioè verso l'interpretazione dell'allontanamento delle galassie). Secondo Einstein, l'espansione avrebbe dovuto iniziare soltanto 109 anni fa, mentre gli astronomi nella loro generalità ritenevano ancora attendibile che lo sviluppo di singole stelle e sistemi stellari richiedesse un tempo molto più lungo. Com'era possibile che l'espansione avesse un'età inferiore, pari a 1 o 2 miliardi di anni, quando già si era a conoscenza di rocce di almeno 5 miliardi di anni?
"Una via d'uscita per il paradosso provocato dalla 'curiosa difficoltà' sembrava consistere nel fatto che i modelli di Lemaître o dello stesso Eddington prevedevano che la storia dell'universo avesse attraversato una lunga fase quasi statica prima che prendesse il sopravvento la fase evolutiva vera e propria. Forse il sistema solare si era formato durante la fase quasi statica, anche se non si era in grado di specificare la modalità fisica di eventi del genere." (2)

E quelle di altri
La teoria dell'inflazione sorse per correggere l'originaria teoria del big bang caldo. Essa fu proposta da Alan H. Guth del MIT nel 1980. Il problema consisteva allora nel fatto che alcuni cosmologi non ritenevano convincenti ed adeguate le teorie del big bang al fine di spiegare molte delle caratteristiche dell'universo. Come osservato da Jonathan J. Halliwell, "l'universo attuale include regioni che in questo modello non possono essere state in comunicazione tra loro per la massima parte della sua storia. Queste regioni si stanno allontanando l'una dall'altra a una velocità tale da far ritenere che la distanza che le separa sia stata, per quasi tutta la storia dell'universo, superiore alla distanza-orizzonte (la distanza totale che un segnale luminoso avrebbe potuto percorrere dall'origine dell'universo). Questo problema dell'orizzonte rende difficile spiegare la stupefacente uniformità della radiazione cosmica di fondo." (3)

Halliwell rilevava che il problema fondamentale incontrato era quello della curvatura dello spazio (implicita nella teoria del big bang caldo), curvatura che si sarebbe dovuta accentuare col passare del tempo, a fronte della constatazione che le parti osservate risultavano piatte. Ma, fatto ancora più indicativo, secondo Halliwell, il big bang non riusciva a spiegare l'origine di strutture di grande scala, quali le galassie.
Nella futura storia dell'astrofisica, Harrison e Zel'dovich occuperanno un posto per aver tentato di spiegare almeno parzialmente la strutturazione di agglomerati di grande scala a partire da fluttuazioni piccolissime della densità della materia in un universo primordiale altrimenti omogeneo.
Essi lavorarono indipendentemente l'uno dall'altro, il primo ad Amherst, nel Massachusetts, il secondo a Mosca. Nel loro modello, la quantità di radiazione termica contenuta in una data quantità di materia rimane costante anche se la densità nello spazio fluttua nel tempo. Un universo di questo tipo richiede che ogni regione dello spazio deve contenere uguale densità di materia e radiazione. Pertanto, la radiazione risulta concentrata in aggregati corrispondenti a quelli della materia.
Zel'dovich, in particolare, dimostrò che nell'universo primitivo i protoammassi avrebbero avuto una tendenza a collassare rapidamente, assumendo la forma di una frittella schiacciata. Era il top-down model, il modello a scendere.
Tuttavia, le prime versioni del top-down model presentavano un problema non da poco: l'origine ultima di tali fluttuazioni rimaneva inspiegabile, e ad esse dovevano corrispondere fluttuazioni altrettanto grandi nella densità di energia e quindi nella radiazione di fondo. Ma ciò era incompatibile con l'osservazione empirica che riconosceva che l'universo è pieno di una radiazione di fondo pressoché isotropa.

La teoria dell'universo inflazionario
Alan Guth propose una convincente alternativa a quella che veniva considerata una come una condizione inderegobile: l'esistenza di una singolarità assoluta e forse irripetibile delle condizioni iniziali, dove per singolarità si deve intendere che le leggi fisiche classiche non hanno più valore e devono essere momentaneamente messe da parte.
Il modello dell'universo inflazionario, è simile a quello del big bang caldo tranne che per un punto essenziale: "lo schema di Guth per l'inizio dell'universo include un primo, brevissimo periodo di espansione straordinariamente rapido". (3) Questo processo, chiamato inflazione, ebbe una durata brevissima, 10-30 secondi.
In tale lasso di tempo le dimensioni dell'universo si sarebbero aumentate di un altrettanto sorprendente fattore 1030, passando dagli iniziali 10-25 cm a quelle di 1 metro circa.
A giudizio di Halliwell, "L'inflazione di Guth è essenzialmente una brevissima discontinuità all'interno del modello del big bang caldo, ma è sufficiente a risolvere molti dei problemi di cui abbiamo parlato. L'inflazione risolve il problema dell'orizzonte perché l'universo osservato deriverebbe da una regione abbastanza piccola da permettere in ogni momento la comunicazione di tutte le parti. Il problema della curvatura svanisce perché l'enorme espansione avrebbe gonfiato l'universo al punto da farlo apparire piatto (proprio come appare piatta ogni piccola posizione della superficie di un grande pallone riempito d'aria)" (3)
Ma leggiamo cosa scrisse lo stesso Guth. "Nel 1980 ho sviluppato l'idea dell'universo inflazionario, una nuova teoria per spiegare come avrebbe potuto iniziare il big bang. Essa è stata accettata da molti perché in accordo con i dati relativi al big bang. Non mette in discussione le conoscenze precedenti ma ne aggiunge molte altre: ci spiega, per esempio, molte cose su ciò che è accaduto nella prima frazione di secondo dell'universo, un periodo che non era mai stato esplorato prima. Risponde inoltre a una serie di domande lasciate aperte dal modello standard. [...] Una delle caratteristiche più stupefacenti del modello dell'universo inflazionario è che esso si può evolvere a partire da qualcosa di incredibilmente piccolo: pare che bastino dieci chili di materia per dare origine ad un universo. Qui si fa sentire la la differenza con la teoria standard. Il modello cosmologico tradizionale presuppone che tutta la materia che esiste adesso fosse già presente all'inizio; quindi esso si limita a descrivere come è avvenuta l'espansione e come la materia è andata raffreddandosi ed evolvendosi. (4)
In realtà non sono mancate le riserve alla teoria di Guth e tra le più autorevoli pare interessante quella sollevata dal "nostro" grande Margherita Hack. "Nel 1979 [Guth] ebbe un lampo di genio nel proporre la sua teoria dell'universo inflazionario. [...] Sottolineo l'uso del condizionale perché questo modello di universo, per quanto attraente e capace di rispondere a molti perché, non è né verificabile né riproducibile, Può darsi che fra qualche anno nuove inaspettate scoperte lo mandino nel museo delle teorie scientifiche, insieme a quel modello di universo stazionario proposto da Bondi, Gold e Hoyle, e definitivamente messo in pensione dalla scoperta della radiazione cosmica a 3 gradi assoluti." (5)
Nonostante questa riserva, Hack ha reso molto obiettivamente la teoria dell'inflazione.
Facciamo una considerazione sulla transizione dallo stato liquido, cioè sullo stato più "naturale e comune", dell'acqua a quello solido. I passaggi dallo stato liquido a quello solido, cioè al ghiaccio, e viceversa, sono transizioni di fase. Hack sottolinea che l'acqua può anche non solidificarsi se il variare della temperatura avviene con estrema dolcezza, cioè con un raffreddamento lento fino a 0 gradi centigradi, e persino a temperature inferiori. Qualunque perturbamento potrebbe, tuttavia, provocare il mutarsi in ghiaccio. "Guth si rese conto che, come accade quando l'acqua superaffreddata si condensa in ghiaccio, il processo non avviene simultaneamente, ma ad istanti diversi nelle diverse parti del volume di liquido. Lo stesso, egli ipotizza, dovrebbe essere successo nell'universo." (4)
Di qui: " La teoria proposta da Alan H. Guth ... assume che all'epoca della separazione della forza gravitazionale dalle altre tre forze, quando l'età dell'universo era di 1035 secondi e la temperatura di 1028 gradi , fotoni e bosoni X avevano la stessa energia ed erano in numero paragonabile a quello delle altre particelle. Ma col diminuire della temperatura i bosoni X diventano altamente instabili: ha così inizio una fase asimmetrica, paragonabile alla transizione di fase, preceduta da un super raffreddamento. L'energia liberata nel passaggio dallo stato simmetrico a quello asimmetrico è tremendamente alta ed è quella che provoca l'espansione. L'espansione inflattiva prosegue fino a che la transizione di fase è completa e cessa il super raffreddamento. Questo avverrebbe all'età di 1032 secondi. Il calore latente liberato riporta la temperatura a circa 1027 gradi. Il calcolo indica che nell'infinitesimo lasso di tempo compreso tra 1035 secondi e 1032 secondi, lo spazio si sarebbe triplicato ogni 10-34 s. Ciò significa che il processo di triplicazione si sarebbe ripetuto 100 volte (in 10-32 secondi l'intervallo di 10-34 secondi ci sta cento volte), pari dunque a 3100 che è uguale al fantastico numero di 1048.
Può lasciare interdetti il fatto che una tale espansione avverrebe a velocità ben superiore a quella della luce. Ma va notato che ciò che espande è lo spazio vuoto, mentre il limite relativistico si applica alla materia." (5)
In realtà, Guth presenta la sua tesi in modo un po' diverso. "Per il modello inflazionario tutta la materia nell'universo può essere creata nel brevissimo periodo di inflazione. Nel modello standard, invece, è necessario postulare che essa sia presente fin dall'inizio, e non c'è modo di spiegare come è stata creata. Fra l'altro, la produzione inflazionaria di materia si accorda con il principio di conservazione dell'energia, benché l'universo venga creato praticamente dal nulla. I calcoli di fisica relativistica lo confermano. Lo strano risultato si spiega con il ruolo centrale giocato dalla gravità nella conservazione dell'energia. Si dà il caso, infatti, che l'energia di qualsiasi campo gravitazionale sia negativa. Durante l'espansione, via via che l'universo cresce, l'energia totale della materia sale a livelli altissimi, mentre l'energia nella gravità diventa sempre più negativa. In questo modo le due forme di energia si elidono, cosicché l'energia totale del sistema resta la stessa di quando era cominciata l'espansione, probabilmente a livelli molto bassi. In effetti l'universo potrebbe avere anche un'energia totale pari a zero, in virtù del fatto che quella negativa della gravitazione cancella quella positiva della materia. Questa capacità di produrre materia nell'universo differenzia il modello inflazionario da quello precedente." (4)

Ne riparleremo.

note:
(1) Wayne Hu e Martin White - Sinfonia cosmica - n 427, marzo 2004 de Le Scienze
*
l'età dell'universo è stimata dalla maggioranza degli studiosi attuali attorno ai quindici miliardi di anni. Singolare che Hu e White la elevino a 24 miliardi di anni senza darne una spiegazione. Probabilmente hanno constatato che l'universo si trova in una fase di espansione accellerata.
(2) Enrico Bellone - Le stelle e la loro storia in Storia della scienza moderna e contemporanea - a cura di Paolo Rossi, prima edizione TEA 2000
(3) Jonathan J. Halliwell - La cosmologia quantistica e l'origine dell'universo - n 282, febbraio 1992 de Le Scienze
(4) in Martin Brockman - La terza cultura - Alan Guth - Un universo nel cortile - Garzanti 1999
(5) Margherita Hack - L'universo alle soglie del terzo millennio - BUR 2000

Per approfondire
ad un livello elementare, accessibile a chiunque disponga di una cultura mediosuperiore, ritengo molto utile Il libro di fisica di Isaac Asimov, il quale, per quanto cominci ad essere un po' datato (perché nulla invecchia più rapidamente di una teoria fisica) ha il merito di offrire una panoramica pressoché completa dell'evoluzione della fisica e dell'astronomia, consentendo al lettore di acquisire e memorizzare elementi essenziali della cultura scientifica.
I testi divulgativi di Stephen Hawking sono persino troppo semplici, ma un'occhiata a La teoria del tutto e Dal big bang ai buchi neri io la darei perchè proprio da questa semplicità possiamo imparare ad essere semplici e lineari a nostra volta.
Il testo, citato nelle note, di Margherita Hack, si segnala da solo per la sua completezza, anche se presenta qualche difficoltà per chi è proprio a digiuno.
Infine, i Quaderni di Le Scienze numero 97, Spazio, tempo e relatività, a cura di Fernando de Felice, e il numero 105, Le galassie, a cura di Renzo Sancisi, presentano il pregio di offrire una rassegna pluralistica dei migliori studi pubblicati da Le Scienze e quindi da Scientific American negli ultimi ventanni.