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La scienza nell'età ellenistica
di Daniele Lo Giudice

Nel III° secolo a.C. si verificarono conquiste significative in campo scientifico e tecnologico. Non ho volutamente usato il termine progresso, giacchè questo è tipico una mentalità moderna e gli antichi non avevano certamente un concetto simile.
Tuttavia, potrebbe anche essere sbagliato negarne del tutto l'esistenza. Tecnici e scienziati del tempo non potevano non credere che vi fosse un grosso potenziale nello sfruttamento delle risorse e dei materiali da un lato e che dietro a queste possibilità esistessero leggi e principi di natura.
Da quando l'uomo aveva imparato a nuotare ed a costruire imbarcazioni erano passati millenni. Eppure solo in questo periodo apparve un Archimede in grado di esplicitare il famoso principio secondo il quale un corpo immerso in acqua riceve una spinta verso l'alto pari al peso del volume di acqua spostato
Questo è un caso che potrebbe non dimostrare una regola, ovvero che prima si sviluppa la tecnica e poi nasce la scienza. Ma è innegabile che in questo frangente avvenne proprio così: prima millenni di tecnica, e poi una scoperta scientifica che non rivoluzionò il mondo, ma prese atto che la rivoluzione era già avvenuta e che ora, finalmente, si poteva avere la certezza teorica e non solo empirica del galleggiamento.
Analogamente, Archimede, secondo una storia tramandata da Plutarco e da Proclo, avrebbe progettato un sistema per consentire ad un solo uomo di spingere in acqua una trireme tirata in secco nel porto di Siracusa. «La macchina effettuava proprio quella divisione della forza che Aristotele aveva giudicato impossibile e che in effetti nel caso particolare della nave probabilmente non aveva precedenti.» (1)

Archimede fu dunque la dimostrazione evidente che si era passati da uno studio puramente statico e contemplativo dei fenomeni fisici ad uno studio della dinamica.
La comparsa e lo sviluppo di un metodo scientifico, più simile a quello considerato tale ai nostri giorni, potrebbe quindi essere considerato il merito principale dell'epoca ellenistica. Ovviamente non nasceva dal nulla, ma dall'incrocio di due distinte tradizioni, quella greca e quella orientale.
Sui miglioramenti tecnici e scientifici dell'età ellenistica influirono quindi diversi fattori. Uno di questi fu l'assorbimento nel modo greco di antichi saperi egiziani, babilonesi e persiani.
La scoperta di una sapienza babilonese, egiziana, persiana, fenicia andrebbe retrodatata, ovviamente, quanto meno alla Grecia classica ed al fiorire della civiltà ateniese, se non a Pitagora.
Ma il vero approfondimento avvenne in epoca ellenistica, quando cioè apparvero uomini in grado non solo di comprendere il valore e l'importanza della matematica babilonese o della medicina egiziana, ma di sviluppare tutte le conoscenze raggiunte nel mondo unificato ed implementarle.
Non fu un caso, dunque, che i principali protagonisti della vita scientifica in epoca ellenistica non vennero dalla Grecia continentale, ma vissero principalmente in altre realtà. Come Euclide, ad esempio, che operò ad Alessandria, e come Archimede, che nacque a Siracusa, ma studiò a lungo ad Alessandria.
Questa città divenne indubbiamente il vero centro scientifico del mondo ellenistico.
Il primo Tolomeo vi aveva fondato Museo e Biblioteca e questi fornivano agli studiosi raccolte di testi e strumenti d'ogni genere.
Le invenzioni e i perfezionamenti di macchine militari nel IV secolo su richiesta di sovrani quali Dioniso di Siracusa e Filippo V di Macedonia contribuirono certamente allo sviluppo della meccanica. Allora come oggi, purtroppo, sembra sia l'esigenza di migliorare l'efficienza bellica uno dei grandi incentivi all'incremento delle scienze e delle tecniche.
Comunque sia, nel campo della meccanica, dell'idrostatica e persino dei gas compressi si ebbero insieme realizzazioni pratiche e teoriche.
I nomi da ricordare sono quelli di Ctesibio, Filone di Bisanzio, Erone (forse I sec d.C.) che progettarono ordigni militari di vario genere, ma anche giocattoli e marchingegni curiosi, quali un orologio idraulico, una pompa da incendio azionata ad aria compressa, un teatro automatico e bambole viventi, persino distributori automatici di bevande. (1).
La congerie di trucchi presenti nel tempio di Serapide ad Alessandria (vedi Le nuove religioni) fu un'applicazione rigorosa e spettacolare di queste invenzioni.
Archimede è giustamente considerato come il prototipo dell'inventore di macchine utili, in grado di risparmiare energia e lavoro e conseguire risultati di grande efficacia.
Durante la sua permanenza in Egitto, egli inventò la coclea, una vite impiegata per sollevare l'acqua.
Come spesso accade nei momenti di maggior progresso, teoria e pratica erano strettamente congiunti.
Stratone di Lampsaco, discepolo del Liceo di Aristotele, riuscì ad elaborare una teoria sulla comprimibilità dei gas riprendendo il concetto di spazio vuoto. Ancora Archimede scoprì l'importantissimo concetto di peso specifico mentre s'ingegnava di determinare la proporzione dell'oro e di altri metalli nella regale corona del tiranno di Siracusa.
A Erone si fa risalire la scoperta del principio fisico di uguaglianza tra azione e reazione. Sempre Erone si interessò della trasmissione del calore e sembra che riuscì ad ideare e realizzare una primitiva macchina rotante a vapore.
Solo la cattiva qualità del vetro impedì ad Archimede di mettere a punto lenti da ingrandimento veramente potenti.
L'influsso babilonese e la tradizione del calcolo su base sessagesimale consentirono una maggiore esattezza nelle misurazioni del tempo e dello spazio. Il giorno venne diviso in 24 ore, il cerchio in 360°.
I contributi di Eudosso, allievo di Platone e maestro di Aristotele, notevoli per l'elenco delle stelle fisse e notevolissimo per la determinazione della circonferenza terrestre, furono ripresi da Dicearco di Alessandria ed Eratostene di Cirene.
Accanto a personaggi interamente votati allo studio ed all'invenzione vi furono figure memorabili di natura diversa. Ad esempio, il marinaio Pitea della colonia greca di Marsiglia nella Francia meridionale, navigò oltre le colonne d'Ercole in aperto oceano, risalì la costa fino al Mare del Nord, seguendo la rotta esattamente inversa a quella dei Vikinghi, e raggiunse località nelle quali "la notte era lunga sei mesi". Analogamente, Eudosso di Cizico si spinse oltre il golfo di Aden e navigò a lungo in mare aperto nell'Oceano Indiano. Anche senza bussola, i capitani di lungo corso ellenistici avevano abbastanza scienza geometrica ed astronomica da poter sempre fare il punto della loro precisa situazione in mezzo al mare e senza coste in vista.
Se con Alessandro si era giunti molto lontano, alle porte di un nuovo mondo verso oriente, nel tempo immediatamente successivo, le esplorazioni si spinsero in ogni direzione e si sviluppò notevolmente la tecnica della cartografia.
Fu Eratostene a tracciare una carta della superficie terrestre abitata col reticolo di paralleli e meridiani.
Il principio della rotazione della terra, che era stato negato da Aristotele, ma che sembra venire nientemeno che dai pitagorici, fu ripreso su larga scala.
Aristarco di Samo formulò un'ardita ipotesi di universo eliocentrico, asserendo che la terra ruotava attorno al sole.
Seleuco di Babilonia accolse questa teoria e sviluppò uno studio sulle maree. Purtroppo, la teoria di Aristarco fu in seguito abbandonata da Ipparco di Nicea e, ingiustamente, si pensa che fu Claudio Tolomeo il grande codificatore della sapienza astronomica dell'antichità.

Pochi lo sanno, ma il canale di Suez non fu aperto per la prima volta nell'ottocento. Esisteva qualcosa di simile ai tempi della dinastia dei tolomei e questo dimostra quanto ardite ed avanzate fossero allora le tecniche di costruzione e di scavo. Il canale divenne inagibile in epoca romana imperiale, e da allora né arabi, né turchi riuscirono a ripetere l'impresa e ne sentirono in qualche modo l'impellente necessità.
La più grande realizzazione nautica del mondo ellenistico fu il Faro di Alessandria, alto 95 metri. La sua luce era visibile a circa 48 km di distanza. Rilevata la sua utilità, in molti porti del Mediterraneo vennero costruiti fari, anche se di minori dimensioni.
Anche nella costruzione di navi gli ellenisti furono maestri. Mercantili sempre più grandi, in grado di trasportare enormi quantità di grano e merci furono varati e celebre divenne la Siracusana, una nave fatta costruire dal tiranno Gerone, per la quale era occorso legname pari a quello necessario per 60 triremi! Secondo Ateneo, a bordo della Siracusana avevano trovato posto giardini pensili, una palestra, venti stalle per i cavalli ed una biblioteca. Forse, più che un mercantile, era una vera e propria nave da crociera per i miliardari dell'epoca.

Per avere idea precisa dei progressi in campo matematico e geometrico bisogna guardare più da vicino ai grandi contributi di Euclide ed Archimede. Il primo fu il grande sistematore della sapienza geometrica maturata in ambito accademico e pitagorico. I suoi Elementi sono ancor oggi il fondamento della geometria piana e solida ed alla base del rigoroso metodo matematico basato sul principio della dimostrazione di qualsivoglia teorema muovendo da postulati e nozioni comuni non dimostrabili ma forti solo di un'evidenza.
Archimede, grazie a precedenti studi di Eudosso, si avvicinò molto al moderno calcolo differenziale di Newton e Leibniz. Apollonio di Perge elaborò una teoria raffinata delle sezioni coniche ed Erone sviluppò la trigonometria, perfezionando i metodi dell'estrazione cubica.

Nel Liceo aristotelico le regine indiscusse della ricerca scientifica erano state la biologia e la zoologia, e con Teofrasto anche la botanica e la psicologia descrittiva vennero guadagnando terreno.
Un esperto di viticoltura dei nostri giorni troverebbe molto interesse nel leggere i consigli di Teofrasto.
Non sembra, tuttavia, che in epoca ellenistica queste discipline si siano ulteriormente sviluppate, anche se trovarono larga applicazione nel rinnovamento delle tecniche agricole. Persino un sovrano scese in campo con un trattato di agronomia: re Attalo III di Pergamo.
Sembra vero che i risultati raggiunti dai peripatetici furono strumentalizzati, per così dire, al fine di avere materiali utili per la medicina, la farmacologia e persino la tossicologia. Quest'ultima fu particolarmente sviluppata dal medico personale di Mitridate Eupatore, il celebre re del Ponto, che ogni giorno assumeva piccole dosi di veleno per rendersi invulnerabile a tentativi di regicidio.
L'anatomia compì notevoli progressi grazie alla vivisezione di animali; purtroppo pare confermato che nelle carceri egiziane si compissero esperimenti su criminali, prigionieri di guerra e detenuti comuni.
Il nome che ricorre maggiormente nelle storie della medicina è quello di Erofilo di Calcedonia, anch'egli trasferitosi ad Alessandria. Fu il primo a formulare una descrizione del fegato e dell'apparato digerente, distinguendo alcuni tratti dell'intestino e dando loro dei nomi ancor oggi usati, come duodeno e digiuno.
Grandissimo il suo contributo sul sistema nervoso ed a lui si deve, probabilmente, la stessa scoperta dei nervi e la distinzione tra sensori e motori. In anatomia vascolare, descrisse le cavità del cuore e le valvole, la differenza tra vene ed arterie, riprendendola da Prassagora di Cos. Studiò l'occhio ed inventò il nome di retina.
«Erofilo -scrive Lucio Russo - si occupò anche di medicina in senso stretto, cioè di patologia, diagnostica e terapeutica. Egli introdusse, in particolare, quello che per oltre duemila anni rimase il principale strumento di diagnosi: la misura della frequenza del battito. Erofilo aveva notato sia la correlazione tra frequenza del battito e temperatura corporea sia la variazione della frequenza media con l'età. Per misurare la febbre dei suoi pazienti si era fatto costruire, secondo quanto riferisce Marcellino, un orologio ad acqua tarabile in base all'età del malato.» (1)

note
1) Lucio Russo - La rivoluzione dimenticata - Feltrinelli 1996
DLG - 13 dicembre 2003