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La filosofia della scienza di Karl Popper
Perché il principio d'induzione non è in grado di demarcare scienza e non-scienza
di Guido Marenco

L'aveva già detto Aristotele: il procedimento induttivo non porta ad alcuna certezza, ma solo a conclusioni probabili. Eppure non v'è altra strada per trovare i principi di ogni scienza. Anche per questo Bacone si scagliò con tanta violenza contro Aristotele: Bacone desiderava ardentemente, voleva, che il procedimento induttivo, a lui tanto caro, portasse oltre la provvisorietà di una conclusione incerta. E che quindi fondasse la scienza su solida roccia. Il che, in genere, ha portato ad evidenziare come risultato di un processo induttivo un esempio di questo tipo: se tutti i cigni osservati finora sono bianchi, è probabile che tutti i cigni sono bianchi. Che ha davvero ben poco di scientifico, se scienza significa "certezza che qualcosa sia così, e non possa essere altrimenti", ma che è scientifico proprio in quanto assume che l'asserzione è solo molto probabile.
In realtà, il procedimento induttivo difeso e propugnato da Bacone era qualcosa di assai più complesso e meno banale. E mirava a un bersaglio molto più ambizioso che il colore dei cigni. Bacone si misurò con il problema della natura del calore, e attraverso una complicata rete di analogie e diversità, giunse ad una conclusione tutto sommato accettabile, almeno per i suoi tempi: vi è calore se vi è movimento. Non era una scoperta di Bacone, ma solo una teoria già in auge al suo tempo. Tuttavia, Bacone mostrò come fosse possibile pervenire al risultato per via induttiva e trovare che il calore è effetto di un movimento. Seguendo il metodo induttivo, egli comprese che la luminosità non è un elemento indispensabile al calore, visto che la luna è luminosa, ma non scalda.
Bacone riteneva che la scienza dovesse puntare a scoprire la causa di un effetto, mentre la bianchezza dei cigni (o la non bianchezza di un esemplare) è solo un effetto.
A proposito del sillogismo, Bacone ne sottolineava l'inadeguatezza perché non poteva fornire alcuna nuova informazione. Se tutti i cigni sono bianchi, diremmo noi, che cosa si può dedurre sillogisticamente di veramente significativo se non "Quello è un cigno, quindi è bianco"?
Di conseguenza, il deduttivismo non procurava alcuna via che potesse condurre a nuovi principi. Insoddisfatto del metodo aristotelico della "induzione per semplice enumerazione", Bacone affermò che gli aristotelici usavano in modo inadeguato e superficiale l'ascesa induttiva, saltando precipitosamente "dal senso e dai fatti particolari" agli "assiomi più generali". Occorreva ascendere con misura, gradatamente, ed anche diversamente. Le idee di Bacone ebbero successo e per molto tempo sia filosofi che scienziati condivisero i suoi principi ed i suoi metodi, convinti che l'induttivismo con basi osservative fosse il vero procedimento scientifico. Il punto di maggior forza dell'induttivismo si poteva trovare allora nelle diagnosi dei medici, che dai sintomi risalivano alla malattia, anche se era evidente che per scoprire e definire una malattia nuova occorreva pur sempre un movimento del pensiero non semplicemente induttivo, ma una supposizione, una nuova ipotesi. Saltiamo da Bacone al mondo d'oggi, ignorando posizioni come quelle di Stuart Mill o di Whewell, ma non dimentichiamo che una storia dell'induttivismo meriterebbe uno spazio ben più ampio.

Anche Darwin rivendicò al suo metodo un carattere "baconiano". Osservare, raccogliere dati, confrontarli. Trovare, infine, qualche prova cruciale e non sommare solo indizi su indizi. Se non fosse stato perché le circostanze incalzavano, chissà quando L'origine della specie avrebbe visto la luce. Darwin aveva molti scrupoli. Tornava continuamente sulle stesse cose, saggiandole ripetutamente da ogni lato, confidandosi con amici, interrogando esperti, leggendo libri. Quando fu costretto a sintetizzare in un certo numero di pagine tutto il suo immenso lavoro di ricerca, dovette dolorosamente escludere tante osservazioni certosinamente raccolte, mirare al sodo. Pur avendo ben salda in testa un'ipotesi, la selezione naturale, egli rimase convinto dell'obiettività della sua ricerca. L'idea "guida" che aveva seguito non gli aveva precluso il senso della possibilità. Non aveva cercato solo prove e conferme, verifiche, alla sua ipotesi. Aveva semplicemente cercato. Diversamente da un procuratore impegnato a trovare capi d'accusa, o da un avvocato impegnato a trovare prove a difesa, Darwin fu in grado di indossare contemporaneamente i due diversi abiti mentali, superandoli in una sintesi che non era la semplice somma, ma qualcosa di più: l'obiettività.
Eppure, a giudizio di Popper, la teoria darwiniana non si può propriamente classificare come scientifica. La posizione più tarda è quella più significativa: la troviamo in La ricerca non ha fine. (1) L'inizio del rapporto di Popper con Darwin andrebbe cercato, come suggerito dallo stesso Popper, in Miseria dello storicismo (2)

«In Miseria dello storicismo vi è il mio primo breve tentativo di trattare alcune questioni epistemologiche connesse alla teoria dell'evoluzione. Io continuai ancora a lavorare su questi problemi, e a ciò fui assai incoraggiato allorché mi resi conto più tardi, di essere pervenuto a risultati assai simili ad alcuni di quelli ottenuti da Schrödinger.
Nel 1961 tenni ad Oxford la Herbert Spencer Memorial Lecture, con il titolo "Evolution and the Tree of Knowledge". In questa conferenza andai un po' oltre, credo, le idee di Schrödinger; e da allora ho sviluppato ulteriormente quel che ritengo sia un leggero miglioramento della teoria darwiniana, mantenendomi rigorosamente entro i limiti del darwinismo in quanto contrapposto al lamarckismo - tenendomi alla selezione naturale, in quanto contrapposta all'istruzione.
Nella mia Compton Lecture (1966), inoltre, cercai di chiarire parecchie questioni connesse; ad esempio, la questione dello status scientifico del darwinismo. A me pare che il darwinismo stia rispetto al lamarckismo esattamente nella stessa relazione in cui sta
il deduttivismo con l'induttivismo
la selezione con l'istruzione per ripetizione
l'eliminazione critica dell'errore con la giustificazione
L'insostenibilità logica delle idee elencate nella colonna di destra di questa tabella costituisce una specie di spiegazione logica del darwinismo: esso, pertanto, si potrebbe descrivere come "quasi tautologico", o come logica applicata - comunque come logica situazionale applicata (come vedremo).
Da questo punto di vista, la questione dello status scientifico della teoria darwiniana - nel senso più lato, la teoria del tentativo e dell'eliminazione degli errori - diventa una questione interessante. Io sono giunto alla conclusione che il darwinismo non è ancora una teoria scientifica controllabile, ma un programma di ricerca metafisico - un possibile schema di riferimento per teorie scientifiche controllabili.» (3)

In realtà, problema di Darwin fu per Popper una grande sfida, perché lo schema di scienza elaborato nella Logica della scoperta scientifica era interamente ricavato dalla fisica e dalla matematica, e non teneva in giusto conto le procedure seguite in altre scienze. Recentemente Ernst Mayr ha orgogliosamente rivendicato uno status di unicità e singolarità della ricerca biologica, in L'unicità della biologia (Raffaello Cortina - 2005, © Mayr 2004). Fin dalle prime pagine Mayr insiste, tra l'altro, su un particolare: la divisione in biologia tra area della ricerca funzionale ed area della biologia evolutiva potrebbe indurre a collocare la prima tra le scienze della natura e la seconda tra le scienze storiche, senza per questo compromettere il carattere scientifico della biologia evolutiva. Ma anche la biologia funzionale ha seguito un percorso del tutto suo. «Ben pochi filosofi - scrive Mayr - hanno capito che tanto la meccanica quanto tutte le discipline scientifiche postgalileane possedevano due tipi di caratteristiche. Si tratta, nel primo caso, di caratteristiche condivise da tutte le discipline scientifiche autentiche, tra cui l'organizzazione e la sistematizzazione delle conoscenze sulla base di principi esplicativi. [...] Nessuna di queste caratteristiche specifiche della meccanica, però, svolge un ruolo di primo piano in biologia, quando si tratta di formulare una teoria.» Sarebbe interessante seguire Mayr ma, qui occorre tornare a Popper. (*)

Per Popper non esiste un metodo per inventare una nuova teoria, ma esiste un unico metodo per provare la sua validità rispetto a tutte le scienze. Se viena a mancare il momento della falsificazione, una teoria ha un bassissimo livello di scientificità. Più falsificazioni riesce a generare, più alto è il suo livello di scientificità. Ciò è particolarmente evidente nelle prime pagine della Logica. Occorre entrare nel dettaglio dell'argomentazione popperiana contro il principio d'induzione sostenuto apertamente da Hans Reichenbach per capire il punto di vista popperiano.
Per Popper, il principio d'induzione fu già seriamente demolito da Hume. «.. si sarebbe dovuto vedere chiaramente che in relazione al principio d'induzione possono facilmente sorgere contraddizioni; e si sarebbe dovuto anche vedere che esse possono venire evitate, ammesso che lo possano, soltanto con difficoltà. Infatti il principio d'induzione dev'essere a sua volta un'asserzione universale. Dunque, se tentiamo di considerare la sua verità come nota per esperienza, risorgono esattamente gli stessi problemi che hanno dato occasione alla sua introduzione. Per giustificarlo, dovremmo impiegare inferenze induttive; e per giustificare queste ultime dovremmo assumere un principio induttivo di ordine superiore, e così via. In tal modo il tentativo di basare il principio d'induzione sull'esperienza fallisce, perché conduce necessariamente ad un regresso infinito.» (4)
Secondo Popper il tentativo kantiano di legittimare il principio d'induzione come "valido a priori" non ebbe successo. Le difficoltà del procedimento induttivo sono insormontabili. Anche quando i sostenitori di esso non pretendono che le sue conclusioni siano rigorosamente valide, ma si limiti a raggiungere qualche grado di credibilità o di probabilità.

Questo accanimento di Popper contro i fondamenti empirici del pensiero scientifico è assoluto, e non conosce mezzi termini. L'esperienza serve solo a controllare e smentire. Non ha alcun ruolo nel determinare ipotesi: prima viene l'ipotesi, poi si realizzano esperienze che o corroborano o falsificano la teoria. Tutte le volte che apriamo gli occhi sul mondo, vediamo già tutto ordinato secondo teorie. Da tempo abbiamo perso l'innocenza del contatto immediato, necessariamente caotico con le cose. . Il martello serve a picchiare, la luce serve a illuminare, la calore serve a scaldare, il quadro serve ad ornare, la penna serve per scrivere e l'abaco per contare. La teoria della gravitazione serve a spiegare. Ci mettiamo a pescare con una canna non per esperienza ma perché possediamo una teoria che ci dice che così si può catturare un pesce che abbocca all'amo . Facciamo l'esperienza del pescare, osserviamo altri pescare con la canna e vediamo se è vero o no.
Viviamo in un mondo ordinato perché abbiamo il senso delle cose e degli strumenti che ci circondano, e abbiamo tale senso perché disponiamo di teorie. Ulteriori teorie nascono dalle falle logiche ed empiriche delle teorie precedenti.
Secondo Popper, i sostenitori del metodo induttivo hanno confuso psicologia e logica. L'induttivismo è psicologico, il deduttivismo è logico. Tale confusione reca danno anche alla psicologia, oltre che alla logica ed all'epistemologia. La psicologia che accetta l'empirismo come logico non è abbastanza profonda. La psicologia deve rendersi conto che l'empirismo non è logico, ma un errore della psicologia.
Indubbiamente, Popper, accanendosi in tal modo contro l'empirismo, viene a guadagnare un grande merito: quello di aver mostrato che il senso comune è portato a gettare nella notte nera dell'esperienza (intesa come patrimonio personale di conoscenze acquisite individualmente) tutto ciò che in realtà non è dovuto a esperienza primordiale diretta, ma a studio ed educazione. Noi crediamo sia 'esperienza' ciò che in realtà è un modo di guardare al mondo appreso da teorie che ci sono state insegnate. Se non avessimo nozione della teoria copernicana, la semplice esperienza diretta continuerebbe a dirci che il Sole gira e la terra sta ferma. La logica della scoperta scientifica 'rompe' con l'esperienza e la contesta apertamente. Nessun procedimento induttivo avrebbe mai potuto generare la teoria di Aristarco e di Copernico. Essi osarono superare le colonne d'Ercole dell'esperienza del senso comune e spingersi in mare aperto, rivoluzionando il modo di vedere le cose del senso comune, di un senso comune glorificato a verità eterna.

La riflessione popperiana giunge così a individuare alcuni nodi di importanza decisiva. Tra questi 'il problema di Hume', da intendersi come problema dell'induzione, e 'il problema di Kant', da intendersi come il problema della demarcazione. Tale problema è "il più fondamentale". «In realtà - scrive Popper - la ragione principale per cui gli epistemologi con tendenze empiristiche sono propensi a puntare tutto sul "metodo dell'induzione", sembra essere la credenza che soltanto questo metodo può fornire un criterio di demarcazione appropriato. Ciò è vero specialmente per quegli empiristi che militano sotto le insegne del "positivismo".
I vecchi positivisti erano ben lieti di ammettere come scientifici o legittimi, soltanto quei concetti (o nozioni, o idee) che, secondo il loro modo di presentare la questione, fossero "derivati dall'esperienza"; cioè, quei concetti che essi credevano riducibili logicamente a elementi di esperienza sensibile, quali sensazioni (o dati sensibili), impressioni, percezioni, ricordi auditivi o visivi, e così via. I positivisti moderni sono in grado di di vedere più chiaramente che la scienza non è un sistema di concetti, ma piuttosto un sistema di asserzioni. Di conseguenza intendono ammettere come scientifiche o legittime, soltanto quelle asserzioni che siano riducibili ad osservazioni elementari, o "atomiche", di esperienza -a "giudizi di percezione" o "proposizioni atomiche" o "enunciati protocollari", o dio sa cosa. E' chiaro che il criterio di demarcazione qui implicito è identico alla richiesta di una logica induttiva.
Poiché rifiuto la logica induttiva, devo anche rifiutare tutti questi tentativi di risolvere il problema della demarcazione. Il problema della demarcazione diventa importante per la nostra indagine in seguito a questo rifiuto. Il compito cruciale di qualunque epistemologia che non accetti la logica induttiva dev'essere il trovare un criterio di demarcazione accettabile.» (5)

Popper rimprovera ai positivisti di affrontare il problema della demarcazione come se fosse un problema di scienza naturale. Essi non si propongono di raggiungere una 'convenzione appropriata' del concetto di teoria scientifica perché convinti di aver scoperto, "tra scienza empirica da un lato e metafisica dall'altro", una differenza che esiste in natura. Per questo, tentano di denunciare costantemente la metafisica come "chiacchiera insensata".
Qui è bene seguire Popper parola per parola. «Se con le parole "insensato" o "insignificante" non vogliamo esprimere nient'altro, per definizione, che "non appartenente alla scienza empirica", allora la caratterizzazione della metafisica come non-senso insignificante è assolutamente ovvia; infatti la metafisica viene di solito definita come non-empirica. Ma naturalmente i positivisti credono di poter dire, intorno alla metafisica, molto di più che non che alcune delle sue asserzioni sono non-empiriche. Le parole "insignificante" o "insensato" suggeriscono, e si vuole che suggeriscano, una valutazione negativa; e non v'è dubbio che ciò che i positivisti vogliono veramente non è tanto una efficace demarcazione quanto piuttosto lo scalzamento e l'annichilimento definitivi della metafisica. In qualunque modo ciò possa accadere, vediamo che ogni qualvolta i positivisti hanno tentato di dire con maggiore chiarezza che cosa significhi "significante", il loro tentativo ha condotto allo stesso risultato: a una definizione di "enunciato significante" (distinto da "pseudo-enunciato significante") la quale non faceva altro che reiterare il criterio di demarcazione della loro logica induttiva.» (6)

Esemplare è il caso di Wittgenstein. Secondo Popper, a condizione che si sostituisca, con Wittgenstein, la parola "significante" alle parole "legittimo" o "scientifico", abbiamo chiaro che il criterio di significanza coincide con il criterio di demarcazione di tutti i neopositivisti. «E - scrive Popper - proprio a riguardo al problema dell'induzione questo tentativo di risolvere il problema della demarcazione fallisce: i positivisti, nella loro ansia di distruggere la metafisica, distruggono, con essa, la scienza della natura. Infatti le leggi scientifiche non possono a loro volta, essere ridotte ad asserzioni empiriche elementari. Applicato coerentemente, il criterio di significanza di Wittgenstein liquida come insignificanti quelle leggi naturali la cui ricerca, come dice Einstein, è il compito supremo del fisico: tali leggi non potranno mai essere accettate come asserzioni genuine o legittime.» (7)

Il neopositivismo, anziché sradicare la metafisica dalla scienza empirica, conduce al contrario all'irruzione della metafisica nella scienza attraverso lo psicologismo. Sicché, il tentativo di ricostruire razionalmente i passi che hanno condotto lo scienziato alla concezione di una teoria sono psicologistici e non logici. «Se ciò che si deve ricostruire sono i processi che entrano in gioco quando si stimola o si dà sfogo a un'ispirazione , allora rifiuto di considerare questa ricostruzione come il compito della logica della conoscenza.» (6)
L'attenzione logica di Popper si sposta così dalla sfera delle cause a quelle degli effetti di una teoria. Una teoria non nasce logicamente, ma contiene un "elemento irrazionale", "un'intuizione creativa" nel senso di Bergson, che Popper cita esplicitamente. Ciò che conta, in definitiva, è come una qualsiasi teoria, anche originata da un elemento irrazionale, si possa prestare a controlli razionali ed empirici. «Accade così che le argomentazioni che espongo in questo libro siano del tutto indipendenti da questo problema. Comunque, il mio modo di vedere la cosa - per quello che vale - è che non esista nessun metodo logico per avere nuove idee, e nessuna ricostruzione logica di questo processo.» (8)

Lo spostamento dell'attenzione dal perché e dalla genesi di una teoria a quali conseguenze logiche comporta, ci guida direttamente a quello che per Popper è il metodo consistente nel sottoporre le teorie a controlli critici. Ecco dove rientra l'elemento razionale. «Volendo - scrive Popper - possiamo distinguere quattro differenti linee lungo le quali si può eseguire il controllo di una teoria. Per primo viene il confronto logico delle conclusioni tra loro: confronto per mezzo del quale si controlla la coerenza interna del sistema. In secondo luogo viene l'indagine della forma logica della teoria, il cui scopo è di determinare se la teoria abbia carattere di teoria empirica o di teoria scientifica, o se sia, per esempio tautologica. In terzo luogo viene il confronto con altre teorie, il cui scopo principale è quello di determinare se la teoria costituisca un progresso scientifico, nel caso che sopravviva ai vari controlli a cui l'abbiamo sottoposta. E infine c'è il controllo della teoria condotto mediante le applicazioni empiriche delle conclusioni che possono essere derivate da essa.
Scopo di quest'ultimo tipo di controllo è di scoprire fino a qual punto le nuove conseguenze della teoria - qualunque cosa di nuovo possa esserci in ciò che essa asserisce - vengano incontro alla richiesta della pratica, sia a quelle sollevate da esperimenti puramente scientifici, sia a quelle che derivano da applicazioni tecnologiche pratiche. Anche qui la procedura dei controlli rivela il proprio carattere deduttivo. Con l'aiuto di altre asserzioni già accettate in precedenza si deducono dalla teoria certe asserzioni singolari che possiamo chiamare "predizioni": in particolar modo predizioni che possano essere controllate o applicate con facilità. Tra queste asserzioni scegliamo quelle che non sono derivabili dalla teoria corrente, e, più in particolare, quelle che la teoria corrente contraddice. In seguito andiamo alla ricerca di una decisione riguardante queste (e altre) asserzioni derivate, confrontando queste ultime con i risultati delle applicazioni pratiche e degli esperimenti. Se questa decisione è positiva, cioè se le singole conclusioni si rivelano accettabili o verificate, la teoria ha contemporaneamente superato il controllo: non abbiamo trovato alcuna ragione per scartarla. Ma se la decisione è negativa, o in altre parole, se le conclusioni sono state falsificate, allora la loro falsificazione falsifica anche la teoria da cui le conclusioni sono state dedotte logicamente.» (9)

La concezione popperiana della teoria scientifica, di cos'è scienza, trova così la sua giustificazione razionale. E' scienza quel tipo di asserzione che può essere falsicata.
«Per essere falsificabili - osserva Geoffrey Stokes - le singole teorie i ipotesi scientifiche dovrebbero avere la forma logica di "asserzioni strettamente universali", che potrebbero essere espresse sotto forma di proibizioni o "negazioni di asserzioni strettamente esistenziali"; qualsiasi ipotesi deve essere in grado di generare asserzioni empiriche singolari che, se confermate o corroborate, confutano la teoria. Una volta che una teoria sia stata accettata come scientifica, la teoria più falsificabile è da preferirisi a quello meno falsificabile. Una teoria è tanto più falsificabile quanto maggiore è il numero di "asserzioni di base" o predizioni, e quindi di pretese empiriche, che genera. » (10)
La teoria dovrà, come s'è già visto, anche non essere contraddittoria, ma dovrebbe anche essere preferibilmente semplice. Semplicità e contenuto empirico crescente, tuttavia, non sono sufficienti, perché la validità di una nuova teoria si misura anche sulla sua capacità di spiegare ciò che riuscivano a spiegare le teorie che intende sostituire. Ma i problemi a cui abbiamo solo accennato 'per titoli' trovano nella Logica della scoperta scientifica un'accurata elaborazione in capitoli differenti. Proveremo a riprenderli uno per uno, prossimamente.

(continua)

1) K. R. Popper - La ricerca non ha fine / Un'autobiografia intellettuale - Armando 1976 - III edizione 1997
2) K. R. Popper - Miseria dello storicismo - Feltrinelli
*) Occorre tuttavia chiarire che la rivendicazione di Mayr si basa su alcune considerazioni a mio avviso piuttosto forti, anche se l'ultima potrebbe essere discussa all'infinito, perché appare quantomeno singolare. In biologia sono venuti storicamente a cadere prima l'essenzialismo (del resto condannato anche da Popper), il determinismo (come vedremo in Popper, anche se in forma diversa da quella biologista), il riduzionismo. Dopo di che, si è affermata la convinzione che in biologia si operi in assenza di leggi naturali universali. Affermazione che rimette in gioco la nozione stessa di 'legge'. Una teoria biologica, per Mayr, non sarebbe una legge in senso fisico, ma nient'altro che una teoria biologica, quindi qualcosa di molto più impegnativo che l'ipotesi metafisica richiamata da Popper - tema che peraltro Mayr non tocca direttamente - ma qualcosa di molto meno vincolante di una legge fisica. «Non vi è dubbio - scrive Mayr - che, in biologia , le leggi abbiano un ruolo piuttosto trascurabile nella formulazione di una teoria. La ragione principale cui si può imputare la scarsa rilevanza delle leggi nel processo di formazione delle teorie biologiche va forse cercata nel ruolo di maggior rilievo che probabilità e casualità svolgono nei sistemi biologici. E ancora, potremmo spiegare il ruolo secondario che le leggi hanno in biologia considerando il carattere di unicità che caratterizza un'elevata percentuale di fenomeni negli esseri viventi, oltre che la natura degli stessi. A causa della natura probabilistica della maggior parte delle generalizzazioni che si effettuano nella biologia dell'evoluzione, è impossibile applicare il criterio della falsificabilità proposto da Popper per controllare una teoria, perché il caso particolare in cui una data legge venga apparentemente confutata potrebbe non essere altro che un'eccezione, simile a tante altre in biologia. La maggior parte delle teorie biologiche, infatti, non si basa su leggi, ma su concetti.» E. Mayr - L'unicità della biologia - Raffaello Cortina 2005, © Mayr 2004.
I concetti di cui parla Mayr sono, ad esempio, quello di selezione, speciazione, popolazione, filogenesi ecc...
3) K. R. Popper - La ricerca non ha fine / Un'autobiografia intellettuale - Armando 1976 - III edizione 1997
4) K. R. Popper - Logica della scoperta scientifica - Einaudi 1970 - ©1934, 1959, 1966, 1968 come The Logic of Scientific Discovery
5) idem
6) idem
7) idem
8) idem
9) idem
10) G. Stokes - Popper - Il Mulino 2002 / © Stokes 1998 - Popper. Philosophy, Politics and Scientific Method - Cambridge 1998 / i riferimenti sono tutti a The Logic of Scientific Discovery