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La filosofia della scienza di Karl Popper
Dove si sostiene che affermazioni elementari circa la realtà non possono essere giustificate dalle esperienze più di quanto si possa giustificarle picchiando un pugno sul tavolo
di Guido Marenco
"Il vecchio ideale scientifico dell' episteme - della conoscenza assolutamente certa, dimostrabile - si è rivelata un idolo. L'esigenza dell'oggettività scientifica rende ineluttabile che ogni asserzione della scienza rimanga necessariamente e per sempre allo stato di tentativo. E' bensì vero che un'asserzione scientifica può essere corroborata, ma ogni corroborazione è relativa alle asserzioni che a loro volta hanno natura di tentativi. Possiamo essere «assolutamente certi» solo nelle nostre esperienze soggettive di convinzione, nella nostra fede soggettiva. " K. R. Popper - La logica della scoperta scientifica

Secondo quanto ci ha raccontato lo stesso Popper, il suo modello di filosofia della scienza nacque riflettendo su quella che a suo avviso era la logica della scoperta scientifica evidenziata da Einstein. In più di un'occasione questi aveva affermato che le ipotesi scientifiche nascono come "libera invenzione creativa". Si cerca di imporle alla natura e il più delle volte questa risponde "no, così non va". Ma, a volte, la cosa funziona. Il problema è che Einstein non spiegò come si arriva a libere invenzioni creative. Forse, la spiegazione è più semplice di quanto si possa supporre se pensiamo a come Peirce descrisse il processo abduttivo. Esso accade tutte le volte che ci facciamo una domanda del tipo: "e se fosse vero che?" Il segreto dell'abduzione sta tutto qui. Essa si applica ogni qualvolta ci sembrano insufficienti le spiegazioni canoniche, in tutte le circostanze, in tutti gli ambiti, in tutte le ricerche. Naturalmente, mi ha sorpreso negativamente che Popper non abbia fatto ricorso a Peirce, risolvendo così uno degli interrogativi che solleva la sua impostazione. Come nascono le ipotesi? Come riusciamo immediatamente a selezionare quelle che potrebbero "andare" e quelle "sballate" in partenza? Sono le domande più banali che potrebbero sorgere in chiunque, ma Popper ha escluso che simili domande possano ottenere risposta, e che, soprattutto, valga la pena di porsele. "La questione: come accada a un uomo venga in mente un'idea nuova - un tema musicale, o un conflitto drammatico o una teoria scientifica - può rivestire un grande interesse per la psicologia empirica ma è irrilevante per l'analisi logica della conoscenza scientifica. Quest'ultima prende in considerazione non già questioni di fatto (il quid facti? di Kant), ma soltanto questioni di giustificazione o validità (il quid juris? di Kant)." Queste frasi sono tratte dalla Logica della scoperta scientifica, e mostrano chiaramente sotto quali restrizioni venga posta e determinata la logica della scoperta. A Popper interessa solo come può essere giustificata un'asserzione, in che modo, se può essere sottoposta a controlli, se dipenda da certe altre asserzioni o se entri in contraddizione con esse, o alcune di esse. Tutto il resto è psicologia empirica e resta momentaneamente escluso il chiedersi se le asserzioni della psicologia possano annoverarsi de jure tra quelle ammissibili.

Alla luce di tali convinzioni, strada facendo...
Popper si rese conto degli errori e dei limiti presenti nelle due correnti di pensiero più influenti nei primi decenni del Novecento: il convenzionalismo e il neopositivismo.
Confrontando l'esempio di Einstein con il pensiero dei vari Duhem, Poincarè, Carnap e Wittgenstein, Popper si convinse che sia il convenzionalismo che l'empirismo logico erano confutati dal cammino della scienza. Lo stesso cammino della scienza suggeriva come rimediare. Guardando soprattutto all'aspetto metodologico dell'impresa di Einstein, Popper vi ravvisava un concetto fondamentale: quello della falsificazione. Per provare la solidità di una teoria, non bastava verificarla; occorreva "un controllo genuino" e "quest'ultimo può essere presentato come un tentativo serio, benché fallito, di falsificare la teoria". Il controllo portava alla corroborazione della teoria stessa..
In questo primo intervento mi limiterò a descrivere la critica di Popper alle due correnti epistemologiche influenti nei primi decenni del Novecento, accennando per linee generali alle alternative che propone. Nel successivo cercherò di evidenziare in quale misura le idee di Einstein giocarono un ruolo determinante nella genesi del falsificazionismo e del fallibilismo popperiano . Quest'ultimo è un altro pilastro della teoria di Popper, anche se non si può dire che sia una sua invenzione originale, visto che l'idea di probabilismo, e quindi di errore possibile nella predizione di un evento, risale quantomeno a Carneade, cade con la filosofia medioevale, ma risorge, se ben si guarda, già con Descartes e persino con l'ultradeterminista Laplace, consapevole dell'impossibilità che l'uomo possa pervenire alla conoscenza della situazione fisica totale e dettagliata dell'universo pur perseguendo instancabilmente questa utopia.

Contro il convenzionalismo
Popper non manca di riconoscimenti al convenzionalismo; nella Logica della scoperta scientifica, scrive: «La filosofia del convenzionalismo dev'essere considerata altamente meritevole per il modo in cui ha contribuito a chiarificare le relazioni tra teoria ed esperimento. Essa ha riconosciuto l'importanza, a cui gli induttivisti avevano prestato così poca attenzione, della parte che le nostre azioni e le nostre operazioni, pianificate secondo convenzioni e ragionamento deduttivo, hanno nell'esecuzione e nell'interpretazione dei nostri esperimenti scientifici. Io ritengo che il convenzionalismo sia un sistema autosufficiente e difendibile. E' improbabile che i tentativi di cogliere in esso qualche contraddizione abbiano successo. Però, nonostante tutto, lo trovo assolutamente inaccettabile. Sotto la sua superficie sta un'idea della scienza, dei suoi scopi e dei suoi propositi che trovo estremamente diversa dalla mia. Mentre io non esigo che la scienza possa fornire una certezza definitiva (e di conseguenza non la ottengo), il convenzionalista, per dirla con Dingler, cerca nella scienza "un sistema di conoscenze basato sopra fondamenti definitivi". Questa meta è raggiungibile, perché è possibile interpretare qualsiasi sistema scientifico dato come un sistema di definizioni implicite.» (1)

Ciò porta, secondo Popper, ad una forma di passività acritica. Si accettano le idee ricevute dal passato senza ben rendersi conto di che si tratta. Ora, nei periodi in cui la scienza si sviluppa in modo cumulativo, edificando su ciò che è già stato edificato, il convenzionalismo può funzionare. Tuttavia, «ben altro accadrà in tempi di crisi. In tutti quei casi in cui il sistema "classico" in vigore è minacciato dai risultati di nuovi esperimenti che, secondo il mio punto di vista, possono essere interpretati come falsificazioni, il sistema apparirà ben saldo al convenzionalista. Egli liquiderà le contraddizioni che possono essere sorte, ricorrendo ad una spiegazione e forse biasimando la nostra inadeguata padronanza del sistema. Oppure eliminerà le contraddizioni suggerendo l'adozione ad hoc di certe ipotesi ausiliarie o, forse, di certe correzioni ai nostri strumenti di misura.» (2)

Va bene, si dirà, ma non s'è visto che il convenzionalismo è inattaccabile dal punto di vista logico?
Che importa? C'è ugualmente un modo per evitarlo: basta decidere di non applicarne i metodi.
Sì, ma - ribadisce un convenzionalista - perché abbandonare un metodo che logicamente appare inappuntabile?
Perché, risponde Popper, in tempi di crisi il conflitto tra il sistema convenzionale e le nuove teorie falsificate e falsificanti diventerà ancora più acuto.
«Noi, e quelli che condividono il nostro atteggiamento, nutriremo la speranza di fare nuove scoperte, e spereremo anche di essere aiutati, in questo, da un sistema scientifico eretto ex novo. Avremo perciò un grandissimo interesse per l'esperimento falsificante, e lo saluteremo come un successo, perché ha aperto nuove prospettive in un mondo di nuove esperienze. E lo saluteremo con gioia, anche se queste nuove esperienze ci fornissero nuovi argomenti contro le nostre teorie più recenti. Ma la nuova struttura che sta sorgendo, di cui ammiriamo l'arditezza, è considerata dal convenzionalista come un monumento al "collasso totale" della scienza.» (3)

A questo punto, incontriamo una importante novità. Popper gioca la carta dell'empirismo contro l'avversario convenzionalista. La decisione di abbandonare i metodi convenzionalisti si giustifica attraverso il riconoscimento e l'ammissione che possa essere ammesso come scientifico soltanto un sistema che possa essere controllato dall'esperienza. E precisa: «Secondo la mia proposta, ciò che caratterizza il metodo empirico è la maniera in cui esso espone alla falsificazione, in ogni modo concepibile, il sistema che si deve controllare. Il suo scopo non non è quello di salvare la vita a sistemi insostenibili, ma, al contrario, quello di scegliere il sistema che al paragone si rivela più adatto, dopo averli esposti tutti alla più feroce lotta per la sopravvivenza.» (4)

Eppure, il convenzionalista ha ancora qualche carta da giocare, come riconosce Popper. Dalle sue idee è possibile ricavare "certi interessanti argomenti contro il mio criterio di demarcazione".
«Ammetto ... che i sistemi di teorie delle scienze naturali non siano verificabili; ma asserisco che non sono neppure falsificabili. Infatti esiste sempre la possibilità di "... raggiungere, per qualsiasi sistema di assiomi, quella che viene chiamata la 'corrispondenza con la realtà'... e ciò si può fare in un certo numero di modi... Così possiamo introdurre ipotesi ad hoc; oppure possiamo modificare le cosiddette "definizioni ostensive" (o le "definizioni esplicite"...) ecc...» (5) Popper ammette la possibilità di un atteggiamento scettico contro le nuove teorie. Ammette che lo sperimentatore possa non godere la nostra fiducia, che sia un bugiardo, e così via. Ciò che conta è che rimanendo all'interno di una logica convenzionalista non si può dividere le pretese teorie scientifiche in sistemi falsificabili e non falsificabili, "o meglio, una simile distinzione sarà ambigua".
Popper definisce "incontestabili" le obiezioni e ammette persino "che il mio criterio di falsificazione non conduce a una classificazione priva di ambiguità".
Come supera lo scoglio? Innanzi tutto asserendo che opporre un sistema convenzionale ad uno empirico significa cadere in una questione mal formulata. «Soltanto facendo riferimento al metodo applicato a un sistema di teorie è possibile chiedersi se si stia trattando con una teoria convenzionalistica o con una empirica. L'unico modo per evitare il convenzionalismo consiste nel prendere una decisione: la decisione di non applicarne i metodi. Nel caso in cui il nostro sistema sia minacciato decidiamo di non ricorrere, per salvarlo, a nessun genere di stratagemma convenzionalistico. In tal modo ci assicureremo contro l'uso della possibilità ora menzionata, e sempre aperta, di "... raggiungere, per ogni sistema ... scelto, quella che viene chiamata la sua 'corrispondenza con la realtà' ".» Tra virgolette, Popper ci ha messo una citazione dal chimico J. Black, un testo del 1803. Da esso riprende un'ulteriore citazione: " Un adeguato adattamento delle condizioni farà sì che quasi tutte le ipotesi concordino con i fenomeni. Ciò forse compiace l'immaginazione, ma non fa progredire la nostra conoscenza." E' ciò che serve a Popper per chiarire che la concordanza artificiosa tra sistema e realtà inseguita dal convenzionalismo rischia di bloccare lo sviluppo della ricerca scientifica, bocciando in anticipo teorie rivoluzionarie.

Contro l'empirismo logico
Sull'altro fronte, Popper non bada a spese. Investe moltissimo su Jacob Fries, il quale proponeva una rilettura-revisione del kantismo che, pur accentando "i più importanti risultati raggiunti da Kant", non accettava, anzi rifiutava il metodo kantiano. Questo rapporto Popper-Fries sarà più evidente in un'opera di molto successiva, I due problemi della conoscenza (Il Saggiatore 1979), ma nel V capitolo della Logica della ricerca scientifica, abbiamo già ampio materiale per inquadrare il problema.
La posizione di Fries è importante, perché consente ai neopositivisti di pensare in termini di ragionamento logico come tabula rasa. Se non c'è a priori, tutto l'edificio della scienza è una costruzione, l'Aufbau di Carnap.
La questione della base empirica della conoscenza viene delineato da Popper al termine del IV capitolo della Logica nel quale afferma di aver "ridotto la questione della falsicabilità delle teorie a quella della falsicabilità di quelle asserzioni singolari che ho chiamato asserzioni-base."
Le asserzioni-base sono anche per Popper la trascrizione protocollare delle percezioni sensibili. Ma il suo rapporto con le asserzioni-base è problematico. Egli contesta che le asserzioni-base siano fondamentali nella costruzione matematica della teoria e mette in dubbio, soprattutto, che dalle asserzioni-base si possa ricavare induttivamente una ipotesi scientifica. «La dottrina secondo cui le scienze empiriche sono riducibili a percezioni sensibili, e quindi a nostre esperienze, è accettata da molti come una dottrina ovvia e fuori di ogni discussione. Tuttavia questa dottrina sta in piedi, o cade, insieme con la logica induttiva, e qui vien rigettata con essa. Non voglio negare che che ci sia una particella di verità nell'opinione secondo cui la matematica e la logica sono basate sul pensiero, e le scienze fattuali sulle percezioni sensibili. Ma ciò che c'è di vero in questo punto di vista ha poca importanza per il problema epistemologico. E in realtà non c'è un problema epistemologico che più del problema della base delle asserzioni d'esperienza abbia sofferto della confusione tra tra psicologia e logica.» (6)
Popper assume una posizione a dir poco rigida nei confronti dell'effettualità del processo mentale che porta dal riconoscere l'esistenza di quattro cavalli al concetto di specie equina. Esiste un "bicchiere", esiste "acqua" nel "bicchiere", ma la percezione immediata non porta affatto a supporre un universale del tipo "bicchiere d'acqua".
Questa posizione conduce a una conclusione drastica, che farà discutere: "Gli universali non possono essere ridotti a classi di esperienza; essi non possono essere 'costituiti'." Costituire è il termine impiegato da Carnap per definire l'atto di nascita di una classe di oggetti simili nel nostro processo di conoscenza; è un procedimento induttivo. Se l'esistenza di due gocce d'acqua può solo destare meraviglia, una pioggia scrosciante potrebbe forse convincerci che esiste la classe delle gocce d'acqua che cadono dal cielo. Popper nega la validità di ragionamenti siffatti in generale e nella logica della scoperta scientifica in particolare.

Evidentemente lo scopo di Popper è quello di demolire la validità dei procedimenti induttivi che stanno alla base della filosofia dei neopositivisti logici. Empirismo = psicologismo: questa l'equazione da cui muove Popper. Carnap, Neurath, Hahn e compagnia bella hanno sostenuto, di fatto, una teoria della conoscenza che è psicologica. «Il punto di vista che chiamo "psicologismo" - scrive Popper -, [ ... ] sta ancora alla base, così mi sembra, di una moderna teoria della base empirica, anche se i suoi sostenitori non parlano di esperienze o di percezioni , ma piuttosto di "enunciati": enunciati che rappresentano esperienze. Neurath e Carnap li chiamano enunciati protocollari.
Una teoria analoga è stata sostenuta, in tempi ancor precedenti, da Reininger. Il suo punto di partenza era la questione: dove è situata la corrispondenza, o la concordanza, tra un'asserzione e lo stato di cose che essa descrive? Egli arrivò alla conclusione che le asserzioni possono essere confrontate soltanto con asserzioni. Secondo il suo punto di vista, la corrispondenza di un'asserzione con un fatto non è nient'altro che una corrispondenza logica tra asserzioni che appartengono a differenti livelli di universalità: è " ... la corrispondenza di asserzioni di livello superiore con asserzioni che hanno un contenuto simile e in definitiva con asserzioni che registrano esperienze." ... [ ... ] Carnap parte da un punto di una domanda un po' diversa. La sua tesi è che tutte le indagini filosofiche parlino "delle forme del discorso". La logica della scienza deve investigare "le forme del linguaggio scientifico". Essa non parla di "oggetti" fisici ma di parole; non di fatti, ma di enunciati. A questo modo corretto del discorso, il "modo formale del discorso". Carnap contrappone il modo del discorso ordinario, o, come lo chiama lui, il "modo materiale del discorso". Per evitare le confusioni si dovrebbe usare il modo materiale del discorso soltanto dove sia possibile tradurlo nel corretto "modo formale del discorso".» (7)
Ma questi benedetti enunciati, osserva Popper, si riferiscono proprio ai dati dei sensi che descrivono le esperienze immediate. E questo è "psicologismo", sebbene tradotto "nel modo formale del discorso".
Diversa la posizione di Neurath, perché per lui i procolli enunciatari non sono "irrevocabili" e quindi non hanno bisogno di conferme continue e ripetute. Per Popper, quello di Neurath è un "notevole progresso" rispetto al dogmatismo di Carnap. " E' un passo nella direzione giusta; ma non porta in nessun luogo se non è seguito immediatamente da un altro passo".
Popper sottolinea che non si possono cancellare protocolli ad arbitrio. C'è bisogno di regole e metodo. E Neurath non ci dice come e cosa fare. Senza accorgersene, "butta l'empirismo dalla finestra". «In questo modo non soltanto è possibile riscattare qualsiasi sistema, come fa il convenzionalismo, ma, data una buona quantità di enunciati protocollari, possiamo addirittura confermarli grazie alla testimonionza di testimoni che hanno testimoniato e registrano ciò che hanno visto e udito. Neurath evita una forma di dogmatismo, tuttavia apre la strada per la quale un qualsiasi sistema arbitrario può autoproclamarsi "scienza empirica".» (8)

L'oggettività della base empirica
La soluzione di Popper alle difficoltà in cui si muovono i neopositivisti consiste nel distinguere nettamente tra la scienza oggettiva da un lato e la "nostra conoscenza" dall'altro. Sono parole sue. Comincia col dire che solo l'osservazione ci da la conoscenza dei fatti, e che ammette, con Hahn, che questa ci da consapevolezza. Ma cos'è questa consapevolezza, poniamo di un temporale, se essa non giustifica, non consolida, la verità di alcuna altra asserzione, ad esempio che c'è un temporale perché ci sono nuvoloni neri neri in cielo?
Il che fa prendere a Popper questa piega: «Non credo perciò che la domanda che l'epistemologia deve porsi sia "... su che cosa riposa la nostra conoscenza? ..., o, più esattamente, come posso, dopo aver acquisito l'esperienza S, giustificare la mia descrizione di tale esperienza, e difenderla contro il dubbio?" La cosa non funzionerebbe neppure se cambiassimo il termine "esperienza" in "enunciato protocollare". Secondo me ciò che l'epistemologia deve chiedersi è, piuttosto: in quale modo controlliamo le asserzioni scientifiche per mezzo delle loro conseguenze deduttive? E quale genere di conseguenze possiamo scegliere per questo scopo se, a loro volta, tali conseguenze devono poter essere controllate intersoggettivamente?» (9)
La parte che segue è di estremo interesse. Popper afferma come superata e insostenibile una concezione della logica che ammette lo sviluppo delle inferenze in base a necessità del pensiero. Descrive tale condizione come un "sentimento dell'essere costretti a pensare lungo certe linee". E osserva: «Nel campo della logica questo tipo di psicologismo appartiene, forse, al passato. Nessuno mai sognerebbe di giustificare la validità di un'inferenza logica o di difenderla contro i dubbi, scrivendo a fianco di essa, sul margine del foglio, il seguente enunciato protocollare: "Protocollo: oggi, nell'esaminare questa catena di inferenze, ho provato un acuto senso di convinzione."» (10)
Per certi aspetti, tuttavia, lo psicologismo si ripete e perpetua anche quando si arriva alle asserzioni empiriche della scienza. Chiamare fisicalismo, come fanno gli empiristi logici, la fondazione certificante la nostra scienza, cioè la constatazione dell'esistenza di dati sensoriali inoppugnabili, trascritti nei protocolli, non è che psicologismo reiterato. «Tuttavia - scrive Popper - sia che si mettano in questione asserzioni della logica, sia che si mettano in questione asserzioni della scienza empirica, io penso che la risposta sia la stessa: la nostra conoscenza, che può essere sopra descritta, vagamente, come un sistema di disposizioni, e che può interessare la psicologia, può essere collegata in entrambi i casi con sentimenti di credenza o di convinzione: nell'un caso, forse, con la sensazione di essere costretti a pensare in un certo modo; nell'altro con quella di "assicurazione percettiva". Ma tutto ciò interessa soltanto lo psicologo, e non sfiora neppure problemi come quelli delle connessioni logiche tra le asserzioni scientifiche, che sono le sole ad interessare l'epistemologo.» (11)

Superare lo psicologismo? Le asserzioni-base
Popper non può rinunciare all'elemento empirico; può solo differenziarlo da quello di Carnap e Wittgenstein, quindi precisarlo. Senza riscontri empirici non si fanno "genuini controlli", infatti. Il tentativo di Popper si realizza con l'introduzione della nozione di asserzioni-base. Esse "hanno la forma di asserzioni singolari esistenziali".
Ovvero: "sul piatto c'è una mela", e anche ""sull'amperometro la lancetta indica la lettura di 0,75 ampere". Questo tipo di asserzioni può quindi essere controllato da osservatori, e gli osservatori potranno concordare. «Le asserzioni-base .... asseriscono che in una certa regione dello spazio e del tempo si sta verificandosi un evento osservabile.» Però siamo circondati da eventi, tutto è in movimento. E' importante decidere cosa osservare e controllare. Dobbiamo decidere. Tale passaggio è descritto da Oldroyd molto meglio di quanto potrei fare io: «Diventa perciò un fatto di decisione se un particolare evento venga scelto allo scopo di eseguire una corroborazione o una falsificazione. Ciò rende le "asserzioni-base" di Popper sostanzialmente diverse dagli "enunciati protocollari" di Neurath e di Carnap. Per i popperiani non si tratta di aprire i propri sensi, che potrebbero poi servire da primi pioli per salire sulla scala dell'induzione. Piuttosto, le asserzioni-base di Popper vengono accettate o rifiutate alla luce dell'applicazione di una particolare teoria o gruppo di teorie. A questo fine devono perciò essere fornite certe regole metodologiche. Il processo di accettazione o rifiuto di un'asserzione-base può essere comparato, dice Popper, al processo per mezzo del quale i membri di una giuria formulano il loro verdetto su un caso.» (12)
Il ruolo delle asserzioni-base è eminentemente negativo, allora. La funzione è quella di falsificare. L'esperienza può così demolire una teoria, ma non aiuta a costruirla. Popper sa bene che anche questa sua impostazione può essere attaccata come una forma di psicologismo più sofisticato. Tanto che scrive: «Indubbiamente ora sembrerà che, dopo tutto, nel richiedere l'osservabilità io abbia permesso allo psicologismo di reinsinuarsi nella mia teoria. Ma le cose non stanno così. Ammetto che sia impossibile interpretare in senso psicologistico il concetto di evento osservabile; ma uso questo concetto in un senso tale che esso potrebbe ugualmente essere sostituito da: "evento che implica la posizione e il movimento dei corpi fisici macroscopici". Oppure potremmo stabilire, più precisamente, che ogni asserzione-base dev'essere a sua volta un'asserzione intorno a posizioni relative di corpi fisici, o dev'essere equivalente a qualche asserzione-base di questo tipo "meccanicistico" o "materialistico".» (13)

La relatività delle asserzioni-base e la possibile nuova "Babele delle lingue"
Occorre decidere. Se non decidiamo quali asserzioni-base accettare, dice Popper, non corroboriamo e non falsifichiamo teorie. Però le circostanze non sono mai tali da costringerci, né a scegliere, né a rinunciare al controllo. Qualsiasi asserzione-base può essere a sua volta controllata da una qualsiasi altra asserzione-base dedotta da essa., con l'eventuale ausilio di qualche teoria. Sicchè la procedura non ha un termine, che Popper definisce naturale. In tali condizioni si verifica un massimo di libertà: i ricercatori possono arrestarsi, secondo Popper, se non trovano un accordo su quali asserzioni-base accettare e quali rifiutare. «E se non si mettono d'accordo andranno avanti con i controlli o li ricominceranno da capo. Se neanche questo porta ad un risultato possiamo dire che le asserzioni in questione non potevano essere controllate intersoggettivamente o che, dopo tutto, non stavamo trattando con eventi osservabili. Se un giorno gli osservatori scientifici non potessero più mettersi d'accordo sulle asserzioni-base ciò significherebbe un fallimento del linguaggio come mezzo di comunicazione universale. Questo equivarrebbe a una nuova "Babele delle lingue": la ricerca scientifica sarebbe ridotta all'assurdo. In questa nuova Babele il maestoso edificio della scienza sarebbe ben presto ridotto in rovina.» (14)
Proseguendo su questo terreno, Popper non può non imbattersi in quello che è da sempre il problema delle basi della conoscenza e quindi nella più classica delle sfide, quella che dai megarici arriva agli scettici, e si ripropone pari pari quando appunto si tratta di concordare a quali protocolli d'esperienza prestare attenzione.

Il superamento del trilemma di Fries
Fries aveva riproposto un tipico ragionamento scettico sull'impossibilità della conoscenza. O si accettano dogmaticamente alcune premesse, o si retrocede all'infinito per trovare altre premesse dimostrabili che non si troveranno mai perché è sempre necessario trovare un punto d'appoggio (e questo non è dimostrabile), oppure si casca nello psicologismo, cioè nel riconoscere validità alle percezioni sensoriali immediate. Non c'è via di scampo alla necessità di questo pensiero, secondo molti. Popper non si pone il problema del superamento logico del trilemma, e questo lo porta a riconoscere che le asserzioni-base hanno un carattere dogmatico, "ma solo in quanto possiamo desistere dal giustificarle mediante ulteriori argomentazioni (o ulteriori controlli)". Un eventuale regresso all'infinito sarebbe innocuo, "perché nella nostra teoria non si fa questione di tentar di provare, per suo mezzo, una qualsiasi asserzione". Infine, non ha difficoltà ad ammettere "che la decisione di accettare un'asserzione-base e di dichiararsene soddisfatti è causalmente connessa con le nostre esperienze - specialmente le nostre esperienze percettive - ma è altresì vero che non tentiamo di giustificare le asserzioni-base per mezzo di queste esperienze".
Cosa vuol dire Popper? L'espressione forte che usa è la seguente: ..."un'asserzione-base non può essere giustificata da esse [le esperienze], più di quanto non possa essere giustificata battendo il pugno sul tavolo". Reitera così la pervicace ostinazione di sottrarsi allo "stigma dell'empirismo". Ce la farà a sostenere questa tesi fino in fondo senza cadere in contraddizioni lapalissiane? Sarà possibile continuare a camminare sul filo come un uomo in bilico senza ricorrere, infine, proprio ad un argomento 'psicologistico' del tipo "io vedo", "io tocco", "io sento"?
Lo vedremo nei prossimi files.
note:
1) Karl R. Popper - Logica della scoperta scientifica - Einaudi 1970 - ©1934, 1959, 1966, 1968 come The Logic of Scientific Discovery
2) idem
3) idem
4) idem
5) idem
6) idem
7) idem. Le citazioni di Popper sono tratte rispettivamente da R. Reininger - Metafisica della realtà - (che non mi risulta tradotto in italiano) e da R. Carnap - Tesi della metalogica in "Erkenntnis", 2 (1932)
8) idem
9) idem. Il riferimento tra virgolette è a Carnap - Pseudoproblemi della filosofia, 1928
10) idem
11) idem
12) David Oldroyd - Storia della filosofia della scienza - Il Saggiatore 1989 © Methuen 1986
13) Karl R. Popper - Logica della scoperta scientifica, cit.
14) idem
gm - 16 febbraio 2006