filosofia


PARMENIDE


A cura di DIEGO FUSARO


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Parmenide fondò ad Elea , nell'attuale Campania , una vera e propria scuola filosofica e diede inizio alla corrente di pensiero eleatica che vede in Zenone e Melisso due discepoli e sostenitori . Parmenide fu attivo ad Elea verso il 500 a.c. , nacque da famiglia aristocratica e avrebbe contribuito alla legislazione della città . Permangono dubbi a proposito del suo possibile soggiorno ad Atene insieme al discepolo Zenone , dove avrebbe incontrato Socrate . Il tema della ricerca è molto sentito da Parmenide , ma è la divinità stessa ad indicare la via che occorre percorrere . Spesso la corrente di pensiero fondata da Parmenide viene denominata "monismo eleatico" per il fatto che essi , se vogliamo riallacciandosi ai Milesi e distaccandosi dai Pitagorici , sostenevano che tutto fosse riconducibile ad un unico principio . In realtà la tradizione antica vuole che il fondatore della scuola di Elea fosse Senofane , partendo da due presupposti ; in primo luogo Senofane aveva girato mezzo mondo ed era pure passato ad Elea . In secondo luogo , il tema centrale degli eleatici era l'unitarietà dell'essere , tema già presente in Senofane . Però al giorno d'oggi sappiamo che questo è davvero improbabile : è vero che Senofane predicava l'unitarietà , l'immutabilità , l'eternità e tutte le altre cose che predicavano gli eleatici , ma egli le riferiva interamente alla divinità , mentre gli eleatici le riferivano all'essere . Senofane era un teologo , Parmenide un ontologo : il concetto dell'essere è molto più astratto di quello della divinità . Gli eleatici sostengono l'immobilità della causa e così essa viene a mancare in quanto la sua funzione è quella di spiegare a che cosa è dovuto il cambiamento , che per loro non esiste : l'essere è immutabile . La parola essere (in greco "tò on" , ciò che è ) è proprio a partire da Parmenide che entra nell'uso filosofico . Egli fece un ragionamento che comportò un enorme passo avanti verso l'astrazione : notò infatti che tutti gli enti sono tra loro diversi , ma che hanno in comune il fatto di essere , di esistere . Abbiamo detto che egli fu un ontologo : ma cosa significa ? L'ontologo è colui che studia " l'essere in quanto essere " (come dice Aristotele) , vale a dire le caratteristiche di tutto quel che esiste . Aristotele ci parla di Parmenide e dice che studiava l'essere secondo definizione : si tratta quindi di indagare secondo definizione : la differenza tra Parmenide e gli altri pensatori sta proprio nel fatto che egli non iniziava la sua indagine partendo da constatazioni empiriche per arrivare alle conclusioni ; lui partiva dalla definizione di cosa è l'essere e tramite una serie di deduzioni arrivava alle conseguenze , spesso in netta contrapposizione con le testimonianze dei sensi . Parmenide non accenna mai alla realtà empirica . Arriva ad esplicitare due tautologie : a) l'essere è b) l'essere non è . Parmenide scrisse un poema in esametri (proprio come Senofane ed Empedocle), intitolato "Sulla natura" (Perì fuseos) , di cui ci rimangono frammenti . Mentre Senofane si serviva dell'esametro per avere maggior successo sugli ascoltatori e perchè la sua opera si divulgasse il più possibile , Parmenide scriveva in esametri perchè descriveva argomenti divini e quindi il verso epico era il miglior verso per parlare di tali argomenti . L'opera era strutturata in un proemio e due parti successive : proprio alla fine del proemio la divinità spiega che ci sono 3 vie da seguire : 1) L'essere è 2)L'essere non è 3)Si mescolano insieme l'essere ed il non essere . La seconda via verrà dichiarata impraticabile e puramente teoretica : è infatti impossibile dire o pensare ciò che non è . La terza via è quella che imboccano i comuni mortali , che mescolano l'essere con il non essere : per esempio i mortali parlano di nascere e morire , il che implica una mescolanza di essere e di non essere : nascere vuol dire essere , ma anche non essere prima di essere e morire vuol dire non essere , ma anche essere prima di non essere .Il criterio per giudicare scorretto il linguaggio degli uomini non è la sua corrispondenza a quanto ci è testimoniato dai sensi : a questi infatti appaiono oggetti che nascono e che muoiono . Ma il verdetto di Parmenide sul linguaggio e sulle opinioni degli uomini , collegate a quel tipo di linguaggio , non assume a criterio di giudizio le apparenze fornite dai sensi , bensì il contenuto logico delle parole usate dagli uomini . Essi infatti usano parole nelle quali si trova mescolato in modo contradditorio ciò che è disgiunto radicalmente , ossia essere e non essere . Con i termini " è " ed " essere " Parmenide intende probabilmente una molteplicità di cose . Infatti dire che qualcosa è , può significare che esso è presente o che esso esiste o che è qualcosa o che è vero . Tutti questi significati sono presenti nell'essere di Parmenide . Solo ciò che è può essere propriamente pensato e detto : questo comporta un necessario legame tra ESSERE , PENSIERO e LINGUAGGIO . Partendo dalla disgiunzione assoluta tra " é " e "non è ", Parmenide procede quindi ad individuare quali sono le proprietà di ciò di cui si può propriamente pensare o dire che è . Egli introduce in tal modo una procedura che resterà essenziale per il ragionamento non solo filosofico , ma anche matematico . Si tratta della DEDUZIONE , vale a dire il ragionamento che partendo da proposizioni ammesse come premesse ricava delle conclusioni : si parte da definizioni e verità generali per passare in modo logico a nuove verità più particolareggiate . In particolare Parmenide mette in opera una particolare forma di deduzione consistente nella cosiddetta DIMOSTRAZIONE PER ASSURDO , della quale Zenone farà la base per la sua filosofia . Essa assume come premesse il contrario di ciò che si vuole dimostrare e ne deduce una serie di conseguenze contradditorie o errate . E poichè queste conseguenze sono errate , ne risulta che sono errate le premesse a partire dalle quali sono ricavate . Il risultato è che saranno vere le premesse contrarie a quelle errate . E' proprio con la dimostrazione per assurdo che Parmenide dimostra l'immutabilità , l'immobilità , l'indivisibilità e l'unicità dell'essere . Ammettiamo che l'essere muti : ne consegue che esso è ciò che non era prima o non è ciò che era prima . Ma in tal modo si attribuisce a una stessa cosa l'essere e il non essere , il che va contro quel carattere di disgiunzione assoluta tra " é " e " non è " , assunto come necessario all'inizio . Per evitare tale contraddizione , diventa allora necessario concludere esattamente l'opposto , ossia che l'essere non muta . Lo stesso vale per dimostrare l'unicità : se l'essere fosse molteplice occorrerebbe riconoscere che ciascuno di questi molteplici è se stesso e non è altri e pertanto nuovamente sarebbe e non sarebbe . L'essere è immobile : ammettiamo che si muova ; una cosa è mobile quando si muove da una cosa ad un'altra : l'essere quindi si dovrebbe muovere verso qualcosa di diverso da se stesso . Ma il diverso dall'essere è il non essere , che non esiste : quindi l'essere è immobile . Tra le proprietà dell'essere Parmenide introduce anche il carattere finito di esso : infatti se fosse infinito sarebbe incompiuto e quindi mancherebbe di qualcosa ; ma se manca di qualcosa vuol dire che non è ciò di cui manca . Anche la nozione di infinito quindi comporta una mescolanza contradditoria di essere e non essere . Per questo Parmenide paragona ciò che è ("tò on") ad una sfera compatta , la quale esprime nel miglior modo possibile il carattere di compiutezza e totalità che caratterizza l'essere . La prima parte dell'opera si chiamava "ALETHEIA" (verità , dal verbo "lanthano" : la verità è ciò che non si nasconde) e rappresenta la prima via e la verità di primo livello . L' altra parte dell'opera si chiamava "DOXA" (opinione) e rappresentava la seconda via e la verità di secondo livello . Nell' Aletheia Parmenide fa considerazioni sull'essere mentre nella Doxa presenta una sorta di mezza verità , dove cerca di rendere compatibile la testimonianza dei sensi con la verità vera e propria : è come se cercasse un'interpretazione del mondo fisico compatibile con i sensi , con il modo in cui lo vediamo , e non in contrasto con l'Aletheia . Del proemio del "Perì fuseos" possediamo molto , della Doxa invece abbiamo solo pochi frammenti e questo testimonia che era ritenuta contradditoria perchè dà l'impressione che Parmenide voglia distaccarsi da quanto aveva affermato più volte in precedenza : ciò che capiamo con la ragione va seguito anche se è in contrasto con ciò che ci dicono i sensi . Va riscontrato che Aristotele mentre ci parla di Parmenide nella "Metafisica" prende un'enorme cantonata : dice infatti che secondo Parmenide il caldo si identifica con l'essere ed il freddo con il non essere . Ma passiamo ora ad esaminare il proemio dell'opera di Parmenide : egli racconta di aver compiuto un viaggio verso la verità , voluto dal Cielo . La metafora del viaggio resterà rimarrà una costante nella riflessione antica : dal termine " hodòs " (via , strada) si verrà formando già in Platone il termine " methodos " (" metà ton odon " , ciò che sta oltre al viaggio : il percorso che conduce alla verità ) , ma il concetto di hodòs risulta centrale anche per tutta la prima parte del poema . L'iniziativa del viaggio tuttavia e soprattutto la direzione che esso assume non dipende da Parmenide , sebbene egli ne sia protagonista , bensì dalle dee che lo guidano , così come varcata la porta che separa i due domini delle tenebre e della luce , sarà la dea a comunicargli quale via di ricerca egli dovrà , in futuro , percorrere . Il racconto di Parmenide riguarda dunque non una rivelazione già tutta compiuta ; questa infatti fornisce solo i caratteri generali della via lungo la quale occorrerà proseguire la ricerca e soprattutto formula i divieti relativi alle vie che non bisogna percorrere , cioè quelle comunemente battute dagli uomini in preda alle opinioni . Parmenide non dice mai chi siano esattamente le dee che lo guidano , ma sono collegate con il culto del Sole e quindi con Apollo . Il percorso che deve affrontare Parmenide conduce dalle tenebre (l'ignoranza) alla luce (la conoscenza) ; ad un certo punto , mentre il carro su cui è Parmenide sta procedendo velocemente , le dee si tolgono i veli : questo gesto simbolico rappresenta la rivelazione . La metafora tra l'altro spiega che ciò che viene disvelato e ciò che disvela sono lo stesso : si tratta sempre delle dee ; è come se l'essere stesso rivelasse la via da percorrere . Parmenide e le dee giungono alla porta che separa il giorno dalla notte : descrivendo questo portale Parmenide non fa nient'altro che descrivere l'assetto urbanistico della sua città , Elea , dove esisteva sul serio una porta : essa divideva la parte alta e aristocratica della città (l'acropoli) da quella bassa e popolare . Per aprire la porta è necessario l'intervento della Giustizia : le dee stesse la convincono con discorsi suasori ad aprirla . L'oggetto della rivelazione è quindi l'essere , ma attenzione : non è che sia la divinità a darcelo : l'essere , la divinità , il principio ... sono la stessa cosa : è un'autorivelazione dell'essere e va intesa come spiegazione di quali siano le vie da seguire ; la ricerca è l'uomo stesso a farla . Ma non è un percorso che possono fare tutti gli uomini : quello di Parmenide è un percorso solo suo , che nessun altro uomo può fare . La verità stessa impone determinate vie da seguire . Le dee dicono a Parmenide di imparare a conoscere due cose : A) il cuore non scosso ed immobile della Verità , la quale è ben rotonda (come una sfera compatta) B) le opinioni instabili e campate per aria dei mortali : la conoscenza infatti si perfeziona quando oltre a conoscere le cose perfette si conoscono le imperfezioni . Le dee dicono che non si deve fondare il sapere sull'esperienza perchè essa è dettata dai sensi nè sulla lingua , che attribuisce i nomi alle cose , ma si deve ponderare con la ragione . La rivelazione divina non implica che l'uomo non debba cercare di conoscere con il raziocinio . Vengono a Parmenide presentate le vie PENSABILI : il termine greco per pensabili è " voesai " che può voler dire sia " pensabili " sia " per pensare " : entrambe le traduzioni sono quindi accettabili . Una via dice che l'essere è e non può non essere , l'altra che l'essere non è e che può non essere . La prima via è quindi effettivamente percorribile ed è caratterizzata dalla verità e dalla persuasione : la Verità è infatti in grado di persuadere . L'altra strada è contradditoria ed impercorribile . Il testo in questione presenta diverse difficoltà di interpretazione , la più valida delle quali è che solo l'essere è pensabile e dicibile , mentre il non essere è impensabile ed indicibile : la prima via risulta quindi percorribile in quanto pensabile , l'altra no : è qui che emerge maggiormente l'identità parmenidea tra essere e pensare . Ma tutto questo si presta a più interpretazioni : per esempio potrebbe voler dire che se l'unica cosa che è è l'essere , allora il pensiero , dato che è , fa parte dell'essere come tutti gli altri enti . Ma potrebbe anche voler dire che tutto ciò che diciamo e pensiamo è : anche se pensiamo ad un qualcosa che materialmente non esiste ed è solo frutto della nostra immaginazione in qualche misura esiste : anche un drago per il fatto che viene pensato in qualche misura esiste . Man mano che prosegue il viaggio , salta fuori che in realtà le vie non sono 2 , ma 3 : la terza è quella che seguono quasi tutti i mortali , dove si mescolano l'essere ed il non essere : Parmenide li chiama " uomini dalla doppia testa " perchè affermano simultaneamente che l'essere è e non è : si tratta di gente stolta ed indecisa , dice Parmenide . Egli muove poi un'aspra critica ad Eraclito ed alla sua concezione del divenire , piena di mescolanza di essere e non essere (ricordiamoci che Parmenide negava che l'essere potesse muoversi e mutare), e a quella di molteplicità . Parmenide dice che questa terza via va assolutamente purificata e resa scevra di errori , affinchè risulti almeno parzialmente compatibile con la Verità della prima via . La seconda invece va assolutamente scartata . Parmenide dà poi una raffinata ed elegante definizione di eternità : l'essere non era nè sarà , perchè è ora tutt'insieme : una cosa è davvero eterna quando è fuori dal tempo . Ma Parmenide non si limita ad affermare , ma dimostra anche : l'essere infatti non può nè nascere nè morire (come dicono i comuni mortali) . Ipotizziamo che l'essere nasca : da sè non può nascere e quindi deve nascere da qualcosa che non sia lui stesso : deve essere quindi un qualcosa che non sia essere : ma ciò che non è essere è non essere : ma il non essere non è , di conseguenza l'essere non nasce nè muore . Parmenide dice poi per dissipare definitivamente ogni dubbio sul fatto che l'essere nè nasca nè muoia : che motivo avrebbe mai avuto per nascere ad un certo momento ? Tuttavia anche un astratto come Parmenide ha avuto bisogno di ricorrere all'incarnazione dell'astratto (l'essere) in qualcosa di concreto (la sfera tonda e compatta) : però va detto che quello della sfera potrebbe essere un semplice paragone e non un'effettiva incarnazione . Dunque Parmenide prova a correggere gli errori dei mortali : il loro primo errore consiste nell'individuazione di due principi della realtà tra loro antitetici : la luce e le tenebre . Il loro è una sorta di pitagorismo esposto in termini fisici . La luce è un principio più attivo , corrispondente al fuoco , le tenebre sono più passive e corrispondono alla terra . Ma accanto a questo errore Parmenide ne individua un altro più grossolano : hanno contrapposto tra loro questi due principi . Ammettiamo di poter interpretare la realtà in termini di luce e tenebre , evitando però di contrapporle e considerarle l'una l'essere e l'altra il non essere . In fondo quello degli esseri mortali comuni non è un errore poi così grave : è vero che hanno mescolato l'essere con il non essere , però se andiamo a vedere nè con la luce nè con le tenebre c'è il nulla , il non essere . I mortali sono stati " bravi " a non incappare nella seconda via . Sempre a proposito dell'opera di Parmenide possiamo concludere dicendo che mentre nell' Aletheia troviamo un Parmenide brillante e convinto di ciò che sta dicendo , nella Doxa egli appare più restio e meno convinto . E' come se Parmenide , dopo aver sostenuto che bisogna fidarsi solo di ciò che ci dice la ragione , avesse avuto paura di quanto detto perchè portava troppo fuori dalle testimonianze dei sensi e volesse come se scusarsi nella Doxa . Va poi detto che nessuno leggendo il testo di Parmenide si fa convincere a riguardo di quanto egli dice : seguendo il ragionamento logico ci si accorge che Parmenide ha ragione , ma le conclusioni paradossali impediscono al lettore di credere a quanto egli dice . Platone dirà di aver commesso il "parricidio di Parmenide" : si accorgerà infatti che Parmenide aveva commesso un errore a riguardo dei significati dell'essere : Aristotele individua tre modi di intendere l'essere : 1) univoco (l'essere ha un solo significato) 2) biunivoco (l'essere ha equivocità , può essere inteso in più modi) 3)analogico (il verbo essere ha diversi significati ma tutti connessi tra loro) . Aristotele lo intendeva in modo analogico , Parmenide in modo univoco : per lui essere significa solo esistere . Dunque Platone farà notare che dire ad esempio " questo libro non è " non vuol dire predicare il non essere : infatti si può dire " questo libro non è una penna " : è l'essere diversamente , dove l'essere assume il valore di copula .