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Robert Nozick: Anarchia, stato e utopia
di Renzo Grassano
Robert Nozick fu certamente l'alternativa a Rawls, ma sarei imbarazzato a considerarlo come un autore di "destra". Mi pare piuttosto un individualista se non anarchico certamente libertario, fiero sostenitore dei diritti degli individui contro lo strapotere dello stato. Che sia piaciuto a Reagan non è probabilmente importante. Io piacerei a Berlusconi, ne sono convinto!
Ma, battute a parte, il problema circa il feeling tra Nozick e Reagan, e suppongo anche Bush, è più di apparenza che di sostanza.
Nozick teorizzò lo stato minimo, anche come utopia.
Ma gli Stati Uniti reali non sono affatto uno stato minimo, perlomeno sotto il profilo quantitativo, che pure ha il suo peso. Sono la massima espressione di un apparato militare industriale scientifico che costerebbe in tasse cifre spropositate ai contribuenti americani, se la resa dei conti non fosse rinviata ad un futuro di cui si sa ben poco, ma che francamente preoccupa. L'apparato federale interviene nell'economia con commesse di valore sproposito. E' stato osservato che isolando questo valore dal contesto complessivo avremmo che esso equivarrebbe al prodotto lordo dell'11° potenza economica mondiale.
Un deficit è un insieme di debiti da pagare e buoni del tesoro in scadenza dilazionata, e prima o poi vanno pagati. Come faranno non si sa; si può solo sospettare qualche tranello a danno del resto del mondo.
La posizione di Nozick non è quindi del tutto consonante con il reaganismo reale e con il bushismo attuale, anche se il nostro non ha mai parlato di quantità di stato, che mi risulti. Da buon filosofo si è tenuto piuttosto lontano dall'agone politico e dalle sue dispute.

Come Rawls, insegnò ad Harvard e la sua opera di maggiore impatto, Anarchia, stato e utopia, uscì solo pochi anni dopo quella di Rawls. All'epoca era molto giovane ed amava la vita come pochi. Morì nel 2002, a soli 63 anni, dopo una lunga sofferenza per un tumore maligno allo stomaco. Ci lasciò altre opere molte importanti, come ad esempio Philosophical Explanations (1981), The Examined Life (1989), La natura della razionalità (pubblicata da Feltrinelli) e Puzzle socratici, l'ultima sua fatica in cui brilla una davvero rara intelligenza.
Tra l'altro, mise un impegno particolare per difendere i diritti degli animali "non umani", chiedendosi se sia nostro diritto usarli come oggetti e cosa ci autorizza a farlo.
Riprese tematiche già sollevate da Malebranche (1638-1715) e Bentham ed in parte anticipò il filosofo australiano Peter Singer, che nel 1975 scriverà Liberazione animale, accolta come la "bibbia mondiale dell'animalismo".

Va subito detto che Nozick si dichiarò colpito ed ammirato dal lavoro di Rawls, non per semplice cortesia e regole di buon vicinato.
Scriveva in proposito: «Una teoria della giustizia è un'opera sistematica di filosofia politica e morale, vigorosa profonda e sottile, di ampio respiro come non se ne vedevano dagli scritti di John Stuart Mill: è una fonte di idee illuminate, ben intergrate in un insieme piacevole. I filosofi della politica devono ora lavorare all'interno della teoria di Rawls, oppure spiegare perchè non lo fanno. Le considerazioni e le distinzioni che abbiamo sviluppato ricevono luce dalla presentazione magistrale di una concezione alternativa offerta da Rawls, e contribuiscono a gettarvi luce a loro volta. Anche chi resta dubbioso dopo l'incontro con la visione sistematica di Rawls avrà molto da apprendere dal suo studi accurato.» (1)
E Nozick spiegò perché rifiutava Rawls.

La parte forse più interessante della riflessione di Nozick è quella riguardante l'origine dello stato. Anziché abbandonarsi ad una "finzione teorica" come Rawls, preferì seguire il percorso di una ricerca metastorica nella quale ebbe parte preponderante l'idea di associazioni private tra individui atte a mantenere l'ordine e la sicurezza individuale in un clima di anarchia primordiale.
Secondo Nozick, in altre parole, il passaggio da uno stato di natura ad un contratto sociale vero e proprio non fu lineare come potrebbe sembrare leggendo Locke e Rousseau. Ci fu una lunga fase intermedia nella quale, semmai, occorre vedere all'opera una "mano invisibile" come teorizzato da Adam Smith, e poi da von Hajek.
Chi costituì queste associazioni di mutua difesa e cooperazione non aveva alcuna intenzione di arrivare ad uno stato.
Per Locke, lo stato di anarchia e di potenziale conflitto di tutti contro tutti porta inevitabilmente alla necessità dello stato. Per Nozick il passaggio non è automatico.
Tutt'altro.
Il primo vero problema, quello di ottenere ragione dopo un sopruso subito, si può infatti risolvere con azioni di tipo individuale o familiare: vendette e ritorsioni.
Nel caso di una manifesta condizione di debolezza, colui che ha subito il torto può chiedere aiuto. Ecco che « Gruppi di individui possono formare associazioni di mutua protezione: tutti risponderanno alla chiamata di qualsiasi membro in sua difesa o per far valere i suoi diritti. L'unione fa la forza.» (1)

Ma le associazioni presentano anch'esse inconvenienti. Possono nascere contrasti al loro interno. In tal caso potrebbe profilarsi una rozza discussione tra coloro che propendono per intervenire a favore di una parte, e coloro che rifiutano di prendere posizione attiva.
Siamo ad una crisi, persino alla possibilità di rotture drastiche o alla fine dell'associazione stessa.
Nozick suppone che la necessità porta consiglio: qualcuno deve aver avuto l'idea di dar vita a qualche organismo in grado di dirimere le controversie e di far accettare le sue decisioni come vincolanti.
Ulteriori complicazioni potrebbero venire da conflitti tra membri dell'associazione ed individui indipendenti, oppure appartenenti ad altre associazioni.
Il ricorso ad arbitri esterni e neutrali, posto che la questione non venga risolta con una guerra, è comunque improponibile. Secondo Nozick, l'unica soluzione non può non essere la costituzione di un'associazione dominante di tipo protettivo che farà valere le sue regole nei confronti non solo dei suoi membri, ma anche su un territorio abbastanza vasto.
E' già questa una forma di stato?
Se per Max Weber, p.e., il monopolio della forza e il controllo del territorio sono già "stato", per Nozick esistono esistono esempi di non-stato ed anti-stato quali la mafia ed il Ku-Klux-Klan. Obietta che « formulare condizioni sufficienti per l'esitenza di uno stato si rivela compito difficile e confuso.» (1)
Approfondendo l'analisi, paragona l'aderente ad un'associazione protettiva ad un assicurato che regolarmente pagato una "polizza"; ed a me viene in mente anche uno dei nostri commercianti che abbia pagato il "pizzo" alla mafia.
Perchè si possa cominciare a parlare di stato, secondo Nozick, occorre una condizione molto particolare e storicamente determinata: l'annuncio pubblico di una punizione per tutti coloro che faranno uso della forza senza aver ricevuto l'autorizzazione dall'organismo che governa l'associazione.
Condizione che a me pare insufficiente perché anche laddove comanda una mafia potrebbe essere proibito l'uso della forza. Ci sono chiari esempi di questo in molte delle zone controllate da particolari tipi di mafia: i teppisti e la microcriminalità hanno vita più difficile laddove comanda un boss che laddove comandi una polizia corrotta, pigra od inefficiente. Molte mafie hanno un codice d'onore secondo il quale chi tocca un protetto che ha regolarmente pagato il "pizzo", cioè il canone d'abbonamento alla protezione, deve morire.
Nozick, comunque, definisce questa situazione derivante da un annuncio pubblico come "stato ultraminimo".
La differenza tra questo ed il vero e proprio stato è che il primo fornisce protezione solo a chi compra la protezione, mentre il secondo pretende di garantirla anche a chi non ha pagato. Le quote associative diventano così "tasse" ed i divieti diventano "legge".
Non è chiaro, a mio avviso, come un'associazione di tipo mafioso possa diventare stato, come del resto non è chiaro come una un'associazione di tipo volontario, anche se nata da una condizione necessitante di autodifesa, si possa trasformare in mafia o stato ultraminimo che obbliga a pagare le quote anche a chi non vorrebbe.
Tuttavia, Nozick la spiega così e non possiamo che prenderne atto.

Lo stato minimo, per Nozick, è l'ideale di stato a cui dovremmo guardare e che dovremmo sforzarci di realizzare.
Poco importa se la storia reale degli stati non sia stata questa. Poco importa se in generale tutte le forme di stato abbiano espresso concretamente sovrani che consideravano i membri dello stesso non come cittadini ma come sudditi.
Lo stato minimo, sorto come per magia dal cilindro del prestigiatore che ragiona sulla metastoria anziché sulla storia reale, è qui, disponibile, bello e pronto.
Il compito dello stato minimo, non è come in Rawls, quello di raddrizzare le storture sociali, ma quello di fare da semplice "guardiano notturno" alla difesa della concezione liberale classica.
Come Rawls, ricorre a Kant, ma rielabora la massima consistente nel considerare sempre un individuo come un fine e mai come un semplice mezzo, per dire che lo stato non ha alcun diritto di considerare i ricchi come un mezzo per mettere fine alla povertà.
Ciò viola il diritto dell'individuo.
Su questo punto è chiarissimo, persino più di von Hajek: « come individui, ciascuno di noi a volte preferisce sottoporsi a dolori o sacrifici per ottenere un beneficio maggiore o per evitare un danno maggiore... [...] Perché non sostenere, analogamente, che qualche persona deve fare sacrifici dai quali altre persone trarranno vantaggi maggiori, per amore del bene sociale complessivo? Ma un'entità sociale il cui bene sopporti qualche sacrificio per il proprio bene, non esiste. Ci sono solo individui, individui differenti, con le loro vite individuali. Usando uno di questi individui per il vantaggio di altri, si usa lui e si giova agli altri e basta. Che cosa succede? Che gli vien fatto qualcosa a profitto di altri. Ciò è nascosto sotto il discorso del bene sociale complessivo. » (1)
Lo stato non può imporre a qualcuno di fare la carità attraverso le tasse. Anche questo è un argomento al di fuori della storia. Come ben documentato, in Inghilterra, subito dopo la rivoluzione francese, questo avvenne proprio per evitare una seconda rivoluzione inglese. Le parrocchie della chiesa anglicana ed i consigli di contea si fecero promotori di raccolte di fondi per sussidiare la povertà. E questi provvedimenti evitarono a tutta la comunità, come pure ai singoli individui, la disgrazia di una Bastiglia francese. Nozick non contempla che nello stato agiscono forze politiche che, proprio avendo a cuore l'interesse dei singoli, operino persuadendo e non imponendo. Non contempla che proprio i ricchi hanno bisogno, per la loro pace e la loro tranquillità, che i poveri non siano ridotti alla disperazione.
Ma, quasi accecato dal principio che proclama a gran voce, il principio dell'assoluto diritto ad essere egoisti, nemmeno si accorge che è proprio seguendo questa strada senza via d'uscita che si producono le condizioni per malumori e ribellioni.

Fatta tale dichiarazione del tutto astratta del diritto inalienabile di essere egoisti, a cui si potrebbe opporre una altrettanto astratta dichiarazione del diritto di essere saggi e lungimiranti, Nozick passa al tentativo di legittimare le forme storiche delle differenze sociali ed economiche, in particolare le forme della proprietà.
«Quel che ogni persona riceve, lo riceve da altri che glielo danno in cambio di qualche cosa o in regalo. In una società libera, diverse persone controllano risorse differenti, e nuove proprietà nascono dagli scambi volontari e dalle azioni delle persone. Non c'è una distribuzione di parti più di quanto ci sia una distribuzione di di compagni in una società in cui le persone scelgono chi sposare. Il risultato globale è il prodotto di molte decisioni individuali che i diversi individui implicati hanno diritto a fare.» (1)

C'è però un problema di legittimazione originaria della proprietà che Nozick, onestamente, non può evitare.
La ricerca del "titolo valido" a rivendicare il diritto al possesso lo porta alla resurrezione dell'argomento di Locke per poi apporvi una clausola sorprendentemente limitativa: « Un processo che normalmente da origine ad un diritto di proprietà permanente e trasmisssibile per eredità su una cosa precedentemente senza possessore, non lo farà se la posizione di altri, che non hanno più la libertà di usare la stessa cosa, ne viene peggiorata. »
Fa un esempio: «... il diritto di proprietà del padrone dell'unica isola di una zona non gli permette di scacciare come trasgressore il superstite di un naufragio. »
Peccato che poi non dica cosa deve fare lo stesso quando i superstiti sono una cinquantina!

Una volta stabilito il principio di legittimo possessore, peraltro non sempre riconoscibile facilmente, visto che alcuni avvocati, proprio muovendo da Nozick, avviarono cause per far riavere ai discendenti delle tribù indiane le terre sottratte loro dai coloni bianchi, il nostro affronta l'argomento della giustificazione della cessione del titolo di proprietà. E' legittimo quando si basa su uno scambio volontario tra i negoziatori. Può essere oggetto di donazione. Non può essere frutto di una frode o di una prepotenza.
Nozick spiega che le condizioni di legittimità in un passaggio di proprietà non possono essere esaminate solo limitandosi all'ultima transazione. Occore esaminare anche la catena dei passaggi precedenti ed arrivare al momento dell'acquisizione originaria. Scrive: «La teoria della giustizia nella distribuzione basata sulla validità del titolo è storica: se una distribuzione è giusta o no dipende da come è avvenuta.»

Ovviamente, Nozick introduce a questo punto un terzo principio, quello di rettificazione.
Che cosa si dovrebbe fare per rimediare a ingiustizie passate, "posto che si debba?"
Il problema, si capirà, è di una complessità inaudita, basti pensare ad eventuali cause tra palestinesi ed coloni israeliani di fresco insediamento su terre che erano palestinesi, ma non di proprietà di singole famiglie palestinesi. Ora il governo ordina ai coloni di andarsene, li espropria, e questo dopo aver loro concesso di insediarsi e promesso una relativa sicurezza.
Il problema è dannatamente complicato perché non vi sono solo in gioco interessi privati, ma rapporti tra uno stato sovrano ed un'entità ibrida come quella palestinese. Sono in gioco interessi primari ben più elevati, come quello di pace e pacifica convivenza. Interessi che, tuttavia, Nozick ha escluso come legittimi, perché il bene sociale complessivo non esiste. Esistono solo individui!
Potrebbe lo stato israeliano, in nome dell'interesse superiore della comunità ordinare la smobilitazione? Evidentemente, secondo le teorie di Nozick, no, a meno di un cospicuo risarcimento pecuniario, quindi trasformando il decreto di evacuazione in un negoziato. Ma, ipoteticamente, anche sì, perché una accurata indagine delle modalità nelle quali è avvenuta l'acquisizione potrebbe portare alla luce che essa non è avvenuta legittimamente sia rispetto al diritto interno israeliano sia rispetto a principi ormai riconosciuti di diritto internazionale.

Evidenziate queste palesi incongruenze, resta da dire che, nei suoi limiti (a mio avviso piuttosto angusti), Nozick si è comunque sforzato per mettere a punto nel migliore dei modi quello che rimangono compiti essenziali dello stato minimo da lui auspicato: il mantenimento della giustizia e della libertà individuale.
La sua conclusione è che « I tratti generali della teoria della giustizia nella proprietà sono che la proprietà di una persona è giusta se la persona ha diritto ad essa in grazia di principi di giustizia nell'acquisizione e nel trasferimento, o del principio di rettificazione dell'ingiustizia (così come è specificato dai due primi principi). Se la proprietà di ciascuno è giusta, allora l'insieme totale (la distribuzione) della proprietà è giusta.» (1)
In occasione della morte Dario Antiseri scrisse sul Corriere della Sera:« Non esiste, per Nozick, un solo genere di comunità; e una sola idea di società perfetta è un ideale senza fondamento - non si dà, infatti, nessun criterio razionale per stabilire quale sia la società perfetta. L'unica utopia ragionevole è "un'impalcatura per utopie", vale a dire un ambiente che deve essere attuato per primo se si vogliono realizzare in modo stabile altre visioni utopiche particolari. All'interno di tale impalcatura per utopie, scrive Nozick, visionari e stravaganti, maniaci e santi, monaci e libertini, comunisti e democratici della partecipazione, tutti costoro ed altri ancora "possono compiere il tentativo di costruire la loro visione e offrire un esempio allettante". Questa impalcatura per utopie è esattamente ciò che Nozick chiama Stato minimo, "l'unico moralmente legittimo" e "l'unico moralmente tollerabile". Ed ecco come Nozick conclude Anarchia, Stato e Utopia : "Lo Stato minimo ci tratta come individui inviolati, che non possono essere usati dagli altri in certe maniere come mezzi o arnesi o strumenti o risorse; ci tratta come persone che hanno dei diritti individuali con tutta la dignità che ne proviene". Trattandoci con rispetto, perché rispetta i nostri diritti, lo Stato minimo "ci permette, individualmente o con chi meglio crediamo, di scegliere la nostra vita e di conseguire i nostri fini, aiutati dalla cooperazione volontaria di altri individui investiti della stessa dignità". » (2)



(1) Nozick - Anarchia, stato e utopia - Il Saggiatore, 2000
(2) Dario Antiseri - Addio a Nozick, utopista "perfetto"/ Teorizzò lo Stato ridotto al minimo - Corriere della Sera, 25 gennaio 2002