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Introduzione a Marx /8 - Il plusvalore
di Carlo Fracasso
Prima dell'avvento del capitalismo, gli uomini cedevano oggetti per ottenere in cambio altri oggetti con valore d'uso. Barattavano merce con merce. Questo anche quando si cominciò a far ricorso alla moneta quale mezzo di pagamento. Infatti, pur assumendo la forma merce-denaro, denaro-merce ( in sintesi M-D-M), la sostanza dello scambio non mutò.
Ma col mercantilismo, immediato predecessore del capitalismo vero e proprio, il denaro diventa insieme "l'ultimo prodotto della circolazione delle merci" e "la prima forma fenomenica del capitale". (I/4/1) Il denaro è il punto di partenza ed il punto di arrivo di un processo in cui la merce ha, a sua volta, un ruolo di mediatore.
Cambia la formula: denaro- merce, merce-denaro = D-M-D'.
A ciclo completato D' deve essere > di D.
«La circolazione semplice delle merci - scrive Marx - la vendita per la compera - serve da mezzo per un fine ultimo che sta fuori della sfera della circolazione, cioè per l'appropriazione dei valori d'uso, per la soddisfazione dei bisogni. Invece, la circolazione del denaro, come capitale è fine a sé stessa, poiché la valorizzazione del valore esiste soltanto entro tale movimento sempre rinnovato. Quindi il movimento del capitale è senza misura. » (I/4/1)
Come si spiega D' > D?

Plusvalore e capitale
Ma mano che la produzione umana si incrementa, avendo come scopo la crescita di D', sorge un plusprodotto,ovvero un'eccedenza sempre più significativa di merci. Tale sovrapproduzione non si limita quindi a soddisfare i bisogni dei produttori ma anche di altri. Tuttavia, l'appropriazione del denaro derivante dalla vendita di tale eccesso di merci non viene equamente divisa tra i produttori.
Il ricavato dell'eccedenza, o plusvalore, è di totale appropriazione padronale.
Secondo Marx, il plusvalore si fonda e si realizza su tre presupposti:
1) la sovrapproduzione del lavoro
2) l'appropriazione da parte dei non-produttori
3) l'esistenza di un libero lavoro salariato che, producendo plusprodotto, consente che questi si trasformi in plusvalore, mentre l'eccedenza dei prodotti sul fabbisogno dei produttori si trasforma nell'eccedenza di valore rispetto al valore della forza-lavoro.
Il plusvalore, secondo Marx, non si forma in violazione alla legge dello scambio fra equivalenti, ma in stretta osservanza alla legge stessa. Per svelare dunque l'arcano dell'economia capitalistica bisogna riconoscere che la forza-lavoro è l'unica merce che può produrre più valore di quanto essa stessa possieda, e possa pertanto pretendere come salario.
In altre parole, la forza-lavoro viene pagata, per Marx, al suo pieno valore.
Se essa procura a chi se ne appropria un valore aggiunto è perché questo sovrappiù viene determinato come differenza tra il valore dei prodotti del lavoro e il valore della forza-lavoro, ovvero il valore dei prodotti e delle prestazioni occorrenti agli stessi lavoratori pr mantenersi e riprodursi; o anche come la differenza tra il valore d'uso e il valore di scambio della forza-lavoro.

Ciò detto, si ha che per Marx il plusvalore non è un di più del valore, ma è parte del valore stesso. Esso si determina nella produzione, non nella vendita ad un prezzo maggiorato.
Il processo completo della formazione del plusvalore non può quindi essere rappresentato dalla formula D-M-D', ma da quella D-M (L/Pm), da cui: P-M'-D' nella quale i valori tra parentesi sono L, ovvero la merce forza-lavoro pagata con i salari e Pm, ovvero tutti mezzi materiali di produzione, materie prime e macchine.
P è il risultato del lavoro vivo. Non è più merce M, ma merce M', merce trasformata con un valore aggiunto; non è più un insieme di tronchi d'albero, ma una casa, od una nave. Quindi non è più D (denaro iniziale) ma D', il valore della merce finita. Che la vendita riesca o meno, non pregiudica per Marx il fatto che essa contenga plusvalore.

Con questa teoria, Marx si dissocia da tutti gli economisti che considerano il profitto come un sovrattasso sul valore delle merci, perché ilplusvalore non sorge al momento della vendita, ma in quello della produzione. Il plusvalore non è sottratto né ai lavoratori né ai compratori. Non è una forma particolare di salario, come per William Thompson che, per primo aveva parlato di surplus value.
Tutte le teorie precedenti su salario e profitto avevano affermato che il profitto era una riduzione del salario. Bray aveva persino parlato di una "ruberia legalizzata".
Marx nega si tratti di ruberia. Il lavoratore non è derubato, anzi riceve una giusta mercede. Il mercato del lavoro gli consente di incamerare l'intero valore della sua forza-lavoro ai prezzi di mercato. Non è il caso di questionare su un "giusto prezzo" come su un "giusto salario" perché il lavoratore riceve l'unico salario giusto possibile, giusto secondo il criterio del mercato.
In proposito, scrive Marx: «Il venditore della forza-lavoro realizza il suo valore di scambio e aliena il suo valore d'uso, come il venditore di qualsiasi altra merce... La circostanza che il mantenimento giornaliero della forza-lavoro costi soltanto una mezza giornata lavorativa, benché la forza-lavoro possa operare, cioè lavorare per tutta una giornata, e che quindi il valore creato durante una giornata dall'uso di essa superi del doppio il suo proprio valore giornaliero, è una fortuna particolare per il compratore, ma non è affatto un'ingiustizia contro il venditore. » (I/5/2)

In sostanza, è questo che va compreso, Marx critica il sistema capitalistico non perchè la forza-lavoro abbia un basso prezzo, ma perché essa è considerata "merce". Ovvero perché si parla di forza-lavoro e non di uomini. Egli contesta il sistema non perché il lavoro subisca una svalutazione sul mercato , ma perché il lavoratore in quanto uomo è sottomesso al mercato, lo subisce: è uomo-oggetto.
E' quindi una condanna etico-morale del sistema, non una contestazione dall'interno per presunte ingiustizie o soprusi.
In altre parole: l'uomo ridotto a merce e valore d'uso e di scambio.
Ciò che l'intero sistema capitalistico nasconde con l'apparenza di una giornata di lavoro in fabbrica è quanto nel sistema feudale era invece ben visibile: la corvée dei servi della gleba a vantaggio del signore o del vescovo. Nell'apparente unitarietà della durata del tempo di lavoro dell'operaio la differenza tra quella porzione necessaria a realizzare il proprio salario e la parte dedicata al profitto capitalistico è scomparsa.
In ciò è l'essenza dello sfruttamento capitalistico del lavoro operaio.

Plusvalore, salario e capitale: rendita e profitto
La definizione di capitale, ovvero l'esatto significato della parola, per Marx, non è determinata una volta per sempre, e quindi in tutti i modi di produzione ma , viene di volta in volta rideterminata dalla produzione di plusvalore a partire dal capitale. Il capitale partorisce plusvalore dopo l'unione con la forza-lavoro, attraverso la produzione. Questa contiene il plusvalore che incrementa il capitale iniziale.
Siccome le condizioni di riproduzione ed incremento del capitale sono interamente di natura sociale, il capitale stesso vien definito "rapporto sociale" di precisa qualità storica, possibile solo in un sistema nel quale esista da un lato domanda di lavoro e dell'altra offerta di abilità lavorative e professionali, ovvero un sistema di uomini liberi in grado di offrire il loro lavoro in cambio di salario.
Il salario è quindi, come si è già detto, il pagamento di quella merce particolare che è la forza-lavoro.
Come per molti economisti precedenti, anche per Marx il salario non potrà diminuire sotto il minimo della sussistenza, ma nemmeno potrà salire troppo oltre questo minimo a causa della pressione dei disoccupati e quindi della possibilità di rimpiazzare chi esige troppo con chi è disposto per necessità a lavorare per poco. Marx chiama questi disoccupati esercito industriale di riserva.
Su tale argomento occorrerà tornare.
Qui bisogna approfondire ulteriormente la tematica del plusvalore che, considerato nella sua interezza come il di più di lavoro sociale medio che, nel caos della produzione anarchica, determina la diversa ripartizione del reddito nelle diverse categorie sociali.
Alcune forme di reddito, secondo Marx, sono soggette alla legge della caduta tendenziale del saggio di profitto, altro argomento di fondamentale importanza.
Altre no. Tra quelle non soggette vi sono la rendita fondiaria e la rendita da usura. Questa distinzione è importante e, tra l'altro, anche se gli economisti al servizio dei ricchi storcono il naso a solo sentire la parola "Marx", rimane un'importante indicazione per chi ha del denaro risparmiato e vuole metterlo a frutto.
Diversamente, sia il profitto industriale che quello commerciale sono soggetti ad una tendenziale caduta dei margini di guadagno dovuta all'eccesso di produzione e quindi di offerta.
Tuttavia, tutte queste particolari forme di profitto non sono che ripartizioni del plusvalore prodotto socialmente.

Conclusione parziale
Fin qui abbiamo delineato gli aspetti più rilevanti della teoria del plusvalore, teoria che è stata molto contestata dagli economisti antimarxisti ed in generale da tutti gli avversari della programmazione economica.
In effetti, presa di per sé, essa non spiega molte cose, anche se, indubbiamente, ne spiega altre. E' terribilmente difficile illustrare come valore e plusvalore diventino prezzo e profitto in termini esatti. Probabilmente, è vero che il prezzo ultimo di una merce dipende anche dalla sua scarsità e non solo dal lavoro che incorpora la merce stessa.
Ma, se non passa giorno che non si sente qualcuno strillare contro il costo del lavoro, sarà anche vero che il prezzo di una merce dipende anche dal costo del lavoro e quindi dal costo di produzione del plusvalore.
Nei prossimi capitoli parleremo sia della legge della caduta tendenziale del saggio di profitto che delle critiche a Marx.
Tutte le citazioni da "Il capitale" di Karl Marx

CF - 1 giugno 2004