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Introduzione a Marx / 3 La questione ebraica
di Carlo Fracasso
Nonostante l'orizzonte del futuro comunismo sia ormai apparso in forma spettrale nel pensiero dei Manoscritti economici, Marx era ancora un democratico, non un comunista.
Ma il democratismo puro di Marx era destinato a cadere in quanto insufficiente a trovare una soluzione anche solo teorica alla contraddizione crescente tra società civile reale e stato, attraverso una ricostruzione dello stato stesso a partire dai soggetti reali, cioè dagli individui umani realmente esistenti.
E l'occasione per un superamento arrivò relativamente presto con la pubblicazione sugli Annali franco-tedeschi, nel 1843, della Questione ebraica, un articolo che riconosceva, innanzitutto, a Bruno Bauer di essere riuscito a porre in termini relativamente nuovi il problema dell'emancipazione degli Ebrei in Germania. Ma proprio da questo riconoscimento, partì un discorso più profondo.
Bauer, secondo Marx, aveva sbagliato nel generalizzare la situazione tedesca, asserendo che "all'ebreo tedesco si contrappone soprattutto la mancanza di emancipazione politica in generale e la cristianità dello stato", ovvero uno stato confessionale. Per Bauer, tuttavia, il significato generale della questione ebraica consisteva nel rapporto tra religione e stato e sulla conseguente contraddizione tra pregiudizio religioso ed emancipazione politica.
Sia per Marx che per Bauer l'Ebreo che vuole essere emancipato deve emancipare lo Stato, ma anche emancipare sé stesso.
Ma di quale emancipazione si tratta?
Bauer si limita a criticare lo stato cristiano, cioè l'ideologia reazionaria prussiana. Per Marx, il discorso generalizzato implicava una critica allo stato in sé.
Bauer, insomma, aveva trascurato di porre il rapporto tra emancipazione politica ed emancipazione umana. Aveva inoltre dimenticato che la semplice emancipazione politica non implica di per se l'emancipazione degli esseri umani in generale.
Gli Stati Uniti d' America, ad esempio, non avevano alcuna religione di stato, eppure il tasso di vita religiosa era molto alto: «Ma poiché l'esistenza della religione è l'esistenza di un difetto, la fonte di tale difetto può ancora essere ricercata soltanto nell'essenza dello Stato stesso. La religione per noi non costituisce più il fondamento, bensì ormai soltanto il fenomeno della limitatezza mondana... Noi non non trasformiamo la questioni mondane in questioni teolgiche. Trasformiamo le questioni telogiche in questioni mondane. Dopo che per lungo tempo la storia è stata risolta in superstizione, noi risolviamo la superstizione in storia. La questione del rapporto tra l'emancipazione politica e la religione, diviene per noi la questione del rapporto tra l'emancipazione poltica e l'emancipazione umana.» (1)

Riprendendo quanto già affermato negli scritti giovanili su Hegel, ora Marx, in modo più chiaro e diretto afferma: «l'uomo conduce... una doppia vita... la vita nella comunità politica nella quale si si considera come un ente comunitario, e la vita nella società civile nella quale agisce come un uomo privato, che considera gli altri uomini come mezzo, degrada se stesso a mezzo e diviene trastullo di forze estranee.» (1)

Così, rispetto a Bauer, che aveva semplicemente auspicato uno stato fondato sui diritti universali dell'uomo, Marx va molto più in là. I diritti dell'uomo sono solo i diritti dell'individuo atomizzato, del singolo che si pone contro il singolo in una competizione per la vita e la ricchezza, e quindi afferma:«... il diritto dell'uomo all'uomo alla libertà si basa non sul legame dell'uomo con l'uomo, ma piutttosto sull'isolamento dell'uomo dall'uomo... Il diritto dell'uomo alla proprietà privata è dunque il diritto di godere a proprio arbitrio (à son gré), senza riguardo agli altri uomini, indipendentemente dalla società, della propria sostanza e di disporre di essa, il diritto all'egoismo. Questa libertà individuale, come questa utilizzazione della medesima, costituiscono il fondamento della società civile. Essa lascia che ogni uomo trovi nell'altro uomo non già la realizzazione, ma piuttosto il limite della sua libertà.» (1)

La società uscita dalla Rivoluzione Francese aveva in realtà perduto molte caratteristiche sociali e comunitarie presenti nella società feudale. Migliorata, sotto aspetti indiscutibili, era però peggiorata esaltando l'individualismo della doppia vita. Marx fece ricorso a Rousseau per ricucire questa scissione: «Solo quando l'uomo reale, individuale riassume in sé il cittadino astratto e come uomo individuale nella sua vita empirica, nel suo lavoro individuale, nei suoi rapporti individuali è divenuto ente generico, soltanto quando l'uomo ha riconosciuto e organizzato le sue "forces propres" come forze sociali, e perciò non separa più da sé la forza sociale nella figura della forza politica, soltanto allora l'emancipazione umana è compiuta.» (1)

(continua)

(1) Sulla Questione ebraica , in Opere, vol. 3 .


CF - 25 aprile 2004